Tramonto di un banchiere
La conquista della presidenza delle Generali è stata per Cesare Geronzi come la battaglia di Borodino per l’esercito napoleonico in marcia verso Mosca: la vittoria che prelude alla sconfitta.
Al vertice del gruppo assicurativo Geronzi era approdato nel 2010 dopo aver ricoperto per un triennio la presidenza di Mediobanca. Ma il suo soggiorno a Trieste, dove la compagnia del ‘leone alato’ ha sede, è durato appena un anno.
Al termine del quale ha preferito dimettersi per non incorrere nella mozione di revoca del suo mandato che il consiglio d’amministrazione delle Generali era pronto a votare a maggioranza. Si è così conclusa, il 6 aprile 2011, la carriera del più ecumenico e potente tra i banchieri cattolici: uno che – come è stato scritto – è stato vicino a quasi tutti i leader politici della prima e della seconda repubblica, che ha goduto di forti protezioni sia nel mondo laico sia in quello ecclesiastico, che ha contribuito a salvare dai debiti partiti, movimenti, aziende di grande peso, come il Partito comunista, la Fininvest e la Fiat, che ha avuto per clienti Sergio Cragnotti e Calisto Tanzi.
Varie volte Geronzi è stato sul punto di perdere il ruolo centrale negli anni trascorsi alla presidenza di Capitalia (il gruppo confluito in UniCredit, di cui facevano parte Banca di Roma, Bipop e Mediocredito Centrale-Banco di Sicilia). Condannato in primo grado e poi assolto con formula piena per il crac dell’Italcase-Bagaglino, processato a Palmi per usura e assolto anche in questo caso perché il fatto non sussisteva. Poi, nonostante le sue dichiarazioni di «avere agito correttamente, nell’ambito delle responsabilità statutarie, esercitando il compito proprio, naturale del banchiere» è stato condannato, in primo grado, a quattro anni nel processo per l’insolvenza della Cirio. Imputato per la vendita della Ciappazzi alla Parmalat, uno dei filoni processuali nati dall’inchiesta sul crac di Collecchio, è stato sospeso per due mesi dalla presidenza di Capitalia e da ogni altra carica sociale, per decisione del giudice per le udienze preliminari di Parma. Alla fine, però, gli è stato fatale lo scontro con l’alta dirigenza e parte dell’azionariato delle Generali, che gli si sono rivoltati contro accusandolo di gestire in modo personalistico le operazioni societarie. L’incorporazione di Capitalia in UniCredit nel 2007 e il contestuale trasloco di Geronzi alla presidenza di Mediobanca, nel posto che era stato di Enrico Cuccia, sembravano dovessero farne il dominus dell’alta finanza. In realtà quel passaggio ha rappresentato l’inizio del suo declino. A Geronzi è venuta a mancare la capacità manovriera che gli era consentita in Capitalia: quella di scegliersi gli azionisti di controllo tra i grandi clienti della banca e di condizionare i processi decisionali preposti all’erogazione del credito senza disporre di alcuna delega operativa. La tendenza a governare in prima persona i principali processi decisionali, bypassando il ruolo dei manager, lo aveva portato a confliggere con l’allora amministratore delegato di Capitalia, Matteo Arpe, spinto a rassegnare le dimissioni nel 2007 al termine di uno scontro molto aspro con il presidente. Ma in Mediobanca e Generali, il cui management ha una tradizione di forte autonomia dall’azionariato, Geronzi ha finito per trovarsi isolato, pur avendo avuto fino all’ultimo il sostegno di Vincent Bolloré e Tarak Ben Ammar, gli influenti azionisti francesi di Piazzetta Cuccia, in buoni rapporti con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. I rapporti di potere che negli anni ne avevano fatto uno dei più influenti banchieri italiani, stavolta non sono bastati a impedirne l’uscita di scena. Anzi, le sue dimissioni sono apparse a molti come l’inizio del declino di Silvio Berlusconi, alleato in molte vicende degli ultimi anni.
Cesare Geronzi
Nato a Marino (Roma) nel 1935, ha cominciato la sua carriera nel settore bancario nel 1960, e per un lungo periodo ha lavorato per la Banca d’Italia. Ha poi svolto mansioni dirigenziali al Banco di Napoli e, a partire dal 1982, alla Cassa di Risparmio di Roma, trasformatasi in due decenni in una realtà bancaria di livello nazionale: Capitalia. È stato presidente di Mediobanca dal 2007 al 2010 e nell’aprile di questo stesso anno è stato designato presidente delle Assicurazioni Generali, carica conservata fino al 6 aprile del 2011.
Nomi celebri
Diversi presidenti del gruppo Generali sono stati personaggi di rilievo della storia italiana, come Edoardo Morpurgo, Giuseppe Volpi di Misurata e Cesare Merzagora. Forse però il più famoso impiegato delle Assicurazioni Generali è stato lo scrittore Franz Kafka, che lavorò per la compagnia a partire dal 1906.