Trance
La parola trance, ormai di uso comune nella terminologia scientifica italiana, deriva dall'omonimo sostantivo inglese che, a sua volta, trae origine dal latino transire, "passare, transitare". La trance si può definire come uno stato dissociativo funzionale, in cui avvengono tipiche e importanti modificazioni dello stato di coscienza, delle funzioni dell'Io (sensazioni, percezioni, attenzione, memoria, pensiero, emozioni) e di vari parametri fisiologici. Può insorgere in modo spontaneo o indotto e riguarda, in genere, l'ambito della normalità psicofisiologica e, marginalmente, quello della patologia.
Sul fenomeno trance non vi è stata finora uniformità di vedute. Alcuni studiosi hanno messo in evidenza l'alterazione dello stato di coscienza, altri i processi dissociativi, altri ancora lo stato di torpore che la fa assomigliare al sonno. Anche per quanto riguarda la sua collocazione, la trance è stata, di volta in volta, correlata con i processi dissociativi funzionali (ipnosi), con quelli psicopatologici (isteria), con quelli parapsicologici (estasi), senza che vi sia stato uno studio comparato che unificasse i risultati ottenuti in vari campi. Attualmente sono a disposizione i dati di molteplici ricerche condotte a partire da ipotesi diverse: dall'insieme di essi emergono tratti unificanti che hanno consentito di pervenire a una definizione generale del fenomeno fisico e psichico in esame, e di distinguerne vari tipi. La trance ipnotica è, senza dubbio, quella più studiata e più conosciuta negli ambienti scientifici e culturali oltre che dal grande pubblico. Si può ottenere con speciali tecniche induttive che un operatore (ipnotista) indirizza a uno o più soggetti utilizzando, psicologicamente, il meccanismo della suggestione. Questa, a sua volta, viene definita come un comportamento comunicativo, saturo di elementi verbali ed extraverbali, con cui una persona trasmette a un'altra immagini che vengono da questa accolte acriticamente, dando avvio a modificazioni psicofisiche. Lo stesso risultato si può ottenere anche con autoinduzioni che soggetti particolarmente allenati indirizzano a sé stessi (l'Io si scinde, funzionalmente, in una parte trasmittente e in una passivamente ricevente): in tal caso, si parla di autoipnosi. La trance ipnotica non è un fatto uniforme, ma un processo che si svolge lungo un continuum di modificazione psicofisica e di restringimento del campo di coscienza. In merito, molti studiosi hanno proposto scale per misurare i vari livelli o stadi di tale profondità. Esse differiscono però l'una dall'altra in base all'esperienza clinico-operativa dei ricercatori e ai quadri teorici di riferimento. Si possono schematicamente distinguere i seguenti livelli di intensità della trance: 1) stadio oniroide o introduttivo alla trance (torpore, rilassamento, immagini mentali); 2) trance leggera (catalessi delle palpebre, immobilità corporea, pesantezza); 3) trance media (levitazione, catalessi, movimenti rotatori delle braccia, anestesia e analgesia parziali, allucinazioni semplici): in questa fase si possono già introdurre suggestioni terapeutiche; 4) trance profonda (amnesia postipnotica, anestesia e analgesia generalizzate, comandi postipnotici, regressione d'età); 5) trance sonnambolica (condizione di trance mantenuta a occhi aperti, allucinazioni in stato sonnambolico, comandi postipnotici 'a distanza' e in completa amnesia). Tutte le scale hanno come comune denominatore la concettualizzazione della trance quale processo che modifica gradualmente l'assetto psicofisico abituale fino a portare il soggetto a vivere situazioni mentali, sensoriali e fisiologiche del tutto inconsuete e di notevole interesse conoscitivo per le dinamiche della personalità profonda. Caratteristica costante della trance ipnotica è la scissione tra una mente cosciente, che passivamente contempla i fenomeni psichici e somatici spesso straordinari che le si offrono, e un'organizzazione psichica subconscia che 'dietro le quinte' fa da regia agli automatismi motori, alle alterazioni sensoriali, alle modificazioni di importanti funzioni psichiche come quelle mnestiche e percettive. A tappe successive, il soggetto riesce a modificare funzionalmente lo schema corporeo (v.) e a dare risposte agli stimoli esterocettivi, propriocettivi ed enterocettivi del tutto diverse da quelle del comportamento usuale. Si riesce perfino a 'innestare', come un comando a orologeria, un ordine suggestivo che può entrare in funzione anche molto tempo dopo il risveglio. Per spiegare il complesso fenomeno della trance ipnotica sono state avanzate molte teorie. A tutt'oggi la più convincente resta quella del fisiologo russo I.P. Pavlov, che dedicò la parte più qualificante della sua ricerca scientifica allo studio dei riflessi condizionati (v. condizionamento), finalizzandolo alla comprensione dei meccanismi di base del comportamento umano. Secondo Pavlov l'attività degli emisferi cerebrali è regolata da processi di eccitazione e inibizione e soggetta a due leggi fisiologiche in grado di spiegare anche gli atti psichici più complessi: quella dell'irradiazione-concentrazione e quella dell'induzione. Basandosi su numerosi esperimenti fatti con i cani ed estendendone i risultati alle attività nervose dell'uomo, Pavlov arrivò alla conclusione che, se gli stimoli che danno origine ai riflessi condizionati sono deboli, si verifica un'irradiazione del condizionamento a vaste aree cerebrali (il soggetto reagisce a un'ampia gamma di stimoli dello stesso tipo); se sono forti, si ha una concentrazione in piccole aree (il soggetto reagisce a stimoli selezionati); se l'intensità è fortissima, ossia supera una certa soglia, il condizionamento si irradia nuovamente. Inoltre, un processo che si concentra dà origine, per induzione, a un'inibizione generalizzata e viceversa. Così, per Pavlov (1949), il fenomeno dell'induzione ipnotica cui segue il corrispettivo stato di trance si può spiegare in questi termini: "Quando la parola, il comando dell'ipnotista è diretto in qualità di stimolo ad un dato punto della corteccia, questo stimolo provoca la concentrazione del processo di eccitazione in un punto corrispondente che si accompagna immediatamente a una induzione negativa, estendendosi a tutta la corteccia a causa della debole resistenza; così la parola, il comando, rimangono nella corteccia isolati da ogni altra influenza e divengono uno stimolo imperativo, assoluto, irresistibile, anche quando il soggetto ritorna allo stato di veglia" ed. it., p. 219). Per quanto riguarda le caratteristiche elettroencefalografiche, i risultati offrono un quadro molto complesso. Si è potuto accertare infatti uno stretto collegamento tra il ritmo ϑ (3-7 cicli per secondo) e l'inizio della trance ipnotica, mentre per gli altri ritmi si può genericamente parlare di un'esaltazione del ritmo α (8-13 cicli per secondo), anche se talvolta lo stesso si presenta in modo desincronizzato o difforme per i due emisferi. Quest'ultima evenienza è peraltro considerata da molti studiosi una caratteristica peculiare della trance ipnotica. Infatti, il prevalere del ritmo α nell'emisfero sinistro (quello che è maggiormente impegnato nelle attività logico-razionali) dimostrerebbe una più intensa attività in ipnosi dell'emisfero destro (quello che è maggiormente impegnato nelle attività intuitivo-simboliche). Non mancano peraltro, in alcuni momenti della trance ipnotica, ritmi diversi come, per es., complessi K, onde δ oppure, addirittura, il ritmo β dello stato di veglia.
Le ricerche degli ultimi decenni del 20° secolo hanno permesso di individuare un altro tipo di trance, simile ma non sovrapponibile a quella ipnotica, cui viene dato il nome di autogena. Essa nasce dal lavoro clinico-sperimentale del fisiologo tedesco J.H. Schultz, che nel 1932 pubblicò i primi risultati del metodo terapeutico da lui ideato: il training autogeno (v.). In seguito furono messi a punto - da parte dello stesso Schultz e del suo più famoso collaboratore, il medico tedesco W. Luthe - altri metodi terapeutici fondati sul principio dell'autogenia. Da allora i metodi autogeni sono stati inquadrati all'interno di un sistema teorico-applicativo coerente, per cui oggi si tende a parlare di psicoterapia autogena. Secondo i promotori della psicoterapia autogena (oltre a Schultz e Luthe, E. Kretschmer, H. Wallnofer, B.H. Hoffman, T. Bazzi, L. Peresson e altri), la trance autogena è fondata sui concetti di ideoplasia (capacità dei contenuti mentali di produrre modificazioni somatiche) e di concentrazione passiva (contemplazione distaccata della propria identità psicofisica), che sono comuni anche alla trance ipnotica, e su un fattore tipico: una speciale commutazione che si stabilisce a livello ipotalamico quando il soggetto raggiunge lo stato di autogenia. Afferma Luthe (1970): "Il fattore chiave del Training Autogeno consiste in una modificazione autoindotta delle relazioni corticodiencefaliche che mette in grado forze naturali di riguadagnare la propria altrimenti limitata capacità di direzione cerebrale, cioè di normalizzazione autoregolatoria (autogena) trofotropicamente orientata" (p. 125). In particolare, durante il processo autogeno vengono indotti una netta diminuzione dell'attività reticolocorticale, una riduzione dell'attività talamocorticale e cambiamenti funzionali immediati in altre strutture collegate al sistema reticolare. Tali cambiamenti, a loro volta, inducono "uno stato preparatorio non specifico che faciliti una deattivazione (smobilitazione) di meccanismi ergotropici (dinamogenici) e in questo modo accresca un ulteriore impulso delle funzioni trofotropiche (endofilattiche) dirette dal cervello" (pp. 127-28). In altri termini, la commutazione autogena determina una deattivazione di tutte le strutture (soprattutto ipotalamiche) rivolte al consumo di energie e un'attivazione di quelle che hanno compiti di rigenerazione e recupero energetico. Poiché il raggiungimento di questa condizione si ottiene con un allenamento che è 'autogeno' (che si genera da sé), lo speciale fenomeno è da ritenersi come il dispiegarsi di un programma omeostatico, innato, predisposto nel cervello umano per attività automatiche di destressamento. Ne consegue, secondo Luthe, una tipicità della trance autogena. Essa sarebbe caratterizzata da ritmo α costante; permanenza dello stesso nel tracciato, per un certo tempo, anche dopo l'apertura degli occhi; parametri fisiologici specifici, quali ipotonia, equilibrio termico e pressorio, regolarizzazione dei ritmi cardiaco e respiratorio; in particolare, la curva respiratoria mostra un aspetto peculiare: respiro autogeno e le cosiddette scariche autogene (parestesie, fascicolazioni, dispercezioni corporee ecc.), peraltro molto utili terapeuticamente come 'linguaggio corporeo'. Una forma particolare di trance autogena è stata scoperta da Kretschmer che definì il metodo a essa relativo ipnosi attiva frazionata. Si parte dagli esercizi base (o inferiori) del training autogeno e si procede successivamente con 'esercizi di fissazione' che il soggetto esegue in proprio, senza alcuna influenza suggestiva dell'operatore. Improvvisamente si chiudono le palpebre, come in un riflesso, e il soggetto cade in una trance profonda. Ciò è documentato dalla comparsa nel tracciato EEG (elettroencefalogramma) del ritmo δ del sonno profondo, mentre durante gli esercizi preparatori permaneva quello α proprio dello stato di autogenia (v. sonno). Secondo Kretschmer (1949), questo passaggio improvviso, a volte a scatto, dimostra "il cambio dalla direzione ergotropica nella direzione trofotropica del comando vegetativo" (p. 78). Tale stato profondo appare molto simile a quello della narcoepilessia postencefalica o delle cosiddette assenze. In entrambi i fenomeni - sia quello patologico sia quello dell'ipnosi attiva frazionata - risulta evidente, secondo Kretschmer, l'inserirsi l'uno nell'altro del comando del tono e di quello sonno/veglia. Kretschmer afferma pertanto che "il training attivo in ipnosi è strutturato in modo tale che, in una significativa sequenza fisiologica, si innestano, uno dopo l'altro, i riflessi tonici, ottici, ipnoidi; ognuno di questi passi presenta la sua caratteristica cerebrofisiologica nell'EEG" (p. 79). Anche in questo caso, la definizione di trance autogena sembra appropriata, in quanto è evidente la caratteristica di 'automatismo fisiologico' che tende a produrre sistematicamente, in modo del tutto spontaneo, le stesse modificazioni psicosomatiche.
Negli ultimi anni sono state fatte ricerche accurate anche in settori che si ritenevano, per resistenze di tipo culturale, appartenenti ad ambiti non scientifici, come quello mistico e quello cosiddetto parapsicologico. Oggi esistono dati di sperimentazioni, condotte con rigore scientifico, che hanno permesso di individuare aspetti tipici e caratterizzanti della trance che si manifesta, in tali ambiti, in circostanze particolari. La trance estatica (v. estasi) è stata studiata da gruppi di ricercatori che hanno seguito per lungo tempo singoli 'veggenti', esaminandone a fondo i parametri fisiologici e psicologici. In particolare, indagini condotte sui veggenti di Medjugorie hanno riscontrato un ritmo α puro e un ipertono del sistema nervoso ortosimpatico durante l'estasi, un isolamento delle vie sensitive dall'ambiente esterno e un'integrità delle stesse durante tutto il processo estatico (Frigerio-Bianchi-Mattalia 1986, p. 108; nello stesso studio sono riportati anche i risultati di ricerche svolte, sempre a Medjugorie, da un'équipe dell'Università di Montpellier diretta da R. Laurentin, secondo i quali vengono esclusi, sulla base di reperti elettrofisiologici e clinici, l'epilessia, il sonno o il sogno, l'allucinazione patologica, l'isteria o la catalessi); furono accertate inoltre l'assenza di sensibilità corneale durante l'apparizione e la mancata chiusura degli occhi al tatto (Friggerio-Bianchi-Mattalia 1986, p. 47). Il fenomeno può essere descritto come: "uno stato di preghiera intenso, separato dal mondo esterno, uno stato di comunicazione coerente e sana con una persona distinta che essi solo [i veggenti] vedono, odono e possono toccare" (p. 43). Si deve sottolineare la straordinaria concordanza tra alcuni aspetti degli stati autogeno ed estatico, come la permanenza del ritmo α nel tracciato EEG in condizioni in cui esso normalmente si desincronizza o addirittura scompare (apertura degli occhi nell'autogenia avanzata; attivazione emozionale nell'estasi). Recentemente sono stati condotti studi anche sulla trance medianica. è stata accertata la presenza di ritmo α nell'EEG, durante la trance di un medium, anche "in condizioni funzionalmente e comportamentalmente descrivibili come di veglia attenta e con attenzione chiaramente focalizzata ad occhi aperti" (Giovetti 1994, p. 59). Esistono, infine, dati che autorizzano a caratterizzare anche la cosiddetta trance sciamanica. Essa è raggiungibile con suoni a bassa frequenza, prodotti soprattutto da tamburi e sonagli, e presenta la caratteristica di provocare immediatamente fenomeni allucinatori anche in situazioni di scarsa profondità. è probabile che, in tali condizioni psicofisiche, vengano prodotte spontaneamente dal cervello alcune sostanze allucinogene endogene, e ciò consentirebbe di trasformare le percezioni interne in una specie di vissuto onirico.
Per quanto riguarda il campo della psicopatologia, il moderno manuale di classificazione delle sindromi psichiatriche, DSM-IV (Diagnostic and statistical manual of mental disorders) dell'American psychiatric association (1994), prevede una trance patologica includendola nei 'disturbi dissociativi non altrove specificati'. Caratteristica essenziale è "uno stato involontario di trance che non è previsto dalla cultura della persona come parte normale di una pratica culturale o religiosa e che causa disagio clinicamente significativo oppure menomazione funzionale" (trad. it., p. 788). Tali limiti di inquadramento nosografico relegano il disturbo citato in una situazione di marginalità.
bibl.: american psychiatric association, Diagnostic and statistical manual of mental disorders (DSM-IV), Washington, APA Press, 19944 (trad. it. Milano, Masson, 1995); l. frigerio, l. bianchi, g. mattalia, Dossier scientifico su Medjugorie, Como, Marelli, 1986; p. giovetti, Il mondo dei misteri, Roma, Edizioni Mediterranee, 1994; f. granone, Trattato di ipnosi, Torino, Boringhieri, 1983; m. harner, The way of the shaman, San Francisco, Harper & Row, 19902 (trad. it. Roma, Edizioni Mediterranee, 1995); e. kretschmer, Psicoterapeutische Studien, Stuttgart, Thieme, 1949; w. luthe, Autogenic therapy research and theory, New York, Grune and Stratton, 1970; i.p. pavlov, Psicopatologia e psichiatria [1949], ed. it., Roma, Editori Riuniti, 1969; L'uomo tra materia e spirito, a cura di F. Battistutta, R. Rossin, Rozzano, Centro Studi Cislaghi, 1995.