transazione
Scambio fra due o più soggetti di uno o di una molteplicità di beni, servizi, attività finanziarie sul mercato.
Nella teoria economica, riveste un ruolo particolarmente importante il concetto di costo di t., che indica sinteticamente tutti gli oneri che i partecipanti allo scambio devono sostenere per realizzarlo. Questi costi possono essere di varia natura: di ricerca della controparte, di contrattazione, legali eccetera.
In ambito finanziario, i costi di t. riducono la liquidità di un’attività patrimoniale. Per quanto riguarda una casa o un terreno, la vendita comporta rilevanti costi di ricerca della controparte (spesso delegata a un intermediario specializzato, che deve essere remunerato), nonché spese legali dovute alle pratiche notarili; per tale motivo, gli immobili sono attività assai poco liquide. All’estremo opposto, la moneta si presenta come un’attività perfettamente liquida: la sua conversione in altri beni non implica alcun costo. Altre pratiche finanziarie rappresentano casi intermedi: un titolo quotato in borsa può essere venduto a costi di t. contenuti e in questo caso l’onere della t. è costituito dalla commissione applicata dall’intermediario; per un titolo non quotato, la ricerca della controparte può, invece, risultare costosa. Nei mercati di borsa, una forma particolare di costo di t. è quella del differenziale denaro-lettera (bid-ask spread, ➔ denaro-lettera, forbice): la differenza tra il valore all’acquisto e alla vendita applicato da un intermediario, che implica un costo per i partecipanti al mercato.
Il costo di liquidazione delle attività finanziarie è alla base della domanda di moneta a scopo di transazione (➔ anche liquidità). Nella teoria – di origine keynesiana – della domanda di moneta, questa componente ricopre un ruolo specifico, accanto alla motivazione precauzionale e a quella speculativa. La necessità di fare t. utilizzando la moneta come mezzo di scambio costringe a detenere una parte della ricchezza finanziaria sotto questa forma. Se non vi fossero costi di t., la quantità di moneta detenuta sarebbe minima, poiché tale detenzione comporta un costo-opportunità (➔ costo-opportunità, teoria del), che consiste nella rinuncia al maggiore rendimento ottenibile dal possesso di attività finanziarie alternative. In linea teorica, una persona potrebbe conservare tutta la sua ricchezza in attività alternative alla moneta, e convertire il proprio investimento in moneta ogni volta che deve effettuare uno scambio. In presenza di costi di t., tuttavia, tale comportamento risulterebbe molto dispendioso, poiché un consumatore dovrebbe compiere un notevole numero di operazioni di conversione delle attività finanziarie in moneta. Questa è la ragione per cui una parte della ricchezza è detenuta in moneta. Tale parte è proporzionale ai costi di t., nonché al volume delle t. da effettuare ed è inversamente legata al costo-opportunità della moneta, cioè al maggiore rendimento delle attività alternative.
Tali costi sono un elemento importante della teoria dell’impresa (➔ anche impresa, teorie della). Quest’ultima può essere vista come un ambito di interazione tra vari soggetti diverso dal mercato. Mentre sul mercato avvengono scambi regolati dal meccanismo dei prezzi e dalla libera volontà delle parti di scambiare, all’interno dell’azienda i rapporti sono regolati da relazioni di gerarchia: ogni specifica decisione non è frutto di un contratto apposito, bensì dell’autorità di cui qualche soggetto è investito all’interno dell’impresa. Anche i rapporti gerarchici presentano costi, derivanti da problemi organizzativi e di incentivo. L’ambito dell’azienda come forma organizzativa della interazione economica tra soggetti, si estende fino al punto in cui i costi di t., relativi allo scambio di mercato, rimangono superiori ai costi organizzativi dentro l’impresa stessa.