TRANSENNA
. Questo nome, di etimologia incerta (da transeo?), indicava in antico un'apertura o una serie di passaggi. In un festino nella casa di Q. Cecilio Metello Pio si vide l'immagine della Vittoria porre una corona sul capo del festeggiato ("transenna demissum Victoriae simulacrum" Sallustio, Hist., II, ap. Mart. Marcello e Macrobio: Satur., II, 9). Lo stesso episodio è raccontato da Valerio Massimo, il quale spiega che la Vittoria calò dal lacunare (IX, 1,5). Dunque, in questo caso la transenna poteva essere un lucernario, o una botola.
La transenna era però nello stesso tempo passaggio e impedimento. Dicevasi ad es. transenna la corda tesa attraverso l'ippodromo per obbligare i cavalli a partire tutti insieme. Transennae erano anche i lacci per catturare gli uccelli. E infine transenna era un intreccio davanti a una finestra che occultava l'interno, ma lasciava intravvedere l'esterno. Appunto in questo significato di chiusura a forma di intreccio, per finestre, o di parapetto della stessa forma per gallerie e simili, la parola "transenna" è passata nella moderna terminologia. Lo stesso nome si dava e si dà alle placche forate che lasciano filtrare la luce. Qualunque ne fosse la forma e la materia, le transenne nel primo impiego indicato servivano di intelaiatura per i vetri o le lastre di selenite. Non crediamo si debbano chiamar transenne quelle staccionate che si vedono nelle figurazioni di giardini (per es., negli affreschi della villa di Livia a Prima Porta). Ma certo la transenna marmorea romana con quel semplice incrocio che conosciamo, e che si trova anche reso nel bronzo, ha molto della struttura lignea. Il tipo ad archetti, di cui troviamo esempî nei secoli IV-VI, sembra dipendere dal ferro battuto. Le transenne si fecero anche fittili (casa del labirinto a Pompei). In cemeterî cristiani della Sicilia si vedono ambienti preclusi da transenne ottenute perforando la massa tufacea. A questi tipi conviene il nome di clathri, i quali sono specificatamente gl'intrecci costituenti la transenna. Nelle prime basiliche cristiane vi erano transenne alle finestre e sul davanti delle confessioni. Tipico l'altare della confessio nella basilica di S. Alessandro sulla via Nomentana (sec. V), dove si pose una griglia marmorea per dar modo ai fedeli di calare i brandea, o pannolini sopra il sepolcro del martire. In questo stesso periodo papa Sisto III ornò la transenna presso la confessione del martire S. Lorenzo in agro Verano. E S. Paolino di Nola in una lettera (ad Severum) parla di tre archi della basilica di S. Felice chiusi da transenne.
Ci rimane da far cenno degl'impedimenti, cioè dei recinti guarniti di transenne. Nelle catacombe un esempio antico era quello della cripta papale del cemeterio di Callisto (risalente forse alla sistemazione di Sisto III). Il cancello marmoreo passa nelle basiliche a separare la zona del clero dal quadratum populi. Un esempio d'incastri per transenne è nel dominicum aquileiense. Presto il simbolismo proprio del rito eucaristico contribuì a dare un carattere a questo impedimento. L'idea della vinea Domini suggerì l'analogia con la pergula, specie quando sul parapetto marmoreo delle prime basiliche s'innalzarono colonne che, per stare in armonia con l'immagine simbolica, si fecero flessuose come il fusto delle viti. La cancellata, seguendo sempre l'immagine agreste, avrà pure un'altra ingegnosa trasformazione: giacché gli artisti imiteranno con essa i recinti di vimini intrecciati (si veda l'es. di S. Clemente; sec. VII), o le siepi spinose che la primavera riveste di fiori (v. i geniali esempî ravennati in S. Apollinare Nuovo e in S. Vitale; sec. VI). Un tipo molto semplice di transenna, usato più che altro per le finestre, è la lastra a oculi. Questi fori son circolari, triangolari, a losanga curvilinea, ecc. Si può pensare che talvolta vi fosse l'incastro di vetri colorati. Oltre ai vetri si usarono lastrine di metallum gypsinum, cioè di selenite o di calcite spatica, che lasciavano filtrare un chiarore perlaceo. Ricordiamo anche, in tema di transenne da finestre, quelle della cripta della chiesa di S. Elia presso Nepi (sec. IX) che furono scolpite nello stucco indurito. In quanto alle transenne bronzee, citiamo quella per la finestra della cripta di S. Apollinare in Classe a Ravenna (sec. VII). Cancelli bronzei di lavoro che si direbbe classico, ed è invece carolingio, si vedono nel duomo di Aquisgrana. L'età romanica ha offerto mirabili esempî di transenne marmoree. Basterebbe citare quelle con figure di grifi, esistenti nella Cappella Palatina di Palermo (sec. XII), o quelle floreali sulla tomba della dogaressa Felicita Michiel (sec. XII) nell'atrio di S. Marco a Venezia, o le tonde, a fiori e animali, del sec. XI nella badia di Pomposa o le geometriche di S. Gregorio a Bari (sec. XII). È, in fondo, una transenna la chiusura del rosone di facciata di certe cattedrali (specie quella di Troia; sec. XIII). Sono chiusure transennali le partizioni marmoree a spigoli duri che intercedono fra i vetri istoriati nei finestroni delle cattedrali gotiche (ma non si dimentichino certi precedenti della prima età romanica, o forse anteriori, come, ad es., le finestre di S. Miguel de Lino in Spagna). Questo spirito gotico influirà pure sulla chiesa novecentesca di Le Raincy, ideata dai fratelli Perret che avrà tutte le pareti aperte, quasi immense transenne. Se passiamo al Rinascimento, troviamo parecchi esempî di transenne marmoree.
Ci limitiamo ad indicare le transenne a corni d'abbondanza lacci d'amore, targhe e monogrammi scolpiti per le cappelle del Tempio Malatestiano di Rimini, e quelle a vasi effondenti fiori che si vedono nella sacrestia di S. Lorenzo di Firenze architettata dal Brunelleschi e decorata da Donatello. Nel Cinquecento la transenna si può dire scomparsa. Balaustrate marmoree, cancellate e inferriate di ferro ne sono il sostituto. (V. tavv. XXXVII e XXXVIII).
Bibl.: Daremberg e Saglio, Dictionn. des antiq. gr. et rom., s. v.; J. Durm, Die Baukunst der Römer, Stoccarda 1905, p. 344 segg.; C. Cecchelli, in Architettura e arti decorative, VI (1926), fasc. 4°, dicembre, pp. 145-161.