Transessuale
Si definisce transessuale una persona il cui comportamento sessuale appare caratterizzato dalla non accettazione del proprio sesso e dall'identificazione in quello opposto, oppure anche chi ha assunto, attraverso un intervento chirurgico, i caratteri somatici dell'altro sesso.
Un vissuto di incongruità tra un corpo che non riconoscono e ciò che sentono di essere spinge i transessuali, per quanto possibile, a cercare un cambiamento. Oggi, l'opportuno intervento chirurgico e ormonale consente loro sia di possedere un corpo che appaia e funzioni come quello tanto desiderato, sia di essere riconosciuti dalla società come appartenenti al genere, femminile o maschile, verso il quale si sentono psicologicamente orientati. Situazioni di questo tipo sono state descritte durante tutta la storia dell'umanità. Testimonianze storiche, mitologiche ed etniche si ritrovano in quasi tutte le epoche, con riferimento prevalente ai riti di iniziazione (v.) e/o morte e rinascita dell'eroe, come nel culto di Cibele e di suo figlio Attis, il cui punto centrale era l'evirazione e i seguaci si castravano pubblicamente indossando vesti femminili (Erlich 1991). J.B. Friedreich, nel 1830, fu il primo medico a fare allusione a questo tipo di problematica; successivamente, J.-E.-D. Esquirol nel 1838 e K.F. Westpfal nel 1869 descrissero i primi casi di travestitismo. Fu però nel 1894 che R. Kraft-Ebing individuò e descrisse un caso che definì trasmutatio sexus o metamorfosi sessuale paranoica. Negli anni che seguirono la terminologia continuò a oscillare tra travestitismo e psicosi deliranti o, come preferì H. Ellis (1897), 'inversioni sessoestetiche'. Solamente nel 1949, con la definizione psychopatia transsexualis di D.O. Cauldwell, si ebbe la nascita del termine transessualismo, di riferimento per quelle situazioni prive di una connotazione psichiatrica (Bullough 1975). H. Benjamin, inizialmente nel 1953 e successivamente nel trattato Il fenomeno transessuale (1966), fu il primo a usare il termine transessualismo per indicare una sindrome, allora pressoché sconosciuta, che definì e classificò distinguendola da tutte le altre parafilie: secondo Benjamin il transessuale andava considerato separatamente rispetto a tutte quelle deviazioni sessuali in cui non vi fosse alcun serio tentativo di acquisire identità o comportamento del sesso opposto, come il travestitismo e l'omosessualità. L'ICD-10 (The ICD-10 classification of mental and behavioural disorders; World health organization 1993) colloca il transessualismo tra i disturbi dell'identità sessuale e lo definisce nel modo seguente: 1) l'individuo desidera vivere ed essere accettato come membro del sesso opposto; ciò è di solito accompagnato da un desiderio di rendere il proprio corpo, con un trattamento chirurgico od ormonale, il più adeguato possibile al proprio sesso preferito; 2) l'identità transessuale è stata presente persistentemente per almeno due anni; 3) il quadro non rappresenta un sintomo di un'altra sindrome psichica, come la schizofrenia, e non è associato a un'anormalità cromosomica. L'ICD-10 considera inoltre, come condizioni affini, il disturbo dell'identità di genere della fanciullezza e il travestitismo con doppio ruolo. Il DSM-IV (Diagnostic and statistical manual of mental disorders), di importanza e diffusione pari all'ICD-10, testo di riferimento della psichiatria internazionale, nella sua quarta edizione (American psychiatric association 1994) include i tre disturbi dell'ICD-10 in un unico 'disturbo dell'identità di genere', la cui manifestazione essenziale è rappresentata dall'incongruenza tra il sesso anatomico e l'identità di genere; con quest'ultima locuzione s'intende il sapere a quale sesso si appartiene, l'essere consapevoli cioè di 'essere maschio' o di 'essere femmina'. L'identità di genere coincide con l'esperienza personale di un ruolo corrispondente al sesso, che ne è l'espressione pubblica: esso può essere definito come tutto ciò che uno dice e fa, inclusa l'eccitazione sessuale, per indicare agli altri o a sé stesso il proprio livello di mascolinità o di femminilità. Il transessualismo diventa, quindi, uno dei possibili modi in cui si esprime un'identità di genere disturbata. In sintesi, gli elementi centrali del transessualismo sono il desiderio di trasformare il proprio corpo e la persistenza nel tempo di tale desiderio, presupponendo che questo non sia il sintomo di una malattia psichiatrica, né di un'alterazione cromosomica. Alcuni autori hanno ritenuto di poter distinguere due modalità, una primaria e un'altra secondaria. Il transessualismo primario è quello considerato più grave rispetto all'identità di genere e persiste per tutta la vita. Nell'infanzia, i soggetti che mostrano questo carattere riportano storie di travestitismo, ma, a differenza dei travestiti, non raccontano di un loro eccitamento nell'indossare abiti dell'altro sesso; ma, piuttosto, di una loro tendenza ad assumere comportamenti propri del sesso opposto. Il transessualismo secondario, caratterizzato anch'esso da una lunga storia di confusione dell'identità di genere, risulta, tuttavia, come evoluzione di altri comportamenti, quali il travestitismo o l'omosessualità effeminata; si presenta più tardi nella vita, in genere come conseguenza di una condizione stressante relativa alla problematica di identità, e non necessariamente porta alla richiesta di una riconversione chirurgica. La prevalenza nei due gruppi è sconosciuta, ma il transessualismo secondario è generalmente riportato più frequentemente di quello primario. Non esistono sufficienti dati epidemiologici che forniscano elementi sull'incidenza della sindrome; per alcuni studiosi è collocabile tra 1/50.000 e 1/100.000 individui, con un transessuale femmina ogni otto transessuali maschi; per altri un maschio adulto su 30.000 e una femmina adulta su 100.000 fanno richiesta di un intervento chirurgico di riassegnazione di sesso.
Le manifestazioni essenziali di questa condizione sono un senso persistente di disagio e di contrasto nei confronti del proprio sesso anatomico, un desiderio incoercibile di sbarazzarsi dei propri genitali e vivere come una persona dell'altro sesso. Il comportamento, l'abbigliamento e gli atteggiamenti sono, in grado variabile, quelli del sesso opposto. L'età d'insorgenza della sindrome si può collocare nella tarda adolescenza e nella prima età adulta, anche se già nell'infanzia si trovano i primi problemi d'identità. In età infantile, l'anamnesi documenta chiari orientamenti verso attività proprie del sesso opposto. I primi rapporti sessuali avvengono, in genere, in ambito omosessuale, ma sono vissuti dal soggetto come eterosessuali e non sempre sono ritenuti soddisfacenti. Il transessuale è frequentemente depresso e ansioso e ciò può essere conseguenza dell'impossibilità di vivere il ruolo desiderato. Tale depressione, in alcuni casi, induce a mutilazioni dei genitali o a suicidio. L'uso di droghe e di alcol, nel tentativo di sedare l'ansia e la conflittualità, è frequente. Le caratteristiche della psicologia del transessuale, individuate da alcuni autori (Delay et al. 1956), si possono così sintetizzare: 1) la distorsion du souvenir, corrispondente a un'alterazione delle facoltà mnemoniche, per cui i soggetti operano una selezione tra i propri ricordi, costruendosi una storia che avvalori il sentimento di appartenenza al sesso opposto; 2) l'idealismo transessuale, che provoca una sopravvalutazione del sesso desiderato che appare perfetto, superiore da ogni punto di vista, estetico e morale; 3) il rifiuto della sessualità, prima dell'operazione di conversione, con tendenza a evitare il rapporto per il senso di disagio e di inadeguatezza per i propri organi genitali; 4) una potente componente narcisistica legata a un'altra scopofilica ed esibizionistica; 5) l'aspetto caratteriale depresso conseguente allo stato ansioso e al rifiuto sociale; 6) un atteggiamento protestatario e rivendicativo nei confronti della società per i suoi pregiudizi culturali e giuridici; 7) la cronologia delle esperienze sessuali, che porta il transessuale a rendersi conto della propria condizione nella fase precedente allo sviluppo puberale, prima con una modalità feticistico-travestitista, poi con un'omosessualità passiva e, dopo la pubertà, con la presa di coscienza definitiva della propria particolarità e con la ricerca dell'intervento terapeutico risolutivo. Nel linguaggio comune con il termine transessuale ci si riferisce prevalentemente a soggetti di sesso maschile: ciò è forse dovuto, come accennato, alla maggiore incidenza del fenomeno, a una loro maggiore presenza 'mondana', e anche al fatto che culturalmente è sempre stato più facile per i maschi esprimere i disagi inerenti alla sfera della sessualità. Il transessuale maschio è portato a vivere una vita 'mondana e scandalosa' e vuole essere una donna perfetta, mentre il transessuale donna vive una vita normale, tranquilla, e vuole essere un uomo qualsiasi. Da un punto di vista medico, inoltre, fino a poco tempo fa era chirurgicamente più facile trasformare un maschio in femmina piuttosto che il contrario.
Nonostante le numerose ricerche che sono state svolte, resta ancora difficile stabilire con certezza l'origine del comportamento transessuale. Molti autori hanno provato ad avvalorare varie ipotesi patogenetiche e "tra le più accreditate va senz'altro ricordata la possibilità di un'interazione di tre fattori: alterazioni di un programma genetico di base, in relazione alla modificata composizione genetica dei cromosomi sessuali, alterazioni dell'imprinting endocrino prenatale e relazioni genitoriali perturbate nella fase postnatale" (Baldaro Verde-Graziottin 1991, p. 61). Tuttavia le ricerche riguardanti gli aspetti biologici sono ancora oggi poco convincenti. Certamente si può ritenere che i fattori biologici, per quanto non espressamente patogenetici, possano in qualche modo favorire l'instaurarsi di tale disturbo. Poiché siamo nell'ambito del supponibile e non della certezza scientifica, l'interpretazione psicologica offre un'infinità di teorie. Verosimilmente, responsabili sono i processi di identificazione con le figure genitoriali, in particolare una condizione di fusionalità simbiotica con la madre e la conseguente mancata individuazione come persona separata e di sesso diverso, almeno per quanto riguarda i maschi. "Troppa madre e poco padre" (too much mother, too little father) è la frase con la quale un autore che si è occupato di transessualismo sintetizza le cause psicologiche (Stoller 1968). La madre del transessuale donna appare fredda e anaffettiva; il suo disinteresse porterebbe la figlia ad allontanarsi da lei fino al punto di rifiutare la propria femminilità. Se il padre, inoltre, è una figura marginale, la bambina può cercare di diventare il compagno ideale della propria madre allo scopo di conquistarne l'affetto. Se invece il padre desiderava un figlio maschio, egli tenderà a incoraggiare i comportamenti e l'identificazione maschile della figlia, spostando il rapporto con lei dalla seduzione alla competizione ritualizzata proprio come se la bambina fosse un maschio.
Il dibattito ancora in corso si pone il quesito se la riattribuzione chirurgica del sesso (RCS) possa essere considerata l'unico intervento possibile. Va sottolineato che la diagnosi di transessuale è innanzitutto un'autodiagnosi, nel senso che il transessuale dichiara di essere tale e, pertanto, compito del clinico sarà quello di valutare la genuinità di tale affermazione, escludere la presenza di una psicopatologia grave e proporre l'intervento che ritiene più idoneo. Formulata la diagnosi, e stabilita la differenza da altre condizioni analoghe, è necessario chiarire approfonditamente la situazione prima di proporre una RCS, data l'irreversibilità del trattamento. Tutti gli studi recenti evidenziano la necessità di un periodo sufficientemente lungo (almeno di un anno) di intervento psicoterapico: non per convincere il soggetto che la sua è una scelta sbagliata, quanto per accompagnarlo verso una decisione che non consente ritorno. è importante sostenere il soggetto e chiarire con lui le eventuali aree di conflitto rimaste insolute e, soprattutto, consentire che per un certo periodo di tempo viva nel ruolo del sesso cui tende (real life test). Solo al termine di questo percorso, qualora la richiesta venga confermata, è possibile passare alla RCS. L'intervento chirurgico differisce, ovviamente, a seconda del sesso di partenza, e per quanto le tecniche siano state migliorate e modificate nel corso degli anni, gli aspetti strutturali sono rimasti gli stessi, comprendendo una parte inizialmente demolitiva e una conseguente ricostruttiva, che consenta di rendere il più funzionale possibile l'organo ricostruito. Per quanto riguarda i soggetti maschi l'intervento richiede la rimozione dei testicoli, la formazione di una neo-vagina utilizzando la pelle del pene rivoltata e inserita in uno spazio creato, nel perineo, per contenerla; seguono interventi di mammoplastica e di rimodellamento della cartilagine laringea (pomo d'Adamo), e tutti quegli altri interventi aggiuntivi che vanno dalla rinoplastica all'elettrocoagulazione per l'eliminazione dei peli. L'intervento al femminile comporta l'asportazione delle mammelle (mastectomia) con costituzione di torace maschile, l'asportazione di ovaie, tube e utero (isteroannessectomia), la chiusura della vagina e la falloplastica con inserimento di protesi testicolari e costituzione dello scroto. Inoltre va considerata la necessità di un adeguato intervento ormonale che contribuisca a creare un maggiore equilibrio. Nel corso degli anni le tecniche chirurgiche hanno cercato di creare un pene e una vagina che fossero in grado di rispondere, il più possibile, a criteri di accettabilità estetica, di funzionalità e di soddisfazione soggettiva. Ovviamente l'unica cosa che l'intervento non potrà consentire sarà di acquisire la capacità procreativa peculiare per il nuovo organo. A tutt'oggi le procedure chirurgiche che consentono la costruzione di una neo-vagina sono quelle che meglio riescono a soddisfare i criteri sopra elencati (Eicher-Borruto 1983). L'adattamento postchirurgico del soggetto è di estrema importanza: sarà necessario affrontare problematiche inerenti la nuova immagine corporea e di inserimento sociale e familiare. I soggetti che avevano una vita stabile come membri dell'altro sesso, prima dell'intervento chirurgico, sono quelli che presenteranno una prognosi migliore.
L'attenzione nei confronti del fenomeno è ulteriormente aumentata con l'entrata in vigore, in diversi paesi occidentali, di leggi che riconoscono la possibilità di chiedere la conversione sia anagrafica sia chirurgica. La necessità di legiferare in merito a un fenomeno così estremo nasce in parte dall'esigenza di sanare situazioni di illegalità, nel caso di soggetti operati in altri paesi, in parte per una maggiore sensibilità e tolleranza nei confronti di situazioni minoritarie e anomale comunque presenti. Tuttavia, una legge, per quanto possa essere innovativa, spesso non riesce a fornire risposte a molti interrogativi; in questo caso, per es., alle problematiche relative al reinserimento psicosociale. In Italia, dopo varie revisioni, nell'aprile 1982 la Camera dei deputati approvò una legge concernente le Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso (l. 14 aprile 1982, nr. 164), che consente l'attribuzione di un sesso diverso da quello anagrafico in seguito a intervenute modificazioni dei caratteri sessuali. Il testo della legge non fa quindi uno specifico riferimento alla condizione transessuale e, pertanto, potrebbe concernere anche situazioni di intersessualità. La legge sottolinea l'importanza di una consulenza tecnica allo scopo di valutare le condizioni psicosessuali e l'idoneità del soggetto, e stabilisce, anche se non sempre chiaramente, le conseguenze sullo stato civile del soggetto. Infine, offriva la possibilità a chi si fosse sottoposto a intervento chirurgico prima dell'entrata in vigore della legge di mettersi in regola entro un anno. La legge nel suo insieme è estremamente sintetica e non prende in considerazione una serie di problematiche, così da apparire come una normativa d'urgenza, poco chiara riguardo ai diversi aspetti del fenomeno. Le critiche sono state quindi numerose (Marchiori-Coco 1988; Stanzione 1992), e sono state suggerite una serie di integrazioni per consentire maggiore chiarezza e l'estensione di alcuni punti riguardanti lo stato civile (per es. cambiamento di nome senza una richiesta di operazione di conversione) e su aspetti tecnici riguardanti il percorso più strettamente medico. La consulenza tecnica (Abbate-Bruno-Costanzo 1988), la cui importanza è sottolineata dalla legge, pur non essendo obbligatoria, è d'uso frequente e il dibattito, sul versante medico-legale e psichiatrico forense inerente gli aspetti diagnostici e di intervento, si mostra ampio. La necessità di procedere a un'indagine, prima di autorizzare l'intervento, è finalizzata a escludere le situazioni di psicopatologia grave (schizofrenia, depressione) e a delineare accuratamente i processi di identificazione psicosessuale. È evidente, pertanto, la necessità che tale consulenza sia affidata a un'équipe di specialisti in grado di valutare il problema nei suoi aspetti medici e psicologico-sociali.
bibl.: l. abbate, f. bruno, s. costanzo, Aspetti generali, psicologici e psichiatrico-forensi del transessualismo, in Trattato di criminologia, medicina criminologica e psichiatria forense, 8° vol., Milano, Giuffré, 1988, pp. 179-217; american psychiatric association, Diagnostic and statistical manual of mental disorders (DSM-IV), Washington, APA Press, 19944 (trad. it. Milano, Masson, 1995); j. baldaro verde, a. graziottin, L'enigma dell'identità. Il transessualismo, Torino, Gruppo Abele, 1991; h. benjamin, The transsexual phenomenon, New York, Julian Press, 1966 (trad. it. Roma, Astrolabio, 1968); d. bullough, Transsexualism in history, "Archives of Sexual Behavior", 1975, 4, 5, pp. 561-71; j. delay et al., Une demande de changement de sexe: le trans-sexualisme, "L'Encéphale", 1956, 45, pp. 41-80; w. eicher, f. borruto, I transessualismi, trasformazione uomo-donna e donna-uomo. Interventi chirurgici per il cambiamento del sesso, Verona, Cortina, 1983; h. ellis, Studies in the psychology of sex (1897), Philadelphia, Davis, 19103 (trad. it. Roma, Newton Compton, 1970); m. erlich, Les mutilations sexuelles, Paris, PUF, 1991; c. hamburger et al., Transvestitism: hormonal, psychiatric and surgical treatment, "JAMA", 1953, 52, pp. 391-96; l.m. lothstein, Female to male transsexualism: historical, clinical and theoretical issues, Boston, Routledge, 1983; a. marchiori, n. coco, Il transessuale e la norma, Roma, Kappa, 1988; j. money, a. ehrhardt, Man and woman, boy and girl. The differentiation and dimorphism of gender identity from conception to maturity, Baltimore, The Johns Hopkins Medical Press, 1972 (trad. it. Milano, Feltrinelli, 1976); l.e. pettiti, Les transsexuels, Paris, PUF, 1992; p. stanzione, Transessualità, in Enciclopedia del Diritto, 44° vol., Milano, Giuffrè, 1992, pp. 874-92; r.j. stoller, Sex and gender, London, Hogarth Press, 1968; world health organization, The ICD-10 classification of mental and behavioural disorders, Genève, WHO, 1993 (trad. it. Milano, Masson, 1995).