transputer
Particolare tipo di microprocessore. I calcolatori elettronici, implementazioni materiali e finite delle macchine di Turing, nascono come macchine di calcolo sequenziali, nelle quali viene cioè eseguita una sola operazione alla volta, e qualunque problema di elaborazione deve venire ridotto a una successione di operazioni consecutive. Fin dai primi tempi dell’elaborazione elettronica risultò chiaro che questo approccio era spesso inadeguato alla struttura del problema di calcolo da risolvere, e che era questa sequenzialità strutturale a dare conto dell’enorme distanza di efficienza, su determinati compiti, tra i calcolatori e altre strutture, dotate di un forte parallelismo interno, quali sono quelle neuronali. Il primo approccio concreto al calcolo parallelo è storicamente rappresentato dal transputer, neologismo che sta per transistor computer. La locuzione non va però intesa come ‘computer a transistor’, ma metaforicamente come ‘computer come transistor’, cioè componente elementare di circuiti di computer. I primi chip sono stati sviluppati negli anni Ottanta del secolo scorso dalla INMOS (acquisita poi dalla SGS-Thompson, oggi STMicroelectronics). Il transputer era una CPU (Central processing unit) sequenziale dotata di molte porte veloci di interconnessione (link port) per permettere la costruzione di topologie di calcolo parallelo anche molto complesse. Questo approccio, che prende il nome di multiprocessing (del quale un esempio è rappresentato dai CUBE computer, con topologia ipercubica), vede decine, centinaia o migliaia di CPU cooperare alla soluzione di un problema complesso segmentato in molti compiti più semplici. Lo sviluppo del software (e della rete materiale di interconnessione) per topologie parallele qualsivoglia pone enormi problemi relativi alla sincronizzazione delle varie CPU e alla segmentazione ottimale dell’algoritmo generale in parti intercomunicanti, le quali debbono però essere debolmente dipendenti, per non saturare la rete di interconnessione sulla quale le CPU si scambiano risultati intermedi. Successivamente CPU specializzate, quali i DSP (Digital signal processor), sono state dotate anche di un grado di parallelismo interno, ma continuano fino a oggi a montare un elevato numero di porte veloci di comunicazione esterna (link port, o comm port). Oggi lo schema di parallelismo dominante (che si attaglia a un’ampia classe di problemi) è quello superscalare (o debolmente vettoriale), o ancora SIMD (Single instruction multiple data), nel quale la stessa operazione viene eseguita su diversi dati, con un grado di interdipendenza minimale. Tutte le moderne CPU per usi generali sono dotate internamente di unità superscalari (MMX, SSE, nelle CPU Intel; AltiVec nei Power PC). I supercomputer (quali il RoadRunner della IBM, basato sulle CPU cell computer, che dovrebbe raggiungere il petaflop/s) sono oggi tutti improntati ad architetture multiprocessing SIMD, con un grado di parallelismo però anche interno alla singola CPU.
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