trapassare [partic. pres. femm. plur. trapassante]
E presente in tutte le opere meno che nelle Rime (manca pure nel Detto), in accezioni tutte collegabili al significato fondamentale di " passare " da un luogo a un altro o da una ad altra condizione.
Solo raramente contiene l'idea di un passaggio da parte a parte, venendo così a coincidere semanticamente con " attraversare ": a differenza delle anime penitenti, osserva D., i' non dava loco / per lo mio corpo al trapassar d' i raggi (Pg V 26), impedivo " il passaggio " (l'infinito trapassar è usato con valore di sostantivo) dei raggi solari attraverso il mio corpo. Nell'episodio della tentazione subita dai principi negligenti nella valletta, 'l velo [dell'allegoria] è... tanto sottile, / certo che 'l trapassar dentro è leggero (Pg VIII 21), né occorre rilevare come il verbo, pur essendo inserito in un contesto metaforico, conserva l'accezione di " penetrare attraverso " (v. SOTTILE).
Il senso di " passare da una parte all'altra ", cioè di " estendersi per tutto lo spessore di un corpo ", è conservato anche quando il verbo è usato intransitivamente; con quest'accezione lo usa Beatrice per osservare che s'elli è che questo raro non trapassi, se avviene cioè che il raro non occupi da parte a parte il corpo lunare, esser conviene un termine da onde / lo suo contrario più passar non lassi (Pd II 85).
Altre volte assume l'accezione di " valicare ", " passare oltre " per trovarsi dall'altra parte di un ostacolo: i dannati che si affollano sulla riva dell'Acheronte pronti sono a trapassar lo rio (If III 124); e così al v. 74 qual costume / le fa di trapassar parer sì pronte, dove però il verbo è usato assolutamente. Analogamente, in contesti figurati, acquista il valore di " oltrepassare un limite ": Cv IV VII 9 Non trapasserai li termini antichi che puosero li padri tuoi (in traduzione letterale da Prov. 22, 28 " Ne transgrediaris terminos antiquos "); e così in Pd XXVI 117 dove, in armonia con la dottrina tomistica (cfr. Sum. theol. II II 163, 1 e 2), si afferma che il peccato originale non consiste nel gustar del legno, nel nutrirsi del frutto proibito, ma nel trapassar del segno, nell'oltrepassare i limiti imposti da Dio.
Un ulteriore sviluppo semantico si ha nell'uso intransitivo, allorquando t. acquista il significato di " passare oltre ", " procedere oltre ", talvolta implicitamente alludendo al fatto che il soggetto, nel suo procedere in avanti, " supera ", " lascia dietro di sé " altri: Vn XXII 4 Allora trapassaro queste donne; e io rimasi in tanta tristizia, che...; Pg XXIII 20 di retro a noi, più tosto mota, / venendo e trapassando ci ammirava / d'anime turba; XXIV 73 e 115, XXXII 23 quella milizia... / che procedeva, tutta trapassonne (qui il verbo è transitivo: " ci superò "). Potrebbe significare tanto " procedere oltre " quanto " passare attraverso ", in If VI 100 Sì trapassammo per sozza mistura / de l'ombre e de la pioggia.
L'idea di " spingersi oltre ", applicata alla vista, è presente anche in Pd XXVII 75 'l mezzo, per lo molto, / li tolse il trapassar del più avanti: lo spazio interposto, per esser divenuto troppo, impedì al mio sguardo di " spingersi oltre ", di penetrare nello spazio ulteriore (si noti che sia il verbo sia la locuzione avverbiale sono sostantivati).
Frequentemente, in senso estensivo, vale " passare da un argomento all'altro ". L'origine della metafora è ben chiarita dall'esempio di Cv IV II 5 qui non è da trapassare con piede secco ciò che si dice in ‛ tempo aspettare ', dove l'immagine si collega a quella del guado: " per passar di qui, dice insomma Dante, bisogna bagnarsi i piedi " (Cordati). Quindi, nell'accezione già indicata: II VIII 4 qui nasce un dubbio, lo quale non è da trapassare sanza dichiarare; IV XII 11, XVII 3. Analogamente, usato come transitivo, con il significato di " tralasciare ", " omettere ": Vn II 10 trapassando molte cose le quali si potrebbero trarre de l'esemplo onde nascono queste, verrò a quelle parole le quali...
Usato con riferimento a nozioni di carattere temporale, assume il valore di " durare ", " continuare a sussistere ", in Cv IV XXIV 6 se Cristo... fosse vivuto lo spazio che la sua vita poteva secondo natura trapassare, elli sarebbe a li ottantuno anno di mortale corpo in etternale transmutato. Il participio passato vale " passato ", " trascorso ", in I I 17, dove D. accenna alla sua gioventute... già trapassata (per le difficoltà che il passo offre all'esegesi, v. Busnelli-Vandelli, ad locum) e " precedente " in II XII 9, dove l'autore si ripromette di trattare secondo il senso allegorico prima del terzo cielo e poi delle Intelligenze motrici secondo l'ordine trapassato, cioè attenendosi al medesimo ordine precedentemente seguito nell'esposizione letterale della canzone (cfr. III 1).
Il participio presente è attestato nei due esempi del Fiore; in CLXIX 9 Né non amar già oste trapassante, esso conserva valore verbale, tanto da poter essere rettamente tradotto dal Parodi con la locuzione " di passaggio "; ha invece funzione aggettivale nel secondo esempio, dove Bellaccoglienza confessa che 'l fatto de l'amor non m'è palese, / s'e' non s'è in parole trapassante (CXCV 6): in parole " fuggevoli ", secondo il Parodi; " tranne che a parole " per il Petronio, il quale chiarisce ulteriormente il significato dell'espressione aggiungendo: " Vuol dire che l'amore lo conosce solo in teoria, in parole che lasciano il tempo che trovano ".