trarre (traere; trare; indic. pres. II singol. traggi, III singol. tra' e tragge [Parodi, Lingua 257-258]; III plur. ind. imperf. traean; II singol. cong. pres. tragghe. Notevoli anche le forme con enclisi della particella pronominale: II singol. fut. trarra'mi; III singoli imperf. ind. traéli; II singol. imper. tra'mi, tra'ti, tra'mene e tra'ne)
Compare in tutte le opere, compresi il Fiore e il Detto, ma le attestazioni in prosa sono appena 16 su oltre 170 presenze complessive. Ricorre come transitivo, intransitivo e intransitivo pronominale, coprendo un'area semantica più ampia di quella occupata nell'italiano moderno.
1. Come transitivo, nel suo valore fondamentale, indica l'atto di " imprimere un movimento " a una persona o a una cosa, trascinandola o tirandola: Pg X 56 Era intagliato lì nel marmo stesso / lo carro e ' buoi, traendo l'arca santa; XXIV 83 quei che più n'ha colpa, / vegg'ïo a coda d'una bestia tratto / inver' la valle ove mai non si scolpa (con riferimento alla morte di Corso Donati, che D. immagina sia stato trascinato a coda di cavallo sino all'Inferno); e così in XXXII 50 e 158. Seguito dall'avverbio o da un complemento indicanti la direzione del moto: Rime LXIII 8 a l'ambasciata tua procedi, / ma fa che 'l tragghe prima da un lato; XCI 100 e 'l terzo vo' che prove / di trarlo fuor di mala setta in pria; If XXII 36 Graffiacan... / li arruncigliò le 'mpegolate chiome, / e trassel sù, lo " tirò fuori " dalla pece.
Le caratteristiche del movimento impresso si ricavano dal contesto. A proposito di una veste che una persona si tira dietro come uno strascico: gli angeli che giungono nella valletta dei principi verdi... / erano in veste, che da verdi penne / percosse traean [traén nel Casella] dietro e ventilate (Pg VIII 30); con riferimento alla tecnica usata da un pittore, il quale, per tracciare una striscia di colore compatta e continua, " fa scorrere " più volte il pennello sulla tela: le fiammelle dei sette candelabri ‛ lasciavano ' dietro a sé l'aere dipinto, / e di tratti pennelli avean sembiante (XXIX 75: " in tratti, D. ha riassorbito, probabilmente, il ricordo di Georg. I 366-367 ‛ noctisque per umbram / flammarum longos a tergo albescere tractus ' ", Mattalia; cfr. anche PENNELLO).
Quando il complemento oggetto è un pronome personale, t., oltre che " tirare " (If XXVI 15 su per le scalee... / rimontò 'l duca mio e trasse mee), può valere " far sì che altri si accosti " (XXI 24 mi trasse a sé del loco dov'io stava; Pg VIII 94) o addirittura, usato estensivamente, " immergere ": Matelda tratto m'avea nel fiume infin la gola (XXXI 94). Anche a proposito di una parte del corpo che " è avvicinata " a qualche cosa: If XVII 9 [Gerione] 'n su la riva non trasse la coda, la lasciò libera nel vuoto; e così in Pg XXXII 134 a sé traendo la coda.
T., in particolare, può valere anche " tirare nel senso della lunghezza ". È perciò il verbo tecnico per indicare l'atto di una filatrice, che, servendosi del fuso, " sottrae " il filo alla matassa, o chioma, di cui è colma la rocca (v.), e così " fila ": Pd XV 124 traendo a la rocca la chioma, / favoleggiava con la sua famiglia; altro esempio in Pg XXI 26. Per sapere da Piccarda quale fosse stato il voto da lei non adempiuto, D. ricorre a una metafora tratta dall'arte della tessitura: per apprender da lei qual fu la tela / onde non trasse infine a co la spuola (Pd III 96); nonostante l'apparente analogia, qui il verbo ha un'accezione diversa, giacché " il voto non adempiuto [è] paragonato a tela, di cui la tessitrice ‛ non gettò ' (trasse) la spola fino al termine, cioè, che non finì di tessere " (Chimenz).
Si vedano inoltre i seguenti esempi, nei quali il verbo ricorre in senso estensivo, ma sempre per indicare uno spostamento o un moto provocato da una forza fisica o da un impulso interiore: nell'atto di trasformarsi di serpente in uomo, Francesco Cavalcanti trasse [il muso] ver' le tempie (If XXV 124); per invitare D. a manifestare liberamente un dubbio, Virgilio ricorre alla metafora Scocca / l'arco del dir, che 'nfino al ferro hai tratto (Pg XXV 18); nella loro danza, le virtù teologali or parëan da la bianca [cioè dalla Fede] tratte [" guidate "], / or da la rossa, dalla Carità (XXIX 127). E così in Pd XIV 19, XVIII 37.
Dall'accezione di " far sì che altri si accosti " deriva quella di " attirare ", attestata nel duplice senso di " tener vicino a sé " (Cv II XIV 7 [Aristotele] pare dicere che [la Galassia]... sia uno ragunamento di vapori sotto le stelle di quella parte, che sempre traggono quelli) e di " far venire ", " volere con sé ": Pg XXI 89 Tanto fu dolce mio vocale spinto che, tolosano, a sé mi trasse Roma (" quasi a forza, mi volle ", Mattalia).
Quindi, con riferimento a qualcosa che ci costringe a guardare in una data direzione: Pd XVIII 46 Poscia trasse Guiglielmo la mia vista / per quella croce: il nome dell'eroe, pronunciato dall'aquila, " costrinse " la mia vista " a muoversi " lungo la croce. Con altro costrutto: If IX 35 l'occhio m'avea tutto tratto / ver' l'alta torre, il senso visivo " aveva attirato " tutta la mia attenzione verso la cima della torre. Se io fossi uno specchio, dice Virgilio a D., io " non riceverei " (cioè " non rifletterei ") la tua immagine esteriore con maggior prontezza di quanto non mi renda conto del tuo stato d'animo: S'io fossi di piombato vetro, / l'imagine di fuor tua non trarrei / più tosto a me, che quella dentro 'mpetro (If XXIII 26); anche qui l'uso del verbo si collega all'accezione di " attirare ", pur insistendo più sull'effetto che non sulla causa che lo ha prodotto.
Piuttosto frequenti sono gli esempi di uso figurato: Vn XLI 7 avvegna che io non possa intendere là ove lo mio pensero mi trae, cioè a la sua mirabile qualitade, " sebbene io non possa intendere la mirabile qualità di Beatrice, alla cui contemplazione il mio pensiero ‛ mi solleva ' " (Casini): Rime LVII 7 [Amore] tragge tutta bontate / a sé, e LXXXIX 13; Cv II XIII 24 la Musica trae a sé li spiriti umani; Pg XX 83 O avarizia... ha' il mio sangue a te sì tratto [hai talmente " asservito " i miei discendenti], / che non si cura de la propria carne; XXXI 54, XXXII 6; Detto 476.
Con il significato di " trascorrere " un periodo di tempo compare solo nel Fiore (e indica sempre lo stento, la fatica del vivere in povertà): XC 14 religïone... grana nel cuor umile e piatoso, / che 'n trar sua vita mette pena; e così in CXIV 2, CXV 7.
Nel dar conto della lezione traendo, accolta da più editori, fra cui il Casella, in luogo di trattando, in Pg XXVIII 58 Ella ridea da l'altra riva dritta, / trattando più color con le sue mani, il Parodi (Lingua 378) propose d'interpretare " tessendo, intrecciando fiori ", ed espresse il parere che il modello della locuzione dantesca dovesse essere ricercato nel latino ‛ vellera motis digitis trahere ' attestato, fra l'altro, in Ovidio (Met. XIV 264-265). Anche il Bosco ammette la possibilità di leggere traendo, " alla quale lezione potrebbe condurci la letterale somiglianza col virgiliano Mille trahens varios adverso sole colores (Aen., IV, 701). Comunque, i due verbi significano la stessa cosa: intrecciare, combinare i colori per farne una ghirlanda " (Il canto XXVIII del " Purgatorio ", in Nuove Lett. V 133 n.). Dopo l'esauriente discussione condotta dal Petrocchi (ad l., e Introduzione 214), non occorre qui riaprire la questione, se non per ricordare che il Chimenz adotta traendo e, per superare l'aporia esistente fra dritta e traendo quando lo si spieghi " cogliendo ", interpreta " portando ". È opportuno invece osservare che l'accezione di " intrecciare " attribuita a t., anche se altrimenti non documentabile, consentirebbe di spiegare l'origine del sintagma ‛ t. patto ', " intrecciare un accordo ", " pattuire ", attestato in Fiore LXXXIV 5 Larghezza e Cortesia traesser patto / con quella, e documentato anche da M. Villani (II 12 " senza consiglio de' suoi castellani, a suo vantaggio trasse patto, e rendé il castello a' nemici ").
Del tutto isolata resta l'accezione attestata in un contesto metaforico, in Pd V 62, dove t. assume il valore causativo di " far traboccare ": qualunque cosa tanto pesa / per suo valor che tragga ogne bilancia, / sodisfar non si può con altra spesa.
2. Dal concetto di trazione si sviluppa l'idea del " condurre ", del " guidare ", del " portare da un luogo a un altro "; anche in questo caso, nel verbo è spesso implicita la nozione che lo spostamento avvenga con stento, con sforzo, se non addirittura a forza.
In questo senso, t. ricorre di frequente con riferimento al compito di guida svolto da Virgilio in favore di D.; è anzi significativo che il verbo compaia in connessione con i tre momenti centrali del viaggio dantesco: l'uscita dalla selva (If I 114 sarò tua guida / e trarrotti di qui per loco etterno), l'incontro con Catone (Pg I 67 Com' io l'ho tratto, saria lungo a dirti), l'arrivo nel Paradiso terrestre (XXVII 130 Tratto t'ho qui con ingegno e con arte); e si vedano inoltre If VI 40, Pg III 6, V 86, IX 107, XXIII 124.
Ha lo stesso significato nell'accenno a Matelda, che aveva fatto varcare a D. il Lete (Pg XXXII 28 La bella donna che mi trasse al varco), in Pd XXX 128 Nel giallo de la rosa sempiterna... / mi trasse Beatrice, e, in un contesto metaforico, in XXIV 116 quel baron... di ramo in ramo, / essaminando, già tratto m'avea: s. Pietro, " di domanda in domanda... m'aveva condotto al momento conclusivo dell'esame " (Sapegno).
Compare in senso estensivo, con il valore di " rapire ", in Pg XV 86 Ivi mi parve in una visïone / estatica di sùbito esser tratto; la congruenza del lessico è comprovata dal pensiero di Tommaso, secondo il quale la visione estatica " importat simpliciter excessum a seipso... sed raptus supra hoc addit violentiam quandam " (Sum. theol. II II 175 2 ad 1).
Vale " rivolgere ", in Pg XXX 77 Li occhi mi cadder giù nel chiaro fonte; / ma veggendomi in esso, i trassi a l'erba, / tanta vergogna mi gravò la fronte; e così, in un contesto metaforico, in Pd XXVII 123.
Usato in senso figurato, indica l'atto di " portare " da uno stato, da una condizione, in uno stato o in una condizione diversi, quando è indicato lo stato in cui il soggetto è condotto: Cv II Voi che 'ntendendo 6 El ciel... / mi tragge ne lo stato ov'io mi trovo (replicato e rielaborato in VI 5). Tale accezione può anche assumere sfumature semantiche diverse; così, in Vn XV 8 lo gabbare di questa donna... trae a sua simile operazione coloro che forse vederebbono questa pietà, tutta la locuzione vale " induce a comportarsi in modo analogo "; si veda inoltre XXXIX 5; Cv III XIV 6 la divina virtù sanza mezzo questo amore tragge a sua similitudine, " lo rende simile " a sé.
L'uso estensivo appare più evidente allorquando la condizione alla quale il soggetto (o l'oggetto) sono condotti non comporta una modificazione dello stato originario, ma è del tutto nuova. Si vedano a questo proposito Pg XI 69 superbia... tutti miei consorti / ha... tratti seco nel malanno; Pd XI 110 [a Dio] piacque di trarlo [Francesco] suso a la mercede / ch' el meritò; XVIII 135 [Giovanni Battista] per salti fu tratto al martiro. Un'ulteriore determinazione si ha quando il verbo è usato nell'accezione di " eleggere " a una magistratura, " elevare " a una dignità chi non vi aspirava (e questa riluttanza è anzi resa più evidente dal costante ricorso alla forma passiva): XVI 107 già eran tratti / a le curule Sizii e Arrigucci (" si badi, non vi erano arrivati, come accadrà più tardi, per arrembaggio ", Mattalia); s. Pier Damiano dice di sé di esser stato chiesto e tratto al cappello cardinalizio (Pd XXI 125).
È associato a un'idea di sforzo anche in If IX 14 io traeva la parola tronca / forse a peggior sentenzia che non tenne, " tiravo, sforzavo (con la forza della paura!) " (Mattalia) il discorso reticente di Virgilio a un significato peggiore di quello che esso nella realtà non ebbe. L'accezione è attestata anche per il latino trahere, in Mn III IX 18 verba illa Cristi et Petri... non ad hoc quod dicunt isti trahenda sunt, sed referenda sunt ad sensum illius gladii de quo scribit Mathaeus.
In qualche caso il concetto di sforzo si attenua nel senso di ‛ persuadere a ': Vn XXXIV 8 4 Amore... / vi trasse a riguardar quel ch'eo facia; Pd XII 32 L'amor che mi fa bella / mi tragge a ragionar de l'altro duca. E così, nell'uso pronominale, con l'accezione di " indirizzarsi ", " rivolgersi ": Cv IV XIII 8 l'uomo si dee traere a le divine cose quanto può.
3. Per ulteriore determinazione semantica, nel verbo diventa prevalente l'idea del " portar via ", dell' " estrarre " (e, in questo caso, è seguito da un complemento di moto da luogo, introdotto dalla preposizione ‛ di ').
In senso proprio compare in If IV 55 Trasseci [dal Limbo] l'ombra del primo parente; IX 27, Fiore CCXVII 10; con un'ulteriore precisazione mediante la preposizione ‛ fuor di ': Pg XXI 31 io fui tratto fuor de l'ampia gola / d'inferno; Fiore CLXXXV 10. In senso estensivo: Vn XIV 7 lo... amico... mi prese per la mano... traendomi fuori [" facendomi allontanare "] de la veduta di queste donne.
Forese spiega a D. come le preghiere di Nella gli abbiano evitato di sostare nell'Antipurgatorio e nei gironi più bassi del Purgatorio: Con suoi prieghi devoti... / tratto m'ha de la costa ove s'aspetta, / e liberato m'ha de li altri giri (XXIII 89); " dall'Antipurgatorio, luogo di attesa ma non di pena, l'ha tratto; dagli altri giri, che sono luoghi di pena, l'ha liberato " (Mattalia); l'osservazione è del tutto pertinente anche perché un'antitesi semantica fra i due verbi non è documentata altrove nel lessico dantesco.
Anzi, t. è spesso attestato con l'accezione di " liberare ": Fiore LXX 8 se sai alcuna via... / per... trar Bellaccoglienza di pregione, e LXXII 5; più frequenti gli esempi di uso estensivo o figurato: Rime LX 2 tra'mi d'ira, che mi fa pensare; LXVIII 49 trarra'mi d'errore (e cfr. If XXXIV 102); Rime LXXXIX 11, If VIII 98 m'hai... tratto / d'alto periglio; Pg XI 136 per trar l'amico suo di pena; Fiore XLVII 4 trarmi del laccio in ch'Amor mi prese; LIV 5 tra'mi / d'esti pensier che m'hanno sì gravato; LXXI 11 Bellaccoglienza trarrà di servaggio; CXCVIII 5 che ti trarrà di questo tuo tormento?; CCXXVI 4 per la figliuola trar di quello stato. Oppure vale " togliere, sottrarre a ": Rime LXVIII 10 soverchia / pena … m'ha tratto di gioco (" gioia "); Fiore CLXXXIII 2 la legge sì le tra' di lor franchezza, " toglie loro questa libertà " (Petronio); CXCIII 14.
In altri esempi è usato in senso generico, in luogo di altri verbi più propri ma sempre attinenti al concetto di " portar via ": " sottrarre ", in Rime CI 14 ella... / trae de la mente nostra ogn'altra donna, e Detto 127; " allontanare ", in Vn XIII 2 Amore... trae lo intendimento del suo fedele da tutte le vili cose; " distogliere ", in If XI 9 Anastasio papa... / lo qual trasse Fotin de la via dritta; Fiore XXXVIII 1 Ragione, tu sì mi vuo' trar d'amare (e cfr. XXXIX 1); Detto 141. Anche Piccarda e le sue compagne eran tratte (" erano state sviate "; si noti il valore di trapassato) dalla strada (Pd IV 86) della vita monacale in cui si erano messe: qui nel verbo è implicita l'idea della violenza patita da quelle smonacate a forza. Anche, semplicemente, " condurre ", " guidare ", in Pd XXXI 85 Tu m'hai di servo tratto a libertate (ma l'accezione originaria del verbo è stata colta bene dal Buti: " dalla servitù del peccato m'hai cavato e menato alla libertà della virtù ").
Per dire che gli splendori del Paradiso " non possunt describi nec manifestaci " (Benvenuto) con il linguaggio umano, D. ricorre a una metafora: Ne la corte del cielo... / si trovan molte gioie care e belle / tanto che non si posson trar del regno (Pd X 72). La locuzione è tratta " da certe merci più rare... le quali per la loro preziosità non è lecito esportare fuori del paese " (Landino); e che t. fosse termine del linguaggio mercantile lo comprova M. Villani (III 57 " erano infamati d'avere... lasciato trarre il grano della loro Maremma ").
In senso anche più pregnante t. compare nella profezia con la quale Vanni Fucci allude alla guerra condotta da Moroello Malaspina contro Pistoia: Tragge Marte vapor di Val di Magra... e... / sovra Campo Picen fia combattuto (If XXIV 145); nella sua accezione più immediata tragge vale " fa prorompere ", " sprigiona ", ma a renderlo più espressivo ha contribuito anche il significato di " lanciare ", " scagliare " con il quale il verbo è attestato (v. OLTRE).
La nozione di ‛ estrazione ' è più vivamente avvertibile allorquando segue l'indicazione di un recipiente, di un rivestimento, di un involucro: Pd I 20 quando Marsïa traesti / de la vagina de le membra sue; XIII 38 nel petto [di Adamo] onde la costa / si trasse per formar Eva (si noti il si passivante); e così Pg IX 117. In contesti metaforici: Rime C 50 la crudele spina / ...Amor di cor non la mi tragge; Pg XX 3 trassi de l'acqua non sazia la spugna, interruppi il colloquio con Adriano V, benché avessi altro da chiedergli; Pd XXVI 62. In usi figurati: Rime LXXX 12 [Amore] trae li sospiri altrui fora del core; Pd VI 12 d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano.
In accezioni più limitate vale " tirare fuori " (If XVII 74 distorse la bocca e di fuor trasse / la lingua), " ritirare " (Pd XXII 109 tu non avresti in tanto tratto e messo / nel foco il dito: si noti l'inversione della sequenza normale), " cavarsi " (Cv III VIII 10 alcuno… si trasse li occhi, perché la vergogna d'entro non paresse di fuori), " strappare " (If XXXII 104 Io avea già i capelli in mano avvolti, / e tratti glien' avea più d'una ciocca; XXIX 82, Pd VI 108), " asportare " (Pg XXXI 135 [con la coda, il drago] trasse del fondo, " strappò e trascinò via " una parte del fondo del carro). Vada qui anche Rime C 41 le fronde / che trasse fuor la vertù d'Ariete, che la primavera " ha fatto spuntare " (per un analogo traslato, v. Fazio degli Uberti Io guardo fra l'erbette 3-4 " fiori / per la virtù del sol che fuor li tira ").
Usato in senso figurato, si accosta al significato di " ricavare ", " derivare ": Rime LXXXIII 120 l'uno e l'altro in ciò diletto tragge; Vn II 10 molte cose... si potrebbero trarre de l'essemplo onde nascono queste; If XXX 71 La... giustizia [divina]... / tragge cagion del loco ov'io peccai, a farmi penare di più; Pd XV 50 Grato e lontano digiuno, / tratto leggendo [in Dio]... / solvuto hai, figlio; Fiore XXXIX 7 vo' che l'ami... per trarne frutto, " per avere figli da lei "; e così XC 5, CVII 10.
Acquista una particolare pregnanza concettuale in due passi dottrinari. Con riferimento al processo di astrazione con il qualel'intelletto giunge alla conoscenza della realtà per mezzo dell'oggetto sensibile: Cv III IV 9 nostro intelletto, per difetto de la vertù da la quale trae quello ch'el vede, che è virtù organica, cioè la fantasia, non puote a certe cose salire (cfr. Tomm. Sum. theol. I 85 1 ad 5 " Intellectus noster... abstrahit species intelligibiles a phantasmatibus, in quantum considerat naturas rerum in universali ") In modo analogo, Virgilio spiega a D. che l'apprensiva da esser verace / tragge intenzione, e dentro a voi la spiega (Pg XVIII 23), cioè che la capacità di conoscere " deriva " l'intenzione, la rappresentazione dell'oggetto, dall'esser verace, dalla realtà, e poi la elabora nel processo conoscitivo.
Le interpretazioni discusse sono due. Per dire che, in Purgatorio, gl'invidiosi sono stimolati a pentirsi da esempi di atti caritatevoli, D. ricorre a una metafora: Questo cinghio sferza / la colpa de l'invidia, e però sono / tratte d'amor le corde de la ferza (Pg XIII 39): quasi tutti i commentatori spiegano " sono derivate ", " sono ricavate "; invece per il Porena tratte vale " vibrate " e da amore è complemento di agente. Le ombre dei golosi, narra D., per le fosse de li occhi ammirazione / traean di me, di mio vivere accorte (XXIV 6); anche qui, alla spiegazione corrente (" attingevano " motivo di meraviglia dal fatto che io fossi vivo) si oppone il Porena, il quale dà a traean il valore di " saettavano " e spiega " attraverso la fossa degli occhi lanciavano occhiate di meraviglia ".
Nella lingua del tempo è piuttosto frequente l'uso di t. nell'accezione di " togliere di dosso " (cfr. Boccaccio Dec. VIII 5 didasc. " Tre giovani traggono le brache ad un giudice marchigiano "). Questo senso è attestato in Fiore CLXXXV 12 poi si tragga guarnacca e gonnella, e in un contesto metaforico, in Detto 320 Povertà... convien... ti tragga panni / e le tue buone calze.
Nell'accezione di " emettere " voci e simili, t. è attestato soprattutto nel modulo ‛ t. guai ', " trar fuori dal petto i lamenti " e quindi " lamentarsi ", già noto agli stilnovisti (G. Cavalcanti Li occhi di quella 28; G. Alfani Ballatetta dolente 13: cfr. Pagliaro, Ulisse 636) e ripreso da D. nei passi di Vn XXIII 23 47 mi parea... veder donne.../ qual lagrimando, e qual traendo guai, XXXI 8 6, If V 48, XIII 22; ha senso analogo in Pg XXXIII 27 non traggon la voce viva ai denti, " non riescono a portare " la voce chiara e percettibile " fuori " dei denti, a pronunciare distintamente le parole. Vada qui anche Pd V 125 Io veggio ben sì come tu t'annidi / nel proprio lume, e che de li occhi il traggi, mi accorgo che tu " effondi " (ma il Porena spiega " saetti ") dagli occhi la luce in cui ti annidi.
La domanda rivolta da Bonagiunta a D. (di s' i' veggio qui colui che fore / trasse le nove rime, cominciando / ‛ Donne ch'avete intelletto d'amore ', Pg XXIV 50) viene per lo più interpretata come un riconoscimento del merito che D. attribuisce a sé stesso di aver dato inizio con quella canzone o allo Stilnuovo in genere o al suo proprio nuovo stile; quanti aderiscono a questa interpretazione complessiva del passo letteralmente spiegano " colui che iniziò una nuova maniera di poetare con la canzone... ". Ma se, con il Bosco (Dante vicino, Caltanissetta-Roma 1966, 45-46), si ritiene che la canzone non sia un inizio, ma solo " un esempio caratteristico " della nuova poesia stilnovistica, e che tutto il verso costituisca solo una perifrasi per dire " se tu sei proprio D. ", " se sei proprio l'autore della canzone che comincia... ", allora sarà opportuno spiegare fore trasse con " pubblicò ", come fa il Mattalia.
Con il significato di " escludere ", " eccettuare ", compare in If XXIX 125 Tra'mene Stricca / che seppe far le temperate spese; altro esempio al v. 130.
4. In un altro gruppo di accezioni compare come equivalente di " tirare ", nel significato di " lanciare ", " scagliare ", " gettare lontano ".
In questo senso ricorre come transitivo, con complemento oggetto della cosa scagliata, solo in Pg XXXI 117 Amor già ti trasse le sue armi, " ti vibrò " i suoi dardi. È invece usato assolutamente III 69 quanto un buon gittator trarria con mano; Cv IV XXII 2 male tragge al segno quelli che nol vede; Fiore LXXI 14 trar di quadrello (qui l'infinito è sostantivato). Indica in misura approssimativa una distanza nella locuzione al trar d'un balestro (If XXXI 83). Alla stessa accezione può collegarsi la metafora tratta dal volo e applicata alla vista, in Pg X 25 quanto l'occhio mio potea trar d'ale, con il significato di " spaziare ".
Per dire che i suoi predecessori, come lui simoniaci, si trovano chiusi sotto di lui nel pozzetto, Niccolò III ricorre all'espressione Di sotto al capo mio son li altri tratti / che precedetter me simoneggiando (If XIX 73). Il valore di tratti è discusso: i più spiegano " trascinati "; lo Scartazzini (ma non il Vandelli) " raccolti ", motivando la scelta con l'accezione di " si raccolsero " che ha si ritrasser in III 106; altri, in considerazione delle parole successive di Niccolò (La giù cascherò io altresì, v. 76), interpretano " spinti " (Mattalia), " precipitati " (Sapegno), " balestrati " (Porena).
All'accezione di " scagliare " si collega quella di " colpire ", documentata in Fiore I 1 Lo Dio d'amor con su' arco mi trasse, e, con uso assoluto, in Cv IV XXVII 5 nullo dicerebbe savio quelli che si sapesse bene trarre de la punta d'uno coltello ne la pupilla de l'occhio.
5. Gli esempi di uso intransitivo sono molto meno frequenti.
Vale " recarsi ", " accorrere ", in Pg II 71 a messagger che porta ulivo / tragge la gente per udir novelle; Fiore I 4; " uscire ", in Pg XX 71 tragge un altro Carlo fuor di Francia. Allo stesso ambito semantico appartiene la perifrasi usata per indicare il centro della terra: If XXXIV 111 'l punto / al qual si traggon d'ogne parte i pesi (cfr. Cic. Somn. Scip. 17 " in eam feruntur omnia suo nutu pondera ". Si noti qui il costrutto intransitivo pronominale).
Ha ufficio di verbo servile e l'accezione di " mirare a ", " tendere a ", in Rime LXX 11 Amor... / mi trae a ferire (ed è uso frequentissimo nella Tavola Ritonda: I 438 " tutti li cavalieri si traggono a ferire "; altri esempi in Barbi-Maggini, ad locum).
L'intransitivo pronominale è frequente soprattutto in espressioni come ‛ trarsi ' avante o avanti (If XXI 74 e 118, Pg II 76, XXVIII 46), ‛ trarsi ' in dietro (III 91) o addietro (Fiore CCIII 6), ‛ trarsi ' oltre (Pg XX 29). Vale " accostarsi ", in VI 67 Virgilio si trasse a lei, Fiore XII 7, XLVII 11 e, con complemento retto da ‛ verso ', in Vn XXIII 12 elle si trassero verso me, Pd V 104, Fiore XVII 13. Analogamente, riferito ad animali, in Pd V 101 ' n peschiera ch'è tranquilla e pura / traggonsi i pesci a ciò che vien di fuori. Più pregnante ed espressivo l'uso in Pg XIX 89 trassimi sovra quella creatura, " mi accostai e mi piegai sopra lei ": Adriano V è infatti disteso bocconi a terra, e D., per parlare con lui, deve inchinarsi. Usato assolutamente, indica soltanto movimento; è perciò usato sia nell'accezione di " accostarsi ", come in Pg IV 103 Là ci traemmo, e If IV 115, sia in quello di " tirarsi indietro ", come in Pg VII 3 Sordel si trasse. In If III 81 infino al fiume del parlar mi trassi, vale " mi astenni, mi trattenni dal ".
" Spirare ", " soffiare " del vento, in Rime LXVIII 21 allor non trarrà sì poco vento / che non mi meni.