trascendere
È vocabolo stilisticamente nobile, proprio del lessico dottrinario.
Conserva il valore etimologico di " salire attraverso " nella domanda rivolta da D. a Beatrice: ora ammiro / com'io trascenda questi corpi levi (Pd I 99), mi meraviglio come mai io, essendo vivo e legato al corpo, possa " salire attraverso " questi corpi leggeri quali sono la sfera dell'aria e quella del fuoco.
In due esempi assume l'accezione di " superare ", sempre con riferimento a realtà che vanno al di là della comune esperienza umana: Cv III IV 1 la mia insufficienza procede doppiamente, sì come doppiamente trascende l'altezza di costei: " Come l'altezza o somma perfezione della donna gentile trascende l'intelletto e la parola umana [cfr. Amor che ne la mente 5-11], così io sono insufficiente quanto all'uno e all'altra " (Busnelli-Vandelli); l'Empireo è amor di vero ben, pien di letizia; / letizia che trascende ogne dolzore (Pd XXX 42); in tal senso si pone anche la variante trascender invece di trascorrer, in Pg III 35: cfr. Petrocchi, ad locum.
Un più ricco contenuto dottrinario è percepibile nella definizione che si dà di Dio come di colui lo cui saver tutto trascende (If VII 73); qui Dio è definito dal suo attributo di suprema intelligenza e di causa prima, con implicita allusione alla dottrina della trascendenza qual era stata definita dalla speculazione scolastica.