Trash
In ambito cinematografico il termine (letteralmente: spazzatura, ciarpame, sciocchezze) è stato usato, a partire dalla metà degli anni Sessanta, in una gamma di accezioni così ampia da rendere complesso riconoscerne il significato ultimo. Occorre innanzitutto differenziare il cinema trash dall'exploitation: con quest'ultimo vocabolo si intende un cinema molto lurido ed esplicito, proveniente in genere da cinematografie 'minori' o 'etniche', che non ha timore di mostrare dettagli che film 'ufficiali' non osano esibire. Per alcuni studiosi del fenomeno, come G. Salza (1994, p. 25), "l'arrivo dell'exploitation si è rivelato un alibi sommario per separare in compartimenti ermetici la categoria di "bello" da quella di "orrido", separazione che spesso viene operata sulla base di criteri meramente soggettivi, ma i film "fatti male", al di là di ogni giudizio inerente ai loro contenuti, accompagnano altrettanto bene la negazione della forma, ignorando per definizione le essenziali regole tecniche e, molto spesso, anche il livello minimo di competizione artistica; può quindi accadere che essi trovino un loro pubblico (e anche una critica), disposto a scambiare formule acciarpate per maliziose affabulazioni, il punto di crisi di un modello, per il suo apogeo. Specialmente il cinéphile insaziabile e onnivoro è portato a scoprire "valore" in quelle opere che lasciano trasparire il massimo di negatività non dominata, né addomesticata, che sono pensate e realizzate in funzione dello sfruttamento commerciale senza pretese artistiche, oppure che manifestano palesemente la sconfitta delle buone intenzioni, facendo sentire la distanza fra il modello di riferimento (alto) e gli esiti raggiunti (bassi)". Un'opera cinematografica può quindi meritare oggettivamente o soggettivamente la qualifica di t., rispettivamente quando possiede elementi costitutivi ‒ dalla regia all'interpretazione degli attori, dall'impianto luministico alla partitura musicale ‒ di chiara matrice dilettantesca, oppure quando anche uno solo di tali elementi evidenzia, agli occhi di chi guarda, un risultato non all'altezza delle ambizioni dichiarate. Il regista statunitense John Waters, nella sua autobiografia Shock value (1981; trad. it. 2000, p. 25), puntualizza: "[…] si deve ricordare che esiste il buon cattivo gusto e il cattivo cattivo gusto. È facile disgustare qualcuno; potrei fare un film di 90 minuti con persone a cui vengono mutilate le membra, ma questo sarebbe solamente cattivo cattivo gusto e non sarebbe molto elegante o originale. Per comprendere il cattivo gusto bisogna avere molto buon gusto. Il buon cattivo gusto può essere creativamente nauseante ma deve, allo stesso tempo, appellarsi a quel senso dell'umorismo particolarmente contorto che è tutt'altro che universale". Le considerazioni di Waters consentono di differenziare il t. da altri due 'stili' con i quali di frequente esso viene confuso: il kitsch e il camp. La differenza tra questi si basa sulla maggiore o minore consapevolezza di mettere in scena materiali di 'cattivo gusto', e quindi materiali trash. Un'opera diventa kitsch quando inconsapevolmente tradisce le intenzioni artistiche e ottiene nei fatti un risultato scadente e patetico se raffrontato al modello di riferimento; diventa camp quando consapevolmente manipola materiali e forme legati al 'cattivo gusto' e con lucidità intellettuale le rielabora e si compiace di tale elaborazione. Un esempio di cinema kitsch è riconducibile a un qualsivoglia tentativo autoriale, che però fallisca nell'imitazione di un modello 'alto'; un esempio di cinema camp può essere quello del citato Waters o di Pedro Almodóvar. Il saggista T. Labranca (1995) individua cinque 'pilastri' costituitivi del t.: libertà di espressione del proprio gusto, contaminazione, incongruità, massimalismo (ossia il rifarsi a un modello senza preoccuparsi di imitarlo perfettamente) ed emulazione fallita. All'interno della qualifica trash, a definire quasi un genere cinematografico basato su povertà di mezzi, volgarità di forme e contenuti, provocazioni più o meno consapevoli e risultati di scarso valore artistico, si sono alternati altri aggettivi, come weird (strano), cheap (grossolano/di cattiva qualità), sleazy (trasandato), bizarre (eccentrico), psychotronic (strampalato/di genere), lurid (impressionante), tutti assimilabili alla forma-cinema sopra descritta, spesso votata allo shock visivo, di maldestra esecuzione, inserita in un genere prestabilito, in cui l'ironia, volontaria o involontaria, è una componente importante.Registi quali Waters, Jess Franco, Albert (Al) Victor Adamson, Ray Dennis Steckler, Ed Wood oppure, per es., gli italiani Luigi Batzella e Tanio Boccia, sono accomunati solo dal fatto che ognuno di loro, a suo modo, ha contribuito a divulgare un cinema di eccessi, attinente a un genere definito oppure a una provocazione autoriale, che non sempre ha prodotto un risultato debole in rapporto al genere e/o al modello considerato. Il cinema trash è stato intellettualizzato da Waters: con un gruppo bene assortito di attori, capitanato dall'obeso travestito Divine, con pochi, famigerati film ha messo in scena una vera e propria lotta all'ipocrisia borghese e all'intolleranza con l'arma del sarcasmo, del paradosso e della provocazione. Da Multiple maniacs (1971), che mostra le perversioni di Lady Divine, a Pink flamingos (1973), considerato il suo capolavoro, in cui fa scontrare due famiglie per la conquista del titolo di 'persone più luride del mondo' (vince quella capitanata da Divine, che alla fine ‒ in una sequenza rimasta tra le più emblematiche del cinema trash ‒ degusta feci canine appena deposte), a Female trouble (1975), la storia di una sventurata 'fanciulla' (ancora il travestito Divine), che da ladra e spogliarellista arriva alla sedia elettrica. Dopo Poly-ester (1981), il primo film destinato a un pubblico più vasto e realizzato in 'Odorama', somministrando al pubblico diversi cattivi odori in sintonia con le immagini, Waters ha stilizzato sempre di più il suo bad taste, a favore di una più subdola, signorile ed 'educata' trasgressione, volta a proporre un t. quasi rispettabile. La più significativa star del cinema trash è stato proprio il travestito Divine, nome d'arte di Harris Glenn Milstead, musa ispiratrice di Waters, il quale, con l'aiuto del truccatore Van Smith, lo trasformò appunto in Divine, un'obesa femme fatale disposta ad affrontare, nei suoi film, tutti i temi più idonei a scioccare i benpensanti: cannibalismo, incesto, esecuzioni sommarie, feticismo, coprofagia. Sono oggetto di culto anche le sue apparizioni in tre film non diretti da Waters: Lust in the dust (1985) di Paul Bartel, Trouble in mind (1985; Stati di alterazione progressiva) di Alan Rudolph e Out of the dark (1989; Fuori nel buio) di Michael Schroeder. Tra i registi che hanno dato a Waters i primi rudimenti del cinema 'spazzatura' vi è sicuramente Herschell Gordon Lewis. Soprannominato il godfather e/o il wizard del gore, ossia del cinema sanguinario e trash, nel 1963 diresse Blood feast, la storia di un sacerdote egiziano che, sotto le spoglie di cuoco cannibale, si procura pezzi scelti di cadaveri per far ritornare in vita una principessa defunta. Per la prima volta sugli schermi statunitensi apparve un'esibizione pressoché ininterrotta di sangue e viscere. Nel film successivo, Two thousand maniacs! (1964), liberamente ispirato a Brigadoon (1954) di Vincente Minnelli, scritturò come protagonista una ex playmate, Connie Mason, e fu di nuovo successo. Lewis si cimentò quindi con tutti i generi in voga negli anni Sessanta, dal nudie, al sexploitation, dal bike movie al beach monster movie e perfino con il fiabesco (The magic land of mother goose, 1967). Sempre nel 1967 firmò l'horror forse più complesso della sua carriera, A taste of blood, ma il film che lo consegnò alla storia del cinema trash d'autore è The wizard of gore (1970), la storia del mago Montag che compie cruenti giochi di prestigio su belle ragazze. Nel suo film più sanguinario e autoironico, The gore gore girls (1972), la sequenza in cui da un seno mutilato di una fanciulla scorre latte con cioccolato appartiene alle 'immagini-disgusto' più clamorose.
Il cineasta che ha meglio di qualunque altro indicato con i suoi film lo scarto tra intento e realizzazione è Wood: sceneggiatore, narratore, attore, regista, è passato alla storia come il peggiore del mondo. Il suo primo lungometraggio, Glen or Glenda (1953; Due vite in una), da lui scritto diretto e interpretato, è basato su due storie a incastro, quella di un travestito che accetta e rivela alla fidanzata la propria devianza e quella di un uomo diventato donna dopo un'operazione; il suo ultimo film, The sinister urge (1961) è la storia di un giovane spinto allo stupro dalla visione di un film pornografico. L'altro regista che contende a Wood il titolo di 'peggiore del mondo' è Al Adamson. Alcuni suoi film sono apparsi, a volte anche simultaneamente, con titoli e montaggi diversi ‒ come per es. Satan's blood freaks, reintitolato Dracula vs. Frankenstein e presentato nel 1972 con nuovi inserti ‒ oppure realizzati con interi film altrui 'ritoccati' e distribuiti come suoi (per es. Horror of the blood monsters, 1970). Della sua produzione vanno inoltre citati Psycho a go-go! (1965), Satan's sadist (1969), Cinderella 2000 (1967). Regista statunitense autore di singolari film trash di genere misto, oscillanti tra il fantastico, l'horror e il musical, punteggiati da leggero erotismo e tocchi di comicità, è poi R.D. Steckler. Iniziata la carriera come cameraman, poi attore in piccoli ruoli, esordì come regista con il bizzarro film musicale Wild guitar (1962), storia di un cantante di rock and roll, e nel 1963 girò il film che lo rese celebre, uscito solo nel 1967, il primo monster-musical, fotografato dal futuro premio Oscar Vilmos Zsigmond (non accreditato): The incredibly strange creatures who stopped living and became crazy mixed-up zombies. Diresse quindi il più riuscito e serioso The thrill killers (1965), filmato in 'Hallucinogenic Hypnovision', e il thriller farsesco Rat pfink and boo boo (1966), con due goffi supereroi in calzamaglia. Delirante oltre ogni dire è il film a episodi The lemon grove kids meet the monsters (1966), tra mummie, gorilla, extraterrestri e spie in libera uscita. Per motivi finanziari fu poi costretto a dirigere film pornografici e nel 1973, per scommessa con gli studenti dell'università di Las Vegas, girò un film (uscito solo nel 1979) senza sceneggiatura e con una cinepresa a spalla per il 16 mm, The Hollywood strangler meets the skid row slasher, un lavoro molto violento e pieno di nudi. Tra i personaggi di spicco del mondo trash contemporaneo c'è infine Lloyd Kaufman, creatore con Michael Herz della Troma Entertainment, società cinematografica specializzata in produzioni a basso costo dove predominano gli elementi dei generi horror, sexy, demenziale, comico, avventuroso, tutti coniugati secondo un'estetica del cattivo gusto e dello sberleffo. A lui si devono personaggi divenuti maschere del cinema weird: il mostro Toxic Avenger, primo supereroe del New Jersey, ex pulitore finito in un calderone di rifiuti radioattivi e trasformatosi in un orrido vendicatore; il folle samurai Sgt. Kabukiman del distretto di Polizia di New York, che usa sushi avariato e bastoncini al veleno come armi improprie; lo Scoiattolo Nucleare, campione di flatulenze e rigurgiti che calpesta scuole e palazzi; Tromeo e Juliet, la variopinta corte di Tromettes, divoratrici di teenager e ninfette dell'era della pietra, e molti altri. Tra i film più celebri prodotti dalla Troma The toxic avenger (1985) di Kaufman, Monster in the closet (1987) di Bob Dahlin, Sgt. Kabukiman N.Y.P.D. (1991) di Kaufman e Herz, Terror firmer (1999), ancora di Kaufman.Da ascrivere alla sfera di un cattivo gusto meno consapevole sul piano intellettuale sono gli italiani T. Boccia e L. Batzella. Boccia, che firmò tutti i suoi film con lo pseudonimo di Amerigo Anton, è stato considerato il cineasta che più di altri ha diretto film di nessuna ambizione e di scarsi risultati. In realtà si è rivelato né migliore né peggiore di tanti altri registi che hanno popolato i set di Cinecittà nel ventennio Cinquanta-Sessanta. Ex ballerino e coreografo di rivista, ex attore di teatro romanesco, iniziò la sua carriera dietro la macchina da presa nel 1952 con Dramma sul Tevere per poi dirigere una ventina di film di vario genere, peplum, western, bellici. I più interessanti restano quelli interpretati da Kirk Morris (Adriano Bellini) nel ruolo di Maciste: Il trionfo di Maciste (1961), Maciste alla corte dello zar e La valle dell'eco tonante, entrambi del 1964. Maggiormente calato nella dimensione più propria del t. è stato invece Batzella, che esordì come regista ‒ con l'improbabile pseudonimo di Paull'Hamus ‒ nel 1967 con un film di limitatissima circolazione, Tre franchi di pietà. Diresse tredici film, tutti molto scadenti, celandosi dietro i nomi di Paolo Solvay, Dean Jones e Ivan Kathansky. Tra i film più noti, Il plenilunio delle vergini (1973), e il 'nazi-erotico' La bestia in calore (1977). Ha concluso la sua carriera dedicandosi all'edizione di film pornografici stranieri. Il cinema trash è ormai ovunque oggetto di studi e pubblicazioni e si è trasformato quasi in un genere a sé stante. Tra i critici cinematografici che per primi se ne sono occupati, è lo statunitense Joe Bob Briggs, la cui rubrica negli anni Ottanta è apparsa in cinquantasette testate, per poi essere contestata e archiviata.
G. Salza, Spazzatura. La prima guida mondiale al trash, Roma 1994.
T. Labranca, Andy Warhol era un coatto ‒ Vivere e capire il trash, Roma 1995.
C. Tohill, P. Tombs, Immoral tales: European sex and horror movies 1956-1984, New York 1995.
J. Ross, The incredibly strange film book ‒ An alternative history of cinema, New York 1996 (trad. it. Milano 1996).
M.J. Weldon, The psychotronic video guide, New York 1996.
VideoHound's complete guide to cult flicks and trash pics, Detroit 1996.