Abstract
La trasparenza è un principio generale dell’attività e dell’organizzazione della p.a., fondamentale per l’attuazione del principio democratico e di altri importanti principi costituzionali. La normativa che la introduce nel nostro ordinamento le assegna diverse finalità specifiche e prevede numerosi strumenti per la sua attuazione, indicando altresì i limiti che essa deve rispettare. Il quadro che ne risulta non è sempre chiaro e al suo interno sono presenti anche alcuni aspetti problematici, che devono essere attentamente considerati dalle amministrazioni per evitare che la portata del principio risulti sminuita nella sua attuazione concreta.
La trasparenza amministrativa è un principio generale dell’attività e dell’organizzazione della p.a., in base al quale quest’ultima è tenuta ad assicurare la visibilità, la conoscibilità e la comprensibilità delle modalità operative e degli assetti strutturali con cui opera nell’assolvimento dei suoi compiti di cura concreta dell’interesse pubblico.
Si tratta di un principio fondamentale per l’attuazione del principio democratico nella p.a., in quanto coessenziale alla configurazione della democrazia come «regime del potere visibile» (su cui v. Bobbio, N., La democrazia e il potere invisibile, in Riv. trim. sc. pol., 1980, 181 ss.; sulla connessione fra trasparenza e democrazia v., per tutti, Arena, G., Trasparenza amministrativa, in Cassese, S., a cura di, Dizionario di diritto pubblico, VI, Milano, 2006, 5945 ss.; Merloni, F., Trasparenza delle istituzioni e principio democratico, in Merloni, F., a cura di, La trasparenza amministrativa, Milano, 2008, 3 ss.). La sua affermazione si colloca nel percorso evolutivo che conduce l’amministrazione dal suo modello tradizionale, basato sulla contrapposizione dialettica fra autorità e libertà, verso un nuovo modello, fondato invece su una relazione paritaria tra amministrazione e cittadino e capace di riconoscere a quest’ultimo un ruolo attivo e centrale nel perseguimento dell’interesse pubblico (si vedano per tutti, in tal senso Allegretti, U., Pubblica amministrazione e ordinamento democratico, in Foro it., 1984, V, 205 ss.; Benvenuti, F., Il nuovo cittadino, Padova, 1994; Berti, G., La responsabilità pubblica, Padova, 1994, 357 ss.; Arena, G., Introduzione all’amministrazione condivisa, in Studi parlamentari, 1997, 29 ss.). In questo percorso, il principio di trasparenza amministrativa è fondamentale per il superamento del carattere asimmetrico proprio della relazione di potere identificata dalla coppia «autorità-libertà», ove tipicamente l’efficacia del comando di chi esercita l’autorità è maggiore se chi vede limitata la propria libertà per ragioni di interesse pubblico, e a tale comando deve obbedire, si trova, al contempo, nella condizione di non poter «vedere» il processo che conduce all’adozione dell’atto autoritativo ed in quella di poter «essere visto» nel momento in cui esegue i comandi impartiti (v. sul punto Bobbio, N., La democrazia, cit., 189 ss. e i richiami ivi operati). Perché l’amministrazione possa evolvere in senso paritario, infatti, la suddetta relazione va riequilibrata a favore del cittadino, che da semplice destinatario del comando deve diventare protagonista attivo nella cura dell’interesse generale. Di conseguenza, anche la dinamica interna alla coppia «vedere-essere visto» va ridefinita a favore di chi subisce gli effetti del potere, a cui, grazie appunto alla trasparenza, va riconosciuta la possibilità di individuare chiaramente da chi e come il potere viene esercitato.
La visibilità consentita dalla trasparenza deve dunque dirigersi, in senso orizzontale, dall’interno verso l’esterno delle strutture amministrative, in una prospettiva diversa da quella tradizionale che consente di ripercorrere in senso verticale, in una visione tutta interna agli apparati, la catena di comando attraverso cui la volontà politica viene tradotta sul piano operativo (sulla distinzione tra profili interni ed esterni della trasparenza, evidente a inizio ’900 nelle considerazioni svolte sul tema, rispettivamente, da Chardon e da Turati, si veda Arena, G., Trasparenza, cit., 5496). La suddetta visibilità, inoltre, deve potersi associare non solo alla conoscibilità, ma anche alla comprensibilità delle informazioni relative alla p.a. da parte di chi ne entra in possesso. Solo quest’ultima assicura infatti la possibilità di comprendere la realtà da parte dei cittadini e li mette quindi nella condizione di poter contribuire in modo consapevole al funzionamento democratico delle istituzioni (sul punto, v. le approfondite considerazioni di Arena, G., Trasparenza, cit., 5947 ss.). Inoltre, solo l’adeguata comprensione delle informazioni ricevute consente a che ne entra in possesso di contestualizzarle correttamente, di rapportarle, almeno potenzialmente, a effettive dinamiche di partecipazione e di darne quindi una lettura responsabile, non influenzata in modo pregiudiziale dalla cultura del sospetto e della sfiducia su tutto ciò che viene fatto nell’esercizio di pubbliche funzioni o comunque con l’utilizzo di risorse pubbliche.
Tutto ciò induce a valorizzare in modo autonomo il principio di trasparenza e a distinguerne chiaramente la portata da quella del principio di pubblicità, che assume un carattere più statico e va riferito in senso stretto alla accessibilità di documenti, di informazioni e di dati (sul punto si vedano, fra gli altri, Marrama, R., La pubblica amministrazione tra trasparenza e riservatezza nell’organizzazione e nel procedimento amministrativo, in Dir. proc. amm., 1989, 416 ss.; Arena, G., Trasparenza, cit., 5947ss.; Manganaro, F., L’evoluzione del principio di trasparenza, in www.astridonline.it, 2009; Spasiano, M.R., I principi di pubblicità, trasparenza e imparzialità, in Sandulli, A.M., Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2011, 89 ss. Sui problemi posti, rispetto a questa chiara distinzione, dalle imprecise definizioni del legislatore v. Simonati, A., La trasparenza amministrativa e il legislatore: un caso di entropia normativa?, in Dir. amm., 2013, 749 ss).
Il principio di trasparenza è affermato sia nel diritto europeo che nel nostro ordinamento interno.
Il TUE fa riferimento alla trasparenza all’art. 11, co. 3, prevedendo che la Commissione proceda ad ampie consultazioni con le parti interessate «... al fine di assicurare la coerenza e la trasparenza delle azioni dell’Unione». Il TFUE, invece, richiama il principio all’art. 15, co. 1 e 3, prevedendo che «le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione operano nel modo più trasparente possibile» con la finalità «… di promuovere il buon governo e garantire la partecipazione della società civile».
Nel nostro ordinamento nazionale il principio di trasparenza non è espressamente menzionato nella Costituzione (sul fondamento costituzionale del principio v. però ampiamente Donati, D., Il principio di trasparenza in Costituzione, in Merloni, F., a cura di, La trasparenza amministrativa, cit., 83 ss.). Esso è invece stato introdotto, quale criterio generale dell’attività amministrativa, dall’art. 1, co. 1, della l. 7.8.1990, n. 241, che significativamente fin dalla sua entrata in vigore è stata definita, oltre che propriamente come legge generale sul procedimento amministrativo, anche come legge «sulla trasparenza amministrativa» (pur prevedendo inizialmente solo il principio di pubblicità, dato che quello di trasparenza è stato introdotto espressamente solo con la l. 11.2.2005, n. 15). Il principio è poi stato ripreso anche negli ordinamenti delle Regioni, attraverso le leggi regionali sul procedimento amministrativo (su cui si veda Cudia, C., Trasparenza amministrativa e diritti di informazione del cittadino nei riguardi delle amministrazioni regionali, in Merloni, F., a cura di, La trasparenza amministrativa, cit., 131 ss.). La sua rilevanza è poi stata confermata dal d.lgs. 30.3.2001, n. 165, che all’art. 2, co. 1, lett. d) ha previsto che l’organizzazione amministrativa debba sempre essere connotata in modo da rispettare, fra gli altri, il criterio della «… garanzia dell’imparzialità e della trasparenza dell’azione amministrativa, anche attraverso l’istituzione di apposite strutture per l'informazione ai cittadini e l’attribuzione ad un unico ufficio, per ciascun procedimento, della responsabilità complessiva dello stesso». L’importanza della trasparenza è poi ulteriormente ribadita dall’art. 12, co. 1, del d.lgs. 7.3.2005, n. 82, in base al quale le p.a. devono considerare la stessa tra i propri obiettivi quando utilizzano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per organizzare autonomamente la propria attività. Alla trasparenza amministrativa hanno poi fatto riferimento il d.lgs. 12.4.2006, n. 163, Codice dei contratti, all’art. 2, e soprattutto il d.lgs. 27.10.2009, n. 150, che all’art. 11 ne ha dato una prima definizione espressa, poi ripresa ed ampliata dall’art. 1, co. 35, l. 6.11.2012, n. 190 e dall’art. 1 del d.lgs. 14.3.2013, n. 33 (sul quale si veda ampiamente Ponti, B., a cura di, La trasparenza amministrativa dopo il d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, Rimini, 2013). Quest’ultimo decreto, in particolare, all’art. 1, co. 1, definisce la trasparenza come «accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni» e attribuisce alla stessa lo «scopo di favorire forme diffuse di controllo» su due fondamentali ambiti dell’intervento della p.a., quello del «perseguimento delle funzioni istituzionali» e quello dell’«utilizzo delle risorse pubbliche». Ma il d.lgs. n. 33/2013 non si limita a questa prima formulazione e chiarisce espressamente come il principio abbia una portata ben più ampia, precisando all’art. 1, co. 3, che la trasparenza concorre «ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione», affermando che «essa è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali», configurandola come integrante «il diritto ad una buona amministrazione» individuandola come principio caratterizzante un nuovo modello più evoluto di amministrazione, «aperta» e «al servizio del cittadino».
Il richiamo al diritto positivo consente di confermare quanto anticipato nell’introduzione, che cioè la trasparenza è da intendersi in primo luogo come rivolta a favorire l’attuazione del principio democratico nell’amministrazione, favorendo la partecipazione alla sua attività. Sia il diritto europeo che il diritto italiano pongono infatti l’accento sulla trasparenza come principio rivolto a connotare sempre più in senso orizzontale e paritario il rapporto fra amministrazione e cittadini, singoli e associati, a porre le basi per un dialogo più consapevole fra essi e a creare quindi le condizioni per una partecipazione più significativa dei privati nella soluzione dei problemi del vivere comune. La trasparenza assume così il carattere di presupposto necessario per l’esercizio di una partecipazione effettiva e consapevole dei cittadini alla vita dell’amministrazione, sia quando la stessa assume le forme della partecipazione procedimentale, rispetto alla quale la trasparenza serve fra l’altro a integrare il diritto a una buona amministrazione, sia quando la partecipazione assume una portata più ampia, in grado di incidere sullo stesso modo di essere dell’amministrazione e più in generale sulle modalità di attuazione della democrazia (sulla partecipazione procedimentale v. in generale Giglioni, F.-Lariccia, S., Partecipazione dei cittadini all’attività amministrativa, in Enc. dir., Agg. IV, 2000, 943 ss.; sulle nuove forme di partecipazione v. ad esempio i modelli proposti in Arena, G., Introduzione, cit., 29 ss.; Allegretti, U., L’amministrazione dall’attuazione costituzionale alla democrazia partecipativa, Milano, 2009).
Contestualmente, la trasparenza opera anche per il raggiungimento di una seconda finalità importante, quella di rendere esattamente individuabili le sedi in cui effettivamente avviene l’esercizio del potere amministrativo. Ciò costituisce a sua volta il presupposto per raggiungere diversi obiettivi ulteriori. Il primo è quello di attuare il principio di responsabilità dell’amministrazione e quello di lealtà dei dipendenti pubblici, dato che indubbiamente la visibilità di ciò che viene fatto contribuisce a responsabilizzare maggiormente chi interviene nell’azione. Inoltre, la visibilità dei centri di decisione è una condizione necessaria per migliorare il coordinamento tra i diversi soggetti, e talora tra i diversi livelli di governo, che intervengono nei processi decisionali. Ancora, essa è il presupposto indispensabile per rendere comprensibili le modalità con cui l’amministrazione si apre all’intervento dei privati e ad evidenziare quindi quali sono gli interessi che concretamente sono in grado di esercitare un condizionamento su di essa. Per questa via la trasparenza diventa anche il presupposto per attuare i principi di imparzialità e di eguaglianza, perché la visibilità delle sedi di decisione e dei soggetti che in esse operano mette i cittadini nelle condizioni di confrontare il trattamento ricevuto dall’amministrazione con quello assicurato ad altri che si trovino nella stessa condizione e di verificare inoltre l’eventuale insorgenza di conflitti di interesse in capo a chi interviene attivamente nei processi decisionali.
In terzo luogo, la trasparenza è importante perché per la p.a. la visibilità dei suoi interventi e dei risultati raggiunti rappresenta uno stimolo ad operare nel modo migliore al servizio della propria comunità di riferimento. Questo favorisce l’attuazione del principio di buon andamento, anche nei suoi corollari dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa, consente di valutare in modo più chiaro e preciso le performances individuali e quelle delle diverse strutture; rende possibile dimostrare l’uso che viene fatto delle risorse pubbliche. Ciò conduce a rafforzare l’efficacia degli strumenti di controllo e di rendicontazione, ma produce anche effetti diversi, potenzialmente molto utili per la stessa amministrazione. Quando infatti quest’ultima opera correttamente, impiega bene le risorse e produce risultati positivi per la collettività, la trasparenza della sua azione diventa un fattore di legittimazione istituzionale, perché le consente di far comprendere ai cittadini il carattere positivo degli interventi operati e di ottenere quindi un maggiore consenso.
Infine, la trasparenza interviene al fine di consentire il controllo sull’esercizio del potere. In senso generale, in quanto favorisce il controllo democratico dei cittadini sulle istituzioni. Ma anche in senso più specifico, perché il d.lgs. n. 33/2013 la considera espressamente come preliminare a «forme diffuse di controllo» sull’operato dell’amministrazione e sull’uso delle risorse pubbliche, nonché sulla valutazione dell’operato dei dipendenti. In questo senso quindi, la trasparenza si dirige soprattutto «contro» la cattiva amministrazione e la corruzione, andando quindi ad inserirsi nel quadro di contrapposizione, o comunque di rigida separazione, che è tipico della dinamica controllore/controllato. Ora, non c’è dubbio che tale finalità sia molto importante, ma è essenziale che la trasparenza non venga letta unicamente in relazione ad essa, sia perché questa prospettiva sarebbe parziale, dato che come si è visto esistono anche altre finalità da raggiungere, ove la trasparenza opera piuttosto «per» la buona amministrazione, sia soprattutto per i rischi che una tale lettura univoca della trasparenza verrebbe a creare proprio per la partecipazione democratica, che potrebbe essere frenata dal diffondersi della cultura del sospetto e della sfiducia verso le istituzioni.
Gli strumenti di realizzazione del principio di trasparenza sono molteplici. Alcuni di essi sono individuati nelle disposizioni della legge n. 241/1990. Fra queste rientrano quelle relative alla predeterminazione dei criteri per il rilascio di benefici economici, che consentono la visibilità delle regole di svolgimento dell’attività amministrativa; quelle relative all’obbligo di motivazione del provvedimento, che consentono la visibilità delle ragioni che hanno condotto alle decisioni amministrative; quelle relative alla comunicazione di avvio del procedimento e all’indicazione dei termini del procedimento, che consentono la visibilità dell’avvio e dei tempi di svolgimento dell’attività amministrativa; quelle relative al responsabile del procedimento, che consentono la visibilità degli interlocutori del cittadino all’interno dell’amministrazione (v. al riguardo Arena, G., Trasparenza amministrativa, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1995, 1 ss.). A questi strumenti si aggiungono poi le previsioni in materia di semplificazione del linguaggio dell’amministrazione, finalizzate a garantire la maggiore visibilità dei contenuti dell’azione amministrativa (v. sul punto Manganaro, F., L’evoluzione del principio di trasparenza, cit.).
Fra gli strumenti di realizzazione del principio di trasparenza, un ruolo di primo piano deve poi senz’altro essere riconosciuto alle disposizioni in materia di diritto di accesso ai documenti amministrativi, di cui si occupano gli artt. 22 ss. della l. n. 241/1990, con le quali si è spesso fatta coincidere la portata stessa del principio, in realtà come si è visto ben più ampia. Tali disposizioni individuano due tipi diversi di diritto di accesso, distinti a seconda che i documenti di cui si richiede la visione o la copia siano già pubblicati in modo integrale (art. 26), oppure siano semplicemente depositati presso le singole amministrazioni che li hanno formati o li detengono in forma stabile (art. 22 ss.). Quest’ultima modalità è più complessa, non costituisce mai un fenomeno puntuale, ma si presenta nelle forme di un vero e proprio procedimento amministrativo. L’utilizzo dell’accesso come strumento di trasparenza va quindi operata considerando la sua struttura procedimentale e ponendo quindi attenzione alla legittimazione soggettiva attiva dei richiedenti, a quella passiva delle amministrazioni che ne devono consentire lo svolgimento, all’oggetto dell’accesso, ai limiti previsti e alle modalità specifiche con cui il procedimento di accesso può trovare svolgimento (per maggiori approfondimenti sul diritto di accesso v. Arena, G.-Bombardelli M., Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, in Cerulli Irelli, V., a cura di, La disciplina generale dell’azione amministrativa. Saggi ordinati in sistema, Napoli, 2006, 411 ss.). La prima modalità è invece di per sé più agevole da gestire, perlomeno al momento dell’esercizio dell’accesso, in quanto il co. 3 dell’art. 26 della l. n. 241/1990 prevede che la pubblicazione degli atti, se operata in modo integrale, realizza di per sé il diritto di accesso ai documenti pubblicati.
Questa modalità di esercizio del diritto di accesso si collega ad un altro strumento di realizzazione del principio di trasparenza, vale a dire la previsione di specifici obblighi di pubblicazione di informazioni, dati e documenti da parte delle amministrazioni, introdotti e disciplinati in modo puntuale dagli artt. 13 ss. del d.lgs. n. 33/2013. Le disposizioni di tale decreto sembrano addirittura far coincidere la trasparenza amministrativa con l’accessibilità totale, mediante pubblicazione sui siti istituzionali delle p.a., dei dati, delle informazioni e dei documenti soggetti ad obbligo di pubblicazione. Per quanto si è detto in precedenza, questa interpretazione appare però troppo riduttiva e sembra quindi più corretto l’inserimento degli obblighi in questione nel quadro di un più ampio novero di strumenti attuativi del principio.
In particolare, il d.lgs. n. 33/2013 opera una catalogazione delle informazioni che devono essere pubblicate, che possono essere ordinate in relazione alle diverse finalità proprie del principio di trasparenza. Nello specifico, è possibile tracciare una precisa distinzione tra, da un lato, le informazioni accessibili a fini di controllo, di valutazione del personale e di prevenzione della corruzione nell’amministrazione e, dall’altro, quelle accessibili a fini di partecipazione e di miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa (per una rassegna più dettagliata v. Bombardelli, M., La trasparenza e gli obblighi di pubblicazione, in Garofoli, R.-Treu, T., a cura di, Il libro dell’anno del diritto 2014, Roma, 2014, 206 ss.).
Agli obblighi di pubblicazione si collega poi l’accesso civico, un altro strumento di attuazione del principio di trasparenza che assume tratti simili al diritto di accesso, ma si discosta da quest’ultimo per diversi elementi significativi. In particolare, l’accesso civico può essere esercitato da chiunque verso i documenti, le informazioni e i dati che sono soggetti a un obbligo di pubblicazione, a cui però l’amministrazione non ha adempiuto. Si tratta di uno strumento che pone meno problemi del diritto di accesso per quanto riguarda l’individuazione dei soggetti legittimati, dei documenti accessibili e dei limiti all’accesso e che non si traduce solo nel riconoscimento dell’accesso al richiedente, ma conduce anche alla pubblicazione del documento. Esso, però, non è un istituto a valenza generale, ma riguarda i soli documenti, informazioni e dati soggetti agli obblighi di pubblicazione previsti dal d.lgs. n. 33/2013 (su questo istituto v. Bonomo, A., Il Codice della trasparenza e il nuovo regime di conoscibilità dei dati pubblici, in Ist. fed., 2013, 737 ss.; Magri, M., Diritto alla trasparenza e tutela giurisdizionale, in Ist. fed., 2013, 425 ss.).
Ancora, fra gli strumenti di attuazione del principio di trasparenza deve essere ricordata l’istituzione di uffici facilmente individuabili dai privati e dalle altre p.a., a cui ci si possa rivolgere per l’adempimento di specifici obblighi procedimentali, per la gestione del procedimento amministrativo nel suo complesso o più in generale per avere informazioni sull’organizzazione e sull’attività dell’amministrazione. Si tratta di strutture organizzative molto importanti per assicurare una maggiore trasparenza dell’amministrazione, perché contribuiscono a renderla meglio individuabile a cittadini, quindi più vicina ad essi e maggiormente visibile (si pensi ad esempio all’ufficio per la gestione delle certezze pubbliche previsto dall’art. 72 del d.P.R. 28.12.2000, n. 445; al già citato responsabile del procedimento amministrativo, allo sportello unico per le attività produttive previsto dal d.P.R. 20.10.1998, n. 447, o ancora agli uffici per le relazioni con il pubblico di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 165/2001 e all’art. 8 della l. 7.6.2000, n. 150).
Infine, deve essere ricordato che il d.lgs. n. 33/2013 inserisce la trasparenza amministrativa in un sistema generale di programmazione e di verifica. In questo contesto, tra gli strumenti rivolti all’attuazione del principio vengono previsti l’adozione di un Programma triennale per la trasparenza e l’integrità, da aggiornare annualmente, e la nomina di un responsabile per la trasparenza, da identificarsi di regola con il responsabile per la prevenzione della corruzione, di cui all’art. 1, co. 7, della l. n. 190/2012, a cui ricondurre la supervisione di tutti gli interventi in materia di trasparenza amministrativa previsti dal decreto legislativo. Inoltre, viene introdotto un sistema di valutazione della trasparenza da parte di organismi indipendenti e viene delineato un quadro di sanzioni conseguenti al mancato adempimento degli obblighi di pubblicazione.
L’analisi del principio di trasparenza amministrativa non può concludersi senza dedicare almeno qualche cenno ai suoi limiti, che possono essere intesi sia come limiti «alla» che come limiti «della» trasparenza (secondo la distinzione proposta da Merloni F., Trasparenza delle istituzioni, cit., 13 ss.).
Per quanto riguarda i limiti «alla» trasparenza, va ricordato che l’introduzione di questo principio nel nostro ordinamento ha determinato il rovesciamento del principio tradizionale secondo cui il segreto rappresenta la regola per il normale funzionamento dell’attività amministrativa, presentandosi con un carattere «personale» e con un contenuto indefinito. Ora, infatti, è la trasparenza ad essere riconosciuta come la regola ed il segreto, pur mantenendo in casi peculiari la sua ragion d’essere, diventa un’eccezione, che deve essere collegata in modo «reale» con gli interessi da tutelare e della quale occorre specificare in modo preventivo i possibili contenuti (v. sul punto Arena, G., Il segreto amministrativo, 1984, 181 ss.; in tema di segreto amministrativo v. anche Caporale, M., Segreto di stato, segreto amministrativo e sistema di classificazione delle informazioni, Bologna, 2013, 111 ss.). L’amministrazione, dunque, di regola deve rendere pubblici i documenti, le informazioni e i dati di cui è in possesso, ma pur dovendo in generale rispettare questo dovere può trovarsi in via eccezionale a rifiutare la pubblicazione o comunque l’accesso agli stessi, perché deve tutelare interessi – altrettanto rilevanti del diritto all’accesso e della pubblicità (su cui v. Marzuoli, C., La trasparenza come diritto civico alla pubblicità, in Merloni, F., La trasparenza amministrativa, cit., 45 ss.) – che possono subire una lesione a causa della divulgazione di informazioni ad essi relative. Il legislatore italiano ha individuato in via preventiva le categorie di interessi che possono giustificare la sottrazione alla pubblicazione o all’accesso dei documenti, delle informazioni e dei dati ad essi relativi. Sotto questo profilo, da un lato, sono stati individuati limiti connessi alla tutela di interessi pubblici, quali in particolare – oltre al segreto di Stato e agli altri casi di segreto già disciplinati con apposita normativa – la sicurezza, la difesa nazionale e le relazioni internazionali; la politica monetaria e valutaria; l’ordine pubblico, la prevenzione e la repressione della criminalità; dall’altro, limiti connessi alla tutela di interessi privati e in particolar modo del diritto alla riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni (sui delicati problemi legati al contemperamento fra trasparenza e riservatezza è da considerare la posizione assunta dall’Autorità garante per la protezione dei dati personali, in particolare con la deliberazione adottata il 2.3.2011, n. 88; con il parere adottato il 7.2.2013 e con le linee guida approvate con deliberazione del 15.5.2014, n. 243).
Passando invece ai limiti «della» trasparenza, è stato giustamente ricordato che questi consistono nei costi, anche in termini di aggravio dell’attività amministrativa, che l’amministrazione deve sostenere per assicurarla; nelle distorsioni possibili sia «nell’»applicazione del principio, come l’adempimento solo formale degli obblighi di pubblicazione o addirittura la manipolazione da parte dell’amministrazione delle informazioni da pubblicare, sia «a seguito» dell’applicazione del principio, come la manipolazione da parte di terzi delle informazioni pubblicate o il condizionamento dei processi decisionali dell’amministrazione; nell’eccesso di informazione e, quindi, nella confusione e nel disorientamento che questo può creare (v. al riguardo ancora Merloni, F., Trasparenza delle istituzioni, cit., 13 ss.). Alcuni di questi rischi, in particolare, appaiono evidenti nella disciplina degli obblighi di pubblicazione introdotta dal d.lgs. n 33/2013. Da un lato, infatti, l’approccio «generalista» di questa normativa potrebbe indurre le amministrazioni a ritenere esauriti i propri obblighi di trasparenza nell’adempimento degli obblighi di pubblicazione, con un approccio riduttivo e chiaramente distorsivo rispetto alla dimensione complessiva che si è vista essere propria del principio. Si tratterebbe di una applicazione assolutamente non corretta, perché in base all’art. 1 della l. n. 241/1990 e all’art. 2 del d.lgs. n. 165/2001 la trasparenza resta un principio generale di tutta l’attività e di tutta l’organizzazione amministrativa, ma il rischio che possa essere operata è reale. Dall’altro lato, invece, il numero comunque considerevole e soprattutto l’eterogeneità dei documenti, delle informazioni e dei dati soggetti all’obbligo di pubblicazione può rendere difficile orientarsi correttamente rispetto ad essi sia da parte delle amministrazioni che le devono pubblicare, sia da parte di coloro che sono interessati a conoscerle. Per questi ultimi, in particolare l’eccesso di informazione disponibile, secondo quella che purtroppo è una costante nelle comunicazioni via web, può diventare «rumore», finendo per creare disorientamento e confusione e per alimentare un generico sospetto nei confronti dell’amministrazione, anziché favorire la buona amministrazione. Per evitare questo rischio è molto importante che le amministrazioni sappiano gestire correttamente la pubblicazione delle informazioni, tenendo conto delle differenti finalità a cui la pubblicazione e l’accesso possono essere indirizzati e svolgendo in modo consapevole e adeguato i propri compiti di comunicazione pubblica (per più ampie riflessioni su questo punto v. Bombardelli, M., Fra sospetto e partecipazione: la duplice declinazione del principio di trasparenza, in Ist. fed., 2013, 657 ss.).
Art. 1, l. 7.8.1990, n. 241; art. 10, d.lgs. 18.8.2000, n. 267; art. 2, d.lgs. 30.3.2001, n. 165; art. 12, d.lgs. 7.3.2005, n. 82; art. 11, TUE; art. 15, TFUE; art. 1, co. 35, l. 6.11.2012, n. 190; d.lgs. 14.3.2013, n. 33.
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