Trasporti su terra e su mare
Negli ultimi vent’anni il prodotto lordo mondiale è aumentato del 50%, il trasporto merci del 170%. Entro il 2015, il Sud del mondo supererà per volume di merci trasportate l’area dei Paesi ricchi e sviluppati. Per i passeggeri è previsto il sorpasso intorno al 2030.
Il trasporto, il settore più dinamico e vitale dell’economia mondiale, è destinato nel prossimo decennio a nuovi ritmi di crescita, di cui saranno protagonisti soprattutto i Paesi finora esclusi o a margine del processo di sviluppo economico.
Prevedere e governare i flussi crescenti delle nuove imponenti correnti di traffico senza creare zone o condizioni di squilibrio è diventata la vera sfida di un mondo orientato in maniera irreversibile alla globalizzazione. Ma è anche un terreno dove non mancano minacce ed elementi di discontinuità. Il caro-energia anzitutto. Le forti oscillazioni del prezzo del greggio, linfa vitale di tutto il sistema dei trasporti (dipendente dal petrolio per il 95%) stanno determinando ripensamenti e riflessioni sui modelli di sviluppo finora perseguiti e sulla distribuzione geografica dei grandi agglomerati industriali. L’allocazione produttiva in regioni lontane dalle aree di consumo riporta l’attenzione sull’incidenza del trasporto, e la delocalizzazione degli impianti nei Paesi a più basso costo del lavoro diventa in molti casi non più conveniente. I vantaggi si riducono e non compensano più gli svantaggi determinati dall’operare in regioni scarsamente attrezzate e lontane dai centri di creazione e progettazione.
Disporre di sistemi di trasporto più economici e flessibili diventa pertanto l’elemento condizionante degli assetti e dello sviluppo futuri. Trasporti migliori comportano la creazione di moderne infrastrutture bilanciate alle esigenze di crescente mobilità e di approvvigionamento di una popolazione mondiale che ha raggiunto i 6,3 miliardi e supererà i 7,5 miliardi nel 2020 (stima ONU).
Piani e progetti non mancano, supportati dall’emergere di più efficienti soluzioni tecnologiche. Per il trasporto su terra i vincoli ambientali non più eludibili e l’esigenza di rispettare i parametri di riduzione delle emissioni di gas serra (da abbattere della metà entro il 2050, secondo quanto concordato dai rappresentanti dei Paesi più sviluppati del G8) tendono a contenere la crescita incontrollata del traffico su gomma e a rivalutare il ruolo delle ferrovie. Per il trasporto via mare, concentrato soprattutto sulle merci, le crescenti dimensioni dei grandi cargo oceanici ripropongono la necessità di superare strozzature infrastrutturali e creare una più adeguata rete logistica di collegamento con il retroterra. Per quanto riguarda il trasporto aereo, oltre all’abbattimento dei consumi attraverso i nuovi jet di linea (il prezzo del carburante incide infatti per il 40% sul costo del volo), le difficoltà maggiori sono costituite dal moltiplicarsi delle rotte e dalla complessa gestione dei nodi di scambio costituiti dai grandi hubs aeroportuali, indotti dalla concentrazione delle popolazioni e dalla crescita delle grandi agglomerazioni urbane.
In treno dall’Atlantico al Mar Giallo
Maggiore efficienza energetica, minore inquinamento, maggiore sicurezza, alta velocità: dopo un periodo di relativo abbandono, il treno è tornato a rivestire un ruolo di primo piano nella politica dei trasporti. La rete ferroviaria mondiale ha ripreso a crescere e viene stimata intorno a 1.150.000 km di tracciati complessivi. In testa l’Unione Europea, la regione continentale che più sembra puntare su questo tradizionale mezzo con oltre 236.000 km, seguita dagli Stati Uniti con 226.000 km e, a maggiore distanza, dalla Russia con 87.000, dalla Cina con 78.000 e dall’India con 63.000 km. Tuttavia non mancano in questi Paesi impegnativi programmi di investimento, con il varo di grandi progetti a livello continentale.
La Trans-Asian railway
Il programma più ambizioso per le implicazioni politiche, tecniche e geoeconomiche è la Trans-Asian railway, un collegamento ferroviario ideato dalle Nazioni Unite quasi 50 anni fa per unire, con una linea lunga 14.000 km, Singapore a Istanbul.
Bloccata per le difficoltà politiche e finanziarie di Paesi chiusi o coinvolti a lungo in conflitti regionali, l’iniziale progetto è stato ripreso e potenziato a partire dagli anni Novanta del secolo scorso. Con gli accordi firmati nel novembre 2006 da 17 nazioni dell’UNESCAP (United Nations Economic and Social Commission for Asia and the Pacific) e ratificati successivamente (fine 2007), da altri 24 Paesi, l’intero programma (costruzione di nuove linee e riqualificazioni di quelle esistenti) si è rimesso in movimento e dovrebbe giungere a buon punto (se non completato) entro il 2015. Le cifre della Trans-Asian railway sono imponenti: una rete di ben 81.000 km, attraverso 26 Paesi, sarà in grado di collegare le diverse regioni asiatiche tra loro e quindi con l’Europa. Sarà possibile andare in treno dalla Scozia a Singapore, attraversare regioni escluse dai tradizionali itinerari turistici, raggiungere per ferrovia Bangkok da Mosca, via Cina e Laos. Soprattutto potrà essere fortemente intensificato il traffico commerciale e verranno offerte nuove possibilità di sviluppo a regioni finora del tutto isolate. La Trans-Asian railway è stata concepita per articolarsi in quattro principali direttrici: un corridoio settentrionale (32.500 km) attraverso la Russia, il Kazakistan, la Mongolia, la Cina fino alla penisola coreana; un corridoio meridionale (22.600 km) per collegare la Thailandia e la Cina meridionale con la Turchia attraverso il Myanmar, il Bangla Desh, l’India, il Pakistan, l’Irān; un subcorridoio di 12.600 km tra i Paesi del Sud-Est asiatico (Cambogia, Indonesia, Malaysia, Myanmar, Singapore, Thailandia, Vietnam); un corridoio nord-sud di 13.200 km tra l’Europa settentrionale e il Golfo Arabico attraverso la Russia, l’Asia centrale e la regione caucasica. Le principali difficoltà sono costituite dalla mole degli investimenti, ma anche da questioni prettamente tecniche, come lo scartamento dei binari delle linee esistenti, diverso da Paese a Paese. In Asia le singole reti ferroviarie hanno adottato quattro scartamenti: quello in uso nella maggior parte dei Paesi europei, in Turchia, in Irān e in Cina con una distanza tra i binari di 1435 mm, lo standard in uso in Finlandia, Russia e nelle ex repubbliche sovietiche (1520 mm), lo scartamento ancora più largo del subcontinente indiano (1676 mm) e lo scartamento ridotto adottato da alcuni Paesi del Sud-Est asiatico. Le soluzioni individuate non prevedono un’unificazione della rete, ma l’adozione di linee a doppio scartamento (standard di 1435 mm + scartamento stretto o largo a seconda dei casi), con il fine di rendere utilizzabile, con qualche limitazione, l’attuale materiale rotabile, vagoni e motrici.
La Transiberiana
Molti chilometri della Trans-Asian railway sono in realtà importanti tracciati già esistenti. Il più significativo di tutti è rappresentato dalla Transiberiana, la ferrovia più lunga al mondo, 9288,2 km e oggi anche la più trafficata per l’imponente flusso di merci importate in Russia dalle coste del Pacifico e dal Giappone in particolare. Opera di proporzioni colossali, la Transiberiana fu costruita in 25 anni tra il 1891 e il 1916. Ma già nel 1901 fu completata la posa dei binari tra Mosca e la ferrovia cinese orientale e dal 1903 fu aperto al traffico regolare l’intero percorso da San Pietroburgo a Vladivostok sul Mar del Giappone. Nel 1905 fu completato il difficile tratto intorno al Lago Baikal (il lago più profondo del mondo e la maggiore riserva d’acqua dolce del pianeta) e nel 1916 l’attraversamento del grande fiume Amur con un ponte di circa 2568 m (abbattuto nel 1991 e ricostruito otto anni dopo leggermente più lungo – 2612 m – per consentire anche il traffico veicolare). I lavori non si sono mai fermati e dal 2002 la ferrovia è stata completamente elettrificata. Esistono tuttavia ancora dei colli di bottiglia, dei tratti a binario unico, in via di raddoppio. Il viaggio da Mosca a Vladivostok dura mediamente una settimana (per i treni passeggeri) attraverso due continenti e 7 fusi orari, e altrettanto da Mosca a Pechino con l’altro ramo della Transiberiana, la Transmongolica che dalla diramazione di Irkutsk (5184 km da Mosca) congiunge la capitale della Mongolia, Ulan Bator, alla capitale cinese. La Transiberiana ha un ruolo strategico per la Russia e assorbe una rilevante quota del trasporto merci totale, circa un terzo dell’interscambio con l’estero. In forte crescita è il traffico di container. I programmi prevedono un netto potenziamento delle velocità di esercizio e del numero dei treni per arrivare a circa 100.000 container l’anno.
Il gigante cinese
La Cina ha puntato molto sulle ferrovie per modernizzare il Paese. Con i suoi 78.000 km di strada ferrata, il 6% dell’intera rete mondiale, vanta un traffico ferroviario quattro volte superiore, il 24% dell’intero trasporto mondiale su binari. Solo l’India supera la Cina per numero di passeggeri trasportati (695 miliardi di passeggeri/km contro 690, nel 2007) e solo gli Stati Uniti la superano per il traffico di merci (2820 miliardi di t/km contro 2211). Le velocità commerciali sono in costante aumento: dal 2006 oltre 6000 km della rete sono stati abilitati per velocità di 200 km/h e 850 km per i treni superveloci (oltre 250 km/h).
È soprattutto nel trasferimento delle merci che in Cina si cercano vie alternative al trasporto marittimo potenziando gli esistenti tracciati ferroviari. Attualmente la quasi totalità dell’interscambio cinese viaggia via mare. Anche le merci prodotte nella parte occidentale del Paese, nello Xinjiang o nella Mongolia Interna, devono essere trasportate per ferrovia ai porti sulla costa orientale per essere successivamente spedite per nave in Europa. Nell’imponente sforzo di modernizzazione in cui è impegnata, la Cina punta così a rafforzare l’espansione continentale dei collegamenti ferroviari, come quelli previsti dalla Trans-Asian railway, anche per incentivare lo sviluppo territoriale delle regioni interne, considerate strategiche per risorse energetiche e materie prime.
Northern east west freight corridor
Un particolare progetto messo a punto dall’Union internationale des chemins de fer (UIC, associazione delle compagnie ferroviarie di tutto il mondo) propone la costituzione di un corridoio settentrionale est-ovest dedicato al traffico merci tra l’America Settentrionale e l’Asia orientale come alternativa alle attuali rotte marittime. Il Northern east west freight corridor prevede il trasporto via nave dalla costa orientale degli Stati Uniti (Halifax) al porto norvegese di Narvik, da dove prosegue per ferrovia attraverso Svezia, Finlandia e Russia. In Russia si aprono due vie alternative, la Transiberiana fino al porto sul Pacifico di Vostochny, o il transito sulla rete del Kazakistan fino allo snodo ferroviario di Urumqi, nella Cina nord-occidentale. Da Urumqi una linea attraverso tutta la Cina congiunge il Nord-Ovest del Paese con i porti sul Mar Giallo. Il collegamento nave-ferrovia per l’interscambio Stati Uniti-Cina comporterebbe sicuramente notevoli vantaggi (percorsi più brevi rispetto alle rotte marittime, tempi di transito ridotti, superamento di alcuni difficoltosi passaggi come il Canale di Panamá o quello di Suez) ma anche complessi problemi (ostacoli di carattere politico-burocratico, diverso scartamento ferroviario nei Paesi attraversati, limitata capacità delle linee e dei porti).
Il Tibet express
Inaugurata a luglio del 2006, la Qinghai-Tibet, la linea che collega Pechino con Lhasa, rappresenta uno dei più ambiziosi progetti ferroviari portati a termine dal governo cinese. Il Tibet express, detto anche il ‘treno del cielo’, ha tolto il primato di ferrovia più alta del mondo ai treni che scavalcano la cordigliera andina (la peruviana Lima-Huancayo con 4827 m di altezza o la boliviana Rio Mulatos-Potosí con 4786, o anche la peruviana Puno-Cuzco più bassa, con 4321 m, ma con regolare servizio settimanale). La sua costruzione ha rappresentato una notevole sfida tecnologica date le condizioni ambientali.
I treni, composti da 16 vagoni pressurizzati e dotati di maschere d’ossigeno (come sugli aerei), con i finestrini schermati contro l’eccessiva radiazione ultravioletta, sono trainati da speciali locomotori diesel (costruiti in Canada) che garantiscono, nonostante l’altezza e la rarefazione dell’aria, una velocità compresa tra i 100 e i 120 km/h. Il percorso si svolge prevalentemente sopra i 4000 m di altezza (per oltre 950 km, compresa una galleria di 3345 m scavata a un’altitudine di 4264 m) per toccare i 5072 m al Passo di Tanggula. Anche le distanze sono rilevanti, 1972 km il tratto centrale da Xining a Lhasa, 1140 km quello più difficile tra Golmud e la capitale tibetana. L’intero percorso da Pechino a Lhasa (4064 km) si compie in 48 ore. L’opera, tecnicamente rilevante, ha tuttavia suscitato non poche critiche per il costo elevato (circa 5 miliardi di euro investiti in una regione carente di servizi essenziali), per l’ulteriore spinta alla ‘cinesizzazione’ del Tibet, per la temuta invasione turistica in una capitale fragile e alle prese con una espansione incontrollata (è previsto un traffico annuale di 120.000 persone) e soprattutto per i rischi ambientali in un territorio finora incontaminato.
Un salto nel futuro, l’alta velocità
Nel trasporto passeggeri l’Europa vanta l’invidiabile primato di poter disporre di collegamenti rapidi di grande flessibilità ed efficienza grazie a una moderna rete ferroviaria declinata nella sua evoluzione tecnologica più avanzata, l’alta velocità. Territori densamente popolati, relativa vicinanza dei grandi agglomerati urbani, accentuata sensibilità ambientale hanno reso l’alta velocità ferroviaria un’opzione vantaggiosa per il vecchio continente, preferibile in molti casi agli altri mezzi di trasporto. Rispetto all’automobile offre più sicurezza, maggiore velocità e viaggi più brevi, nessun rischio di congestione del traffico, ininfluenza delle condizioni meteorologiche, maggiore capacità di trasporto. Rispetto all’aereo offre un indiscutibile vantaggio sulle corte e medie distanze (collegamenti da centro-città a centro-città, niente tragitti verso aeroporti spesso lontani, niente file per i controlli sicurezza, nessun tempo d’attesa prima di imbarcarsi e decollare). Ma anche sulle lunghe distanze, grazie al collegamento tra le città minori e alle stazioni poste all’interno dei principali aeroporti l’alta velocità rappresenta una componente essenziale per un efficiente sistema di trasporti integrato.
L’Europa non è l’unica area del mondo a disporre di una rete ferroviaria ad alta velocità. Il Giappone, Paese che per primo ha puntato sullo sviluppo di linee ferroviarie ultrarapide (il primo collegamento è del 1964 con lo Shinkansen, da Tōkyō a Ōsaka) vanta oggi una rete che ha raggiunto i 2500 km e che percorre da nord a sud l’intero Paese. Ma l’Europa è la regione dove si concentrano i maggiori sforzi per creare una rete integrata transnazionale, favorita dalla sostanziale unificazione dei sistemi di alimentazione a 25 kV, di segnalamento e di materiale rotabile, con un obiettivo, al 2020, di 20.000 km di linee ad alta velocità. Attualmente il Paese più avanzato è la Francia con circa 1900 km di tratte percorse dai TGV (Train à Grande Vitesse) con una rete a raggiera da Parigi verso le altre città e con collegamenti transfrontalieri con Londra (tempo di percorrenza, 2 h e 15 min), Bruxelles (1 h e 20 min) Amsterdam, Germania e Svizzera. Prima in Europa a puntare sui treni superrapidi (nel 1981 con la Parigi-Lione), la Francia vanta anche il primato di velocità, 574,8 km/h, raggiunto nell’aprile 2007 dalle motrici TGV di ultima generazione sulla linea (LGV Est) che collega Parigi con Strasburgo (dove i treni viaggiano a velocità d’esercizio di 320 km/h). Il secondo Paese per estensione di rete, ma con un programma molto ambizioso che la porrà al primo posto in Europa, è la Spagna con l’AVE (Alta Velocidad Española), avviata nel 1992 con il collegamento Madrid-Siviglia. Dispone di circa 1400 km di linee (tra cui la Madrid-Barcellona di 640 km, percorsi in 2 h e 30 min) e prevede di arrivare a 2700 km entro il 2012 e a 7000 km nel 2020. A fine 2009 la rete dovrebbe ricongiungersi a quella francese attraverso un tunnel scavato nei Pirenei. La Germania ha sviluppato a partire dal 1991 un programma, l’ICE (InterCity Express), con una propria famiglia di treni, progettata dalla Siemens, e con una rete in cui i nuovi tracciati si affiancano a linee preesistenti, adeguate alle nuove velocità. I treni ICE operano collegamenti non solo tra le città tedesche, ma anche con la Svizzera, l’Austria e la Francia in parallelo al TGV.
Pur essendo stata un’antesignana dell’alta velocità con la tratta Roma-Città della Pieve sulla direttissima Roma-Firenze del 1977 e con la progettazione del pendolino, treno a cassa oscillante che consente velocità più alte anche sui percorsi tradizionali, l’Italia ha sviluppato in ritardo il suo programma di treni superveloci. La TAV (Treni ad Alta Velocità) prevede una rete di 1250 km su due assi: nord-sud (Milano-Salerno) ed est-ovest (Venezia-Torino), in esercizio dalla fine del 2009 sull’intero percorso Torino-Milano-Roma-Napoli. Nel 2011, a fianco dei treni della TAV, entreranno in servizio anche i convogli del Nuovo trasporto viaggiatori (NTV), primo operatore privato a inserirsi nel business dell’alta velocità. Altri Paesi europei stanno sviluppando progetti di linee veloci, ma per lo più come integrazioni alle reti già esistenti. Il Regno Unito, in particolare, dispone di un collegamento diretto Londra-Parigi attraverso il tunnel posto sotto il Canale della Manica. Una linea ad alta velocità è anche in costruzione in Russia per collegare Mosca a San Pietroburgo.
Più avanzato il programma della Cina, che per le Olimpiadi 2008 ha aperto una tratta ad alta velocità tra Pechino e Tianjin (120 km, percorsi in 30 min) con treni a tecnologia Siemens in grado di raggiungere i 350 km/h. Un’altra linea di 1320 km è in costruzione tra Pechino e Shanghai per collegare le due città in occasione dell’Esposizione universale del 2010. Per l’alta velocità la Cina ha scelto anche un’altra tecnologia, del tutto innovativa, il Maglev, treno a levitazione magnetica in grado di raggiungere velocità di 500 km/h sfruttando le variazioni di campo magnetico. Un primo tratto (tecnologia Transrapid della Siemens-Thyssenkrupp) è in esercizio dal 2004 tra Shanghai e l’aeroporto di Pudong (30 km, percorsi in 7 min a 430 km/h), altri 160 km sono previsti tra Shanghai e la città di Hangzhou.
Dove invece l’alta velocità non ha riscosso finora grande interesse (ma è in corso un ripensamento con un piano da 8 miliardi di dollari presentato dal presidente Barack Obama) è negli Stati Uniti. La scelta di privilegiare il trasporto aereo attraverso una rete capillare di aeroporti, le grandi distanze, l’utilizzo delle ferrovie rivolto essenzialmente al trasporto merci hanno limitato l’impegno e gli investimenti verso i treni superrapidi. L’unico esempio di alta velocità è l’Acela express in servizio tra Washington, Baltimora, Philadelfia, New York, Boston, uno dei corridoi più densamente popolati degli Stati Uniti. È definito treno ad alta velocità, ma in realtà l’Acela express è molto distante dagli standard europei, dove è prescritta una velocità d’esercizio non inferiore ai 200 km/h. L’Acela express compie il percorso Washington-New York in 2 ore e 48 min alla velocità media di 129 km/h e l’intero percorso fino a Boston in 6 h e 30 min (116 km/h di media). È comunque un collegamento molto apprezzato e raccoglie la metà del traffico viaggiatori tra Boston e New York.
L’Europa fa sistema, verso un network continentale
A differenza di quanto avvenuto negli Stati Uniti dove le compagnie ferroviarie, abbandonato sostanzialmente il business del traffico passeggeri, hanno investito molto sulle merci, l’Europa non riesce a correggere un modello che ha visto contrarsi sempre più la quota merci su rotaia privilegiando di fatto il trasporto su gomma. Le merci in Europa viaggiano molto (troppo) su strada, e il trasporto su gomma porta vantaggi al singolo, non alla collettività. Se negli Stati Uniti il 40% del totale delle merci viaggia sui binari, in Europa questa percentuale scende a poco più del 10% e in Italia ad ancora meno. Gli ultimi anni hanno fatto registrare un incremento (+7% nel 2007), ma ancora troppo contenuto. Le cause sono diverse. In America settentrionale, dagli anni Ottanta, si è molto investito nella logistica e in un’estesa rete ferroviaria dedicata al trasporto merci, soprattutto container, introducendo una particolare tipologia di carri, i double stacked. Dotati di un pianale ribassato, possono caricare una doppia fila di container sovrapposti e costituiscono l’ossatura della rete (il 65% del trasporto totale). Hanno inoltre ridotto i costi perché consentono un risparmio del 40% nei consumi di carburante per singolo container. Vengono movimentati in ampie zone a ridosso dei porti e delle aree di smistamento, dove complessi sistemi di automazione esaltano l’intermodalità tra nave, treno e veicolo stradale.
In Europa, e in Italia in particolare, la flessibilità d’impiego, le tariffe in molti casi più vantaggiose, la maggiore rapidità, la possibilità di una distribuzione porta a porta hanno dato grande spazio alla crescita del trasporto su gomma. Ma l’aumento del traffico, soprattutto autostradale, l’inquinamento, i rilevanti costi di manutenzione (circa 300 miliardi di euro l’anno a fronte degli 80 miliardi spesi per nuove infrastrutture stradali) hanno portato il sistema a un punto di criticità. Anche i costi (più bassi rispetto a quelli ferroviari, ma soltanto sulle percorrenze inferiori a 500/700 km, poi il rapporto si inverte) non tengono conto degli oneri veri, sia quelli ambientali sia quelli legati alla usura e ai danni provocati a strade e infrastrutture. Il rincaro del prezzo del petrolio ha aggiunto un ulteriore elemento a favore di una sostanziale riconversione dei modi di trasporto.
Gli ‘assi’ del TEN-T
Nell’Unione Europea la sfida sui trasporti ha dato luogo a un complesso programma, il Trans-european transport network (TEN-T), strutturato su 30 assi prioritari, che pone particolare attenzione al trasporto merci e la cui realizzazione è prevista per il 2020. Un’apposita agenzia esecutiva, creata nel 2006, ha il compito di dare seguito ai progetti per giungere nel 2020 a una crescita del 66% (rispetto al 2000) dei flussi, puntando principalmente su ferrovia, vie navigabili e intermodalità. Nei trenta assi verrà a concentrarsi la metà dei movimenti delle merci e dei viaggiatori europei. Il sistema TEN-T potrà disporre nel 2020 di 89.500 km di strade e di 94.000 km di ferrovie, cui si affiancheranno 11.250 km di vie navigabili con 210 porti fluviali, 294 porti marittimi e 366 aeroporti. Un complesso integrato di vie, in gran parte già esistenti, ma da completare con le maglie, i raccordi mancanti, su cui far gravitare l’intero sistema europeo dei trasporti. Obiettivo secondario, ma ritenuto non meno importante, è quello di eliminare o almeno ridurre i nodi di traffico e le congestioni stradali contenendo le emissioni di CO2 e migliorando l’impatto ambientale. Tra i trenta progetti previsti nel TEN-T spiccano la Berlino-Verona-Bologna-Napoli-Messina-Palermo con la galleria ferroviaria più lunga al mondo (56 km sotto il Brennero), la Lione-Torino-Trieste-Lubiana-Budapest-Ucraina a traffico misto, merci e passeggeri (collegherà la rete ad alta velocità francese alla TAV italiana e consentirà di andare da Milano a Parigi in 3 h e 30 min), la Atene-Sofia-Budapest-Vienna-Praga-Norimberga-Dresda, la Genova-Basilea-Rotterdam-Anversa. Uno dei trenta assi, un progetto già realizzato, è l’innovativa Betuweroute, una linea ferroviaria dedicata esclusivamente alle merci con partenza dal porto di Rotterdam e diretta in Germania. Gli olandesi hanno inaugurato nel 2007 il tratto fino alla frontiera (160 km), mentre i tedeschi non prevedono di completare la prosecuzione di loro competenza prima del 2015. A regime la linea avrà una capacità di 10 treni l’ora in ciascuna direzione. È stata costruita con specifiche adatte all’uso dei carri portacontainer double stacked come sulle ferrovie americane, benché per ora non ne sia previsto l’impiego. Per tutta la lunghezza dei 160 km la linea è protetta da pannelli antirumore e da speciali roll bars per trattenere i carri in caso di deragliamento.
Altro progetto del TEN-T sono le autostrade del mare, di particolare interesse per l’Italia per la sua posizione al centro del Mediterraneo. Le autostrade del mare rappresentano una soluzione alternativa (nella maggior parte dei casi meno costosa e più veloce) al trasporto stradale consentendo a camion e grandi automezzi di utilizzare per i lunghi trasferimenti collegamenti marittimi assicurati da navi traghetto sufficientemente veloci e attrezzate per imbarcare e sbarcare rapidamente gli automezzi. Per essere efficaci le autostrade del mare devono disporre di accessi diretti mare-terra, di svincoli stradali, di aree di parcheggio e di retroporti, di sistemi di gestione logistica e di sicurezza, di strutture amministrative efficienti.
Il TEN-T ha individuato quattro percorsi: l’autostrada del Mar Baltico, che collega i Paesi rivieraschi del Baltico a quelli dell’Europa centrale e occidentale; l’autostrada del mare dell’Europa occidentale tra Portogallo, Spagna e Mare del Nord; l’autostrada del mare dell’Europa sud-orientale per i passaggi tra Mar Adriatico, Mar Ionio e Mediterraneo orientale; l’autostrada del mare dell’Europa sud-occidentale per i collegamenti tra Spagna, Francia, Italia e Malta. Attualmente sono circa un milione e mezzo i mezzi pesanti che utilizzano ogni anno le autostrade del mare, sottraendo traffico alla strada. Il servizio è destinato a crescere e ad allargarsi ad altre rotte.
Più navi nel commercio mondiale
Il mare resta la principale via di trasporto per il commercio mondiale. L’80% del traffico merci avviene per nave, nonostante l’inarrestabile espansione delle flotte aeree e la capillare diffusione del trasporto stradale. In Europa la quota si abbassa al 70% (per gli scambi con il resto del mondo), ma le vie d’acqua, canali e acque interne, restano una componente essenziale nel traffico interno, soprattutto per i carichi pesanti. Il trasporto marittimo è vitale per trasferire sulle lunghe distanze, a costi contenuti, ingenti quantità di materie prime, minerali, petrolio e derrate alimentari. Trasportare un container via mare dalla Cina ad Amburgo costa quanto far viaggiare lo stesso container da Amburgo a Milano.
Il traffico marittimo mondiale ha registrato, prima del ristagno dovuto alla crisi economica mondiale esplosa nel 2008-09, tassi di crescita del 4% l’anno per l’insieme dei carichi, ma di oltre il triplo (+13,4% nel 2006) per i container. L’impiego generalizzato dei container ha rivoluzionato il mondo del trasporto e ha ridotto della metà i costi. Nel 2006 le merci trasportate per mare hanno raggiunto un picco di 7 miliardi e 400 milioni di t, saturando una capacità di carico in costante crescita. All’inizio del 2007 la flotta mondiale ha superato per la prima volta la soglia di un miliardo di t di portata lorda. Le navi di stazza lorda superiore alle 100 t, che circolano sui mari del mondo, sfiorano le 95.000 unità. Sono controllate per i due terzi dai Paesi più industrializzati e per un terzo da quelli in via di sviluppo. Un quarto di tutto il naviglio mondiale fa capo all’Europa.
L’aspra concorrenza sui noli e la necessità di contenere i costi hanno inciso anche sul ricambio delle flotte a favore di unità più avanzate e con meno personale a bordo. Nel 2007 la vita media della flotta mondiale è scesa a 12 anni con un ringiovanimento ancora più spinto per le portacontainer, attestatesi a poco più di 9 anni in media. Si tratta di navi di tipologia diversa, attrezzate e gestite sempre più da apparati e sistemi altamente automatizzati, con equipaggi ridotti a poche unità. Il cargo danese Emma Maersk, la nave più grande a solcare attualmente i mari, enorme nei suoi 397 m di lunghezza per 56 di larghezza, con una capacità di carico di 11.000 TEU (Twenty-foot Equivalent Unit), un’unità di misura standard pari al volume di un container da 20 piedi, ma con la possibilità di stivarne fino a 15.200, è governata da un equipaggio di 13 persone.
Si studiano anche nuove rotte. Il traffico marittimo mondiale soffre di alcune storiche strozzature che impongono alle grandi navi da carico, alle portacontainer, alle superpetroliere lunghe circumnavigazioni continentali. I principali colli di bottiglia sulle lunghe rotte internazionali restano il Canale di Panamá, il Canale di Suez, lo Stretto di Gibilterra, lo Stretto di Malacca. Il primo in particolare, aperto nel 1914, ma inaugurato nel 1920 dopo la fine della prima guerra mondiale per evitare la circumnavigazione dell’America del Sud, è diventato inadeguato. Le sue caratteristiche lo rendono inagibile alle navi postpanamax, che superano i 300 m di lunghezza (i cargo di oltre 75.000 tsl, tonnellate di stazza lorda) costrette ancora oggi a doppiare Capo Horn. Nel 2007, dopo una lunga preparazione, sono stati avviati imponenti lavori di ampliamento che dovrebbero consentire il passaggio a navi fino a 366 m di lunghezza (120.000 tsl) attraverso una terza via di navigazione parallela alle due esistenti. I lavori, con un costo previsto di 5,2 miliardi di dollari, dovrebbero essere conclusi entro il 2014. Già oggi nel Canale di Panamá transita il 5% dell’intero commercio mondiale. L’ampliamento consentirà il passaggio dei grandi cargo che fanno la spola tra Cina, Giappone e i porti della costa orientale nord-americana, con un netto incremento dell’interscambio tra due delle aree più dinamiche del pianeta. La necessità di più agevoli collegamenti tra i due oceani ha spinto anche un altro Stato dell’America Centrale, il Nicaragua, a progettare la realizzazione di un canale concorrente a Panamá. Sfruttando il grande bacino d’acqua del Lago Cocicolba, al centro del Paese tra le due coste, il Nicaragua intende creare una via abbastanza ampia al fine di consentire il passaggio di navi ancora più grandi, fino a 250.000 tsl. Si tratta di un progetto da 20 miliardi di dollari ancora alle fasi iniziali, ma considerato competitivo a causa della sua posizione geografica e dello sviluppo atteso nel traffico marittimo tra i due oceani.
Le possibili rotte tra Atlantico e Pacifico non si esauriscono nei passaggi al centro o al sud del continente americano. Alternative più estreme sono allo studio al Nord, complice l’innalzamento delle temperature e il parziale scioglimento dei ghiacci nella zona artica. Il passaggio a nord-ovest, una rotta dall’Atlantico al Pacifico attraverso l’arcipelago artico, a nord del Canada e la circumnavigazione dell’Alaska consentirebbe di ridurre di 4000 km l’attuale percorso centrato sul Canale di Panamá. Ad aprire la via, nel 1969, la petroliera americana Manhattan dotata di prua rompighiaccio, prima nave mercantile a compiere l’intero percorso est-ovest, dalla Baia di Baffin alla Baia di Prudhoe in Alaska e ritorno. Ma l’iniziativa non ebbe seguito anche per le proteste dei canadesi, che considerano quel tratto di mare acque interne. Ora con gli effetti del riscaldamento globale sulla permanenza dei ghiacci le prospettive potrebbero mutare. Altra rotta all’estremo nord suscettibile di sviluppi è l’Arctic bridge, cui è molto interessata la Russia per un collegamento, a settentrione, tra il porto di Murmansk e quello canadese di Churchill nella Baia di Hudson, sbocco dell’export di grano del Manitoba. Si tratta di una via diretta dalle notevoli potenzialità per l’interscambio non solo tra Russia e Canada, ma anche tra i mercati nordamericani e quelli euro-asiatici. Il porto di Churchill è tuttavia aperto solo cinque mesi l’anno, da luglio a novembre, a causa dei ghiacci. Ma il clima continua a cambiare.
La trasformazione avvenuta negli ultimi anni nel commercio internazionale ha anche ridato centralità al Mediterraneo, tornato a un ruolo di primo piano nelle grandi correnti di traffico. Il flusso dei cargo oceanici che fanno la spola tra Asia ed Europa percorrendo la rotta Suez-Gibilterra ha modificato geografia e importanza del sistema portuale europeo. Gli scali maggiori, in Italia, Francia e Spagna, si sono trasformati in hubs, in moderne aree di transhipment, dove il carico viene trasferito dalle grandi portacontainer transoceaniche (navi-madre) a navi più piccole (feeders) verso la destinazione finale, secondo lo schema hub & spoke (‘mozzo e raggi’) ampiamente adottato nei sistemi aeroportuali. A lungo in secondo piano rispetto ai grandi scali dell’Europa settentrionale (Rotterdam in testa), i porti del Mediterraneo hanno recuperato posizioni e generato positivi effetti indotti sulle economie di tutto il bacino. Resta il problema delle infrastrutture di supporto (accessi, collegamenti stradali e ferroviari, piattaforme logistiche) in molti casi ancora inadeguate e lontane dagli standard delle grandi aree portuali dell’Atlantico.
Webgrafia
M. Raja, India gets on board the Trans-Asian railway, «Asia on line», 2007-03-21, http://www.atimes.com/atimes/South_Asia/ IC21Df01.html.
UIC (Union Internationale des Chemins de fer), Statistiques internationales UIC pour l’année 2007, http://www.uic.org/ compresse.php/cp285_fr.pdf.
J. Rubin, B. Tal, Will soaring transport costs reverse globalization?, «CIBC world markets», 2008-05-27, http://yaleglobal.yale. edu/about/pdfs/oil.pdf.
Tianjin and Beijing getting closer, to the benefit of both cities, «China Daily», 2008-07-21, http://www.chinadaily.com.cn/china/2008-07/21/content_6863532.htm.
TEN-T (Trans-European Transport Network), Project management workshop, 2008-12-03, http://ec.europa.eu/transport/ infrastructure/ten_t_ea/workshop_en.htm.
Si vedano inoltre i seguenti siti:
Acela Express, USA, http://www.railway-technology.com/projects/ amtrak.
CONFITARMA (Confederazione Italiana Armatori), Statistiche, http://www.confitarma.it/page.php?idpage=KFAAAAAA.
Jane’s, Merchant ships, http:// www.janes.com/news/transport.
Trans-Siberian history, http://www.transsib.ru/Eng/history.htm.
RIF (Rete Ferroviaria Italiana), Rete Alta Velocità (AV)-Alta Capacità (AC), http://www.rfi.it.
UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development), Review of maritime transport 2007, http://www.unctad.org/ rmt2007.
UNESCAP (United Nations Economic and Social Commission for Asia and the Pacific), About the Trans-Asian railway, http://www.unescap.org/TTDW/index.asp?MenuName=The Trans-AsianRailway.
WTO (World Trade Organization), International trade statistics 2007-08, http://www.wto.org/english/res_e/statis_e/statis _e.htm.
Tutte le pagine web si intendono visitate per l’ultima volta il 17 luglio 2009.