Trasporti
di Sandro Petriccione
Trasporti
sommario: 1. Introduzione. 2. Il trasporto aereo. 3. Il trasporto ferroviario. 4. Il trasporto marittimo. 5. Il trasporto stradale. ▭ Bibliografia.
1. Introduzione
L'integrazione economica - e per certi versi culturale - del mondo in quella che oggi viene definita 'globalizzazione' è un fenomeno che ha caratterizzato tutto il Novecento, ma che ha conosciuto una forte accelerazione nella parte finale del secolo. Questo fenomeno si è manifestato in forme sempre più accentuate nella produzione sia di merci, cioè di beni materiali, sia di servizi, cioè di beni immateriali. Lo sviluppo della produzione di questi ultimi ha rappresentato uno degli aspetti più importanti dell'economia della fine del XX secolo. In tale categoria di attività rientra il trasporto, tanto di merci quanto di persone. Le merci, secondo i testi classici di economia internazionale (v. Ohlin, 1933), vengono spostate quando esiste un differenziale tra il prezzo, addizionato del trasporto, nel mercato di origine e il prezzo nel mercato di destinazione. È questa la ragione per la quale, quindi, la riduzione del costo di trasporto di merci e passeggeri, ma anche e soprattutto di informazioni e di dati, ha favorito lo sviluppo degli scambi a livello nazionale e internazionale.
Su scala mondiale l'aumento della produzione industriale si è spesso associato a una sua ridistribuzione geografica, la quale ha comportato un aumento dell'attività di trasporto solo in parte contrastata dal minore impiego di materie prime per unità di prodotto. Inoltre, il rapido diffondersi dell'uso delle reti telematiche ha determinato in molti casi la localizzazione in siti diversi - e spesso tra loro molto distanti - di attività che tradizionalmente erano ubicate attorno all'impianto produttivo. Anche questo fatto ha in qualche misura aumentato la domanda di trasporto di merci.
Più complesso è il settore del trasporto passeggeri che si muovono per lavoro e affari; infatti, lo straordinario sviluppo dell'informatica e delle reti telematiche svolge funzioni di volta in volta complementari o sostitutive del trasporto.
Ma è nel settore degli spostamenti per turismo o per svago che l'attività di trasporto, con l'aumento del tempo libero e dei livelli di reddito delle famiglie, ha conosciuto uno straordinario incremento per poter far fronte a una domanda in rapida crescita.
Come dicevamo, dalla seconda metà del XX secolo si è verificato un aumento consistente dell'attività di trasporto in tutti i settori. Tra il 1970 e il 2000 le merci caricate e scaricate nei porti sono passate da 2.566 a 5.866 milioni di tonnellate; nel settore stradale si è passati da 1.588 a 3.776 miliardi di PKT (numero di passeggeri trasportati per chilometri percorsi) e in quello aereo da 80 a 255 miliardi di TKT (unità di traffico aereo in cui si pone: 1 viaggiatore + bagaglio personale = 90 kg; quindi 1 TKT = 9 viaggiatori trasportati per chilometro). Il quadro complessivo appare mutato non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativamente per effetto di vincoli ambientali sempre più stringenti. Mentre nei decenni passati, salvo casi localizzati, la scarsità delle risorse naturali poteva essere trascurata, al momento attuale essa rappresenta un elemento di costo che non può essere ignorato. In passato l'impresa, in particolare l'impresa di trasporto, operava considerando gratuite le risorse naturali (spazio aereo, superficie marittima) e trascurando gli effetti esterni derivanti dalla produzione del servizio (ad esempio, la qualità dell'aria e il rumore nelle aree urbane). Oggi, invece, tali esternalità comportano costi così alti per la collettività da rendere sempre più necessario l'intervento normativo dei governi al fine di limitarli e accollarne una parte agli operatori, ossia, in definitiva, agli utenti.
Oltre al problema degli effetti esterni, si sono andati moltiplicando - soprattutto per i modi di trasporto nei quali vi è una molteplicità di soggetti che producono il servizio - fenomeni di reciproco condizionamento che creano spesso situazioni di congestione, con un aumento dei tempi medi di trasporto e quindi dei costi. E ciò vale tanto per i percorsi (siano o meno legati a infrastrutture relative alla via) quanto per i punti terminali (porti, aeroporti, stazioni ferroviarie, autostrade).
Questo insieme di circostanze tende a rallentare e - in casi per ora isolati, ma destinati probabilmente a moltiplicarsi - a invertire quella tendenza alla progressiva riduzione dei costi di trasporto che era stata una caratteristica dello sviluppo del XX secolo. Si può perciò prevedere che nei decenni futuri l'attività di trasporto subirà profonde trasformazioni, le quali incideranno sull'organizzazione della produzione e sui modi di vita.
2. Il trasporto aereo
L'aviazione civile nacque nel 1919, quando la compagnia britannica Aircraft Transport and Travel iniziò a operare quotidianamente il collegamento Londra-Parigi a un prezzo di 280 dollari. In quell'anno le compagnie aeree aderenti alla International Air Transport Association (IATA, libera associazione non governativa tra vettori aerei che, sin dalla sua origine, raggruppa la maggior parte delle compagnie esistenti al mondo) trasportarono circa 3.500 passeggeri.
Negli Stati Uniti le prime esperienze significative di trasporto aereo 'commerciale' si ebbero con i servizi postali inaugurati dall'aviazione militare nel 1918. Solo successivamente sorse un'offerta autonoma rispetto ai servizi effettuati dall'aeronautica militare. In termini di passeggeri trasportati, il mercato del trasporto aereo europeo e quello statunitense hanno fatto registrare un tasso di crescita simile fino al temine degli anni trenta. Le effettive potenzialità dell'aviazione statunitense cominciarono a manifestarsi durante la seconda guerra mondiale, quando, in assenza di vincoli economici, vi fu un rapido progresso tecnico. A partire dal dopoguerra l'area geografica nella quale il trasporto aereo ha conseguito il più elevato livello di crescita è stata quella statunitense. Tuttavia, il trasporto aereo commerciale iniziò ad assumere proporzioni consistenti solo agli inizi degli anni cinquanta, periodo in cui la domanda fu pari a circa 90 miliardi di PKT all'anno.
Un ulteriore impulso allo sviluppo del traffico provenne dalla realizzazione, agli inizi degli anni sessanta, dei velivoli azionati da turboreattori, che potevano trasportare 190 passeggeri a una velocità di 800 km/h, con un'autonomia di circa 7.000 chilometri; tali velivoli permisero di affrontare per la prima volta viaggi notevolmente lunghi in tempi sostanzialmente brevi. Nel 1969 vi fu il primo volo del Boeing 747, un aereo destinato ad avere un enorme successo grazie all'autonomia di circa 13.000 chilometri e alla notevole capacità di carico (fino a 500 passeggeri); la sua introduzione costituisce l'ultima innovazione tecnica significativa. Difatti, a parte il jet supersonico Concorde (che dal punto di vista commerciale si è rivelato un fallimento), negli ultimi trent'anni l'industria del trasporto aereo ha preferito incrementare l'efficienza organizzativa, sfruttando al meglio la tecnologia disponibile.
Secondo i dati della IATA (v., 1957 ss.), sul finire degli anni settanta il volume del traffico aereo mondiale ammontava a 900 miliardi di PKT, e a metà degli anni novanta aveva raggiunto la cifra di oltre 1.840 miliardi di PKT (v. tab. I). Una notevole flessione (5,7%) del traffico internazionale si è verificata nel 2001, in conseguenza degli attacchi terroristici dell'11 settembre negli Stati Uniti, determinando il peggior risultato economico della storia dell'aviazione civile: le compagnie aeree, complessivamente, hanno subito una perdita pari ai guadagni conseguiti nei quattro anni precedenti.
Nel settore del trasporto aereo di merci le prime esperienze significative si ebbero negli anni successivi alla prima guerra mondiale; tuttavia, l'impulso decisivo allo sviluppo di una consistente attività regolare di trasporto aereo delle merci provenne dalla realizzazione, negli anni quaranta, del velivolo Douglas DC4, specificamente progettato per il trasporto misto di merci e passeggeri. In assenza di una regolare rilevazione statistica, la dimensione di questo fenomeno a livello internazionale appare difficilmente quantificabile, anche se, dalle richieste di autorizzazione inoltrate alle autorità, è possibile desumere che, alla metà degli anni quaranta, solo negli Stati Uniti furono realizzati oltre 150 vettori aerei merci, che la flotta complessiva ammontava a 500 velivoli e che il totale di forza lavoro impiegata era pari a 5.000 unità.
Sempre secondo i dati della IATA, la domanda di trasporto merci, pari a 0,8 miliardi di TKT (numero di tonnellate trasportate per numero di chilometri percorsi) nel 1950, arrivò a 19,9 miliardi nel 1978 e a 83,3 miliardi nel 1995. Nella tab. II sono indicati i valori relativi al traffico interno di merci registrato nel 1999 nelle tre aree a maggior 'vocazione aerea' (Asia, Nordamerica, Europa). Poiché il trasporto aereo è caratterizzato da servizi prevalentemente internazionali, può esservi una notevole differenza tra i valori relativi al traffico interno (come quelli riportati nella tab. II) e i valori del flusso di traffico registrato a livello internazionale. Le trasformazioni in atto nel funzionamento dei canali distributivi, nella politica delle scorte e nella logistica industriale fanno prevedere, per il prossimo futuro, una sensibile crescita del settore del trasporto aereo di merci. Tuttavia, allo stato attuale, per stimolare la dinamica della domanda risulta indispensabile una decisa razionalizzazione delle attività terminali finalizzata al conseguimento di una maggiore rapidità delle operazioni di carico e scarico e a una più ampia diffusione di unità di carico standardizzate.
L'assetto del mercato del trasporto aereo ha subito notevoli trasformazioni a seguito dei mutamenti che, negli Stati Uniti e in Europa, sono intervenuti a livello della regolamentazione amministrativa dell'industria. Sin dai primi voli apparve evidente come l'impiego del mezzo aereo fosse legato, più di ogni altra forma di trasporto, a numerosi condizionamenti di natura tecnica e organizzativa. Per tali motivi, e a causa del carattere spiccatamente internazionale della navigazione aerea, sin dal 1919 si sono susseguiti diversi accordi e convenzioni mirati a regolamentare il settore per permettere la convivenza dei molteplici interessi coinvolti in campo aeronautico.
Negli Stati Uniti il processo di eliminazione dei vincoli amministrativi che ostacolavano il libero funzionamento delle forze di mercato nel settore del trasporto aereo ebbe inizio nel 1978, anno in cui fu emanato l'Airline deregulation act, che stabilì la progressiva liberalizzazione del trasporto interno. Successivamente, nel 1980, l'International air services competition act completò la riforma sul piano internazionale.
In Europa gli accordi aerei bilaterali posti alla base della determinazione dell'offerta e delle tariffe crearono, sin dal secondo dopoguerra, un elevato grado di stabilità per il mercato del trasporto aereo. Un primo avvicinamento a una concezione più liberista si ebbe con la Direttiva comunitaria n. 416/83 sui trasporti interregionali. Ma l'effettivo inizio della liberalizzazione si fa risalire al 1987, anno in cui entrò in vigore il 'primo pacchetto aviazione europeo'.
La reazione immediata dell'aviazione civile statunitense alla deregolamentazione consistette in una proliferazione di nuove linee aeree. Contrariamente a quanto previsto, però, dopo un'iniziale dilatazione il mercato assunse le caratteristiche di una struttura oligopolistica, incentrata su sistemi di tipo hub-and-spoke ('mozzo e raggi') - costituiti da una serie di voli irradiati da un aeroporto centrale verso quelli regionali - che consentono una maggiore efficienza operativa grazie all'impiego di velivoli ad alta capacità di carico. Le risposte dei singoli vettori alla deregolamentazione furono differenti. La Braniff, ad esempio, adottò una strategia basata su collegamenti diretti tra coppie di città senza ricorrere alle reti hub-and-spoke. La Pan American finalizzò i propri sforzi competitivi alla realizzazione di una rete di notevoli proporzioni. La Delta Airlines creò una rete di collegamenti imperniata sui poli aeroportuali di Salt Lake City a nord-ovest, Dallas-Fort Worth a sud, Cincinnati a nord-est e Atlanta a sud-est, con frequenti collegamenti con gli altri centri.
Tra le compagnie nate in regime di deregolamentazione solo l'America West è riuscita a raggiungere dimensioni di una certa rilevanza. Tuttavia, alcuni vettori di modeste dimensioni, sorti dopo il 1978 e caratterizzati da una struttura aziendale particolarmente flessibile, sono stati in grado di chiudere i bilanci in attivo anche nei periodi di maggiore difficoltà per l'intero settore. La Ultrair e la Kiwi costituiscono alcuni esempi di compagnie minori che offrono voli con classe unica, posti non assegnati e servizi a bordo ridotti all'essenziale, allo scopo di ottenere riduzioni dei costi e, di conseguenza, delle tariffe.
In Europa, già dal 1990, si è potuto assistere a un susseguirsi di accordi, fusioni e alleanze tra le compagnie aeree allo scopo di attenuare le difficoltà connesse alle insufficienti capacità relative allo svolgimento delle operazioni terminali, dovute sia agli elevati livelli di congestione di gran parte degli impianti europei, sia ai sistemi di assegnazione delle bande orarie (slots) per il decollo e l'atterraggio dei velivoli. Pertanto, nonostante la liberalizzazione del mercato abbia introdotto, per i vettori dell'Unione Europea, la completa libertà di accesso a qualunque scalo comunitario, l'insufficiente capacità aeroportuale costringe le compagnie ad accordarsi tra loro per poter utilizzare i diversi terminali.
Attualmente le maggiori risorse del settore sono le rotte e le bande orarie degli aeroporti: la congestione, sia in aria che a terra, è divenuta un problema di difficile soluzione, principalmente a causa della mancanza di spazi dove realizzare nuove infrastrutture e dell'esistenza di limitazioni di carattere ambientale. Inoltre, alla luce dei recenti attacchi terroristici, si può ipotizzare che anche i problemi della sicurezza e dei costi per le assicurazioni andranno a incidere sullo sviluppo futuro del trasporto aereo. Dopo l'11 settembre 2001, in molte parti del mondo le misure di sicurezza hanno notevolmente aumentato le difficoltà dei viaggiatori e i tempi di viaggio, determinando inoltre un considerevole aumento dei premi assicurativi per i vettori.
3. Il trasporto ferroviario
L'evoluzione economica e sociale delle principali aree geografiche è stata condizionata dalla diffusione delle ferrovie. In particolare, lo sviluppo del trasporto ferroviario ha costituito uno dei più importanti aspetti della rivoluzione industriale. La ferrovia, nonostante abbia subito una progressiva erosione della quota di mercato da parte degli altri modi di trasporto, continua tuttora a svolgere un ruolo di primo piano sia nel settore dei passeggeri che in quello delle merci (v. fig. 1).
Per quanto attiene alle caratteristiche dei singoli sistemi ferroviari, va notato che il livello di concentrazione delle linee varia in stretta connessione con i fattori storici e istituzionali che hanno caratterizzato il percorso evolutivo dei singoli sistemi economici, laddove le peculiarità dei tracciati dipendono dal tipo di traffico, dalla morfologia del territorio e dalla natura degli insediamenti. Nelle aree a maggiore densità demografica le linee ferroviarie sono dotate di un elevato numero di stazioni dislocate a distanza relativamente ravvicinata. Al contrario, nelle zone nelle quali vi è una minore concentrazione degli insediamenti e delle attività produttive prevale il traffico merci e l'organizzazione del servizio si basa sull'impiego di convogli ferroviari a elevata capacità di carico che viaggiano con frequenze ridotte.
In Europa e negli Stati Uniti vi è una notevole presenza di linee ferroviarie; in particolare, l'Europa centrale e orientale risultano essere le aree geografiche nelle quali le ferrovie hanno fatto registrare il più alto grado di sviluppo.
Per analizzare la diffusione dell'industria ferroviaria nelle diverse aree è opportuno utilizzare l'indice di densità ferroviaria (km/kmq, chilometri di linea per chilometro quadrato). I valori riportati in tab. III, desunti da una rilevazione effettuata nel 1996 dall'Union Internationale des Chemins de Fer (UIC), mostrano che nonostante gli Stati Uniti e l'Unione Europea dispongano di linee ferroviarie di proporzioni consistenti, i relativi indici di densità risultano minori rispetto a quelli di altre aree geopolitiche, quali l'Europa centrale e orientale e il Giappone, le cui reti sono caratterizzate da un maggior grado di capillarità.
Tuttavia, per delineare un quadro dal quale possa evincersi l'importanza del ruolo svolto dalle ferrovie nei diversi sistemi economici, è necessario integrare l'analisi dei dati relativi alla dotazione di infrastrutture con i valori riguardanti il traffico ferroviario di passeggeri e di merci. La tab. IV evidenzia che le aree nelle quali le ferrovie hanno fatto registrare i più alti tassi di sviluppo sono quelle giapponese, europea e dei paesi dell'ex Unione Sovietica, benché in quest'ultima area, dalla seconda metà degli anni ottanta, la quota di mercato soddisfatta dal trasporto ferroviario sia andata progressivamente riducendosi. Inoltre, i risultati conseguiti nel 1995 mostrano una evidente flessione del trasporto ferroviario passeggeri, fenomeno che ha interessato, a eccezione della Cina, quasi tutto il mondo, anche se con intensità diversa da paese a paese.
Le più recenti tendenze del mercato del trasporto ferroviario passeggeri possono essere desunte dai dati forniti dalla UIC e riportati nella tab. V, dai quali si evince che il rilevante calo del numero totale dei passeggeri trasportati a livello mondiale (- 0,3%) registrato nel 1998 è stato ampiamente recuperato nel 1999 e nel 2000, anni che hanno fatto registrare un incremento, rispettivamente, del 2,7 % e del 5,7%. Va anche notato che nel 2000 il traffico europeo ha ripreso ad aumentare, invertendo la tendenza che aveva caratterizzato la seconda metà degli anni novanta. Anche per il comparto delle merci il 1998 è stato un anno nel quale si è verificata una flessione della domanda che, a differenza di quanto è accaduto per i passeggeri, ha interessato quasi tutto il mondo. Nel 1999 il mercato ha fatto registrare una lieve ripresa che si è consolidata nel 2000, con un aumento della domanda del 5,7% rispetto all'anno precedente. La distribuzione percentuale del traffico merci e passeggeri mette in evidenza, da un lato, il notevole sviluppo del mercato asiatico e di quello europeo e, dall'altro, la peculiarità del trasporto ferroviario americano, che riguarda quasi esclusivamente il trasporto delle merci. Tuttavia, indipendentemente dalla quantità di trasporto effettuata in termini assoluti, va sottolineato che la concorrenza del trasporto stradale nel settore merci e del trasporto aereo nel comparto dei passeggeri ha progressivamente ridotto, nel corso della seconda metà del XX secolo, la quota di mercato soddisfatta dalle ferrovie.
L'alta velocità ferroviaria costituisce un tentativo di arginare la diminuzione del traffico viaggiatori che ha interessato la maggior parte dei sistemi ferroviari delle economie più avanzate. In Giappone la linea veloce Shinkansen viaggia su un percorso parallelo alle linee ferroviarie già esistenti, con un numero di stazioni intermedie molto limitato. In Francia, il servizio ad alta velocità - TGV (Train Grande Vitesse) - sulla linea nord (Parigi-Eurotunnel) raggiunge velocità anche di 300 km/ora. In Germania e in Italia sono state programmate e sono in via di realizzazione linee veloci con punti di interscambio con la rete già in esercizio. Ma l'innovazione che probabilmente è destinata a modificare in modo significativo l'industria ferroviaria è l'impiego del motore lineare a induzione. Il sistema Maglev (Magnetic Levitation) è una tecnica completamente innovativa, attualmente in sperimentazione in Germania, che consente il raggiungimento di velocità superiori ai 400 km orari.
Da un punto di vista organizzativo va sottolineato che la riduzione della domanda, unitamente agli insostenibili deficit aziendali, ha indotto i governi di molti paesi ad avviare una ristrutturazione del settore ferroviario allo scopo di superare la preesistente unitarietà delle imprese ferroviarie. La strategia adottata in Giappone per introdurre un certo grado di concorrenza nel mercato è consistita nella costituzione di distinte società di diritto privato, di cui sei per il traffico passeggeri articolate su base locale, una per il trasporto delle merci, una per l'alta velocità e altre ancora per la gestione di reti ferroviarie regionali. In Sudamerica e in Africa la ristrutturazione del trasporto ferroviario, compiuta a opera della World Bank, ha avuto quali obiettivi principali la frammentazione geografica delle reti e il conseguimento di un maggior grado di competitività grazie all'affidamento dei servizi a privati che operano in un mercato sottoposto al controllo di un regolatore indipendente.
Negli anni novanta l'orientamento liberista che costituisce il fondamento del Trattato di Roma istitutivo della CEE ha trovato attuazione anche in campo ferroviario. Per definire la nuova politica ferroviaria europea, la Commissione UE è partita dal presupposto che per le attività di viaggio è auspicabile la realizzazione di un mercato concorrenziale. Le risposte dei singoli Stati a questa politica innovatrice dell'UE sono state differenti: in Svezia, ad esempio, è stata scelta la strada della distinzione tra gestione della rete, affidata allo Stato, e produzione del servizio di trasporto, di competenza di una società privata; in Germania la riorganizzazione del trasporto ferroviario - iniziata nel 1994, anno in cui dalla fusione delle aziende ferroviarie dell'Est e dell'Ovest è sorta la società di diritto privato Deutsche Bahn AG - ha avuto come obiettivo la suddivisione dell'attività di trasporto, totalmente privatizzata, per aree di mercato e su base regionale, mentre la gestione delle infrastrutture continua a essere di competenza statale; il governo britannico, invece, ha assunto come principio cardine per incrementare la produttività del servizio ferroviario la distinzione del sistema per aree di mercato, allo scopo di adottare le soluzioni più adeguate alle peculiarità di ciascuna di esse. Queste trasformazioni hanno aperto la strada all'ingresso dei privati nell'industria ferroviaria, come è accaduto ad esempio in Olanda, dove le grandi compagnie di trasporto marittimo provvedono anche all'organizzazione dei servizi merci per ferrovia.
4. Il trasporto marittimo
I dati desunti dalla "Fearnley's review (Annual report)" indicano che tra il 1970 e il 2000 il trasporto marittimo in termini di merci caricate è più che raddoppiato, mentre in termini di tonnellate-miglio si è quasi triplicato (v. tab. VI), il che sta a indicare un aumento delle distanze medie percorse. L'intensificazione del commercio internazionale insieme all'aumentata efficienza dell'attività di trasporto sono le cause di questo straordinario aumento. L'incremento più cospicuo ha riguardato i carichi solidi, che sono aumentati di più di tre volte in 30 anni, mentre l'inferiore aumento (49%) registrato nello stesso periodo per le rinfuse liquide, per la maggior parte petrolio greggio, è ascrivibile alla sostituzione degli idrocarburi liquidi con altre fonti energetiche, nonché all'impiego di oleodotti in alternativa al trasporto marittimo. Una certa importanza sta assumendo il trasporto di gas naturale liquefatto (LNG) mediante navi che raggiungono le 150.000 tonnellate di stazza lorda (TSL).
L'impiego complessivo del servizio di trasporto marittimo è raddoppiato nell'arco di trent'anni, con incrementi molto diversi per ciascuna categoria merceologica. Le lunghe distanze sulle quali viene trasportato il petrolio spiegano la sua elevata incidenza in termini di tonnellate-miglio. I tassi di incremento del traffico petrolifero sono stati tuttavia molto inferiori a quelli del minerale di ferro, che hanno superato il 100%, ma soprattutto a quelli del carbone (519%). Un aumento si è registrato anche per il traffico dei carichi generali, che rappresenta circa il 50% del traffico totale di carichi solidi. Ma in questo comparto è andato assumendo sempre maggiore importanza il traffico di carichi unitizzati, in particolare di containers, sia full containers da 20 e da 40 piedi, sia trailers, cioè containers gommati.
Un certo sviluppo ha avuto anche il traffico passeggeri, peraltro limitato ai traghetti e alle navi da crociera, pur rimanendo in dimensioni del tutto marginali.
In rapporto all'intensificazione degli scambi internazionali si è verificato un aumento consistente delle dimensioni della flotta mondiale (v. tab. VII), nonché una modificazione della sua composizione interna. Le categorie che hanno dimostrato una dinamica più pronunciata sono le rinfuse solide (soprattutto carbone da vapore in sostituzione del petrolio) e carichi generali. In quest'ultimo settore si è andata rapidamente sviluppando la flotta di navi porta-containers grazie a un processo di specializzazione che ha portato alla costruzione di navi transoceaniche fino a 7.000 TEU (Twenty-foot Equivalent, unità standard equivalente a un container di 20 × 8,5 piedi: quindi un container da 40 piedi ha una portata di 2 TEU) e alla diffusione di navi feeder per portate inferiori (da 300 a 1.400 TEU), che consentono di servire anche i porti minori e spesso fanno uso del trasbordo (trans-shipment) da navi oceaniche in porti di interscambio (hub, in analogia con il sistema hub-and-spoke usato in areonautica). A questa categoria appartengono anche le navi RO-RO per il trasporto di containers gommati (trailers) utilizzate su brevi distanze. Sulle brevi distanze operano anche i traghetti, navi miste per il trasporto di passeggeri con autovetture e autocarri, in questo caso con motrice e guidatore.
L'aumentata incidenza delle navi porta-containers nel comparto delle merci varie non esprime pienamente l'importanza in termini di traffico che ha assunto il trasporto di carichi unitizzati. Occorre considerare, infatti, l'indice di produttività del naviglio, cioè le tonnellate-miglio prodotte in un anno in rapporto alle tonnellate di stazza lorda. Per le navi porta-containers, a causa della velocità di esercizio e della breve durata delle soste in porto, tale indice è molto più alto di quello relativo alle navi tradizionali per merci varie. Ciò vale, sia pure in misura minore, anche per i carichi alla rinfusa, per i quali il progresso tecnico e organizzativo delle navi e delle attrezzature portuali ha determinato un aumento del prodotto per unità di portata.
L'altro settore che, pur rimanendo marginale, ha presentato tassi elevati di sviluppo è quello delle navi traghetto per il trasporto di viaggiatori, di autovetture e di autocarri, nonché delle navi da crociera che operano per conto di tour operators.
Tra il 1970 e il 2001 la proprietà della flotta, in passato concentrata tra le nazioni industrializzate, si è andata diffondendo tra i paesi in via di sviluppo, ma il fenomeno più rilevante è lo sviluppo della flotta battente 'bandiere di comodo' (open registry fleet), costituita da navi registrate principalmente in Liberia e a Panama (v. tab. VIII). L'altro aspetto importante è stato la rapida crescita della flotta dei paesi in via di sviluppo, la quale è passata negli stessi anni da 20,5 a 157 milioni di TSL.
L'aumento del tonnellaggio della flotta e le modificazioni nella sua composizione hanno determinato l'evoluzione della struttura delle imprese, in particolare nel trasporto di linea, che riguarda il comparto delle merci generali e soprattutto il trasporto di containers. In quest'ultimo settore si è registrata una rapida espansione che ha portato a processi di fusione e di acquisizione e quindi a una concentrazione delle attività.
Attualmente le dieci società che dominano il mercato possiedono naviglio per una portata di 2,66 milioni di TEU, cioè il 41% del totale, mentre i più grandi trasportatori transoceanici - la Maersk-Sealand, la P&ONedLloyd e la Evergreen - possiedono naviglio per 1,30 milioni di TEU, oltre il 20% del totale. Il traffico dei grandi trasportatori è prevalentemente concentrato su tre grandi rotte - Nord Atlantico, transpacifica, Europa-Estremo Oriente - con soste in pochi porti dai quali si irradia la rete di trasporti feeder.
I fabbisogni di capitale in questo campo sono particolarmente elevati, in quanto le imprese impiegano un numero di containers che è tre volte quello della portata della nave (quindi, per esempio, per una nave da 1.500 TEU occorrono 4.500 containers da 20 piedi). Poiché l'investimento per l'acquisto dei containers richiede notevoli potenzialità finanziarie, la proprietà dei containers si ripartisce tra grandi trasportatori transoceanici e società di leasing, favorendo così la verticalizzazione del trasporto, per cui un unico soggetto provvede al trasferimento della merce dall'origine alla destinazione (door-to-door). Queste attività hanno favorito la nascita di imprese MTO (Multimodal Transport Operators), sviluppatesi da società di armamento e case di spedizione.
I prezzi di trasporto sono tradizionalmente distinti in noli di linea e noli della navigazione libera; questi ultimi, che vengono contrattati di volta in volta per ciascuna categoria di navi, presentano notevoli variazioni in rapporto alle fluttuazioni del commercio internazionale e della capacità di stiva della flotta. I noli di linea hanno oggi preminente importanza per le navi porta-containers. Tradizionalmente erano regolati dalle conferences, accordi intesi a limitare la concorrenza, che avevano però il vantaggio di assicurare una certa costanza dei servizi e del livello dei noli. Al di fuori delle conferences operavano gli armatori indipendenti (outsiders), uno dei quali, la società cinese Evergreen di Taiwan, offrì per primo una tariffa unica per tutte le categorie merceologiche (freight all kinds), costringendo le conferences ad adeguarsi. Inoltre, i vincoli posti negli Stati Uniti dalla Federal Maritime Commission e in Europa dalla IV Direzione generale della Commissione dell'Unione Europea hanno ulteriormente ridotto l'influenza delle conferences. Sono invece andati sviluppandosi gli accordi consortili, peraltro utilizzati già da molti anni, che hanno assunto una funzione di primo piano. Questi regolano le partenze e l'assegnazione delle disponibilità di stiva su una determinata rotta, prevedendo talvolta la ripartizione dei ricavi e lo svolgimento in comune delle attività commerciali; ad esempio, nel 2000 l'85% del mercato sul traffico transpacifico era dominato dai consorzi (v. UNCTAD, 2001), i principali dei quali erano New World Alliance (23,7%), Cosco/Yang Ming (16,2%), Grand Alliance (15%), United Alliance (Hanjin-Senator Lines-Cho Yang) (15%).
Il costo del trasporto marittimo è legato all'efficienza delle attrezzature terminali, cioè dei porti. Di fatto, il progresso tecnico nella costruzione e nell'esercizio delle navi è andato di pari passo con l'innovazione dell'attrezzatura e dell'organizzazione portuale. Il raddoppio del volume di merci caricate e scaricate nei porti tra il 1970 e il 2000 ha reso indispensabili massicci investimenti al fine di aumentare la capacità portuale, sebbene la potenzialità delle banchine (tonnellate scaricabili/anno per metro lineare di banchina) sia andata aumentando. Naturalmente, il grado di utilizzazione dipende dai periodi nei quali gli impianti rimangono inoperosi in rapporto agli arrivi delle navi, che non sono esattamente programmabili. La disponibilità di banchine e il suo complemento, che è l'attesa in rada, rivestono particolare importanza dati gli ingenti investimenti di capitale per le navi e per le infrastrutture, in particolare per le attrezzature di carico e di scarico specializzate (sia gru a cavalletto che gru di piazzale). La tab. IX - i cui dati sono desunti dal principale organo di informazione in materia, "Containerisation international" - illustra il movimento di containers dei 6 più importanti porti a livello mondiale.
Lo straordinario aumento dei volumi di traffico ha prodotto importanti mutamenti organizzativi nelle istituzioni portuali. Le vecchie autorità portuali in varie parti del mondo gestivano esclusivamente le aree all'interno del porto e incassavano dei diritti per l'uso delle infrastrutture. In tempi più recenti si è andata generalmente accrescendo la presenza nei porti di privati, anche estranei all'attività di trasporto marittimo, a seguito delle pressanti esigenze finanziarie necessarie ad aumentare la capacità di trasbordo. I nuovi investimenti sono stati spesso resi possibili dalla compartecipazione di privati; per le varie merci containerizzate, in particolare, istituzioni portuali, grandi trasportatori transoceanici e società ferroviarie hanno spesso concorso alla realizzazione di nuove attrezzature e alla loro gestione.
I principali operatori portuali (con un movimento superiore ai 5 milioni di TEU) sono la HPH (Hutchinson Port Holding, operatore indipendente), la PSA (Port of Singapore Authority, istituzione portuale indipendente), la P&O Ports (derivata da un trasportatore transoceanico) e la SSA (Stivedoring Services of America, operatore indipendente). Queste organizzazioni sono presenti di solito in una molteplicità di porti e offrono la loro esperienza nell'attività di trasbordo (la PSA, ad esempio, opera tra l'altro anche nei porti di Genova e Venezia). Allo stesso tempo i trasportatori transoceanici, direttamente o più spesso per mezzo di società controllate, si assicurano l'uso esclusivo delle infrastrutture legate all'attività di trasbordo nei porti.
Le stesse istituzioni portuali si vanno sempre più trasformando in vere e proprie imprese al cui capitale partecipano società private. I porti di Anversa e Ghent, seguiti da Brema, hanno assunto la forma giuridica di società per azioni, mentre le istituzioni di altri porti sono state autorizzate alla costituzione di holdings che consentono loro di partecipare a società industriali e di logistica. In generale le istituzioni portuali non sono più solo autorità che gestiscono aree, ma vanno assumendo una mentalità commerciale favorita dalla trasformazione dei modelli organizzativi adottati e si preoccupano di acquisire traffico elevando la qualità e riducendo i costi dei servizi resi.
5. Il trasporto stradale
In tutto il mondo, ma segnatamente nei 15 Stati dell'Unione Europea, il trasporto stradale si è andato sviluppando molto rapidamente per quello che riguarda sia i passeggeri, sia, in misura ancora maggiore, le merci. Secondo l'ultimo dato disponibile fornito da EUROSTAT (v., 2001), dal 1970 al 1998 il traffico di autovetture private è più che raddoppiato, mentre quello delle merci è più che triplicato; tale aumento è una conseguenza dell'accresciuto stock di infrastrutture stradali, in primo luogo di autostrade. In tutti gli Stati della UE, infatti, il tasso di sviluppo della rete autostradale è stato in questo stesso periodo di oltre il 100%, e in alcuni di essi ancora superiore. In Germania, ad esempio, la rete autostradale era stata ampliata in misura considerevole già prima della seconda guerra mondiale. La situazione italiana, invece, era tale per cui la predisposizione di nuova capacità autostradale costituiva un obiettivo assolutamente preminente; tuttavia, secondo i dati forniti dalla Divisione Trasporti della UNECE (United Nations Economic Commission for Europe), lo sviluppo è andato rallentando negli anni ottanta e si è quasi arrestato dopo il 1990 (v. tab. X).
Ancor più eccezionali, peraltro, sono stati l'aumento del parco veicoli e soprattutto i ritmi di utilizzazione della rete stradale (in termini di veicoli-km). Infatti il parco autovetture dal 1970 al 1998 è aumentato di 2,7 volte, ma in alcuni Stati si è accresciuto in misura molto maggiore (in Spagna è aumentato di quasi 7 volte, in Italia di oltre 3 volte; v. tab. XI). Ne discendono due conseguenze importanti: la prima è che in alcuni paesi, come l'Italia, il numero di autovetture/1.000 abitanti ha raggiunto valori elevatissimi, molto vicini a quelli degli Stati Uniti; il limite teorico che nella letteratura tecnica era indicato come raggiungibile in un periodo di tempo lunghissimo (0,5, ovvero 1 autovettura ogni 2 abitanti) è stato invece superato. L'altra conseguenza è che - come indicano i dati emersi dalla European Conference of Ministers of Transport -, per effetto della maggiore rapidità dello sviluppo del parco auto rispetto a quello della rete stradale, l'indice autovetture/km di strada è andato aumentando (v. tab. XII). Analoghi incrementi ha registrato il parco dei veicoli commerciali.
Se si passa a esaminare i volumi di traffico prodotti, si vede subito l'enorme sviluppo del trasporto merci su strada, che dal 1970 al 1988 è più che triplicato e ha comportato anche una ridistribuzione dei modi di trasporto, con un aumento dell'incidenza del trasporto stradale (v. fig. 2), passato dal 47% del totale nel 1970 al 74% nel 1998. Anche nel caso del trasporto stradale l'aumento del traffico è avvenuto grazie alla standardizzazione dei carichi, utilizzando sia il sistema motrice + semiarticolato (trailer) che consente un impiego più intensivo delle motrici, sia le casse mobili (contenitori telonati non sovrapponibili) per il trasporto combinato stradale-ferroviario.
Relativamente al trasporto stradale passeggeri, dominato dalle autovetture private, il traffico è raddoppiato dal 1970 al 1998, e così la mobilità degli abitanti, passata da 16,5 a 34,9 km/giorno. Il progresso tecnico si è in un primo tempo concentrato sui veicoli, ma per quanto riguarda i motori appare ancora lontana la possibilità di utilizzare fonti energetiche alternative agli idrocarburi liquidi o gassosi. Più recentemente si è cercato di migliorare l'informazione a bordo dei veicoli, con dispositivi computerizzati per la ricerca dell'itinerario e l'aggiornamento sulle condizioni di traffico.
L'aumento del traffico di autovetture, insieme a quello dei veicoli commerciali, ha provocato un più intenso utilizzo della rete stradale, dando spesso luogo a fenomeni di congestione. È noto che l'aumento del volume di traffico determina una riduzione della velocità media e quindi, a parità di altre condizioni, un aumento dei costi. Inoltre, aumenta il tasso di incidenti per km di strada, che si riflette anch'esso sul costo del trasporto. Tutti questi fenomeni possono essere classificati come 'effetti interni' che riguardano l'insieme degli utenti del servizio di trasporto stradale. In particolare per ciò che riguarda la sicurezza, cioè il numero di incidenti per milioni di p-km, sono stati compiuti notevoli progressi, dovuti ad alcune innovazioni tecniche introdotte dai costruttori di autovetture e di autocarri (frenatura automaticamente commisurata ai valori dell'aderenza, air-bags che si gonfiano al momento dell'impatto) e all'adozione di normative più severe per quanto concerne la circolazione dei veicoli. Ciò ha determinato una straordinaria riduzione dei morti per incidenti stradali (per i feriti le statistiche dei singoli Stati ancora non sono comparabili), passati da circa 40 a circa 10/miliardo di p-km; tale valore, pur rimanendo molto al di sopra di quello analogo per le ferrovie, ha fatto diminuire considerevolmente la differenza tra i due settori.
Tuttavia, non senza ragione e con crescente insistenza, l'attenzione degli osservatori si è andata concentrando sugli 'effetti esterni', cioè su tutte le ricadute negative che il tumultuoso incremento del trasporto, in particolare del trasporto stradale, comporta ai danni dell'intera collettività (v. tab. XIII). Fra tali effetti figurano l'emissione di CO2 (anidride carbonica) e di altri gas e di polveri derivanti dal funzionamento di motori a combustione interna, il rumore generato dal funzionamento delle parti rotanti e dello scarico dei motori e l'intrusione nell'ambiente per effetto della realizzazione di grandi infrastrutture. Su questi ultimi due fenomeni i dati statistici e la normativa sono ancora carenti. La UE si è limitata a fissare dei limiti per l'inquinamento acustico e a indicare degli standard che dovrebbero essere adottati. Maggiori informazioni si hanno invece per l'inquinamento atmosferico legato ai consumi di energia. Negli Stati dell'UE le emissioni di CO2 dovute ai trasporti rappresentavano nel 1997 il 27% del totale e il settore stradale concorreva per l'80% del totale. La gravità del problema è mostrata dalla fig. 3, la quale mette in luce come i trasporti abbiano concorso alle emissioni di CO2 in misura molto superiore e crescente rispetto a tutti gli altri settori, sebbene i progressi nei carburanti e nei motori abbiano determinato una riduzione dell'anidride carbonica prodotta e anche delle emissioni di ossido di azoto, di monossido di carbonio e di componenti volatili.
Bibliografia
Beckmann, M. J., McGuire, C. B., Winsten, C. B., Studies in the economics of transportation, New Haven, Conn.: Yale University Press, 1956.
Button, K., Transport economics, Aldershot: Edward Elgar, 19932.
Carlucci, F., La concentrazione industriale nel futuro assetto del trasporto aereo, in "Economia pubblica", 1996, n. 2.
Del Viscovo, M., Economia dei trasporti, Torino: UTET, 1990.
EUROSTAT, Panorama of transport. Statistical overview of road, rail, inland waterways and air transport in the European Union: data 1970-1999, Luxembourg: Office for Official Publications of the European Communities, 2001.
IATA (International Air Transport Association), "World air transport statistics", anni 1957 ss., http://www.iata.org/bis/ productsandservices/wats.htm
Nash, C. A., Matthews, B., Whelan, G. A., Rail infrastructures changing in Europe, relazione presentata alla 9th World Conference on Transport Research, Seoul, July 22-27 2001 (a cura di C. H. Park e altri), Amsterdam: Elsevier, 2003.
Ohlin, B., Interregional and international trade, Cambridge, Mass.: Harvard University Press, 1933.
Petriccione, S., Economia del trasporto stradale e politica delle infrastrutture, Milano: Etas-Kompass, 1970.
Powell, T., The transport system: markets, modes and policy, London: Planning and Transport Research and Computation Company, 2001.
Predhöl, A., Verkehrs Politik, Göttingen: Vandenhoeck und Ruprecht, 1958.
Sealy, K. R., The geography of air transport, London: Hutchinson University Library, 1957 (tr. it.: Geografia del trasporto aereo, Milano: Angeli, 1977).
UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development), "Review of maritime transport", 2001.
United Nations, International trade statistical yearbook 1999, 2 voll., New York: UN, 2000.
Waters, R. C., Port economic impact studies: practice and assessment, in "Transport journal", 1977, XVI, 3, pp. 14-18.
World in figures. Global database, http://www.worldinfigures.org/glo/eng/index.html