Trasporto
«Transport du courrier, transport de la voix humaine, transport d’images scintillantes, ... nos plus grands accomplissements ont pour seul but de relier les hommes» (Antoine de Saint-Exupéry)
La crisi e i trasporti in Italia: quali possibili considerazioni
di Eugenio Borgia e Gabriele Malavasi
5 febbraio
L’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, comunica in un’audizione al Senato che dal debutto dell’alta velocità nella tratta da Milano a Bologna, il 13 dicembre, la percentuale dei passeggeri che per spostarsi tra Roma e Milano ha scelto il treno è stata del 48%, rispetto al 39% di chi ha preferito l’aereo. È uno dei pochi dati positivi che viene da un settore, quello dei trasporti, che rischia di essere pesantemente penalizzato dalla crisi.
Presupposti della ricerca
Nei primi mesi del 2009 i mass media hanno dedicato ampio spazio alle notizie relative al settore dei trasporti. Poche positive: il rilancio del trasporto ferroviario sulle medie e lunghe distanze, la possibilità di introdurre l’elettronica nella gestione del traffico nelle aree metropolitane e l’avvio delle gare da parte di alcune Regioni per il rinnovo del parco rotabile da adibire al trasporto pubblico locale. La maggior parte negative o riparatrici: il crollo delle vendite e la sovracapacità produttiva di autoveicoli, le possibili strategie nella crisi, l’introduzione di programmi di rottamazione e strutture di incentivi e l’ondata dei modelli di ridotte dimensioni per le automobili, l’import in calo che ferma i TIR, i container che restano a terra, il rinvio di alcune opere infrastrutturali per mancanza di soldi, la crisi dei consumi che coinvolge anche la mobilità con la mancanza di rinnovo dei veicoli e un vistoso calo dei clienti dei taxi, lo sviluppo del servizio aereo low cost controbilanciato però dalla crisi del trasporto aereo tradizionale.
Gli argomenti di interesse nell’attività di ricerca e di analisi sono stati evidenziati in numerosi convegni che si sono tenuti durante lo stesso periodo: sulla sicurezza stradale (Sicurezza ed esercizio ferroviario: sviluppi attuali e prospettive di ricerca. 1° Convegno nazionale, Sapienza Università di Roma), sulla sicurezza stradale (Secondo dibattito nazionale sulla sicurezza stradale. La sicurezza stradale in Italia ed in Europa, Ministero dei Trasporti), sulla liberalizzazione ferroviaria (Liberalizzazione e competizione: lo sviluppo delle infrastrutture e dei servizi ferroviari in Europa ed in Italia, Roma, Ara Pacis), sul trasporto urbano (Sistemi di trasporto rapido di massa a completa automazione, CIFI-Sapienza Università di Roma), sul trasporto marittimo e la sicurezza nel Mediterraneo (Transport and ‘cindynics’, Réseau Méditerranéen des Écoles d’Ingénieurs, Civitavecchia) e sull’introduzione di sistemi di trasporto intelligenti (Models and technology for intelligent transportation systems, Sapienza Università di Roma).
Tutte le attività umane, in maggiore o minore misura, coinvolgono degli atti di trasporto di persone o cose come strumento indispensabile per la loro realizzazione; è comprensibile, pertanto, l’interesse a cercare di analizzare quali siano le relazioni tra la crisi che caratterizza l’attuale momento storico e il fenomeno della mobilità e, quindi, le sue ripercussioni su quest’ultimo così come possono essere dedotte dagli andamenti tendenziali e da alcuni principi generali che reggono il fenomeno stesso.
Volendo individuare quali siano le conseguenze sulle numerose componenti del fenomeno del trasporto è certamente utile tener conto di quanto hanno messo in rilievo sia i mass media sia i convegni scientifici citati ma, per raggiungere un certo grado di obiettività nelle valutazioni, è opportuno affrontare il tema con rigore logico. Il problema in termini preliminari si pone come ricerca delle variazioni che dalla crisi derivano alle variabili direttamente rappresentative della mobilità e alle variabili con essa in diversa misura correlate, nonché alle conseguenti alterazioni degli andamenti tendenziali. Si potranno avanzare poi delle ipotesi sulla possibile evoluzione del fenomeno stesso, anche disaggregato nelle sue numerose componenti e, quindi, sulle eventuali modifiche da apportare nella politica dei trasporti adottata e, conseguentemente, nell’allocazione delle risorse. Infatti, la crisi e le relative variazioni degli scenari di evoluzione del quadro socioeconomico richiederanno delle modifiche degli scenari di previsione per la mobilità e, quindi, dei programmi in corso o comunque già predisposti in epoca anteriore. In quest’ottica sembra altrettanto evidente che la linea da seguire nella ricerca è la stessa che, con una procedura più o meno formalizzata, si adotta in fase di programmazione generale degli interventi nel settore dei trasporti. Pertanto è necessario esaminare con riferimento alle serie storiche, da un lato le variabili che caratterizzano la domanda e, cioè, quelle direttamente rappresentative del fenomeno della mobilità (indicatori di mobilità quali le quantità di passeggeri e di merci trasportate e le relative percorrenze); dall’altro lato le variabili che caratterizzano l’offerta (il sistema di infrastrutture, il parco veicoli, i servizi offerti) e le prospettive di innovazioni (il passaggio da motori che bruciano carburanti fossili a nuove forme di energia, il ricorso all’elettronica per la gestione del traffico); infine la più significativa variabile socioeconomica correlata al fenomeno suddetto (il prodotto interno lordo).
Si devono esaminare, infine, anche i dati relativi a un aspetto particolarmente significativo per la collettività: la sicurezza, con riferimento sia all’incidentalità, sia alle misure che dimostrano l’attenzione a essa dedicata a livello istituzionale. Le analisi sono state condotte con l’obiettivo di valutare soprattutto gli andamenti tendenziali degli indicatori di trasporto e in tale ottica vengono sviluppate le considerazioni che seguono; esse sono ottenute osservando l’andamento dei parametri in funzione del tempo e confrontando i dati relativi ai diversi modi di trasporto (stradale, ferroviario, marittimo, aereo). Nello studio ci si è basati soprattutto su fonti ufficiali, indicate in bibliografia, che riportano i dati consolidati, in genere disponibili dopo un certo intervallo di tempo rispetto a quello a cui si riferiscono, a causa delle difficoltà nella raccolta e nella elaborazione. Per questo motivo, il periodo di riferimento disponibile giunge fino agli anni 2006-07.
La domanda
Nel corso del 2008 e in particolare negli ultimi mesi, si sono registrate notevoli riduzioni del PIL con effetti negativi sul trasporto, soprattutto delle merci, sulla produzione di auto, sulla occupazione, sui consumi delle famiglie (Confetra 2009). Andamenti negativi si sono rilevati nella produzione industriale, nelle esportazioni, nelle importazioni e nella bilancia commerciale italiana.
Le previsioni risultano alquanto incerte e difficili. L’analisi storica dei parametri del trasporto e del PIL può contribuire a dare un quadro del sistema dei trasporti mediante la ricerca di possibili correlazioni fra le grandezze che governano il sistema. Analizziamo pertanto nel seguito le caratteristiche e l’andamento della produzione di atti di trasporto per passeggeri e merci, per i vari modi di trasporto (autostradale, ferroviario, aereo, marittimo) e per i vari segmenti (media e lunga distanza, breve distanza, urbano, extraurbano).
Per quanto riguarda il trasporto stradale (fig. 1), nel periodo di osservazione 1990-2006, gli indicatori della domanda rilevano mediamente una continua crescita, con incrementi più marcati per i veicoli leggeri rispetto a quelli pesanti. La quantità di merce trasportata ha subito un notevole incremento a partire dagli anni 2001-02.
Il trasporto ferroviario (fig. 2), sia pure riferito a un periodo più breve (2000-06), mostra un andamento sostanzialmente costante evidenziando un leggero incremento del trasporto passeggeri e un decremento di quello merci. Il parametro analizzato, espresso in viaggiatori╳km, rappresenta una misura della domanda passeggeri soddisfatta dalle Ferrovie dello Stato (servizi a lunga, media e breve distanza) e da ferrovie regionali con quote delle due reti rispettivamente del 95-93% e 5-7%. Il trasporto marittimo delle merci mostra un incremento costante a partire dal 2000-01 sia per gli arrivi e le partenze sia per i contenitori movimentati (fig. 3). Nello stesso periodo il trasporto passeggeri si è mantenuto mediamente costante.
La domanda soddisfatta del trasporto aereo è in continua crescita con incrementi maggiori nell’ultimo periodo per i passeggeri rispetto alle merci (fig. 4). Gli incrementi annui sono mediamente del 10% per i passeggeri e del 4% per le merci. Un effetto non trascurabile è quello prodotto dallo sviluppo delle compagnie low cost che contribuiscono con una quota di circa il 23% (2006) al totale dei passeggeri trasportati.
Dal confronto del trasporto tra le varie modalità di trasporto e le varie tipologie di servizio si conferma la notevole quota del trasporto stradale soprattutto privato rispetto agli altri sia per i passeggeri sia per le merci (fig. 5 e 6). Inoltre la domanda passeggeri soddisfatta mostra una sensibile riduzione dell’incremento a partire dagli anni 2000-01. Quella merci evidenzia una notevole crescita a partire dal 2002.
L’offerta
Gli indicatori relativi allo sviluppo e alla consistenza del patrimonio costituito dalle infrastrutture stradali e ferroviarie mostrano una continua leggera crescita dell’estensione della rete stradale (fig. 1), sensibilmente più elevata di quella della rete ferroviaria i cui incrementi più consistenti si sono ottenuti negli ultimi anni con l’apertura delle linee ad Alta Velocità-Alta Capacità Roma-Napoli, Torino-Novara e Milano-Bologna. La consistenza delle infrastrutture marittime (porti) mostra un andamento crescente da imputarsi principalmente all’incremento del diporto nautico. L’estensione degli accosti è di circa 1,5 km per porto con una lunghezza complessiva di 400 km riferita a un totale di 263 porti (2007; Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Conto nazionale...).
Gli indicatori relativi allo sviluppo e alla consistenza del patrimonio costituito dai mezzi di trasporto mostrano per i veicoli stradali un continuo aumento del parco dei veicoli circolanti (fig. 2), che sembra possa raggiungere entro pochi anni la quota di un veicolo per abitante, con conseguente crescente utilizzo di spazio soprattutto per la sosta e il parcheggio. La limitata disponibilità di sosta ha spinto la diffusione di veicoli di ridotte dimensioni, la cui presenza nei flussi veicolari comporta anche delle variazioni delle curve di deflusso ed, eventualmente, nessuna variazione sensibile della mobilità e quindi delle percorrenze. Inoltre si osserva anche la diffusione di veicoli passeggeri di grandi dimensioni che richiedono maggiori spazi per il parcheggio. Il servizio di trasporto collettivo non sembra poter contrastare la continua diffusione di veicoli privati; infatti l’incremento di autobus per abitante è pressoché trascurabile (fig. 3).
Il parco dei veicoli ferroviari ha subito una sensibile riduzione (fig. 4), soprattutto nel settore merci. L’implementazione di nuove tecnologie, soprattutto per la sicurezza di circolazione, ha portato le Ferrovie dello Stato a interventi mirati a elevare gli standard qualitativi del parco rotabile mediante la sostituzione di veicoli obsoleti con nuovi rotabili. I rotabili delle ferrovie regionali (ex concesse) sono rimasti invariati in quantità. Nel settore dei natanti si è verificato un incremento sensibile della flotta di navi passeggeri nel periodo 1995-2006 (fig. 5) dovuto soprattutto alle navi passeggeri e merci (Ro-Pax), ma non è avvenuto lo stesso per la flotta delle navi da carico e da pesca che, nel periodo 2000-06, sono diminuite sensibilmente.
Riguardo allo sviluppo e alla consistenza dei servizi stradali si rileva che l’offerta di servizio di trasporto pubblico locale (autolinee) effettuato in ambito regionale non ha subito rilevanti variazioni nel periodo 1990-2006 sia per il servizio urbano, sia per il servizio extraurbano; si osserva soltanto una leggera tendenza all’aumento nell’ultimo periodo (fig. 1). I servizi ferroviari offerti dalle Ferrovie dello Stato hanno un coefficiente di utilizzazione variabile in relazione alla percorrenza; infatti il rapporto tra viaggiatori╳km e posti╳km nel periodo 2000-06 è rimasto quasi costante e mediamente vale circa 0,55 per il trasporto a media e lunga percorrenza e circa 0,30 per il trasporto regionale. A proposito dei servizi marittimi, i collegamenti marittimi tra il Continente e la Sicilia hanno avuto un andamento oscillante intorno a un valore medio, senza evidenziare alcuna tendenza alla crescita (fig. 2); quelli con la Sardegna mostrano un andamento leggermente decrescente.
Le variabili significative e l’analisi delle correlazioni
L’andamento del PIL in funzione del tempo per l’intero paese e per le aree geografiche settentrionale, centrale e meridionale rivela, nel periodo 1990-2007, una sostanziale crescita e una quota delle regioni settentrionali pari a oltre il 50% dell’intero ammontare (fig. 3). Il rapporto tra gli indicatori del trasporto e i valori del PIL mostra che non sempre si ha una marcata correlazione: per esempio l’aumento del trasporto passeggeri all’aumentare del PIL è meno accentuato dell’incremento del parco veicoli, del trasporto aereo sia passeggeri sia cargo (fig. 2). Anche l’incremento del trasporto marittimo, pur rilevato nell’analisi tendenziale, mostra una ridotta correlazione con l’incremento del PIL.
Il confronto tra il numero di veicoli circolanti e il PIL (fig. 3) evidenzia una marcata proporzionalità tra le due grandezze; inoltre si osserva che il tasso di crescita dei veicoli circolanti rispetto al PIL è minore per le zone a PIL elevato (Italia settentrionale) rispetto a quelle con PIL più basso (Italia centrale e meridionale). Ciò può essere interpretato sia come una non linearità intrinseca al fenomeno per cui il tasso di incremento va riducendosi con l’aumento della ricchezza, sia come un diverso comportamento delle popolazioni delle aree economicamente più sviluppate del paese rispetto alle altre.
Ulteriori considerazioni derivano dall’analisi del rapporto tra il numero di veicoli circolanti per abitante e il numero di autobus per abitante, che rappresenta un indicatore dell’uso del trasporto individuale privato rispetto a quello pubblico collettivo (tenuto conto che la quota dei veicoli industriali è di circa il 10%). Il confronto di tale rapporto con il PIL (fig. 4), a livello di area geografica, evidenzia una correlazione positiva, cioè aumentano i veicoli circolanti rispetto agli autobus nelle zone a PIL più basso (centrali e meridionali) e rimangono pressoché costanti o aumentano in modo lieve nelle zone settentrionali a PIL più elevato, come se si manifestasse una sorta di stabilità per cui l’aumento di ricchezza incide marginalmente sul rapporto tra trasporto privato individuale e pubblico collettivo. In altre parole il numero di veicoli per abitante aumenta con il PIL ma contemporaneamente aumenta anche il numero di autobus per abitante. Nell’ipotesi in cui si potessero estendere tali considerazioni dovremmo prevedere, in una situazione di recessione, una riduzione dei veicoli circolanti e una riduzione più accentuata degli autobus per trasporto pubblico locale, con conseguente incremento del rapporto tra trasporto individuale e trasporto collettivo. Tuttavia un effetto attenuante potrebbe derivare dalla consapevolezza, maturata nel corso degli anni, che per ridurre la congestione è necessario ricorrere il più possibile ai trasporti collettivi.
La sicurezza
La sicurezza stradale costituisce un problema sociale che ha aspetti drammatici in termini di morti e feriti, con notevole impatto sulla economia del paese. I recenti interventi promossi dalle istituzioni (piani della sicurezza, azioni normative, controlli e formazione) stanno producendo risultati positivi, come risulta dalla riduzione degli incidenti e dei loro effetti negativi a partire dal 2001-02. Indubbiamente per raggiungere una situazione sostenibile occorre mantenere e potenziare le azioni intraprese. Pertanto il raggiungimento degli obiettivi prefissati, che a livello europeo consistono nel dimezzare entro il 2010 il numero dei morti accertati nel 2001, richiede un costante investimento e quindi la necessità di destinare parte della ricchezza del paese a queste azioni. Dall’analisi dell’incidentalità stradale estesa ai paesi europei risulta come la ricchezza del paese espressa mediante il PIL per abitante abbia un effetto positivo sulla sicurezza; infatti, sulla base dei dati relativi al 2006, si rileva un andamento medio inversamente proporzionale tra il PIL e il numero di morti per abitante.
Nel campo della sicurezza ferroviaria, in cui i livelli sono sensibilmente più alti di quelli stradali, il fatto rilevante degli ultimi anni è la nascita nel 2007 dell’Agenzia nazionale della sicurezza ferroviaria, un organismo preposto specificamente alla sicurezza del trasporto su rotaia, esterno e indipendente dal gruppo delle Ferrovie dello Stato. Il suo compito è quello di mantenere gli attuali livelli di sicurezza e di promuoverne il costante miglioramento, in relazione al progresso tecnico e scientifico, garantendo un’equa e indiscriminata accessibilità alla rete ferroviaria a tutti i soggetti interessati alla produzione di trasporto ferroviario. Anche in questo caso la sicurezza ha un costo che grava sulla collettività, per cui una situazione critica nel campo economico potrebbe limitare la disponibilità delle risorse finanziarie necessarie con effetti più devastanti rispetto al campo stradale, data la maggiore complessità del sistema ferroviario, soprattutto nel settore tecnologico e gestionale.
Le considerazioni ‘possibili’
L’estrema difficoltà di avanzare delle previsioni sulla profondità e durata della crisi e la complessità del fenomeno ‘trasporti’ rendono estremamente difficile e incerto individuare delle tendenze e, ancor più, avanzare delle previsioni sull’andamento delle variabili che in modo più o meno diretto sono a esso correlate. Realisticamente: assumendo che le correlazioni rilevate, riferite a un periodo di espansione del quadro socioeconomico, continuino a sussistere sia pure con una inversione di tendenza dovuta alla crisi in atto, e sulla base non solo dei dati parziali prima esposti ma anche tenendo conto di quanto riportato in letteratura, è consentito soltanto formulare delle considerazioni ‘possibili’. A tal fine, sia pure senza perdere di vista le notizie che hanno avuto e hanno una particolare eco nei mass media e gli argomenti approfonditi nei convegni richiamati nelle premessa, è opportuno procedere disaggregando i traffici in breve, media e lunga distanza.
Con riferimento ai traffici di breve distanza, che riguardano prevalentemente la domanda nelle aree metropolitane, le informazioni disponibili confermano innanzi tutto il crollo delle vendite di autoveicoli nonostante siano stati messi in atto programmi di rottamazione e meccanismi di incentivazione. A esso però non si accompagna una riduzione dei flussi che continuano a essere sostenuti e a dar luogo a vistosi fenomeni di congestione. Ciò può attribuirsi a due cause: da un lato, infatti, tali flussi sono generati da una domanda che presenta per una cospicua aliquota un’elevata rigidità (lavoro, scuola, servizi) e, dall’altro, l’esistenza di una quota di domanda marginale, oggi inevasa, ma che presenta, anche di fronte a piccole riduzioni del costo generalizzato, una notevole elasticità (svago, acquisti). Tale considerazione è da ritenersi tanto più vera se si prende atto che viene registrata una sensibile variazione nella composizione del parco automobili caratterizzata da un incremento dei modelli ‘ristretti’, il cui equivalente in autovetture tipo è certamente inferiore a uno; ciò incide sulle curve di deflusso per cui a parità di velocità media della corrente veicolare corrisponde un maggior flusso in termini di veicoli/ora, il che, tenuto conto del basso valore nelle aree metropolitane di passeggeri per auto, si traduce in un maggior numero di passeggeri/ora.
Sembra evidente che la mancanza di rinnovo dei veicoli e il calo dei clienti dei taxi – da attribuirsi a una minore capacità di spesa da parte degli utenti in consumi durevoli e non – non si traducono in una riduzione dei flussi di autoveicoli, ma forse addirittura in un aumento dei fenomeni di congestione e dei conseguenti impatti negativi sul territorio (maggiore domanda di parcheggio, maggiori percorrenze, maggiori emissioni inquinanti).
Non sembra invece che, a seguito della brusca riduzione del prezzo del petrolio verificatasi dopo un precedente vertiginoso aumento, si possa prevedere uno spostamento della domanda passeggeri dal mezzo privato al trasporto pubblico su sede propria se non si porteranno a termine i miglioramenti previsti per esso sia in termini di quantità sia in termini di qualità del servizio. In merito va considerato che la crisi potrebbe portare a una riduzione del flusso di investimenti allocati a tal fine e, conseguentemente, a ritardare l’azione rivolta a ridurre i fenomeni di congestione nelle aree metropolitane. Un aspetto positivo è l’avvio delle gare da parte di alcune Regioni per il rinnovo del parco rotabile da adibire al trasporto pubblico locale su ferro che, per la limitata numerosità e per la sua vetustà, rappresenta la causa principale delle deficienze lamentate nei servizi forniti per il traffico pendolare, una volta definito ‘servizio sociale’, in quanto viene riconosciuto l’interesse della collettività a provvedere a un suo parziale finanziamento a fondo perduto, e oggi definito ‘universale’.
Da menzionare, infine, tutte le possibili applicazioni delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni ai processi di trasporto di persone e merci (intelligent transportation systems) al fine di migliorare le prestazioni in termini di efficienza economica, sicurezza e sostenibilità ambientale, quali, per citare le più significative, la gestione del traffico urbano ed extraurbano e dei parcheggi (centrali di controllo del traffico, sistemi di regolazione semaforica, pannelli a messaggio variabile, sistemi di video-sorveglianza dei varchi d’accesso alle zone a traffico limitato, sistemi di pedaggio automatico) e la gestione del trasporto pubblico locale (sistemi di localizzazione dei mezzi di trasporto, di gestione dei depositi e delle officine, di biglietteria elettronica, di servizi a chiamata per l’utenza). Pur riconoscendo la funzione determinante che a essi deve essere assegnata nel campo delle innovazioni, non si ritiene che possano essere utilizzati su larga scala e in breve tempo.
Con riferimento ai traffici di media distanza occorre distinguere il traffico passeggeri e il traffico merci. Per il traffico passeggeri è opportuno ricordare preliminarmente che la storia delle ferrovie nel nostro paese registra sia il fallimento nel passato del ‘mercato’ (incapacità dei privati a realizzare profitti) sia il successivo fallimento, per un lungo periodo di tempo, del ‘non mercato’ (incapacità della Pubblica amministrazione di realizzare una gestione economicamente efficiente, senza spreco di risorse). Ma è di assoluta evidenza negli ultimi anni un cambiamento di tendenza. Infatti è stato in gran parte portato a termine ed è in corso di completamento un poderoso programma di investimenti che ha rilanciato sulle medie distanze il trasporto ferroviario passeggeri con acquisizione di una notevole competitività rispetto al trasporto aereo: la realizzazione del programma denominato Alta Velocità-Alta Capacità su due corridoi nevralgici nel sistema infrastrutturale del paese e potenzialmente strategici nel sistema di trasporto terrestre dell’Europa, con risultati economici positivi, che saranno completati con l’apertura al traffico entro l’anno degli itinerari Novara-Milano e Bologna-Firenze. Già oggi è una realtà, e si può affermare che verrà confermata nei prossimi anni, la crescente competitività sulla media distanza del mezzo ferroviario sia rispetto all’aereo sia rispetto ai percorsi autostradali. Da considerare però che, anche in questo caso, più stringenti vincoli di bilancio imposti dalla crisi potrebbero ritardare la realizzazione delle opere e, quindi, ostacolare l’estensione della matrice Origine-Destinazione coinvolta dal programma di potenziamento del sistema ferroviario.
Per il traffico merci sembra ancora lontano il conseguimento di un elevato livello di competitività ma, certamente, uno degli strumenti essenziali per conseguirlo, anche se non l’unico, è il potenziamento del sistema ferroviario. Più in generale per entrambi i traffici, passeggeri e merci, potrebbe giocare a favore riuscire a riportare a livello comunitario l’attività di produzione del trasporto ferroviario nell’ambito del modello del libero mercato (liberalizzazione), suscitando l’interesse del capitale privato ed estendendo al settore il principio della concorrenzialità (privatizzazione). Ma, per la presenza di situazioni di monopolio naturale, liberalizzazione e privatizzazione possono ottenersi soltanto disaggregando il processo di produzione del trasporto ferroviario nelle sue componenti e, anche così operando, occorre verificare che non vi siano vincoli e condizioni di esercizio non omogenee su tutte le reti ferroviarie e che non si instaurino processi di concentrazione che creino situazioni di oligopolio, peggiori di un monopolio di Stato.
D’altra parte il conseguimento dell’obiettivo più generale del riequilibrio modale tra strada e ferrovia, fissato dalla Comunità Europea e condiviso e sempre riaffermato politicamente nel nostro paese da molti decenni, impone che si dia il giusto peso e, quindi, il relativo ordine di priorità, agli investimenti necessari per il potenziamento del sistema ferroviario in termini di aumento di capacità e, con riferimento al sistema plurimodale, che si introduca il principio di competitività in tutto il settore dei trasporti, attribuendo a ciascun modo tutti i costi e le esternalità che gli competono con riferimento anche alla sicurezza, alla qualità dell’ambiente, ai problemi energetici.
Con riferimento ai traffici di lunga distanza occorre nuovamente distinguere il traffico passeggeri e il traffico merci. Per il traffico passeggeri si può affermare che esso continuerà a essere servito dal trasporto aereo ma con un’accentuata riduzione della domanda, nonostante la sempre maggiore concorrenza che ne ha ridotto sensibilmente le tariffe. Per il traffico merci, a seguito del coinvolgimento con la crisi finanziaria del settore reale dell’economia, dopo un lungo periodo di crescita verificatosi dopo il 2002 e caratterizzato dal prepotente emergere di paesi precedentemente ai margini quali la Cina e l’India e il successivo processo di integrazione economica internazionale (globalizzazione), si è verificato un progressivo deterioramento nel 2008 del quadro economico internazionale; è da registrare infatti una flessione delle spedizioni internazionali per tutte le modalità, tranne verso i paesi dell’Asia e dell’Africa. Ciò ha causato un crollo dei noli delle navi bulk o porta-rinfuse, il cui indice giornaliero presso il Baltic Exchange di Londra è crollato dagli 11.600 punti a metà 2008 a 2000 a gennaio 2009. In questo caso, comunque, assume un’enorme importanza l’attenzione che verrà data alla realizzazione dei centri intermodali. In generale per la domanda nel settore delle merci la riduzione della produzione, degli scambi e dei consumi giustifica pienamente il calo dei flussi dei TIR e i container che restano a terra. In particolare, indipendentemente dal grado di sviluppo che si potrà verificare a livello dei traffici intercontinentali, con riferimento a questa domanda costituiscono un’incognita densa di conseguenze la competizione e l’integrazione tra la modalità di trasporto via mare e la modalità terrestre ferroviaria: significativi sono i programmi non solo europei ma anche negli Stati Uniti.
In termini più generali e più strettamente collegati alla crisi in atto, si possono prevedere in merito alle criticità del settore: una revisione della allocazione delle risorse in presenza di vincoli di bilancio e, quindi, un rallentamento degli investimenti per le grandi opere e nel conseguimento degli obiettivi previsti; un maggiore impegno di risorse nella manutenzione ordinaria e straordinaria; una variazione nella composizione del parco veicoli stradali con un aumento delle piccole cilindrate e un invecchiamento del parco nel suo complesso; una diminuzione del traffico merci di media e lunga distanza; una costanza della mobilità nelle aree metropolitane senza una significativa riduzione della congestione e, quindi, dell’impatto ambientale; un maggiore impegno e un avvio nella ricerca e utilizzazione delle innovazioni tecnologiche. Prospettive positive sono invece da attendersi in tema di sicurezza. Nel settore ferroviario, in cui le Ferrovie dello Stato già occupano i primi posti, ulteriori progressi sono prevedibili in seguito all’istituzione dell’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria. Purtroppo ancora pesante e inaccettabile è il livello di incidentalità nel trasporto su strada ma dei progressi sono stati realizzati e si spera che fruttuose saranno le attività in programma da parte della Direzione generale per la sicurezza stradale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell’European Transport Safety Council. Tutte attività che, peraltro, data l’entità degli investimenti in gioco, non dovrebbero risentire in modo significativo di eventuali vincoli di bilancio.
Il sistema mondiale dei trasporti
Due miliardi di passeggeri sulle linee aeree ogni anno, oltre 600 milioni di autoveicoli circolanti sulle strade, miliardi di tonnellate di prodotti trasferiti dai luoghi di produzione ai mercati di consumo. Sono, all’inizio del nuovo millennio, i grandi numeri del sistema mondiale dei trasporti, complessa organizzazione tanto di mezzi quanto di infrastrutture che consente di collegare luoghi situati a diverse distanze, rendendo così ovunque e a chiunque disponibili le merci più disparate. Nel tempo il trasporto ha rappresentato il vero motore della crescita economica e delle trasformazioni sociali. Il progresso tecnologico e l’introduzione di nuovi strumenti operativi hanno ulteriormente accelerato questo processo; al contempo sono mutati i tempi, i modi e la qualità dei trasferimenti. L’evoluzione dei sistemi ha seguito per le merci e le persone strade parallele, però non sempre coincidenti. Si è andata consolidando una netta specializzazione dei vettori con la prevalenza del trasporto via acqua per le merci e via aerea per le persone. Si è assistito inoltre a uno sviluppo più contenuto per quanto concerne le ferrovie, mentre le reti stradali e il parco veicoli circolanti hanno avuto un’espansione di gran lunga più dinamica.
Il trasporto aereo
Negli ultimi decenni la vera rivoluzione dei trasporto è avvenuta nell’aria: da fenomeno di élite a fenomeno di massa, l’uso dell’aereo si è diffuso con una crescita superiore a tutte le altre forme di trasporto. L’entrata in servizio di aeromobili di grande capacità, l’abbattimento delle tariffe e infine l’ammodernamento delle grandi infrastrutture aeroportuali hanno spostato verso il trasporto aereo quote crescenti di mobilità, generando in tal modo l’unica vera rete mondiale di collegamenti integrati. In 30 anni, mentre il prodotto lordo mondiale è cresciuto di 3 volte, il traffico aereo passeggeri è aumentato di 7 volte. Nel complesso l’industria del trasporto aereo è arrivata a valere il 2,4% del prodotto mondiale lordo, con un volume di attività pari a circa 900 miliardi di dollari e con oltre 13,5 milioni di occupati diretti e indiretti (senza contare gli effetti indotti come lo sviluppo del turismo).
La crescita tumultuosa dei primi decenni dell’aviazione civile ha lasciato il passo a una profonda riorganizzazione favorita da due cause concomitanti: l’impatto sui costi di esercizio del caro carburante per l’impennata del prezzo del greggio e la spinta alla deregolamentazione, prima negli Stati Uniti (con l’Airline deregulation act del 1978) poi in Europa. Dopo il settembre del 2001 sul settore si sono anche sentiti i pesanti effetti dell’attentato alle Twin Towers di New York con perdite per le compagnie pari a 42 miliardi di dollari. Le conseguenze sono state fallimenti, ma anche fusioni e concentrazioni che hanno portato alla definitiva scomparsa di molti giganti del cielo e alla nascita di nuovi protagonisti, più dinamici, specializzati e con costi più bassi.
Il low cost è il fenomeno che ha esaltato il trasporto aereo, a partire dagli anni 1970 negli Stati Uniti (con la Southwest Airlines, ancora oggi la maggiore compagnia mondiale low cost) e dai primi anni 1990 in Europa (con Ryanair ed Easyjet) per diffondersi, poi, nel resto del mondo. Alla base di tale successo vi è il drastico taglio delle tariffe, ridotte fino a renderle fortemente competitive anche sulle lunghe distanze. Il modello di impresa del low cost prevede meno personale, spesso chiamato a svolgere più funzioni; basi operative scelte tra gli scali minori al fine di beneficiare di tariffe aeroportuali più basse; aeromobili di un solo tipo per ridurre gli oneri della manutenzione; classe unica a bordo; eliminazione di tutti i servizi non essenziali (no frills, niente pasti e spuntini, niente posti assegnati, acquisto biglietti via Internet ecc.). La formula ha reso l’utilizzo dell’aereo più accessibile, ha cambiato i comportamenti dei consumatori, ha dilatato le frontiere del turismo. Per le compagnie tradizionali ha rappresentato una sfida pesante, ma dopo tutto inevitabile. Molte compagnie full service sono corse ai ripari creando a loro volta filiazioni low cost, linee aeree dedicate, in grado di affiancare l’attività della casa madre utilizzandone le sinergie. In qualche caso compagnie full service in forte perdita si sono trasformate ribaltando i risultati di gestione e ritornando in attivo (per es., l’irlandese Aer Lingus). Tutta l’industria del trasporto aereo sta di fatto evolvendo verso il low cost: si calcola che negli USA sia low cost il 45% dei voli interni e in Europa, comprendendo anche i voli charter, oltre il 30%.
Nella battaglia delle tariffe un elemento determinante è quello dei costi di esercizio degli aeromobili. L’industria aeronautica civile basata, dopo un periodo che ha visto concentrazioni e riassetti, essenzialmente su due grandi costruttori, l’americana Boeing e l’europea Airbus, ha risposto alla sfida con nuovi aerei a consumi più bassi e a maggiore capacità di trasporto. Il rinnovo della flotta mondiale (22.000 aerei di linea gestiti da 900 compagnie) ha registrato negli ultimi anni una progressiva accelerazione anche per l’emergere di nuova domanda da parte di economie, come quelle asiatiche, in forte espansione e con un parco aeromobili inadeguato e obsoleto.
Accantonato, almeno per il medio termine, l’obiettivo velocità, si punta soprattutto ai grandi volumi di carico (very large airliner) e a un contenimento dei costi di esercizio con l’impiego di motori a maggior rendimento (i nuovi colossi dei cieli vantano consumi quasi a livello automobilistico, 3 l di carburante per 100 passeggeri/km). Il progetto di un nuovo aereo passeggeri supersonico, dopo il sostanziale fallimento, economico più che tecnologico, dell’anglofrancese Concorde (in servizio, pure se con qualche interruzione, dal 1976 al 2003) non è stato più ripreso. Le strategie di Airbus e Boeing sono orientate all’ottimizzazione e allo sviluppo di modelli a gestione più omogenea. L’Airbus A380 (in commercio dalla fine del 2006) è la grande ammiraglia delle flotte aeree: ha una fusoliera a due ponti, in grado di trasportare 555 passeggeri (in tre classi, 850 in classe unica) su una distanza di 8000 miglia nautiche (per voli senza scalo su tratte particolarmente lunghe come New York-Hong Kong o Francoforte-Buenos Aires). All’A380 la Boeing ha risposto con un’evoluzione del Jumbo 747, già prodotto in oltre 1400 esemplari e per 35 anni gigante incontrastato dei cieli. La nuova serie 747/8 ha anch’essa un’autonomia operativa di 8000 miglia, ma con una capacità inferiore di trasporto, 450 passeggeri in tre classi, 100 in meno dell’Airbus. Il vero problema di questa corsa alla dilatazione dei volumi di traffico è costituito dalla congestione degli aeroporti e dal sovraccarico a cui sono sottoposti i sistemi di controllo del traffico aereo. I grandi scali mondiali sono al limite delle loro capacità (soprattutto quelli europei) e, nonostante gli investimenti per adeguarli alla crescita della domanda, stentano a tenere il passo con l’incremento di traffico. Per il 2020 si prevedono 7,4 miliardi di passeggeri con una domanda superiore di oltre un miliardo rispetto alla disponibilità delle infrastrutture: si va dunque verso la saturazione con il concreto rischio, senza massicci investimenti, di un generale scadimento del servizio.
Alla forte crescita del movimento passeggeri fa riscontro il trasporto merci. Ogni anno vengono trasferiti via aerea poco meno di 40 milioni di t di prodotti con un trend in netta ascesa: le previsioni al 2020 indicano un tasso annuale di incremento superiore al 5%. L’impiego dell’aereo è preferito non soltanto per le spedizioni che richiedono tempi di consegna rapidi o per rifornire aree non servite da altre reti o da mezzi alternativi, ma anche per trasferire merci ad alto valore aggiunto, farmaci, elettronica, high tech, sulle quali tariffe di trasporto più elevate incidono meno. In Asia il 40% delle merci trasportate in aereo è costituito da prodotti ad alta tecnologia. Nel trasporto aereo merci la quota di traffico maggiore è comunque quella nord-americana: gli Stati Uniti da soli movimentano oltre 10 milioni di t di prodotti l’anno (con una netta prevalenza dei trasporti interni) per un controvalore di quasi 3 miliardi di dollari al giorno. Un flusso pari a un quarto dell’intero traffico aereo merci mondiale. Statunitense è anche la maggiore flotta aerea cargo: la Federal Express con 600 aerei.
Il trasporto marittimo
La storia e l’evoluzione dell’uomo appaiono strettamente connesse allo sviluppo del trasporto marittimo. Il crescente peso assunto negli ultimi decenni dagli altri mezzi, cioè aereo e rete stradale, non ha limitato il trasporto per via d’acqua che, peraltro, continua a mantenere, soprattutto per le merci, un ruolo centrale nell’ambito dello sviluppo dell’economia mondiale. Questo ruolo strategico si è rafforzato di pari passo con la standardizzazione dei sistemi di carico e di stivaggio e con il maggior ricorso all’intermodalità. Petrolio, materie prime, grandi manufatti, derrate alimentari viaggiano prevalentemente per nave; ma anche merci poco voluminose, stipate nei container, sfruttano la flessibilità e i bassi costi propri del trasporto per mare o per vie d’acqua interne. Ancora più netta è l’evoluzione registrata nel trasporto passeggeri con la fine dell’era delle lunghe traversate. I grandi transatlantici, orgoglio delle marinerie nazionali, resi obsoleti dall’avvento dei jet di linea e finiti in disarmo, sono rinati sotto forma di navi ancora più grandi e lussuose alimentando un nuovo e redditizio mercato, ossia le crociere. Nel corto raggio, la maggiore domanda di mobilità e pure l’espansione del turismo hanno agito da volano sulla marineria minore, ovvero quella destinata a collegamenti tra porti vicini, e in specie sulle navi traghetto attrezzate per il trasferimento di passeggeri e di autoveicoli.
Complessivamente la flotta mercantile mondiale supera le 90.000 unità (40.000 quelle sopra le 300 t di stazza lorda); essa non è molto più ampia rispetto agli anni 1990, ma diversa nella tipologia. Due navi su cinque sono cisterne per il trasporto di greggio e di prodotti petroliferi; per petroliere è anche la metà degli scafi di nuova costruzione (petrolio e derivati rappresentano il vero cuore del trasporto marittimo, oltre il 40% del totale). Le portacontainer sono più che raddoppiate in 10 anni facendo segnare il più veloce ritmo di crescita rispetto agli altri tipi. Fra le navi passeggeri, aumentano le grandi unità da crociera, di contro diminuiscono le navi miste cargo/passeggeri con un sensibile invecchiamento di quelle in attività per il progressivo rallentamento delle sostituzioni.
Vere e proprie regine dei mari, le navi da crociera rappresentano il fenomeno più vistoso del corso degli ultimi anni. Trasportano passeggeri, tuttavia non è questo l’obiettivo. Scopo della navigazione non è una destinazione ma il viaggio stesso, un periodo di vacanza da trascorrere piacevolmente a bordo. Alle storiche, eleganti motonavi e agli ex transatlantici si sono aggiunti a un ritmo incalzante nuovi colossi dei mari, veri superhotel galleggianti in grado di offrire alle centinaia e sempre più spesso migliaia di passeggeri tanto relax quanto intrattenimento a prezzi accessibili. Un’attività che non conosce soste, 12 mesi l’anno. I due tradizionali bacini di attività, le isole dei Caraibi e il Mediter-raneo, diversi per tipologia di offerte (la clientela americana privilegia i servizi a bordo, gli europei le visite a terra), hanno registrato un successo crescente. I cittadini statunitensi che nel 2005 hanno trascorso un periodo di vacanza, facendo una delle 4500 crociere, sono stati quasi 10 milioni. Nel complesso sono oltre 400 le navi impegnate in questa attività, il 40% in più rispetto al 1990: sono navi di diverso tonnellaggio, ma con una tendenza al gigantismo. Il primato per ora appartiene alla Oasis of the seas, della compagnia crocieristica Royal Caribbean International, che, varata nel 2008, prenderà servizio nel dicembre 2009: con i suoi 360 m di lunghezza, 47 m di larghezza e 225.000 t di stazza, supera largamente per stazza e per dimensioni la più grande portaerei oggi esistente, la statunitense Nimitz. È comunque l’Italia, attraverso la Fincantieri, a detenere il primato nella costruzione di navi da crociera di nuova generazione a elevati contenuti tecnologici. Dai cantieri di Marghera, Monfalcone e Sestri Ponente sono uscite 37 delle grandi unità in servizio presso le maggiori compagnie di navigazione, per un totale di oltre 2 milioni di t di stazza. Altro punto di forza della cantieristica italiana è la produzione di traghetti e di grandi imbarcazioni da diporto, mentre nella produzione di naviglio tradizionale anche l’Italia subisce la crisi in cui versa l’intero settore mondiale. Il mercato, fortemente globalizzato, soffre di una sovracapacità di produzione nonostante la forte crescita di ordini complessivi. È guerra dei prezzi e non sono infrequenti pratiche di dumping: come conseguenza vi è uno spostamento dei principali baricentri produttivi. La Cina, che fino al 1995 deteneva una quota di mercato pari al 6%, ha superato il 15%, la Corea del Sud è passata dal 23 al 44%, il Giappone è invece sceso dal 32 al 26% e ancora più l’Unione Europea e la Norvegia, passate complessivamente dal 25 al 7%. Il resto del mondo conta soltanto l’8% del mercato. È rimasta invece sostanzialmente immutata la nazionalità di bandiera delle principali flotte commerciali. Semplificazioni amministrative e agevolazioni fiscali mantengono stabilmente Panama al primo posto con il 22% della flotta mondiale, seguono la Liberia con il 9%, la Grecia con il 6%, le Bahamas e Hong Kong con il 5% ciascuno. L’Italia risulta al 17° posto con l’1,2% del totale.
Se il trasporto marittimo, in tutte le sue articolazioni, è il perno su cui ruota l’intera economia mondiale, il vero problema è oggi il suo riequilibrio con le altre reti di trasporto. Manca un efficiente raccordo tra mare, vie navigabili, ferrovia, strada. Il trasporto per nave il più delle volte è trascurato a favore della strada nonostante le evidenti potenzialità e la convenienza economica. Nell’Unione Europea il trasporto marittimo movimenta ben il 70% delle merci scambiate con il resto del mondo e il 40% del commercio interno: ogni anno vengono caricate e scaricate merci per 2 miliardi di tonnellate. Comprendendo le compagnie di navigazione, i porti, le industrie e i servizi correlati, fanno capo al settore circa 3 milioni di occupati. Si tratta di cifre importanti che potrebbero tuttavia essere, considerate le potenzialità, ben più elevate. In particolare è mancato un adeguato sviluppo di traffico tra porti europei in grado di alleggerire due aree molto congestionate, le Alpi e i Pirenei, assediate dal traffico dei TIR in seguito alla strozzatura esistente nelle infrastrutture stradali. Basti pensare che il 75% del legname importato in Italia dalla Finlandia anziché per mare passa attraverso la Germania e le Alpi. Tanto l’Europa quanto l’Italia in particolare dispongono di un patrimonio prezioso, 35.000 km di coste e centinaia di porti, con una capacità di trasporto non adeguatamente sfruttata. Una delle soluzioni individuate è la creazione delle ‘autostrade del mare’, linee di collegamento marittimo servite da grandi navi traghetto che fanno la spola tra i principali porti trasferendo TIR e automezzi. Porti, strade e ferrovie possono in tal modo essere integrati e costituire un’ampia rete logistica alternativa ai lunghi itinerari via terra.
Strettamente associata al trasporto marittimo è la navigazione in acque interne, utilizzata per trasferire grandi quantità di merci direttamente dai porti costieri ai grandi bacini di utenza. Il vantaggio maggiore è costituito dai bassi costi grazie alla maggiore efficienza energetica di questo trasporto. Si è calcolato che con 1 kg di petrolio si possono trasportare, per 1 km, 50 t di merce su strada, 97 per ferrovia e 127 per le vie d’acqua.
Le ferrovie
Asse portante dello sviluppo delle moderne economie industriali, le ferrovie hanno subito, dagli anni 1990, la forte concorrenza degli altri mezzi di trasporto, registrando un preoccupante declino, soprattutto nel settore del trasporto merci. In Europa, dove più pesano le strozzature di linea, di regolamenti nazionali, nonché di differenti caratteristiche costruttive, la quota di merci trasportate su binario, rispetto a tutto il trasporto via terra, è scesa dal 30% del 1970 a circa il 13%. Se poi si include anche il trasporto marittimo la quota crolla al 7-8%, a fronte di una crescita più che triplicata del trasporto su strada. Meno drammatico, ma altrettanto significativo, anche il calo registrato dei passeggeri: in 30 anni la quota sul totale del trasporto ferroviario è scesa dal 10% al 6%. La rete ferroviaria mondiale oscilla attualmente intorno a 1.100.000 km: risultato della leggera crescita che si è avuta negli ultimi 20 anni circa nei paesi emergenti (la Cina è passata da 50.000 a 60.000 km) e della forte contrazione nelle aree più industrializzate (gli Stati Uniti sono scesi dai 260.000 km del 1980 agli attuali 160.000, l’Unione Europea da 213.000 a 203.000 km negli ultimi dieci anni, nonostante l’incremento dovuto alla creazione delle nuove linee veloci).
La riscossa delle ferrovie è partita dal trasporto passeggeri con la progressiva introduzione dell’alta velocità. Sono definiti ad alta velocità tutti i treni che viaggiano tra i 160 e i 300 km/h su linee nuove o rinnovate e che utilizzano materiale rotabile di specifica progettazione. Rispetto all’automobile i treni offrono il vantaggio di tempi di viaggio più brevi, una maggiore sicurezza e l’assenza di congestione del traffico. Rispetto all’aereo, almeno sulle brevi e sulle medie distanze, tempi di percorrenza abbastanza simili (niente tempi morti e code per l’imbarco, niente lunghi tragitti per raggiungere gli aeroporti, maggiore capacità di trasporto passeggeri, infine corse più frequenti). Il primo treno ad alta velocità ha iniziato a essere attivo in Giappone nel 1964, il Tokaido Shinkansen sulla tratta Tokyo-Osaka raggiungendo una velocità massima di 200 km/h. Sono seguite altre linee secondo un piano di espansione e di continuo aggiornamento tecnologico dei treni e della rete ferroviaria. Oggi sono in esercizio 5 linee Shinkansen che collegano le principali città giapponesi. In Europa il primo paese a puntare sull’alta velocità è stata la Francia con il TGV (Train Grande Vitesse) entrato in servizio dal 1981 sul percorso Parigi-Lione. La rete si è poi estesa con collegamenti tra le principali città francesi e alcune capitali europee (per es., Bruxelles, Amsterdam, Londra attraverso il tunnel sotto la Manica). Alle rete francese si affiancano in Europa le linee ad alta velocità della Germania con l’ICE (InterCity Express), della Spagna con l’AVE (Alta Velocidad Española), dell’Italia con la TAV (Treno Alta Velocità) in fase di costruzione negli assi nord-sud ed est-ovest della penisola. L’Italia è stata anche la prima a progettare e a immettere in esercizio il Pendolino, un treno dalla particolare conformazione, a cassa oscillante, in grado di viaggiare sui tracciati misti a velocità sensibilmente più alte di quanto consentito dai treni convenzionali. In Asia, oltre al Giappone, sull’alta velocità ha investito anche la Corea del Sud con treni derivati dal TGV francese. Poco interessati invece gli Stati Uniti, che al rinnovo dei treni passeggeri hanno preferito il potenziamento del trasporto aereo e della rete degli aeroporti. Un tentativo di alta velocità comunque è stato portato avanti dalla Amtrak con l’Acela express, derivato dal TGV, in esercizio sulla tratta Boston-New York-Filadelfia-Washington. Benché non si possa definire alta velocità in base agli standard europei (l’Acela Express viaggia a velocità comprese tra i 110 e i 150 km/h), il servizio ha riscosso un notevole gradimento conquistando quasi la metà della quota dei viaggiatori tra Boston e New York. Ma è tutta l’alta velocità a registrare successo. In Giappone i viaggiatori degli Shinkansen hanno superato i 5 miliardi, seguiti dai passeggeri dei TGV francesi a quota un miliardo. In Europa il trasporto passeggeri con l’alta velocità vale ormai un quinto dell’intero traffico ferroviario.
La nuova frontiera dell’alta velocità è il treno a levitazione magnetica (MAGnetic LEVitation). Benché i primi brevetti ed esperimenti risalgano a cavallo degli anni 1960 e 1970, solo di recente il progetto ha avuto sviluppi concreti. La Cina ha realizzato, utilizzando il sistema tedesco Transrapid della Siemens-Thyssen-krupp, la prima vera linea operativa di 30 km per collegare Shanghai all’aeroporto di Pudong (percorso in 7 minuti e 20 secondi a una velocità massima di 431 km/h) e ha inoltre in programma il prolungamento del tracciato fino alla città di Hangzhou (160 km) in occasione dell’Esposizione universale di Shanghai nel 2010. La Germania, la Gran Bretagna e il Giappone hanno realizzato installazioni sperimentali lunghe alcuni kilometri e proseguono nei test. Gli Stati Uniti hanno costituito appositi gruppi di valutazione e hanno avviato programmi di studi nonché di progettazione. La svizzera Swissmetro ha elaborato un originale progetto che prevede lunghi tunnel sottovuoto entro il quale far viaggiare i treni Maglev, in assenza di resistenza aerodinamica, a velocità comprese tra i 6000 e gli 8000 km/h (un lungo tunnel sottomarino attraverso l’Atlantico potrebbe collegare Londra a New York in meno di un’ora!). Il Maglev, anche se viene definito un treno, in realtà avrebbe ben pochi punti di contatto con i tradizionali convogli ferroviari: infatti non ha ruote e non ha motori a bordo; viaggia sospeso su una guida attraverso un campo magnetico le cui variazioni generano la spinta che lo fa muovere fino a raggiungere, rapidamente, velocità superiori ai 500 km/h. Rispetto ai treni tradizionali il Maglev offre una serie di vantaggi: niente attriti e quindi resistenza all’avanzamento; nessuna parte in movimento perché il treno viaggia sospeso; rumorosità molto ridotta; costi di manutenzione al minimo. Gli svantaggi sono gli elevati costi di costruzione della linea, assai maggiori rispetto alle tradizionali ferrovie, la mancanza di strutture già esistenti e che pertanto vanno create ex novo, l’impossibilità di integrazione con l’attuale rete ferroviaria, possibile invece con gli attuali treni ad alta velocità.
Se nel trasporto passeggeri il treno ha compiuto un deciso salto di qualità, nel trasporto merci la ferrovia è rimasta ancorata, fatta eccezione per gli Stati Uniti, a un arcaico modello di servizio. In Europa l’eccessiva frammentazione della rete, le disomogeneità tecnologiche, la carenza di materiali, la scarsità di investimenti hanno reso il servizio nettamente inferiore alle attese e alle richieste degli operatori. In 30 anni, nonostante l’aumento generalizzato degli scambi, la quota di mercato del trasporto per ferrovia si è ridotta a poco più di un terzo, con un netto calo delle quantità trasportate. Eppure la via ferrata continua a mantenere un notevole potenziale dal cui sfruttamento dipende il riequilibrio dei modi di trasporto. In termini di pubblica utilità i vantaggi sono rilevanti. Rispetto al trasporto su gomma il treno consuma meno e soprattutto meno energia prodotta dal petrolio (in molti paesi l’energia elettrica che alimenta la rete di trazione è prodotta da centrali nucleari), è di certo più rispettoso dell’ambiente, garantisce una maggiore sicurezza (essenziale per il trasferimento di prodotti chimici o pericolosi), libera le autostrade dal traffico pesante. Tutti i programmi di sviluppo tengono conto di tali esigenze. L’Unione Europea prevede un maggior ricorso all’impiego della ferrovia con la costituzione di una rete transeuropea di circa 50.000 km, dotata di infrastrutture riservate al trasporto merci in esclusiva o almeno per alcuni periodi della giornata. Negli Stati Uniti dove il processo di recupero è stato avviato negli anni 1980, dopo decenni di declino, la creazione di una efficiente rete integrata con il Canada e il Messico assicura attualmente il trasporto di oltre il 40% delle merci che sono movimentate in tutta l’area. Particolarmente sviluppato appare il traffico intermodale (container e semirimorchi dei TIR trasferiti per via ferrata e scaricati in terminali ad alta automazione), più che triplicato in 20 anni.
Il processo di innovazione, agevolato dalla deregolamentazione parziale introdotta nel 1980, ha reso l’intero sistema ferroviario merci americano competitivo rispetto agli altri modi di trasporto e remunerativo per le società che lo gestiscono. La svolta è avvenuta grazie all’introduzione di nuove tecnologie e con il ricorso a speciali carri ribassati e leggeri, in grado di trasportare una doppia fila di container impilati l’uno sull’altro. I carri double stacked, impiegati soprattutto sulle lunghe distanze (almeno 800 km), movimentano il 65% del volume totale delle merci trasportate per ferrovia negli Stati Uniti e consentono un risparmio del 40% del carburante per container trasferito. In Europa la conformazione e la struttura della rete ferroviaria non consentono di sviluppare un analogo sistema double stacked. Si stanno però sperimentando, soprattutto in Germania, Francia e Svizzera, terminali con un alto grado di automazione e di robotizzazione per il trasporto intermodale. In generale lo sviluppo del trasporto merci per ferrovia non ha per obiettivo l’aumento delle velocità così come avviene per i treni passeggeri, ma il potenziamento e l’ammodernamento degli impianti esistenti e in particolare il miglioramento dei tempi di transito nella catena logistica, con l’eliminazione delle barriere tecniche e delle strozzature legate ai confini nazionali.
Il trasporto su strada
Al centro della rete degli scambi e della mobilità individuale, il trasporto stradale ha svolto un ruolo di eccezionale rilievo nello sviluppo delle moderne economie. Auto e veicoli commerciali hanno offerto una risposta altamente flessibile alle necessità personali e hanno consentito di soddisfare, a costi vantaggiosi, un ampio ventaglio di esigenze. Dopo la crescita tumultuosa degli ultimi decenni il settore è giunto a un bivio. Alla domanda pressante di una società sempre più dinamica nei suoi spostamenti si contrappone la generale consapevolezza dei problemi generati dal trasporto stradale: inquinamento ambientale; elevata pericolosità; eccessivo consumo di risorse energetiche non sostituibili; congestione pressoché perenne delle aree urbane e dei principali assi viari. Problemi, certo, di difficile gestione, ai quali si cerca di far fronte, soprattutto nei paesi più avanzati, con una più articolata pianificazione degli investimenti e con specifici progetti in grado di offrire alternative di trasporto, per le merci e per le persone, con particolare riguardo alle aree urbane. In Europa il 45% delle merci viaggia su gomma trascurando le altre modalità e 8 persone su 10 utilizzano l’auto per i loro spostamenti. In 30 anni il parco circolante si è triplicato e ha superato i 175 milioni di autoveicoli (oltre 42 milioni in Italia, di cui 33 milioni di autovetture). Negli Stati Uniti a valori ancora più alti (oltre 240 milioni di autoveicoli, di cui 135 milioni di autovetture) fa da contrappeso un maggiore equilibrio nel trasporto merci, affidato sulle medie e lunghe distanze alla ferrovia. Nelle altre grandi aree economiche, anche dove la motorizzazione è più indietro, si stanno rapidamente bruciando le tappe per allinearsi agli standard occidentali. In Cina circolano 44 milioni di veicoli (34 milioni le autovetture) con un ritmo di crescita rapidissimo (il 22% l’anno nell’ultimo decennio) e con una altrettanto vivace espansione della produzione automobilistica nazionale (nel 2005 per la prima volta l’export ha superato l’import). In India per adeguare le infrastrutture ai nuovi bisogni di circolazione sono stati pianificati 56.000 km di nuove autostrade, un’estensione pari all’attuale rete europea e a più della metà di quella statunitense. In tutto il mondo si producono ogni anno circa 58 milioni di autovetture che porteranno al raddoppio, nel 2020, dell’attuale parco circolante di 600 milioni di autoveicoli.
Il trasporto stradale sembra non conoscere limiti di crescita anche perché i vantaggi in termini di duttilità d’impiego e di convenienza economica sono difficili da surrogare. Tuttavia rispetto agli altri sistemi si tende a sottovalutare il vero costo del trasporto su strada. Una serie di oneri, dalla costruzione e manutenzione delle infrastrutture al ripristino dei danni subiti dall’ambiente, ai ritardi per gli ingorghi del traffico, anziché ricadere sugli utilizzatori del sistema finisce con l’essere pagata dalla collettività. Per le diseconomie che sono provocate dalla congestione del traffico sono stati calcolati dall’Unione Europea costi aggiuntivi di 80 miliardi di euro l’anno, a partire dal 2010. In negativo incidono anche le trasformazioni attuate dall’industria per rendere più economica la gestione. La delocalizzazione degli impianti, l’introduzione di sistemi produttivi just in time con l’abolizione degli stock di componenti e semilavorati comportano un flusso costante e viaggiante di forniture e scorte che si ripercuote in gran parte in un maggior ricorso al trasporto stradale. Correggere gli squilibri significa assicurare condizioni più eque allo sviluppo, garantire la coesione territoriale, sviluppare la giusta competitività. Il trasporto su strada assorbe ingenti risorse pubbliche e private: la sfida è come orientarle per dare piena sostenibilità al sistema.
Se aerei, navi e treni assicurano la capacità di movimento sulle lunghe distanze è nelle grandi aree urbane che si gioca a fondo la battaglia per la mobilità. L’80% degli spostamenti delle persone avviene in città: almeno un’ora al giorno, in media, è dedicata agli spostamenti cittadini. L’uso dell’automobile è predominante, ma non rappresenta di certo la risposta adeguata. È ritornata prepotentemente in auge in ambito urbano la moto, nelle diverse varianti di scooter, ciclomotore, motocicletta tradizionale. Agili nel traffico, usate a tutte le età e da tutte le categorie professionali, le due ruote rappresentano effettivamente la nuova frontiera della mobilità cittadina.
Nel servizio pubblico, vengono riproposti mezzi che si ritenevano obsoleti come, per es., il tram: moderni, a pianale abbassato, gestiti dall’elettronica, i nuovi tram viaggiano per lo più su sedi proprie e non risentono del traffico. Molte centinaia di km di nuove linee sono state aperte oppure programmate in diverse città europee. Le linee metropolitane hanno una maggiore efficienza rispetto alle linee tranviarie, tuttavia l’infrastruttura è meno semplice, ha costi molto alti e tempi di realizzazione dell’ordine della decina di anni; per quanto riguarda la velocità commerciale, l’uso diventa conveniente quando la distanza tra le fermate è superiore al kilometro. L’elevato costo e i tempi di realizzazione delle metropolitane tradizionali fanno preferire, per il breve e medio periodo, le cosiddette metropolitane di superficie da servire con tram o con filobus. È inoltre possibile introdurre nelle reti pubbliche sistemi di trazione innovativi a bassa emissione, come le motorizzazioni elettriche, adatte per piccoli mezzi ma penalizzate dal sistema di accumulo, inadeguato per ciclo di vita e autonomia del mezzo. È infine in fase di preindustrializzazione un sistema di trasporto pubblico chiamato STREAM (Sistema di TRasporto Elettrificato ad Attrazione Magnetica): la vettura ha motorizzazione elettrica, è a guida vincolata lungo una linea di contatto inserita integralmente nella sede stradale. La messa in tensione è condizionata dalla presenza del veicolo sulla linea e avviene solo in una porzione limitata e sottoposta alla sagoma di ingombro del veicolo.
riferimenti bibliografici
Confetra, Nota congiunturale sul trasporto merci, a cura del Centro Studi Confetra, 12,1, febbraio 2009 (periodo di osservazione gennaio-dicembre 2008), www.confetra.com; European Commission Eurostat Sustainable Transport, People killed in road accidents 16.01.2009, http://epp.eurostat.ec.europa.eu; ISTAT, Conti economici regionali (anni 1980-2004), tavole di dati del 20 dicembre 2005, www.istat.it; Id., Conti economici regionali (anni 2000-2007), statistiche in breve del 6 ottobre 2008, www.istat.it; Id., Conti economici nazionali (anni 1970-2008), tavole di dati del 21 aprile 2009, www.istat.it; Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Conto nazionale delle infrastrutture e dei trasporti (anni 2006-2007), Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Id., Relazione sull’attività delle Autorità Portuali-anno 2007, www.trasporti.gov.it.