Trasporto
(XXXIV, p. 213; App II, ii, p. 1015; III, ii, p. 976; IV, iii, p. 676; V, v, p. 557)
Il t. inteso come trasferimento di persone o di cose attraverso una via di comunicazione e mediante un veicolo è stato trattato nell'Enciclopedia Italiana e nelle Appendici con particolare riferimento sia a problemi di carattere organizzativo ed economico, sia a problemi di carattere politico e legislativo. Così nell'Enciclopedia viene sottolineata l'incidenza del t. sul costo di un prodotto e vengono affrontati aspetti giuridici ed economici inerenti i contratti di t.; l'App. II pone l'accento sul coordinamento e la concorrenza dei diversi mezzi di t.; l'App. III riporta le modalità di rilevamento delle statistiche dei t.; l'App. IV tratta la pianificazione dei t. e discute il problema dei t. urbani (tempi di percorrenza e sicurezza); l'App. V estende il tema al problema dell'integrazione dei t. e all'introduzione dei corridoi multimodali. Per tutto ciò che riguarda i mezzi di t. (autoveicoli, ferrovie, navi, aeromobili ecc.), le vie di t. (autostrade ecc.) e le infrastrutture (porti, aeroporti ecc.) va fatto riferimento invece alle voci specifiche.
La presente voce, mentre da un lato riprende e sviluppa i problemi organizzativi e strategici connessi al tema, approfondisce dall'altro gli aspetti legati alle più significative innovazioni dei mezzi di trasporto. Più precisamente, nella parte dedicata all'Economia dei trasporti, dopo una riflessione introduttiva sull'integrazione dei t. in Europa e sulla situazione italiana, viene presentato un quadro sulle prospettive dei t. per quanto riguarda regolamentazione, domanda governata, offerta adeguata, e politica delle infrastrutture; seguono considerazioni sullo sviluppo dell'intermodalità. Quest'ultimo argomento è dettagliatamente sviluppato nella parte dedicata al Trasporto intermodale, ove viene esaminato il servizio 'porta a porta' per passeggeri e merci, tenendo conto dei problemi organizzativi e dell'impatto ambientale derivanti dall'integrazione di mezzi di t. diversi; viene in particolare esaminata la convenienza economica del t. intermodale in funzione della distanza da percorrere; su questi aspetti qualche cenno è già stato introdotto nelle voci porto (App. V, iv, p. 204) e trasporto (App. V, v, p. 557). Nella parte dedicata al Trasporto su strada è descritto lo sviluppo degli autoveicoli a trazione elettrica (per i quali v. anche autoveicolo, App. IV, i, p. 208), con particolare attenzione agli aspetti connessi alle sorgenti di energia (v. anche accumulatore, App. V, i, p. 21, e pile a combustibile, App. IV, ii, p. 801, e V, iv, p. 141), ai motori utilizzabili, e alle architetture dei veicoli; vengono poi illustrati i veicoli in relazione alla tematica della riduzione dell'inquinamento. Nella parte dedicata al Trasporto navale viene posto l'accento sia sulla riduzione dei costi nelle navi di grandi dimensioni (portacontainer, navi da crociera ecc.), sia sull'aumento della velocità nel trasporto ferry (v. anche marina, App. V, iii, p. 329; nave, App. V, iii, p. 621; veicoli a cuscino d'aria, App.V, v, p. 737). Nella parte dedicata al Trasporto aereo, infine, vengono esaminate le prospettive dell'industria aeronautica e dei velivoli di grande capacità (v. anche aeromobile, App. IV, i, p. 38, e V, i, p. 47; aeronautica, App. V, i, p. 50; aviazione, App. V, i, p. 294; volo, App. V, v, p. 783). *
Economia dei trasporti
di Rocco Giordano
Per l'economia nel suo complesso, il t. non è l'obiettivo finale, ma è prevalentemente considerato come un mezzo per incrementare il benessere economico e sociale. Sul versante del t. merci l'industria moderna richiede che siano garantite consegne rapide, attraverso frequenti e stringenti programmazioni, su reti di distribuzione sempre più grandi. La crescita di valore per unità di peso delle merci trasportate, la diffusione di modalità di produzione just in time, il miglioramento dell'efficienza logistica come leva competitiva sono tendenze strutturali che si esprimono nella massima attenzione al rapporto qualità/prezzo del trasporto.
Sul versante del t. passeggeri, gli effetti cumulati di variabili economiche, demografiche, socio-comportamentali e urbanistico-territoriali spingono nella direzione di una crescita del peso relativo sia della mobilità non sistematica, che richiede flessibilità e affidabilità del sistema dei t., sia della mobilità per affari, dove la monetarizzazione del tempo di viaggio incide fortemente sulla scelta di modalità a elevato livello di velocità e comfort.
Per predisporre condizioni d'offerta caratterizzate da maggiore efficienza ed efficacia rispetto a queste esigenze, nei t. si va perseguendo una deverticalizzazione del processo attraverso il quale l'offerta viene resa disponibile sul mercato. Si assiste a un radicale mutamento di prospettiva, sia del comparto viaggiatori sia di quello merci, con una riorganizzazione del sistema basata sulla specializzazione funzionale per ambiti territoriali (t. locale, a medio raggio, a lungo raggio) e sulla integrazione modale.
La politica dei trasporti in Europa
A partire dagli anni Novanta, nelle politiche per i t. della UE si è indotto un nuovo ciclo di sviluppo, teso a rafforzare la coesione economica della Comunità, promuovendo un mercato dei t. basato su un assetto di rete e un'organizzazione dei servizi che superino ogni artificiale segmentazione modale e territoriale, sia per il t. dei viaggiatori sia per quello delle merci. In pari tempo le aree di mercato indotte dalla liberalizzazione degli scambi si vanno sempre più allargando.
Per la mobilità dei viaggiatori l'ordine di grandezza del fenomeno in Europa è così sintetizzabile: mediamente si realizzano 3,4 spostamenti/giorno pro capite, con variazioni non significative da un paese all'altro: una quantità del 10% inferiore a quella osservata negli USA; gli spostamenti non motorizzati rappresentano un terzo del totale; il tempo speso nel realizzare gli spostamenti motorizzati su autovettura equivale a 167 ore/anno per persona, mentre negli USA si arriva a 289 e in Asia ad appena 76; di contro negli spostamenti con mezzi collettivi, le ore/anno per persona sono 21 negli USA, salgono a 68 in Europa e a 126 in Asia. In Europa (tab. 1) il t. pubblico si colloca in una posizione intermedia tra quella statunitense e quella asiatica.
Questi pochi dati dimostrano anche che, almeno a livello aggregato, esiste una correlazione molto alta tra offerta di t. in senso lato e manifestazioni di domanda: le società con più elevati livelli di motorizzazione privata - come quella statunitense - 'producono' un maggior traffico, meno congestionato e meno costoso, ma i servizi di t. pubblico sono meno sviluppati e più costosi.
Gli obiettivi principali della politica dei t. della UE sono fondamentalmente: a) migliorare l'integrazione dei paesi membri, e in particolare delle aree periferiche; b) migliorare e potenziare i collegamenti con gli altri paesi europei, e in particolare con quelli dell'Est; c) realizzare un sistema di t. rispondente alle esigenze di tutela dell'ambiente, con particolare attenzione alle forme di t. con minore impatto ambientale e a più basso consumo energetico.
A livello comunitario viene perseguita una politica attiva della concorrenza, come strumento che facilita il continuo aggiustamento delle strutture della domanda e dell'offerta in relazione allo sviluppo tecnologico e che consente alle imprese di migliorare continuamente la loro efficienza. Allo stesso tempo, l'interesse rivolto all'integrazione multimodale mira a rendere disponibili per il mercato reti caratterizzate da tre fattori chiave: interconnessione, intermodalità, interoperatività.
Le politiche di investimento puntano a: eliminare le strozzature esistenti nell'attuale sistema, con interventi infrastrutturali specifici e/o introduzione di nuove tecnologie; adeguare le reti alle nuove esigenze di tutela dell'ambiente; realizzare nuove e qualificanti infrastrutture, con priorità alle reti ferroviarie ad alta velocità, agli assi di transito alpino, al completamento degli anelli mancanti delle reti autostradali TEN (Trans Europe Network), alle reti dei servizi merci combinati (ferro-gomma e marittimo-terrestre), ai sistemi telematici per la gestione del traffico sulle reti.
Italia
Il quadro di riferimento internazionale. - La centralità geografica dell'Italia tra Europa occidentale e orientale, e tra Europa e Africa e Vicino Oriente, non rappresenta di per sé una garanzia per posizionarsi in modo competitivo nel Mercato Unico Europeo. La possibilità di migliorare il proprio ruolo nel sistema internazionale dei t. dipende dalla capacità di gestire, nell'ambito di una politica nazionale dei t. proiettata su scala europea, le complesse relazioni di concorrenza e cooperazione che il Mercato Unico sta determinando.
I t. in Italia partecipano alla formazione del valore aggiunto (ai prezzi di mercato) dell'economia nazionale per una quota pari al 4,63%, e registrano, dal punto di vista sia congiunturale sia strutturale, una crescita più elevata di quella del sistema economico considerato nel suo complesso (tab. 2).
La struttura geografica degli scambi con l'estero ha subito nel corso degli anni rilevanti trasformazioni. Tra il 1990 e il 1998 il peso delle esportazioni italiane verso il mercato UE è diminuito dal 62,5% al 56,4%, mentre è aumentato quello verso i paesi dell'Europa centrale e orientale e la Cina (passato dal 3,5% al 9,1%). Anche le importazioni italiane da questi paesi sono cresciute (dal 4,7% al 9,4%), mentre rimangono stabili (intorno al 62%) quelle della UE. In calo, infine, sia l'export (dal 4% al 3%) che l'import (dal 7% al 5%) con i paesi OPEC.
Complessivamente, nello stesso periodo i movimenti con l'estero sono aumentati del 22%: modesto l'incremento dei flussi in entrata (+13%), molto sostenuto quello dei flussi in uscita (+51%).
Il t. internazionale di merci serve un mercato di 413 milioni di t, per un corrispondente valore monetario di 795.000 miliardi di lire. Nonostante il peso nettamente più elevato delle importazioni, dal 1993 il saldo in termini economici è sempre risultato positivo, raggiungendo nel 1998 la soglia di 46,5 miliardi; questo risultato è determinato dal maggior valore per unità di peso delle esportazioni: nel 1998 3,8 milioni di lire per t di export contro 1,2 milioni per t di import.
Cambiamenti meno rilevanti si registrano nella struttura modale del mercato internazionale del trasporto. L'andamento in serie storica del fenomeno, sempre riferito al periodo 1990-98, indica una lieve diminuzione in quota della navigazione marittima (dal 68,9% al 67,5%), una sostanziale stabilità della quota del vettore ferroviario (intorno al 9%), una leggera crescita della quota del vettore stradale (dal 14,2% al 15,7%). Diverso appare il ruolo delle singole modalità di t. in termini di valore del trasportato. Con riferimento al 1998 la quota del vettore marittimo scende al 40%, quella del vettore stradale sale al 37%, assume rilievo la modalità aerea (8%), si attesta al 14% quella del vettore ferroviario.
Nel mercato dei t. internazionali si è infine accentuata la concorrenza da parte dei trasportatori esteri. Il modo di t. più debole sotto questo profilo è quello marittimo, dove la quota di mercato delle imprese nazionali è scivolata dal 39% circa del 1990 al 23% del 1998; analoga tendenza registrano i vettori nazionali, sia stradale (passato in quota dal 54,3% al 48,6%) sia aereo (passato in quota dal 66,1% al 44%).
Il quadro di riferimento nazionale. - Il quadro di riferimento nazionale del settore segnala un persistente squilibrio tra le diverse modalità di trasporto. Nel periodo 1970-96 il traffico interno di viaggiatori è cresciuto del 131% e quello delle merci del 117%. L'evoluzione del traffico è stata assorbita in gran parte dalla modalità stradale, la cui quota di mercato è passata dall'80% all'86% nel comparto viaggiatori e dal 44% al 66% nel comparto merci.
Continua a versare in gravi condizioni di crisi il t. pubblico locale. La mobilità sistematica in ambito urbano ed extraurbano, rilevata in concomitanza dei censimenti ISTAT della popolazione, è aumentata nel suo complesso nel decennio intercensuario del 2%; le persone che si spostano con autovettura sono aumentate del 58%, mentre quelle che utilizzano i t. pubblici sono diminuite del 14,6%. Negli ultimi 15 anni nel solo comparto urbano il sistema del t. pubblico su gomma ha perso il 35% di utenza.
Resta aperto il problema di riprendere e sviluppare in maniera organica la definizione e l'utilizzo di strumenti di programmazione generale in grado di orientare lo sviluppo del sistema dei t. verso gli obiettivi del riequilibrio e dell'integrazione modale.
Le linee del cambiamento nei trasporti per gli anni 2000
Per la pianificazione di settore e la definizione delle relative norme di accompagnamento, si vanno consolidando nuovi percorsi decisionali, capaci di: a) delineare il sistema delle regole; b) governare il processo della domanda; c) adeguare il sistema dell'offerta; d) migliorare il sistema delle infrastrutture. Questi non possono essere disgiunti da quelli relativi alla politica economica in generale e alla politica di sviluppo del territorio in particolare.
Una larga riflessione teorica ha ancor più evidenziato l'interdipendenza fra i t. e il territorio e il ruolo svolto dai primi nel trasformare il secondo. Ciò trova peraltro conferma nell'evidenza empirica dei processi di localizzazione, in cui i t. sono generalmente emersi come fattore di spiegazione dominante (anche se d'importanza decrescente nelle indagini più recenti) a fronte di un'importanza assai minore di altri fattori, più direttamente manovrabili con le politiche urbanistiche. Non ci sono quindi dubbi che i t. possano e debbano essere impiegati per governare, o quanto meno influenzare, la localizzazione delle attività sul territorio, che è il nodo cruciale non solo dei problemi urbanistici e territoriali, ma anche di quelli dei t., del traffico, della circolazione.
Proporre questo approccio significa abbandonare il concetto di settorialità dei t., in favore di una loro utilizzazione per risolvere quei problemi di sviluppo economico e territoriale che non necessariamente si manifestano come semplici interventi per il traffico e/o la circolazione. Questa logica assegna ai t. un ruolo cruciale nel rafforzamento della connettività delle reti, come condizione per assecondare il passaggio da una struttura 'ad albero' a una 'reticolare'.
Nella valutazione degli effetti territoriali associabili agli interventi sui t., la connettività assume importanza fondamentale: a) ai fini di una maggiore diffusione dello sviluppo, perché l'aumento della connettività delle reti di t. è la condizione fondamentale per assecondare la formazione di strutture territoriali interdipendenti, rafforzate nelle relazioni reciproche, piuttosto che in quelle centripete orientate sulle città maggiori; b) ai fini di una maggiore competitività del 'sistema paese', perché alle variazioni di connettività dovute a uno sviluppo ineguale dei t. possono essere riferite alcune delle principali strozzature che penalizzano la funzionalità e l'efficienza delle relazioni di scambio nazionali, oltre che internazionali.
Il sistema delle regole. - Gli assetti e le competenze istituzionali nel settore si stanno evolvendo nella direzione di una trasparente distinzione dei poteri di indirizzo, di coordinamento, di attuazione e di controllo, non ancora completamente raggiunta. La frammentazione delle competenze e delle responsabilità della pubblica amministrazione nel settore appare ancora come uno dei fattori di debolezza del sistema dei trasporti. Confrontata con l'assetto della programmazione delle pubbliche amministrazioni estere e di quella comunitaria, la situazione italiana appare arretrata, scarsamente efficiente e inadeguata a rispondere alle sfide dell'integrazione e dell'evoluzione dei sistemi logistici.
L'eccesso di regolamentazione economica dei mercati ha prodotto un sostanziale effetto di distorsione della concorrenza e di blocco delle potenzialità di sviluppo delle imprese che competono sui mercati internazionali. Il mantenimento della regolamentazione quantitativa per l'accesso al mercato e per la formazione dei prezzi del t. stradale di merci in conto terzi, alla luce dei risultati dell'esperienza di liberalizzazione nei paesi dell'UE, indebolisce la già fragile struttura del settore; una situazione aggravatasi con l'estensione dei diritti di cabotaggio terrestre, a partire dal luglio 1998.
Il sistema della domanda. - L'elasticità trasporto/PIL, per avere una forte stabilità deve poter contare su una domanda capace di adeguarsi ai cambiamenti del mercato attraverso: il ridisegno delle localizzazioni produttive e la partecipazione ai processi di globalizzazione dei mercati di approvvigionamento e di distribuzione delle merci; le ristrutturazioni di processo legate allo sviluppo della logistica integrata, quali fattori di competitività strategica delle aziende manifatturiere e di distribuzione.
Il sistema dell'offerta. - Le attuali linee di tendenza del t. (aumento della densità di valore delle merci, diminuzione dei pesi specifici, specializzazione vettoriale/logistica) caratterizzano il mercato d'offerta in termini monetari. I prezzi pagati dai committenti per le operazioni di t., immagazzinamento e movimentazione delle merci assumono maggiore rilevanza, rispetto ai volumi (t trasportate) e ai prodotti del traffico (t·km), nella valutazione dell'importanza relativa. Nei t. a lunga percorrenza è preponderante il peso economico della modalità marittima, la quale esprime però una forte presenza di vettori esteri, prevalenti anche nella modalità aerea e in quella stradale (oltre i due terzi), e significativi nella modalità ferroviaria. Il peso della concorrenza dei vettori esteri è in aumento in tutte le componenti modali del sistema d'offerta sulle lunghe distanze.
Quanto all'autotrasporto, i tre quarti del suo valore monetario si realizzano sui mercati di ampiezza regionale, nei quali i servizi sono prevalentemente realizzati in conto proprio. La destrutturazione dell'autotrasporto in conto terzi non permette alla maggior parte delle imprese di partecipare all'organizzazione e gestione di reti complesse e integrate, e quindi di realizzare le economie di scala necessarie a posizionarsi in modo competitivo sul mercato, garantendosi così la redditività occorrente a una loro evoluzione in termini di qualità e sofisticazione delle prestazioni. Le prestazioni dell'offerta ferroviaria italiana, in controtendenza rispetto a quanto generalmente avvenuto negli altri paesi europei, sono state ragguardevoli negli anni Novanta, ma al prezzo di una politica di indebitamento e di sussidio pubblico che non ha confronti con quella di tali paesi e che, secondo gli indirizzi comunitari, non è più sostenibile, soprattutto nel comparto merci, dove non sono definibili per lo Stato obblighi di natura sociale.
Il sistema degli investimenti e delle infrastrutture. - Le amministrazioni pubbliche europee dedicano grande attenzione al problema delle infrastrutture, perché la ricerca di vantaggi competitivi presuppone un profondo riadeguamento strutturale e funzionale del sistema fisico delle reti. In Italia i processi di decisione degli investimenti in infrastrutture di t. sono ancora caratterizzati dalla frammentazione delle competenze fra autorità governative e autorità locali, da lentezza delle procedure burocratiche, dall'incertezza dei finanziamenti, dalla loro continua rimodulazione, che fa lievitare i tempi e i costi di realizzazione, in un ambiente di programmazione poco attento agli aspetti sistemici e di integrazione modale, con un orizzonte di breve termine e uno scarso coinvolgimento dei capitali privati.
I principali punti critici della rete di t. nazionale riguardano: la variante di valico sull'autostrada Firenze-Bologna; il miglioramento delle prestazioni generali della rete viaria, in particolare nel Nord-Est e nel Mezzogiorno; la realizzazione delle linee ferroviarie previste nel progetto Alta velocità; il completamento della rete nazionale degli interporti, con particolare riferimento alle aree della Lombardia, del Lazio e della Sicilia; il potenziamento dei transiti alpini stradali e ferroviari; la concentrazione degli investimenti su un numero limitato di porti e di inland terminal e lo sviluppo della loro capacità di integrarsi all'interno della rete logistica nazionale.
Operatività del sistema nazionale dei trasporti: le relazioni e i settori. - Per giungere alla realizzazione di uno scenario d'offerta congruente, oltre che con gli obiettivi propri del settore t. (garanzia di soddisfacenti livelli di accessibilità alle diverse parti del paese, soddisfacimento della crescente domanda di mobilità al minimo costo per l'utente e la collettività, utilizzazione economica equilibrata delle reti e dei servizi), anche con quelli derivanti dalle notevoli esternalità che il settore produce (aumento della sicurezza per le persone e le cose, abbattimento dei livelli di inquinamento ambientale, riduzione degli squilibri territoriali, maggiore competitività del sistema paese) è assolutamente indispensabile che agli interventi diretti sulle reti e sui servizi si associno un insieme di condizioni normative e organizzative tali da garantire il successo dei primi.
Nell'ambito delle condizioni normative e organizzative la questione determinante concerne la razionalizzazione dei modelli decisionali, attraverso il riordino delle competenze: a livello centrale, i compiti di indirizzo e controllo e le responsabilità di gestione delle reti non divisibili (FS, t. aereo, navigazione, autostrade); a livello regionale, le responsabilità relative ai t. locali e le decisioni sul monte-offerta da produrre e sulle conseguenti decisioni di spesa.
Tanto sul piano degli interventi diretti sulle reti e sui servizi, quanto sul piano delle condizioni normative e organizzative, la specifica delle azioni necessarie a risolvere le questioni chiave va operata non più per modalità di t., ma rispetto a scale di riferimento geografico: a) collegamenti internazionali; b) collegamenti a scala nazionale per gli spostamenti a media-lunga distanza; c) collegamenti a scala regionale; d) collegamenti a scala locale.
Questa articolazione appare più rispondente sia a un miglior soddisfacimento dei bisogni di t., legati alle componenti motivazionali che influenzano, alle diverse scale territoriali, le scelte di mobilità, sia a una più spinta integrazione delle reti e dei servizi per la mobilità, anche alla luce della razionalizzazione degli assetti decisionali verso cui è orientata la revisione del quadro normativo.
I settori del trasporto
Il trasporto merci e la logistica. - Il t. merci è stato sempre valutato, rispetto al mercato, in termini quantitativi di t·km trasportate, e mai in termini di fatturato. Mancano rilevazioni sistematiche da parte dei soggetti preposti (ISTAT), sulla valorizzazione del mercato dei servizi di t. e della logistica. Stime prodotte nell'ambito di un'apposita ricerca di settore indicano, per il 1993 (tab. 3), una monetarizzazione del comparto pari a 290.000 miliardi di fatturato, inteso quale prezzo che le merci prodotte o consumate in Italia pagano per i servizi logistici (140.000 miliardi) e di trasporto (150.000 miliardi). I t. di lunga percorrenza (interregionali e internazionali) rappresentano solo il 25% della 'fattura Italia' del t. stradale, mentre il restante 75% è relativo a t. che si svolgono in ambito locale o regionale; la quota del conto proprio nei t. locali e regionali è superiore al 70%; la quota del conto terzi nei t. interregionali e internazionali è quasi dell'80%; la quota dei vettori esteri nei t. internazionali è predominante (64%). Il sistema dei servizi logistici (stoccaggio e movimentazione) rappresenta circa la metà del fatturato, ma è terziarizzato solo in minima parte (13%). Le funzioni logistiche sono dunque prevalentemente svolte dalle stesse imprese di produzione. Si tratta di un mercato di potenziale interesse per organizzazioni internazionali del settore.
La situazione delle ferrovie
Nell'ultimo decennio le ferrovie italiane hanno realizzato notevoli progressi in termini di miglioramento dei livelli di produttività del personale e di ristrutturazione degli assetti operativi e hanno registrato un notevole aumento del traffico passeggeri e del traffico merci (tab. 4).
Il livello di indebitamento delle ferrovie italiane, in termini percentuali rispetto al PIL, è però quasi doppio rispetto a quello della Francia e quadruplo rispetto a quello britannico, così come il livello dei sussidi governativi è il più elevato fra quelli dei paesi presi in considerazione.
Secondo gli indirizzi comunitari, le prestazioni di t. ferroviario delle merci non sono un servizio pubblico, e la loro natura privatistica esonera lo Stato dalla necessità di destinarvi risorse. Il mantenimento di tale approccio determina anzi forti fenomeni di distorsione della concorrenza e impedisce il conseguimento degli obiettivi di efficienza e sostenibilità propri di una politica razionale dei trasporti.
Il governo italiano ha approvato il regolamento (n. 277/98) di attuazione della Direttiva 91/440/CEE, finalizzata allo sviluppo delle ferrovie comunitarie, la quale prevede: a) l'indipendenza gestionale delle imprese ferroviarie; b) la separazione contabile obbligatoria (e quella organica o istituzionale facoltativa) tra infrastrutture e gestione del servizio; c) il diritto di accesso alle reti per le associazioni internazionali di imprese ferroviarie e per le imprese ferroviarie che effettuano t. combinati internazionali di merci.
Il trasporto pubblico locale. - Negli anni Ottanta tutti i paesi europei hanno avviato un processo di rinnovamento del contesto istituzionale e organizzativo dei rispettivi sistemi di trasporto pubblico locale (TPL). La necessità di un cambiamento nasceva dall'esigenza di: far fronte alle crescenti difficoltà di finanziamento pubblico del sistema per la copertura dei deficit di esercizio delle aziende e per gli aiuti agli investimenti; tenere sotto controllo i costi di gestione delle aziende; contrastare la continua perdita di utenza e il conseguente calo degli introiti da traffico; migliorare la qualità e l'efficacia dei servizi.
Le politiche di riforma si sono sostanzialmente ispirate a tre principi generali: trasferimento delle competenze di settore dal governo centrale agli enti locali (principio del 'chi ordina paga'); separazione delle funzioni di indirizzo, programmazione e controllo da quelle di gestione (principio dell'autonomia imprenditoriale); trasformazione di un mercato d'offerta monopolistico, caratterizzato da un alto grado di coinvolgimento pubblico nella produzione dei servizi, in un mercato concorrenziale in cui la gestione risulta affidata essenzialmente a imprese private (principio della competitività).
I processi di cambiamento sono stati caratterizzati da 'percorsi' e 'tempi' diversi nei vari paesi.
Il Regno Unito si è mosso prima e in maniera più radicale, introducendo deregulation e privatizzazione pressoché totali del sistema in tutte le aree metropolitane tranne che a Londra. La Francia ha scelto di salvaguardare la concezione di pubblica utilità dei servizi TPL, preferendo la procedura dell'appalto-concorso per l'assegnazione di reti la cui gestione è disciplinata da contratti di servizio, tra autorità locale ed esercente, che regolano i rapporti economico-finanziari. In Germania la riforma è operativa dal 1996 e fortemente orientata a realizzare servizi di TPL integrati (ferro-gomma); viene introdotto il concetto della separazione dei servizi commerciali, soggetti ad autorizzazione, dai servizi di interesse generale che possono essere appaltati a mezzo gara, ma non per singola linea. In Spagna di fatto la situazione cambierà solo dopo il 2007, quando scadranno tutte le concessioni rinnovate dalla nuova normativa, introdotta nel 1987.
In Italia un'importante svolta per il riordino del TPL si è avuta con l'approvazione della cosiddetta legge Bassanini (l. 15 marzo 1997 nr. 59), che sancisce il principio della delega alle regioni di tutti i t. di interesse regionale e locale, con qualsiasi modalità effettuati. Inoltre, sempre alle regioni viene demandato il compito di stipulare contratti di servizio con le società concessionarie, con onere a carico dei bilanci regionali. Sul piano normativo il completamento della riforma è avvenuto con l'approvazione del d. legisl. 19 nov. 1997 nr. 422, in seguito modificato dal d. legisl. 20 sett. 1999 nr. 400.
L'evoluzione della regolamentazione del TPL in Italia. - Il d. legisl. 422/97 ha imposto alle regioni di adottare entro sei mesi le relative normative di attuazione, delineando un nuovo contesto normativo i cui elementi caratterizzanti sono i seguenti: a) alle regioni sono delegati i compiti di programmazione e amministrazione in materia di servizi pubblici di t. di interesse regionale e locale, con il compito di definire, d'intesa con gli enti locali, il livello dei servizi minimi qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini. I costi di tali servizi sono a carico dei bilanci regionali, mentre i costi dei servizi ulteriori rispetto a quelli minimi sono a carico degli enti locali che ne programmino l'esercizio. L'attuazione delle deleghe e l'attribuzione delle relative risorse alle regioni sono precedute da appositi accordi di programma tra il Ministero dei Trasporti e della Navigazione e le regioni medesime; b) le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, devono regolare l'esercizio dei servizi con qualsiasi modalità effettuati e in qualsiasi forma affidati, sia in concessione che nei modi di cui agli articoli 22 e 25 della l. 8 giugno 1990, nr. 142, mediante contratti di servizio pubblico, che rispettino gli articoli 2 e 3 del regolamento CEE nr. 1191/69 e il regolamento CEE nr. 1893/91, che abbiano caratteristiche di certezza finanziaria e copertura di bilancio e che garantiscano entro il 1° gennaio 2000 il conseguimento di un rapporto di almeno 0,35 tra ricavi da traffico e costi operativi, al netto dei costi di infrastruttura, previa applicazione della direttiva 91/440/CEE del Consiglio del 29 luglio 1991 ai t. ferroviari di interesse regionale e locale.
Il contratto di servizio quale strumento di definizione e rispetto delle regole. - Il regolamento CEE 1893/91 ha sancito il principio della soppressione degli obblighi di servizio pubblico in favore dell'autonomia commerciale delle imprese. L'orientamento comunitario riflette l'esigenza di restringere a un 'nocciolo duro' la nozione di servizio pubblico, che deve comunque avvenire in un contesto di trasparenza dei costi e dei finanziamenti. Là dove è presente l'interesse pubblico, è prevista pertanto la possibilità di concludere contratti di servizio con le aziende esercenti servizi di trasporto. Per 'contratto di servizio pubblico' s'intende un contratto concluso fra le autorità competenti di uno Stato membro e un'impresa di t. allo scopo di garantire servizi di t., tenuto conto di fattori sociali, ambientali e di assetto del territorio, o per offrire particolari condizioni tariffarie per determinate categorie di passeggeri. Il contratto di servizio prevede che le prestazioni di servizio richieste alle aziende siano valorizzate con un corrispettivo secondo regole di mercato.
Il trasporto aereo
In base alle rilevazioni ICAO (International Civil Aviation Organization), nel 1996 sono stati trasportati nel mondo, con servizi aerei di linea, 1380 milioni di passeggeri (+6,0% rispetto al 1995) e 23 milioni di t di merce (+5,5% rispetto al 1995). Il tasso di crescita in termini di t∙km globali realizzate (passeggeri, bagagli, merci, posta) sui collegamenti aerei sia interni sia internazionali è stato del 7% rispetto al 1995. Il coefficiente di occupazione ha raggiunto il 68%. Dal 1° gennaio 1993 è entrata in vigore la normativa comunitaria relativa al t. aereo nei paesi aderenti alla Comunità Europea, la cui validità, essendo stata estesa alla European Economic Area, ha coinvolto un'area geografica che include anche Norvegia e Islanda.
Il passaggio dal vecchio regime, basato sugli accordi bilaterali, alla situazione attuale, in cui è riconosciuta la possibilità per i vettori comunitari di operare qualsiasi collegamento intercomunitario, rappresenta certamente un cambiamento significativo.
Sotto la spinta del processo di liberalizzazione comunitario il t. aereo italiano è stato interessato da modifiche normative e organizzative, volte a: a) fare degli aeroporti organismi efficienti, in grado di produrre utili; b) riordinare le gestioni aeroportuali, affidandole a società di capitali; c) rompere il monopolio dell'handling negli scali maggiori.
I trasporti marittimi, il cabotaggio
L'interscambio marittimo di merci ha visto nel 1996 un'espansione limitata al 2,2%, raggiungendo i 4790 milioni di tonnellate. Il ritmo di crescita risulta dimezzato rispetto all'anno precedente. La principale merce trasportata per nave resta il petrolio greggio, ma mentre il volume dei traffici petroliferi ha registrato un aumento del 2,5% l'aumento delle t∙miglia è stato marginale, essendosi ridotta la distanza media percorsa a seguito della crescita delle esportazioni dai paesi non OPEC. Per i prodotti petroliferi raffinati vi è stato un incremento del 3,7%, grazie ai cospicui flussi dal Vicino e Medio Oriente verso i paesi asiatici (Corea del Sud, Filippine, Cina, Taiwan e Thailandia), e anche verso Stati Uniti e Giappone. Sono altresì aumentati i carichi provenienti dall'America Latina, dall'Africa occidentale e dall'Europa settentrionale.
Per quanto riguarda i carichi secchi alla rinfusa, nel 1996 il volume delle principali merci trasportate via mare (carbone, minerali di ferro, granaglie, bauxite/allumina e fosfati) è rimasto praticamente stabile dopo i forti aumenti registrati nel 1994 e 1995. A seguito della contrazione della produzione dell'acciaio, verificatasi soprattutto in Europa e in Giappone, le esportazioni di minerali di ferro si sono ridotte, mentre è aumentato il t. di carbone per impieghi energetici. Si è invece ridotto il t. di cereali a seguito dei cattivi raccolti americani.
Per quanto riguarda gli altri traffici risultano aumentati i carichi di autoveicoli, gas liquefatto, merci refrigerate e prodotti chimici. Il rallentamento generale dell'economia mondiale ha avuto riflessi anche sul t. marittimo di carichi generali, ivi inclusa la merce in container (per lo più semilavorati e manufatti), per i quali si sono comunque registrati tassi di sviluppo inferiori al più recente passato.
Il cabotaggio in Italia resta ancora molto limitato, soprattutto per una carenza di adeguate strutture terminali capaci di accelerare i processi di integrazione di sistemi tra le diverse modalità di trasporto. Il versante tirrenico, con i porti di Genova, La Spezia, Livorno, Civitavecchia, Salerno, Napoli, Palermo, mantiene, anche se in misura molto limitata, un trend dei traffici marittimi costante negli anni.
Sul versante adriatico, per la maggiore debolezza del sistema economico, soprattutto della fascia sud-adriatica, e per la mancanza di relazioni forti con i paesi della fascia balcanica, il cabotaggio non ha un ruolo rilevante. Le politiche europee per i corridoi di traffico hanno individuato nel 'corridoio adriatico' il sistema per un'integrazione economica e degli scambi dell'Unione Europea con i paesi dell'Est e della riva sud del Mediterraneo, assegnando un ruolo fondamentale soprattutto al cabotaggio.
Gli interporti. - Le infrastrutture dedicate all'intermodalità (v. oltre: Trasporto intermodale) sono costituite dagli interporti e dai centri intermodali. Già nel 1986, nel rilevare che il trasporto delle merci in Italia tendeva a accentuarsi come monomodale e stradale, il piano generale dei t. prevedeva gli interporti come infrastrutture capaci di concorrere a conseguire il riequilibrio fra le varie modalità e, in particolare, fra strada e rotaia; si potrebbero pertanto definire concentrazioni di strutture logistiche in adiacenza a uno scalo ferroviario per la formazione di treni completi intermodali e tradizionali. Più ampia è, invece, la definizione dell'interporto, quale risulta dall'art. 1 della l. 4 agosto 1990, nr. 240. Esso è "un complesso organico di strutture e di servizi integrati e finalizzati allo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto, comunque comprendente uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione".
Attraverso la realizzazione degli interporti, le varie aree territoriali del paese dovrebbero, dunque, trovare un'equilibrata integrazione con la rete complessiva dei t., anche con riguardo alle interrelazioni con l'estero. L'introduzione degli interporti è stata favorita da numerosi provvedimenti legislativi, fra i quali occorre ricordare la legge fondamentale in materia, nr. 240/1990 (Interventi dello Stato per la realizzazione di interporti finalizzati al trasporto delle merci in favore dell'intermodalità). Inoltre è da tener presente che va sempre più imponendosi la logistica, come integrazione modale, interconnessione cioè tra luoghi della produzione, luoghi dello scambio e luoghi del consumo e tra modi del trasporto. Integrazione che deve poter poggiare su un sistema di regole omogeneo e condiviso per assicurare standard dei livelli di servizio informativi e documentali.
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Trasporto intermodale
di Lucio Bianco
I t. costituiscono un settore fondamentale dell'attività economica di ogni paese sviluppato. Nel 1997, a livello nazionale, i t. hanno contribuito per circa il 5,7% alla formazione del PIL al costo dei fattori (costo delle risorse impiegate per produrre il servizio) e per il 5% circa all'occupazione (solo addetti ai servizi in conto terzi), mentre la quota degli investimenti nel settore (mezzi di t., opere pubbliche ecc.) è pari a circa il 30% del totale degli investimenti pubblici. Essi inoltre incidono per oltre il 30% sul consumo totale di energia (Ministero dei Trasporti e della Navigazione 1998).
I t., oltre al notevole peso socioeconomico deducibile da questi aspetti quantitativi, rivestono anche un ruolo di tessuto connettivo che sarà sempre più rilevante nel processo di costruzione dell'Unione Europea. In quest'ottica è necessario realizzare una politica comune dei t. basata sulla pianificazione di uno sviluppo compatibile dei vari sistemi nazionali e sulla loro possibilità di integrazione in un sistema europeo dei trasporti. La compatibilità va vista non solo rispetto alla possibilità di far operare insieme efficacemente modi di t. diversi, ma anche rispetto a tutti gli altri fattori che determinano l'evoluzione di un sistema di t., quali vincoli economici, vincoli sulle risorse complessive disponibili, vincoli ambientali. Acquistano pertanto rilievo sostanziale le capacità di pianificare e progettare, alle varie scale territoriali, sistemi multimodali fortemente integrati che siano in grado di sfruttare al meglio le naturali potenzialità dei singoli modi di trasporto. Il t. intermodale rappresenta perciò la soluzione più idonea ad assicurare la mobilità di persone e merci, caratterizzata da una considerevole mole di spostamenti, ampiamente diversificati per quanto concerne sia la lunghezza, sia i punti di origine e destinazione dei percorsi. Lo sviluppo dell'intermodalità consente, per una vasta gamma di questi spostamenti, di scegliere, oltre al modo di t. prevalente (aereo, ferroviario, stradale, marittimo), anche il mix modale che meglio soddisfa le esigenze dell'utente.
Integrazione modale nei trasporti
Il t. (di persone, di merci), per sua natura, è un servizio 'da porta a porta' che, in un'ottica unimodale, può essere soddisfatto soltanto dal t. su strada. Infatti il t. ferroviario, che rappresenta una potenziale alternativa al t. su strada, non è in grado (salvo casi limitati) di soddisfare autonomamente questo tipo di domanda. Continuando a crescere la domanda di t. è evidente che il suo soddisfacimento non può essere affidato soltanto al t. stradale che, pur presentando caratteristiche di flessibilità e semplicità operativa, provoca fenomeni di congestione e di inquinamento ambientale non eludibili. Inoltre, gli elevati costi connessi alla costruzione di nuove infrastrutture spingono nella direzione di un miglior uso di quelle già esistenti. Queste considerazioni fanno sì che il t. 'tutto-strada' abbia una soglia di convenienza oltre la quale l'impiego di più modi di t. diventa la soluzione preferibile per il t. sia delle persone sia delle merci.
I t. multimodali sono basati su differenti combinazioni: strada e ferrovia, t. marittimo e ferrovia e/o strada, navigazione interna e ferrovia e/o strada e così via. Presentano numerosi vantaggi che possono essere così sintetizzati:
a) crescita dell'efficienza complessiva del sistema e riduzione dei costi attraverso collegamenti che sfruttano al meglio le vocazioni dei singoli modi che, oltre alla naturale capacità di adattamento al contesto territoriale, hanno una diversa dimensione critica dell'investimento e un diverso rapporto tra costi fissi e costi variabili. Per es., nel caso di regioni periferiche il costo di t. delle merci verso le regioni centrali è più elevato che non quello relativo al t. interno alle regioni stesse: poiché i sistemi multimodali possono offrire costi più bassi proprio su lunghe distanze, possono avere un ruolo importante nel ridurre gli svantaggi derivanti dalla localizzazione geografica di alcune aree, e questo è particolarmente vero con riferimento all'Europa;
b) riduzione o anche eliminazione della congestione derivante dall'uso eccessivo di un singolo modo di trasporto;
c) riduzione dei danni ambientali attraverso la diffusione di modi poco inquinanti (ferrovia, navigazione fluviale ecc.);
d) riduzione degli investimenti in nuove infrastrutture.
Perché il vantaggio dei sistemi multimodali possa essere pienamente percepito occorre però che essi siano realmente efficaci e quindi competitivi con i singoli modi: occorre cioè che il trasferimento tra i vari mezzi di t. avvenga con la massima continuità e con tempi di attesa ridotti al minimo, in modo da avere una velocità media accettabile. Tale risultato può essere raggiunto attraverso un elevato livello di integrazione tra le varie modalità di t. presenti nel sistema. Il problema dell'integrazione modale deve essere affrontato a due livelli, quello tecnologico e quello gestionale, in un quadro di riferimento sia nazionale sia internazionale.
Il livello tecnologico deve garantire l'integrabilità dei sistemi fisici utilizzati e la loro interoperabilità a livello internazionale (ovvero l'integrabilità anche dei flussi informativi, dell'organizzazione e delle modalità di utilizzo del sistema). A questo fine sono necessari sia notevoli risorse tecnico-scientifiche per la pianificazione dei sistemi plurimodali, sia ingenti capitali per potenziare e adeguare le infrastrutture e i mezzi di t. coinvolti. Il livello gestionale è quello che deve assicurare l'efficienza del sistema complessivo. Tenendo presente che l'inefficienza di un singolo componente del sistema può causare disfunzioni negli altri componenti, o addirittura in tutto il sistema, è necessario superare la logica delle gestioni individuali delle singole compagnie di t. coinvolte nel processo per arrivare a un modello di gestione integrata, che è l'unico strumento per superare le inefficienze di una gestione parcellizzata e finalizzata al conseguimento di obiettivi parziali.
Le soluzioni per questi problemi di integrazione, pur essendo ispirate a finalità comuni (miglioramento della qualità del servizio, contenimento dei costi, riduzione dell'impatto ambientale), assumono connotazioni ovviamente diverse per i comparti passeggeri e merci in quanto variano i criteri e le priorità che determinano la scelta del mix modale. Si riscontra tuttavia una tendenza, comune ai due comparti, a privilegiare la qualità del servizio rispetto al costo, con limiti che, nel caso del t. passeggeri, sono determinati da fattori socioeconomici, mentre nel caso del t. merci sono determinati dal rapporto valore/peso o valore/volume.
Il trasporto passeggeri
In linea di massima, nel trasporto di persone la qualità del servizio, definibile in base a diversi fattori (frequenza, puntualità, velocità media, comfort ecc.), risulta prioritaria rispetto al costo. Quest'affermazione trova una tangibile evidenza nel massiccio e costoso impiego delle autovetture private per gli spostamenti in ambito urbano e metropolitano che in gran parte, almeno in Italia, è attribuibile all'insufficienza dei servizi di t. pubblico. Sempre con riferimento al nostro paese, il t. pubblico urbano, secondo i dati riportati nel Conto nazionale dei trasporti 1998, nel periodo 1986-96 ha subito una contrazione dell'utenza (in termini di passeggeri per km) pari a circa il 18%. È opportuno precisare che, nello stesso periodo, la domanda di t. ha registrato sensibili incrementi, assorbiti dal t. privato insieme alle perdite di traffico dei servizi pubblici. Le gravi conseguenze di questo fenomeno sono ben note: congestione del traffico, alti livelli di inquinamento, incidenti stradali.
Le amministrazioni locali cercano di limitare, da alcuni anni, la circolazione delle autovetture private nei centri urbani con misure restrittive (zone chiuse al traffico, targhe alterne, blocchi temporanei della circolazione). Al tempo stesso, esse hanno cominciato a potenziare i servizi di t. mediante soluzioni plurimodali che prevedono l'integrazione tra veicoli privati, mezzi su rotaia (ferrovie, tranvie, metropolitane), autobus extraurbani e autobus urbani (di tipo ecologico, con basse emissioni inquinanti). In questo contesto risulta determinante la realizzazione di un adeguato numero di aree di parcheggio, destinate ai veicoli che non possono avere accesso ai centri urbani (autovetture private, autobus extraurbani non ecologici), situate in prossimità delle stazioni dei mezzi su rotaia e degli autobus a basse emissioni. In definitiva, si tratta di creare un sistema di regolazione e gestione dei flussi veicolari diretti verso le città che possa drasticamente ridurre gli effetti negativi della mobilità sulla qualità della vita nell'ambito del tessuto urbano. Il ricorso all'intermodalità risulta quindi determinante, nel caso del t. di persone, per risolvere gravi problemi generati da spostamenti nel contesto urbano e metropolitano che si svolgono su distanze mediamente brevi.
Per quanto riguarda gli spostamenti su distanze medio-lunghe, non esistono alternative all'intermodalità in quanto la necessità di utilizzare mezzi veloci (aereo; treni ad AV, Alta Velocità), ai quali si può accedere attraverso un numero necessariamente limitato di infrastrutture (aeroporti, stazioni ferroviarie) distribuite sul territorio nazionale, impone il ricorso anche ad altri mezzi di t., tipicamente nelle tratte iniziali e finali degli spostamenti.
Nel caso del t. aereo, il forte incremento dei traffici relativi ai soli vettori nazionali - che nel periodo 1987-96 (Ministero dei Trasporti e della Navigazione 1998) è stato pari al 55% per il servizio interno e al 108% per il servizio internazionale - ha avuto un notevole impatto, oltre che sugli aeroporti principali, anche su quelli regionali, interessati da una crescente domanda di t. su medie distanze nonché di collegamenti internazionali. A parte questo primo livello di integrazione nell'ambito della stessa modalità, esiste il problema prioritario di consentire rapidi spostamenti tra città e aeroporti di grandi dimensioni le cui distanze, normalmente elevate, giustificano gli ingenti investimenti effettuati, in molti contesti nazionali, per la costruzione di apposite linee ferroviarie. Naturalmente, i mezzi stradali (sia pubblici sia privati) giocano un importante ruolo anche in questo tipo di collegamenti, in quanto consentono di soddisfare una domanda di t. ampiamente diversificata. È perciò necessario che i grandi scali siano integrati nella rete autostradale con opportuni raccordi e che dispongano anche di aree di parcheggio commisurate alle esigenze dell'utenza.
Le modalità di integrazione nel sistema di t. passeggeri di una stazione ferroviaria appartenente a una linea ad AV presentano alcune similitudini con quelle ipotizzate per importanti scali aerei. Anche in questo caso esiste infatti la possibilità di integrare la linea AV con il resto della rete ferroviaria e la necessità di realizzare sia i collegamenti con la rete stradale primaria, sia i parcheggi per le autovetture.
Sempre nell'ambito degli spostamenti su distanze medio-lunghe, il t. marittimo è stato soppiantato, ormai da molti anni, dal t. aereo. È andato tuttavia crescendo il traffico di cabotaggio dei passeggeri (+32% circa, nel periodo 1986-96), generato prevalentemente dai flussi turistici con le isole e perciò soggetto a forti variazioni stagionali. Anche in questo caso esiste il problema di realizzare un'efficace integrazione, soprattutto con le reti stradali, dei porti interessati dai notevoli volumi di traffico, sia di passeggeri sia di autovetture, attribuibili ai collegamenti con le isole maggiori. Per questo tipo di traffico occorre prevedere anche la destinazione di vaste aree alla sosta dei veicoli in attesa di imbarco nell'ambito del complesso portuale.
Il trasporto merci
Per quanto concerne il t. delle merci, la maggior parte del traffico nazionale (circa il 72% nel 1996) si svolge su strada mentre alle ferrovie resta una quota che si aggira intorno al 9%. L'attuale ripartizione modale è il frutto di una continua perdita di quote di traffico da parte della ferrovia cui ha fatto riscontro un notevole incremento del t. stradale. Infatti, dalle serie storiche del Conto nazionale dei trasporti si rileva che, nel 1960, circa il 27% dei traffici merci si svolgeva su rotaia e il 59% su strada. La forte contrazione del t. ferroviario viene attribuita alla limitata capacità di una grande azienda pubblica, quale le Ferrovie dello Stato, di adattare gli schemi gestionali alle esigenze di un mercato soggetto a profonde e rapide modificazioni. Tale situazione, comune alla maggior parte dei paesi industrializzati, rispecchia il processo evolutivo della domanda che si è orientata verso servizi 'da porta a porta' caratterizzati da livelli di qualità e flessibilità sempre più elevati.
L'orientamento attuale della domanda dovrebbe in futuro sempre più accentuarsi in quanto i nuovi sistemi produttivi avranno bisogno di schemi di logistica industriale atti a garantire la continuità dei flussi di approvvigionamento/distribuzione mediante servizi di t. aventi le seguenti caratteristiche: minori quantità per spedizione; consegne più rapide e più affidabili; preciso rispetto delle date di consegna; elevata flessibilità operativa. Ciò significa che anche in futuro la modalità del t. su strada continuerà ad avere un ruolo preminente nel soddisfacimento della domanda di t. delle merci.
Se si analizza poi l'aspetto tariffario, il t. su strada risulta competitivo anche sotto questo profilo in quanto il ricorso a modalità alternative (ferrovia, cabotaggio) comporta una doppia movimentazione intermedia dei carichi (e relativi costi) per completare l'intero ciclo di trasporto. Malgrado le tariffe ferroviarie siano normalmente inferiori a quelle stradali (in virtù di consistenti sovvenzioni pubbliche che dovrebbero auspicabilmente diminuire), il costo delle movimentazioni intermedie può ridurre drasticamente le economie realizzabili con il t. su rotaia. In linea di massima, le valutazioni effettuate sulla base di un'analisi dei costi hanno portato a identificare una distanza minima dei percorsi pari a 500 km, quale soglia di convenienza per utilizzare il t. combinato strada-rotaia. Se poi si considera che, nei paesi dell'Unione Europea, solo il 21% dei t. interni delle merci su strada si svolge su percorsi superiori a 500 km, si comprende come anche il t. combinato più efficiente possa dare un contributo relativamente limitato ai fini del trasferimento di consistenti quote dei traffici stradali al settore ferroviario. Naturalmente, la distanza economicamente conveniente per il t. multimodale può essere significativamente ridotta mediante incentivi all'uso dell'intermodalità e/o interventi limitativi alla circolazione dei veicoli adibiti al t. merci. Oltre a queste misure, dovrebbero essere effettuati adeguati potenziamenti infrastrutturali sia della rete ferroviaria sia dei centri intermodali. Una politica di investimenti appare tuttavia difficilmente attuabile, tenendo conto che il pesante deficit del bilancio delle Ferrovie dello Stato, normalmente ripianato con erogazioni del Ministero del Tesoro, non consente di far fronte a ulteriori oneri per mutui in conto capitale. Si dovrebbe perciò prevedere un forte impegno dello Stato per la realizzazione di collegamenti ferroviari veloci, di interesse strategico ai fini del t. delle merci, analogamente a quanto previsto per l'AV viaggiatori. La destinazione d'ingenti risorse al t. ferroviario (a scapito di altre aree d'intervento) trova una preminente giustificazione nei benefici socioambientali conseguibili con il potenziamento del comparto.
Malgrado le problematiche cui si è fatto cenno, il traffico delle ferrovie italiane a carro completo, per il t. intermodale strada-rotaia di semirimorchi e di casse mobili, mostra notevoli incrementi, in termini di tonnellate trasportate, che nel decennio 1986-96 si sono aggirate intorno al 638% per il traffico interno e cumulativo, e al 215% per il traffico internazionale e di transito (dati Ministero dei Trasporti 1998). È bene precisare che gli incrementi complessivi sono molto elevati poiché nel corso dell'intero decennio si è registrata una costante crescita di questo tipo di traffici. Anche il t. di container mostra un forte incremento nello stesso periodo con percentuali che, nell'ordine precedentemente seguito, sono pari al 274% e al 69%. I dati 1996 relativi al t. intermodale, espressi in valori assoluti, indicano che, su relazioni di traffico internazionale e di transito, sono state trasportate 13 milioni di tonnellate mentre, per il traffico interno e cumulativo, le tonnellate trasportate ammontano a circa 3,8 milioni. Tali cifre dimostrano che è stato effettuato uno sforzo per sviluppare il t. combinato strada-rotaia, soprattutto nei collegamenti interni (che presentano una percentuale di crescita maggiore), e che sulle relazioni internazionali, ove si registra un incremento più contenuto, il volume di traffico (espresso in t) risulta tuttavia preponderante. Questa preponderanza dei traffici internazionali dimostra che il fattore 'distanza degli spostamenti' ha un peso determinante sulle scelte modali. L'integrazione strada-rotaia riveste una notevole importanza ai fini del riequilibrio della ripartizione dei traffici merci tra le due modalità: ciò trova conferma nelle intense attività di studio e ricerca sviluppate su questo specifico argomento.
Naturalmente, nell'ambito del t. merci è necessario realizzare l'integrazione delle modalità terrestri (strada e ferrovia) con i t. marittimi (internazionali e in cabotaggio), i quali rivestono una rilevanza notevole in virtù dei grandi volumi di traffico movimentati nei principali porti nazionali. Infatti, il movimento totale di merci (in arrivo e in partenza) relativo al 1996 (sempre secondo Ministero dei Trasporti e della Navigazione 1998) risulta pari a 307,3 milioni di t per il traffico internazionale e a 136,2 milioni di t per il traffico nazionale; gli incrementi registrati dal 1985 al 1996 risultano pari, nell'ordine, al 31% e al 32%. La capacità di un'infrastruttura portuale di attrarre traffici dipende certamente dalla sua funzionalità ed efficienza ma, soprattutto, dal grado di integrazione con le reti stradale e ferroviaria. L'eccezionale sviluppo del sistema container nei traffici marittimi internazionali ha avuto un notevole impatto sulle flotte, nelle quali crescono continuamente sia il numero sia le dimensioni delle navi portacontainer (con capacità di t. equivalenti a oltre 6000 container con lunghezza pari a 20 piedi-TEU, Twenty feet Equivalent Unit), nonché sulle strutture portuali, che hanno dovuto acquisire macchine da banchina per il movimento dei container, vaste aree per il loro stoccaggio e piazzali per la manovra dei veicoli stradali e ferroviari. Nel caso del t. nazionale in cabotaggio, nel quale sono compresi i collegamenti con le isole, risulta preminente il movimento di veicoli stradali (autocarri e semirimorchi) e, in misura minore, di quelli ferroviari. In generale, fatta eccezione per certe tipologie di merci e per tratte terrestri di notevole lunghezza, i traffici tra hinterland e porti si svolgono prevalentemente su strada. Infatti, con la notevole diffusione dei container nei traffici marittimi (si stima una dotazione di circa dieci milioni di unità) la loro movimentazione terminale si identifica con la fase di consegna della merce, che avviene quasi esclusivamente con veicoli stradali.
In definitiva, si può affermare che l'integrazione modale dei porti deve essere realizzata, in via prioritaria, con la rete stradale; tuttavia, per particolari tipi di traffico, si dovranno realizzare anche efficaci collegamenti ferroviari e, nel caso dei prodotti petroliferi, adeguati raccordi con la rete degli oleodotti. Bisogna inoltre ricordare che, in alcuni contesti nazionali, il t. delle merci si avvale anche delle vie navigabili interne, costituite da fiumi e da canali artificiali.
Occorre infine ribadire che la risposta alla sempre crescente domanda di mobilità di persone e merci va data in termini di mobilità sostenibile, privilegiando l'uso ottimale delle risorse rispetto all'espansione dimensionale delle infrastrutture. Da questo punto di vista vanno sfruttate a pieno tutte le potenzialità del t. intermodale; e la strada da battere prioritariamente è quella dell'integrazione modale sia a livello tecnologico sia a livello di sistema di gestione. In proposito, un primo livello d'integrazione attiene alla dimensione nazionale e riguarda l'integrazione spazio-temporale tra le diverse modalità di t. (strada-rotaia; terra-mare-aereo ed eventualmente vie navigabili interne per il t. delle merci). Un secondo livello riguarda la dimensione europea che implicherà necessariamente l'integrazione delle reti di t. nazionali per dar luogo a una rete di t. sovranazionale, scenario che configura una trasformazione 'epocale' del sistema dei t., di cui occorre tener conto nella definizione di qualsiasi politica di interventi che si realizzi nell'ambito del settore.
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Trasporto su strada
di Giampietro Brusaglino
Una delle più importanti tendenze innovative degli anni Novanta nel campo dei mezzi per il t. stradale è rappresentata dallo sviluppo di autoveicoli a trazione elettrica. Questa tendenza si è andata affermando grazie al fatto che l'uso di energia elettrica per la propulsione degli autoveicoli non comporta emissioni di gas nocivi, anche se non altrettanto può dirsi per la sua produzione (v. oltre). Gli autoveicoli a motore termico producono invece inquinamento proveniente non soltanto dai gas di scarico, ma anche dalle emissioni che derivano dalle operazioni di preparazione dei carburanti. La trazione elettrica può essere realizzata o utilizzando un motore elettrico alimentato da batterie di accumulatori o facendo ricorso a un sistema ibrido, in cui il motore elettrico è integrato con un motore termico, atto a intervenire secondo varie finalità: può servire per la sola ricarica delle batterie di accumulatori; può, in casi particolari, azionare direttamente la marcia del veicolo indipendentemente dal motore elettrico; può, infine, azionare un generatore elettrico che fornisce l'energia per i motori elettrici di trazione.
Trazione elettrica con batterie di accumulatori
Negli autoveicoli a trazione elettrica sono presenti i seguenti componenti essenziali: la sorgente di energia di tipo elettrochimico, che può consistere in batterie di accumulatori ricaricabili elettricamente, o in pile (o celle) a combustibile rifornibili mediante combustibile solido o liquido (oggi i veicoli elettrici sono equipaggiati prevalentemente con batterie di accumulatori); il sistema di trazione, costituito da uno o più motori elettrici con relativo apparato di regolazione; la trasmissione meccanica, costituita dal (o dai) riduttori e, nel caso di un solo motore, dal differenziale. La tecnologia sviluppata rende attualmente possibile la realizzazione di veicoli elettrici dotati di prestazioni e caratteristiche operative soddisfacenti per un'ampia gamma di missioni d'uso. A titolo di esempio, le caratteristiche della Fiat Seicento Elettra, la cui produzione è iniziata nel 1998, sono riportate in tab. 5.
Sorgenti di energia. I principali parametri che caratterizzano i generatori per veicoli elettrici stradali sono: l'energia specifica (in Wh/kg o Wh/dm³), fattore principale influente sull'autonomia del veicolo; la potenza specifica (in W/kg o W/dm³), fattore influente sulle prestazioni; l'efficienza energetica (in Wh scarica/Wh carica), fattore influente sul consumo. Altri parametri afferenti agli aspetti di gestione operativa sono: la stabilità chimica (autoscarica e durata di vita); la sicurezza e affidabilità d'esercizio; il costo (da correlarsi con la durata di vita); la compatibità ambientale (che riguarda materiali e tecnologie di fabbricazione). Nella fig. 2 sono riportate le caratteristiche di alcuni tipi di batterie.
Batterie al piombo con elettrolito acido. - Sono oggi quelle maggiormente disponibili a livello commerciale, sia nella versione con elettrolito libero (a in fig. 2), sia in quella con elettrolito gelificato (b in fig. 2); in quest'ultima versione, a differenza della prima, non avviene emissione di idrogeno durante la ricarica grazie a un processo interno di ricombinazione idrogeno-ossigeno, e non è richiesta quindi alcuna manutenzione da parte dell'utenza. Questi accumulatori sono attualmente i più impiegati nell'alimentazione dei veicoli elettrici per la tecnologia consolidata, il livello d'industrializzazione e le caratteristiche di costo iniziale che li caratterizzano; sono inoltre in atto ricerche atte a migliorarne le prestazioni specifiche nell'ambito di un programma coordinato da un consorzio internazionale di costruttori di batterie e di aziende autoveicolistiche (Advanced Lead Acid Battery Consortium).
Batterie con elettrolito alcalino. - Sono disponibili in vari tipi. Le batterie al nichel-ferro sono state oggetto di sviluppo e sperimentazione specialmente negli Stati Uniti; presentano buone caratteristiche di robustezza e durata, ma hanno basso rendimento carica-scarica e richiedono un'attenta gestione programmata per il contenimento delle temperatura e il rabboccamento dell'acqua. Le batterie al nichel-cadmio (c in fig. 2) sono attualmente disponibili a livello industriale, ma richiedono ancora notevole manutenzione, anche se sono in fase di sviluppo versioni a manutenzione ridotta; i vantaggi risiedono essenzialmente nelle più elevate caratteristiche specifiche e nella maggior durata. I problemi sono per contro quelli connessi al loro costo iniziale più elevato e alla necessità di rabboccamento periodico di acqua. Nelle batterie al nichel-ioduri metallici (d in fig. 2) l'elettrodo al cadmio è sostituito da un elettrodo costituito da una lega metallica, con proprietà di adsorbire idrogeno; le prestazioni di queste batterie sono paragonabili, o potenzialmente alquanto superiori, a quelle al cadmio; sia in Europa sia negli USA è in fase di sviluppo una versione che non richiede manutenzione. Alla fine degli anni Novanta sono iniziate le applicazioni pratiche su veicoli.
Batterie con elettrodi di zinco (zinco-nichel, zinco-bromo). - Potenzialmente attraenti data l'energia specifica doppia di quella delle batterie al piombo, sono da tempo nella fase di studio e di sviluppo per l'applicazione su veicolo in Europa, negli Stati Uniti e in Giappone; esistono tuttavia ancora problemi relativi alla durata, essenzialmente dovuti alla non uniforme rideposizione dello zinco sull'elettrodo in fase di ricarica, che causa un cambiamento di forma dell'elettrodo stesso e la formazione di dendriti originanti cortocircuiti intercellari.
Batterie a base di sodio ad alta temperatura. - Batterie al sodio-zolfo (e in fig. 2) sono già state applicate per prove al banco e su veicolo; la temperatura di lavoro intorno a 300 °C, necessaria per il mantenimento del sodio e dello zolfo allo stato liquido, richiede un sistema di gestione termica; un'alternativa è rappresentata dalle batterie al sodio-cloruro di litio, operanti a livelli di temperatura analoghi, di cui sono in atto numerose applicazioni su veicolo.
Batterie al litio. - Il loro sviluppo è ancora a livello di linee di fabbricazione sperimentali e di prime applicazioni su veicolo; sono caratterizzate da alti valori di energia specifica. Sono state proposte varie soluzioni: batterie litio-alluminio-solfuro di ferro (Li-Al-FeS), nelle quali il litio è impiegato in lega con alluminio ad alte temperature; batterie litio metallico-polimeri, basate su anodi di litio metallico, catodo di ossidi metallici ed elettrolito polimerico operante a basse temperature (100÷120 °C), potenzialmente interessanti in quanto interamente allo stato solido e con ampia possibilità di configurazione; batterie al litio ione (f in fig. 2), in cui il processo di carica-scarica è operato da ioni litio intercalati con elettrodi di carbone tramite un elettrolito (liquido o polimerico).
Pile (o celle) a combustibile. - Sono apparati che convertono direttamente l'energia chimica di un combustibile in energia elettrica. È in atto lo sviluppo di due tipologie di pile: nelle pile a combustibile fluido si usa tipicamente l'idrogeno, generalmente ottenuto per reforming di altri combustibili quali metano, metanolo, etanolo; nelle pile a combustibile solido si usano tipicamente zinco o alluminio, da rigenerarsi con processo esterno al termine della scarica. Per l'impiego in autotrazione il tipo più adatto appare essere quello a combustibile fluido con elettrolito solido polimerico funzionante a temperatura ambiente o di poco superiore.
Rifornimento energetico degli accumulatori elettrochimici. - Consiste nella ricarica dalla rete elettrica esterna, tramite caricabatterie, che può essere installato a bordo del veicolo o a terra. Il caricabatterie svolge la funzione di interfaccia fra la rete, in corrente alternata a tensione fissa e la batteria, che richiede corrente continua variabile secondo valori dipendenti dall'evoluzione dello stato di carica e del tempo assegnato per la ricarica stessa. La ricarica della batteria normalmente viene operata di notte, quando esiste maggior disponibilità di energia elettrica a livello della rete di produzione-distribuzione. Tipicamente una ricarica normale eseguita secondo procedure che salvaguardino la durata della batteria stessa può estendersi per 4-8 ore, a seconda del tipo di batteria. Esistono procedure per cariche più rapide eventualmente parziali, finalizzate all'estensione dell'autonomia. La batteria in situazioni di stato di carica parziale può accettare correnti più rilevanti e si possono ottenere, in frazioni di ora, ricariche anche importanti (60÷80%), a condizione ovviamente della disponibilità della potenza elettrica della rete.
Sistemi di trazione. - Una prerogativa dei sistemi di trazione elettrici è la reversibilità del flusso di energia dalla fase di trazione alla fase di frenatura, per cui l'energia cinetica del veicolo viene trasformata dal motore funzionante come generatore e rinviata, tenendo naturalmente conto dei rendimenti di conversione, in batteria. In fig. 3 è rappresentato il flusso d'energia in trazione e in frenatura con i tipici valori di rendimento durante le fasi di conversione d'energia; solo il 24% dell'energia può essere recuperata. Attualmente i veicoli elettrici sono per lo più equipaggiati con motori a corrente continua. La tendenza evolutiva per le future realizzazioni di veicoli elettrici e ibridi è orientata verso motori senza collettore, in prevalenza di tipo asincrono.
Sistemi con motori a corrente continua. - Sono i più diffusi nelle attuali applicazioni e la loro tecnologia è consolidata. La soluzione con motore eccitato in serie è quella più economica e convalidata dall'uso nella trazione dei veicoli industriali; il controllo è integrato col cambio data la limitata elasticità in regolazione sui parametri d'armatura. È la soluzione adottata, per es., sulle vetture Fiat Panda elettrica e Cinquecento elettrica, non più in produzione. Il motore a eccitazione separata trae vantaggio dall'esistenza dell'ulteriore parametro di controllabilità costituito dalla corrente d'eccitazione; la relativa regolazione effettuabile con un controllo di piccola potenza consente la regolazione di velocità in un ampio intervallo a potenza costante; la regolazione globale può essere effettuata con doppio chopper operante sui due circuiti di armatura e di campo (come, per es., nella Volkswagen Citystromer, sperimentale, e nel minibus elettrico Fiat-Iveco Daily, non più in produzione) o sul solo circuito di campo, integrando il controllo con il cambio di velocità (come nella Ducato Elettra della Fiat Auto, non più in produzione).
Sistemi con motori a corrente alternata. - Si tratta di motori nei quali la commutazione è operata per via elettronica anziché dal collettore a lamelle. Lo sviluppo di questi sistemi è reso oggi possibile dalla disponibilità di componenti elettronici di potenza avanzati e da buone conoscenze delle tecniche di controllo. L'eliminazione dei condizionamenti di velocità e di commutazione imposti dal collettore meccanico consente di realizzare motori con valori elevati di potenza o di coppia specifica, suscettibili, inoltre, di strutture elettromagnetiche di forma diversificata. Una tendenza evolutiva consiste nell'impiego del motore asincrono, di per sé attraente per la sua nota robustezza e semplicità costruttiva, convalidata da tempo dalle applicazioni industriali. L'alimentazione è realizzata da un convertitore elettronico trifase che effettua la conversione della corrente da continua ad alternata a frequenza e tensione variabili e controllate in base alle esigenze della trazione. Esempi di applicazione del sistema con motore asincrono sono la EV1 della General Motors e la Seicento Elettra della Fiat. Altre soluzioni in fase di sviluppo utilizzano motori sincroni; una di queste è costituita da un motore a riluttanza variabile, con rotore anisotropo che segue la rotazione del campo statorico, impressa dal convertitore elettronico secondo le linee di minima riluttanza. Si stanno sperimentando anche motori sincroni basati su rotori magneticamente attivi, sia a opera di avvolgimenti di eccitazione alimentati tramite anelli collettori, sia a mezzo di magneti permanenti ad alte prestazioni specifiche (per es., al samario-cobalto o al neodimio-ferro-boro); quest'ultima soluzione consente alta densità di potenza ed elevata flessibilità di forma. Un possibile impiego di queste prerogative è dato dall'unità integrata ruota-motore-freno (fig. 4) realizzata per la vettura sperimentale Downtown della Fiat, non entrata in produzione. La soluzione del motore nella ruota può offrire interessanti opportunità in quelle applicazioni nelle quali la massa addizionale non sospesa possa essere mantenuta nei limiti compatibili con le condizioni d'uso. In generale le soluzioni con motori senza collettore presentano prestazioni specifiche (coppia e potenza per unità di peso) fino a tre volte superiori a quelle dei motori a corrente continua; queste prestazioni possono essere raggiunte anche grazie al raffreddamento a liquido, reso possibile dall'assenza del collettore rotorico. I sistemi con motori senza collettore possono essere vantaggiosi rispetto ai motori a corrente continua anche sotto l'aspetto energetico nella misura del 5÷6% di miglioramento del rendimento, specie se con riferimento alle soluzioni con motori sincroni.
Architettura del veicolo. - La maggior parte dei costruttori che ha in produzione veicoli elettrici li realizza mediante trasformazione di veicoli convenzionali, apportando su di essi le necessarie modifiche per la sistemazione dei componenti e dei sistemi elettrici. Tali modifiche riguardano essenzialmente: l'irrobustimento delle parti strutturali preposte all'installazione delle batterie; la modifica delle sospensioni in relazione alla variazione dei pesi; la modifica del rapporto sterzo in relazione alla variazione delle prestazioni e dei pesi; gli adattamenti necessari per il sistema di riscaldamento, i servosistemi (servosterzo e servofreno), i comandi e la strumentazione. Questa linea d'impostazione è resa necessaria, al momento attuale, da ragioni economiche in relazione ai quantitativi ancora limitati richiesti dal mercato. Nell'ambito dell'utilizzo di strutture di base convenzionali esistono in ogni caso spazi rilevanti per l'ottimizzazione prestazionale ed energetica del veicolo; il criterio è quello di effettuare un'integrazione ottimizzata dei vari sottosistemi: accumulo-generazione, trazione, trasmissione-sistemi ausiliari, in relazione al tipo di utilizzo previsto per il veicolo. Vari tipi di veicolo sono stati realizzati seguendo questa impostazione: si cita, nella categoria dei t. leggeri, il Porter della Piaggio e, nella categoria dei t. pubblici, il citato minibus Iveco Daily. Un elemento rilevante è costituito dai pneumatici che possono essere realizzati con resistenza al rotolamento adeguatamente limitata, assicurando tuttavia condizioni di aderenza proporzionate alla velocità massima del veicolo: per velocità massime fino a 120 km/h sono realizzabili pneumatici con resistenza al rotolamento dell'ordine di 70÷80 N/t (nei veicoli convenzionali si hanno valori di 110÷120 N/t). Riduzioni di peso possono essere ottenibili con strutture ad hoc, concepite tipicamente per uso urbano e per prestazioni a esso commisurate e finalizzate a una specifica integrazione con i sottosistemi elettrici; in esse è previsto l'uso di materiali leggeri, come, per es., strutture d'alluminio con elementi in plastica rinforzata (per es. con fibre di vetro) per pannelleria, ma anche per parti contribuenti alla consistenza strutturale. Soluzioni di questo tipo (come la Zic sperimentale della Fiat) potranno essere industrialmente realizzate a livelli di costo competitivi quando i quantitativi richiesti dal mercato avranno raggiunto valori sufficientemente elevati da rendere affrontabili i necessari costi d'investimento.
In fig. 5 è rappresentato uno schema a blocchi di architettura generale di un veicolo con motore a corrente alternata raffreddato a liquido. Oltre ai sistemi fondamentali costituiti dalla batteria (eventualmente ripartita in vari moduli) e dal sistema di trazione (uno o più motori, e regolatore), gli elementi essenziali sono: il carica-batterie di bordo; il convertitore per l'alimentazione dei servizi e il mantenimento in carica della batteria ausiliaria (12 V); la presa per la ricarica con interruttore differenziale di sicurezza; il teleruttore generale di linea; il sistema di riscaldamento o di condizionamento; le unità elettroniche di gestione del sistema. Con riferimento allo schema, la gestione del sistema è realizzata attraverso: una unità per la gestione della batteria BMU (Battery Management Unit) e relativi apparati ausiliari; un'unità logica dedicata al pilotaggio dell'inverter, incorporata nello stesso; un'unità logica preposta all'interfaccia uomo-macchina di bordo e al coordinamento dei sottosistemi.
Trazione elettrica con sistema ibrido
Una soluzione per superare il problema del limite di autonomia, oltre a quella della ricarica parziale durante la missione giornaliera, consiste nell'associare al sistema di trazione elettrica un'altra fonte di alimentazione, o di trazione, basata su una motorizzazione convenzionale; i due sistemi, termico ed elettrico, sono integrati in modo da ottenere le prestazioni richieste.
La fig. 6 mostra schematicamente come può avvenire l'integrazione tra i due sistemi termico ed elettrico. Lo schema A si riferisce ai veicoli puramente elettrici, con alimentazione da batteria, già esaminati precedentemente. Lo schema B rappresenta un sistema ibrido normalmente definito ibrido serie, caratterizzato dal fatto che l'integrazione dei flussi di energia provenienti dalla batteria e dal motore termico avviene a livello elettrico, condizione che richiede la preventiva trasformazione dell'energia meccanica in elettrica tramite un generatore azionato dal motore termico. Lo schema C, infine, rappresenta un sistema normalmente definito ibrido parallelo, caratterizzato dal fatto che l'integrazione dei flussi d'energia avviene a livello meccanico.
Lo schema ibrido-serie si configura in sostanza come una derivazione del sistema puramente elettrico con l'integrazione di una sorgente convenzionale di potenza ridotta. L'impiego è previsto essenzialmente nelle funzioni urbane o suburbane, ove maggiormente interessa governare le emissioni, condizione favorita dallo svincolo totale dei parametri della potenza del motore termico da quelli richiesti dalla trazione. La funzione del motore termico indipendente può rispondere a due esigenze: come estensione di autonomia per consentire percorrenze eccedenti i limiti resi possibili da una ricarica di batteria; come fonte di tutto il fabbisogno energetico, erogato però a regime livellato sulla potenza media del ciclo operativo. La prima esigenza si fonda sul presupposto che la ricarica di base delle batterie avvenga dalla rete (spesso di notte, come avviene per i veicoli puramente elettrici) e che il gruppo di generazione venga attivato per estendere l'autonomia ai valori richiesti. La seconda esigenza è conseguente al fatto che la potenza media nel regime urbano o suburbano è sensibilmente più bassa rispetto alla potenza massima richiesta nei regimi transitori ed è, quindi, erogabile da un gruppo di potenza ridotta, che consente la riduzione delle emissioni e dei consumi. Anche questa soluzione consente comunque percorrenze con alimentazione con sola batteria, a gruppo elettrogeno non erogante.
Lo schema ibrido-parallelo, a differenza di quello di serie, si può considerare come una derivazione dal sistema di trazione tradizionale a motore termico mediante l'integrazione della motorizzazione elettrica a livello meccanico. Una soluzione di questo tipo è adatta a impieghi che prevedono percorrenze rilevanti a elevate prestazioni, tipicamente extraurbane, per le quali è opportuno prevedere la trasmissione diretta della potenza alle ruote, per via meccanica, in luogo della trasformazione dell'energia meccanica in elettrica e viceversa. In questo sistema, alla batteria può essere richiesto di fornire la potenza meccanica ai transitori di accelerazione sulla base di una logica di gestione per l'ottimizzazione delle emissioni e/o consumi e, come in tutti i veicoli a trazione elettrica, recuperare l'energia di frenatura. Anche questo sistema consente di far marciare il veicolo, per una certa percorrenza connessa alla capacità della batteria, in tutto elettrico, ferma restando la condizione di assicurare nella batteria l'energia necessaria al fabbisogno dei transitori ai livelli di potenza necessari. Infine, per soddisfare l'esigenza di circolazione in aree limitate, senza tuttavia ottenere il contenimento dei consumi e delle emissioni, si può aggiungere un sistema indipendente di trazione elettrica su un veicolo termico: ciò dà luogo alla configurazione mista più semplice nota come bimodale. Di tale tipo è lo scooter Zip & Zip della Piaggio, non più prodotto; sarà sostituito dallo Zip con il solo motore elettrico.
Inquinamento da autoveicoli
L'uso dell'energia elettrica per la propulsione degli autoveicoli è di per sé esente da emissioni. Tuttavia occorre tener conto anche dell'inquinamento proveniente dalla produzione di energia elettrica in un quadro globale di valutazione delle emissioni che riguardi anche la diffusione degli inquinanti a largo raggio (con generazione, per es., delle cosiddette piogge acide) e il problema del riscaldamento globale dovuto a CO₂. Al riguardo, con riferimento all'Europa e come previsione per il 2000, in tab. 6 è riportata la stima delle emissioni relativa alla produzione di energia elettrica. È possibile così effettuare un confronto obiettivo fra l'inquinamento riferibile ai veicoli a trazione elettrica e quello prodotto dagli autoveicoli a motore termico; per questi ultimi occorre considerare anche le emissioni associate alle operazioni di preparazione dei carburanti (estrazione, trattamento per la messa a disposizione nella forma utilizzata, trasporto, distribuzione). I dati riassuntivi del confronto, in termini d'inquinamento prodotto, fra i veicoli a trazione elettrica e quelli a motore termico, sono riportati in fig. 7. Si noti che, se si volesse considerare il solo ciclo urbano come riferimento, i valori di emissione si dovrebbero ancora aumentare, a eccezione dell'elettrico. Si può osservare che la trazione elettrica è vantaggiosa per tutti gli inquinanti, con l'eccezione di SO₂. A questo punto va anche ricordato che tale tipo di emissione avviene a livello di produzione dell'energia elettrica, ossia in luoghi normalmente decentrati rispetto alle aree urbane, e che quindi non porta in queste zone alcun contributo alla concentrazione dei gas nocivi. Infine, la fig. 8 presenta la stima delle emissioni totali di CO₂ per i vari tipi di veicoli, inclusi gli apporti dovuti alla preparazione dell'energia ai punti di rifornimento. L'effetto di emissioni di CO₂ va in realtà considerato a livello globale, non essendo rilevante l'impatto locale a livello di concentrazione.
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Trasporto navale
di Sabino Roccotelli
In questi ultimi decenni, nel settore navale, sotto la spinta dello sviluppo tecnologico e della domanda di mobilità, gli investimenti per migliorare le prestazioni sono stati focalizzati in diverse direzioni, a seconda del comparto commerciale interessato. Per le merci di grande consumo e relativamente basso costo, si sono ridotti i costi del t. marittimo aumentando le dimensioni delle navi, con lo scopo di incrementarne l'efficienza (legata al rapporto carico utile/costo per kg e per miglio) e risparmiando così sul combustibile. L'aumento delle dimensioni diminuisce infatti la resistenza idrodinamica specifica e comporta inoltre la riduzione del costo del personale (le tabelle di armamento dipendono soprattutto dal servizio e non dalle dimensioni della nave). Questa tendenza, che ha praticamente caratterizzato tutte le grandi navi a dislocamento (senza portanza idrodinamica), cioè navi cisterna, carboniere, navi per trasporto di minerali grezzi, rinfusiere, portacontenitori, roll-on/roll-off per t. di mezzi su ruote ecc., ha generato i 'giganti del mare', navi di oltre 250 m di lunghezza, petroliere con 500.000 tpl (t di portata lorda) ecc.; le velocità sono rimaste invece sui valori tradizionali, intorno ai 15 nodi.
Per soddisfare la crescente domanda da parte di un turismo che, fino a non molto tempo fa, era riservato a pochi, si è realizzato in pochi anni un turismo di massa via mare, con la costruzione di giganti molto diversi dai primi, ma di dimensioni altrettanto ragguardevoli: le moderne navi da crociera, di cui qualcuna ha superato le 100.000 tsl (t di stazza lorda; 1 tsl=2,83 m³), con una lunghezza di oltre 270 m, capaci di trasportare 3400 passeggeri, in un ambiente abbastanza confortevole e a costi accessibili. Anche per queste ultime navi le velocità sono basse, dell'ordine di 20 nodi o poco più, e molto inferiori a quelle dei grandi liners (navi di linea), transatlantici dell'epoca a cavallo dell'ultima guerra mondiale, che si contendevano il primato del minor tempo impiegato per attraversare l'Atlantico, il cosiddetto nastro azzurro, a velocità di oltre 35 nodi.
Per tutte queste grandi navi si può parlare di innovazione tecnologica solo per quello che riguarda i materiali, le metodologie costruttive e l'organizzazione dei servizi, cioè per la parte ingegneristica vera e propria, senza problemi di architettura navale. Le navi da crociera sono e devono essere progettate, per una parte ragguardevole, da architetti civili, alla stregua di un grande albergo. La loro silhouette viene generalmente disegnata da uno stilista.
Quanto sopra deriva dal fatto che la carena di una nave lunga 270 m, alla velocità di 22 nodi, con un numero di Froude pari a 0,22, dal punto di vista idrodinamico è una carena molto lenta. Si ricorda al riguardo che il numero di Froude (pari a v/(lg)¹/², con v velocità relativa della corrente che investe un corpo di dimensione longitudinale l, e g accelerazione di gravità) è minore di 0,4 per navi lente a prevalente resistenza di attrito, compreso tra 0,4 e 0,8 per navi veloci con resistenza residua (di onda, scia, vortici) sempre più apprezzabile, maggiore di 0,8 per navi veloci con prevalente resistenza residua.
In queste condizioni la maggior parte della resistenza all'avanzamento è di tipo viscoso, per cui non è necessario sviluppare e provare forme particolari di carena, mentre gli unici requisiti richiesti sono il valore più basso possibile della superficie bagnata per quel dato dislocamento e buone caratteristiche di stabilità trasversale, ciò che un architetto navale può studiare in breve tempo e senza alcuna difficoltà. Per la costruzione di queste navi che rappresentano (v. oltre) un'aliquota abbastanza consistente della flotta mondiale in servizio e delle navi in costruzione, gli uffici studi dei cantieri interessati solo a questo tipo di costruzioni possono fare a meno dell'idrodinamica, che rappresenta il settore di punta della ricerca navale.
Per il t. veloce ferry di soli passeggeri o di passeggeri con auto al seguito (navi traghetto), il discorso è completamente diverso, perché il mercato richiede velocità sempre più alte, con dimensioni che difficilmente superano i 100 m, con numeri di Froude pari a 3 e oltre, per cui la resistenza residua diventa preponderante. Tale parametro può essere migliorato solo trovando forme di carena adatte, e queste possono essere disegnate solo da architetti navali di lunga e provata esperienza, con l'aiuto di sofisticati algoritmi di calcolo supportati da prove sperimentali molto accurate e mirate; oppure ricorrendo a configurazioni particolari che richiedono conoscenze molto approfondite dell'idrodinamica navale. Si può affermare che i risultati ottenuti in questo settore sono molto incoraggianti se si tiene conto che, negli ultimi dieci anni, la velocità di questi mezzi è raddoppiata, passando dai 15÷20 nodi dei traghetti tradizionali ai 35÷40 dei mezzi veloci attuali.
Per ottenere questi risultati la ricerca è stata indirizzata verso le seguenti linee:
a) migliorare le forme delle carene tradizionali dislocanti e semiplananti per ridurre al minimo la resistenza residua;
b) utilizzare forme di carena particolari, come quelle dei catamarani, trimarani e SWATH (Small Waterplane Area Twin Hull) o SSC (Semi Submerged Catamarans);
c) trasformare la resistenza totale intesa in senso classico, cioè resistenza viscosa più resistenza residua, in resistenza idrodinamica indotta di superfici immerse portanti che sostengono l'imbarcazione, come per gli aliscafi;
d) sostituire parzialmente o totalmente la resistenza idrodinamica con la resistenza d'attrito di un cuscino d'aria di sostentamento, come negli ACV (Air Cushion Vehicles) e nei SES (Surface Effect Ships);
e) liberare il mezzo dalla schiavitù della resistenza idrodinamica con un completo sostentamento aerodinamico, volando a piccola distanza dalla superficie del mare, con il beneficio aggiuntivo derivante dallo sfruttamento dell'effetto suolo che riduce notevolmente la resistenza indotta rispetto a quella relativa a un'ala in quota, come nei WIGE (Wing in Ground Effect, veicoli con ala a effetto suolo);
f) ridurre il peso della nave scarica e asciutta (peso scafo + peso allestimento + peso apparato motore), che rappresenta un peso non pagante da movimentare, tramite l'utilizzo di materiali e apparati con alto rapporto resistenza/peso, quali leghe leggere, materiali compositi e turbine a gas di derivazione aeronautica.
Le linee di sviluppo tecnologico sopra elencate hanno permesso di realizzare le attuali velocità; esse sono però difficilmente superabili, per diversi fenomeni che rappresentano la causa di limiti operativi dovuti, a seconda dei casi, a problemi di sea-keeping (tenuta al mare grosso; catamarani, trimarani, SES, ACV, aliscafi), deriva (ACV e SES), forti aumenti di resistenza oltre certi limiti di velocità (SWATH), bassa efficienza dei mezzi di propulsione (WIGE), fenomeni di cavitazione (aliscafi). I più ottimisti tra gli addetti alla progettazione di questi mezzi sperano che gli ulteriori risultati ottenibili seguendo queste linee di sviluppo possano portare l'attuale limite di velocità da 40 a 60 nodi
Un discorso a parte e più articolato meritano i WIGE. Qualche prototipo ha raggiunto velocità anche di 200 nodi ma, dopo trent'anni di studi e ricerche, tre problemi fondamentali non hanno ancora avuto una soluzione soddisfacente, né al momento facilmente realizzabile:
a) la sicurezza di un mezzo che è praticamente un aereo volante a quota molto bassa (5÷8 m sopra la superficie del mare), con il controllo dell'assetto affidato a superfici aerodinamiche a bassissima frequenza di risposta ai comandi, è assolutamente aleatoria; gli incidenti che hanno accompagnato lo sviluppo di questi mezzi, avvenuto in ambito militare nell'ex Unione Sovietica, non sono noti;
b) un propulsore aereo, sia a getto sia a elica, a velocità fino a 200 nodi, ha rendimenti dell'ordine di 50 volte inferiori a un propulsore navale;
c) la possibilità di manovra nel piano orizzontale per evitare ostacoli in superficie, perché la virata implica uno scivolamento d'ala che porta l'estremità della stessa a toccare il pelo libero dell'acqua, è ancora scarsa.
In questi ultimi anni, il principale WIGE, l'A.90.150 Ekranoplan sovietico, scoperto dai satelliti statunitensi ai tempi della guerra fredda, è uscito dall'incognito; si sta cercando di renderlo utilizzabile con modifiche che lo portano sempre più lontano dall'acqua e più vicino a un aereo vero e proprio, per cui non può più essere annoverato tra i mezzi navali.
Si riportano infine alcuni dati riassuntivi sull'andamento del settore cantieristico e sulla consistenza delle principali flotte alla fine degli anni Novanta.
In tab. 7 è riportato il carnet di ordini dei cantieri navali (primo semestre 1996), relativo ai 17 paesi più attivi nel settore (Australia, Cina, Corea del Sud, Croazia, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Russia, Spagna, Taiwan, Ucraina). In tab. 8 è data la consistenza della flotta controllata dai primi 20 paesi del mondo, in ordine di quantità, per le navi tradizionali lente di grandi dimensioni e, cioè: passeggeri, portacontenitori, cisterne, rinfusiere (bulk e ore carriers), nel secondo semestre 1996, ultimo dato statisticamente utilizzabile con un buon indice di affidabilità.
Non si hanno dati attendibili riguardanti i traghetti in servizio, dato il grande numero, la varietà di tipi e prestazioni e la loro dispersione geografica.
Un dato interessante riguarda la consistenza della flotta mondiale controllata dai primi 30 paesi del mondo, in ordine decrescente di tonnellaggio: risultano immatricolate 28.880 navi per un tonnellaggio complessivo di 713.303.000 tpl. Quest'ultimo dato non è omogeneo con quelli riportati nelle tabelle 7 e 8, ma se si tiene conto che la cantieristica minore produce solo mezzi di modeste dimensioni e che gli ultimi 10 paesi dei 30 considerati controllano solo il 6% del totale della flotta, le considerazioni che seguono si possono ritenere abbastanza valide.
Prospettive
Tendenza nel traffico di grandi masse di merci. - Si considerano adibite a questo traffico le navi portacontenitori, le cisterne e le rinfusiere. Per queste navi il rapporto in tpl carnet ordini/flotta in servizio è pari a 45.192.000/503.478.000 (v. tabb. 7 e 8), cioè dell'8%; tenendo conto che la vita media di questo tipo di navi è di almeno 25 anni e che i capitali investiti nel complesso sono ingenti, si può dedurre che nei prossimi due decenni non vi saranno grandi cambiamenti in questo tipo di traffico.
Tendenza nel traffico passeggeri. - Per questo tipo di traffico, il rapporto carnet ordini/flotta in servizio è dell'ordine del 50%; ciò vuol dire che nei prossimi anni, con l'entrata in servizio delle nuove costruzioni, vi sarà un notevole aumento dell'offerta in questo settore con conseguente ulteriore calo dei prezzi praticati alla clientela.
Tendenza nel traffico globale con mezzi tradizionali. - Considerando che la consistenza della flotta delle grandi navi da carico e passeggeri (534.101.000 tpl) rappresenta quasi il 75% della flotta mondiale, si può affermare che, nel complesso, nell'industria dell'armamento marittimo non si possono prevedere grandi rivolgimenti nel medio-lungo termine, salvo per quanto riguarda soprattutto i problemi di sicurezza attiva e passiva, connessi alla tutela dell'ambiente. Di tali problemi si stanno occupando vari organismi internazionali tra i quali, principalmente, l'IMO (International Maritime Organization), che, attraverso vari sottocomitati, sta esaminando e riordinando le problematiche concernenti la stabilità a nave integra e danneggiata, le conseguenze degli incidenti, i requisiti in relazione alla facilità di evacuazione, il fattore umano e i potenziali errori da esso derivanti, l'interfaccia passeggeri-nave, l'adeguatezza delle attrezzature di salvataggio, l'interfaccia porto-nave, la relazione nave/operatori economici, la sorveglianza e le ispezioni.
Considerazioni sul naviglio veloce
Per le navi veloci, adibite soprattutto al t. ferry per soli passeggeri, per passeggeri con auto al seguito e per il t. di merci pregiate o di derrate deperibili, data la varietà, il numero e la disseminazione geografica, non si possono avere rilevazioni statistiche utili per prevedere sviluppi e tendenze. Si può tuttavia anticipare che sono in fase avanzata di sfruttamento brevetti, soprattutto italiani, relativi a mezzi ibridi completamente sostentati aerodinamicamente, come i WIGE, ma che sfruttano il mare sia come riferimento sia allo scopo di utilizzare superfici di controllo idrodinamiche ad altissima frequenza di risposta e propulsori di tipo navale (eliche o idrogetti) con rendimenti di gran lunga superiori a quelli della propulsione aerea. Si parla già, per gli inizi degli anni 2000, di t. ferry di soli passeggeri con auto al seguito con velocità di 100÷140 nodi, con mare fino a forza 6, con mezzo assolutamente stabile e in nessun modo soggetto all'azione del mare; inoltre, in un futuro non lontano, di grandi navi con dislocamenti intorno alle 5000 tpl (di cui oltre 2000 di portata netta), a grande autonomia, capaci di attraversare l'Atlantico con velocità superiori a 250 nodi.
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Trasporto aereo
di Luciano de Socio
Negli ultimi decenni il mercato dell'industria aeronautica mondiale ha conosciuto una rapida espansione: nel periodo 1976-1995 sono stati costruiti 13.815 aeroplani da t. civile, e si prevede che il traffico aereo dei passeggeri si possa triplicare nei prossimi vent'anni.
Negli USA il potenziamento dell'industria aeronautica ha portato alla fusione di grandi industrie, in particolare a quella della Martin Marietta con la Lockheed e a quella della Boeing con la McDonnell Douglas. In Europa le industrie del settore aeronautico intervengono in consorzi per progetti specifici o in società per linee di produzione particolari. Nell'ambito della Unione Europea le stesse industrie partecipano a piani di ricerca e sviluppo tecnologico congiunti per fronteggiare la concorrenza statunitense. L'attività globale dell'industria europea nel settore degli aeroplani da trasporto civile, nel 1999, è risultata praticamente equivalente a quella dell'industria statunitense (Airbus Industrie: velivoli ordinati, 476; velivoli consegnati, 294; The Boeing company: velivoli ordinati, 386; velivoli consegnati, 620). Per quanto riguarda il piano tecnologico a lungo termine per l'aeronautica civile in Europa, gli obiettivi prioritari sono: il miglioramento dell'efficienza degli aeromobili; la diminuzione dei costi di progetto, costruzione e manutenzione; la riduzione dell'impatto ambientale; il miglioramento operativo dei trasporti aerei; l'aumento del comfort dei passeggeri. Temi di ricerca specifici sono: la riduzione della resistenza aerodinamica e dei consumi motoristici; la realizzazione di motori di migliore rendimento; la messa a punto di materiali e di strutture innovativi; la diminuzione delle emissioni inquinanti; il miglioramento delle interfacce uomo-macchina e dei sistemi di comunicazione e rilevamento; l'ottimizzazione dell'ambiente cabina; l'offerta di migliori servizi per il passeggero.
Velivoli da trasporto
Durante il periodo della guerra fredda, l'evoluzione del settore aeronautico civile è stata in gran parte indotta dai progressi in campo militare, progressi di cui hanno beneficiato soprattutto gli aeromobili realizzati da industrie di grandi dimensioni. Attualmente, invece, è in corso una razionalizzazione delle attività di ricerca, che vengono sempre più orientate verso i cosiddetti sviluppi duali, cioè verso realizzazioni applicabili nello stesso tempo sia al campo civile che militare. In fase avanzata sono i recenti progetti riguardanti velivoli commerciali di grandi capacità su lunghe tratte, mentre la decisione di procedere alla realizzazione di aeromobili supersonici o ipersonici appare ancora lontana.
In particolare, la multinazionale europea Airbus Industrie ha pianificato lo sviluppo di un velivolo UHCA/VLCT (Ultra-High Capacity Airliner/Very Large Commercial Transport), la cui entrata in servizio è prevista nel 2005. La sigla distintiva del progetto, nel suo insieme, è A3XX: versione base, nella fase attuale, l'A3XX-100, in grado di trasportare sino a 555 passeggeri. Un modello successivo di maggiori prestazioni, l'A3XX-200, dovrebbe consentire invece il t. di 650 passeggeri in tre classi distinte o di 1000 passeggeri in classe unica. Il mercato potenziale previsto per l'A3XX-200 è di 1380 aeroplani entro l'anno 2015. Anche altre società, come le statunitensi Lockheed Martin e Boeing, hanno compiuto studi di fattibilità o redatto progetti preliminari relativi all'UHCA, ma non hanno raggiunto né accordi con partner europei o con l'Airbus Industrie per un impegno congiunto, né singolarmente un avanzamento nello sviluppo del progetto per il notevolissimo impegno finanziario richiesto.
Le caratteristiche principali della versione finale del velivolo saranno, per quanto oggi si prevede, quelle descritte in tab. 9. La fusoliera del velivolo è munita di un doppio ponte per la sistemazione dei passeggeri o delle merci a seconda della versione.
Idrovolanti
Al fine di ottenere grandi capacità di t. con costi relativamente ridotti rispetto agli attuali velivoli, la società Hydro 2000 International, con sede in Francia, ha in fase di progetto avanzato la realizzazione di un idrovolante cargo a uno o due ponti, con capacità ferry (v. tab. 10).
Dirigibili
Il contenimento del costo diretto operativo, nonostante le limitazioni delle prestazioni, ha determinato per nicchie di mercato particolari un rinnovato interesse per il 'più leggero dell'aria'. I dirigibili possono presentare infatti un minore costo operativo rispetto agli aeroplani convenzionali, con velocità maggiori rispetto alle navi e con un minimo impegno di infrastrutture a terra. I progressi tecnologici dei materiali e delle strutture, e le innovazioni progettuali relative ai sistemi propulsivi e di controllo, rendono oggi queste macchine molto affidabili. La Cargolifter AG di Wiesbaden, con azionisti in Germania, Italia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svizzera e USA, ha in progetto un dirigibile semirigido a elio con le caratteristiche riportate in tab. 11.
Convertiplani
Fra gli aeromobili a decollo corto o verticale, il convertiplano è considerato a tutt'oggi il tipo più idoneo al t. commerciale. Ciò è da mettere in relazione anche all'esigenza maturata dalle compagnie statunitensi Bell e Boeing di avviare, con un programma comune e dopo una fase di sviluppo piuttosto travagliata, accompagnata peraltro da un'ampia indagine di mercato, la produzione del convertiplano militare V-22 Osprey. Rispetto al modello militare, il convertiplano per impieghi civili (Bell Agusta 609) sarà di dimensioni più contenute (v. tab. 12), e la sua realizzazione richiederà un elevato livello tecnologico.
Sviluppi tecnologici
Nel campo della motoristica, gli sviluppi tecnologici più significativi riguardano i motori a spinta vettorizzabile, in grado di far variare la direzione del getto propulsivo entro un angolo solido abbastanza ampio allo scopo di migliorare le prestazioni dell'aeromobile, soprattutto alle basse velocità. Possono così ridursi le lunghezze di decollo, ovvero diminuire i rischi derivanti dalla variazione dell'intensità del vento (windshear). Un aumento della temperatura massima dei gas di turbina, con conseguente aumento del rendimento, viene ottenuto mediante palettature costruite con materiali a elevatissima resistenza. Il controllo delle emissioni inquinanti viene realizzato mediante un grande rapporto di bypass nei turboreattori a doppio flusso. Per il velivolo A3XX-100 la motorizzazione prevista corrisponde a quattro turboreattori a doppio flusso, modello Trent 900-Rolls Royce, ciascuno con spinta al decollo di 356 kN e rapporto di bypass pari circa a 8.
Nell'ambito dei materiali, si tende sempre più verso l'adozione di materiali compositi per elementi strutturali primari, come le ali, e di materiali ceramici negli elementi strutturali sottoposti a usura. Per le strutture, le tecniche progettuali per velivoli di grandi dimensioni del tipo FLA (Future Large Aircraft) prevedono il controllo delle vibrazioni per aumentare il comfort e diminuire le sollecitazioni, soprattutto a fatica.
Nel campo dell'avionica, verranno realizzati radar ad apertura sintetica e inversa, mentre i sistemi di rilevamento della posizione opereranno con l'ausilio dei satelliti GPS (Global Positioning System).
In aerodinamica, infine, sono in atto studi sul controllo degli strati limite, sulla diminuzione dell'attrito, sul controllo della vorticità e della separazione del flusso, al fine di aumentare il coefficiente di portanza massimo e diminuire la resistenza; più in generale, molto attiva è la ricerca sul controllo della turbolenza. Si adottano già da tempo alette di estremità alare (winglets) per diminuire la resistenza indotta e migliorare i profili supercritici, allo scopo di aumentare il numero di Mach critico inferiore e diminuire la resistenza in regime transonico. Vedi tav. f.t.
bibliografia
Jane's all the World aircraft, 1997-98, ed. P. Jackson, Coulsdon 1997.
Federal Aviation Administration, FAA aviation forecast. Fiscal years 1997-2008, Washington (D.C.), March 1997.
The European Association of Aerospace Industries, European integrated aeronautics programme, Bruxelles, October 1997.