TRASPORTO
(XXXIV, p. 213; App. II, 11, p. 1015; III, 11, p 976)
Evoluzione dei trasporti in Italia.
Le attuali tendenze del trasporto. - La funzione caratteristica del t. è di soddisfare bisogni di mobilità, sia delle persone sia delle merci. Tali bisogni tendono ad aumentare per il concorso di due fenomeni, che in parte mutuamente si condizionano: lo sviluppo industriale, che implica specializzazione e divisione del lavoro, e l'urbanizzazione delle popolazioni, negli ultimi decenni rapidamente crescenti.
Per quanto concerne l'Italia, nel 1971 il 62% della popolazione (33,5 milioni su 54,1) viveva in aree urbane e metropolitane: appena dieci anni prima, nel 1961, tale percentuale era del 45% (22,7 milioni su 50,6). D'altro canto nel 1971 il numero degli addetti in agricoltura costituiva il 17,2% della popolazione attiva, ma nel 1961 tale quota era del 29,1%, nel 1951 del 42,2%, nel 1931 del 51%. In valori assoluti, nel 1951 ben 8,2 milioni di persone su un totale di 19,5 milioni di attivi lavoravano nelle campagne; nel 1971 solo 3,2 milioni risultavano ancora impegnati nel settore agricolo e gli attivi erano 18,8 milioni. In pratica si può dire che tali notevoli quote di popolazione attiva, allontanandosi dalle campagne, hanno determinato in larga parte l'ampliamento e l'affollamento delle aree urbane; conseguentemente si è originata una più intensa domanda di t., sia per effetto della diversa distribuzione geografica delle residenze, sia per effetto della diversa distribuzione, per rami di attività, del lavoro.
Di fronte a questi bisogni, via via crescenti, si è dovuto trasformare anche la struttura dei servizi di trasporto. Oggi l'orientamento prevalente è che le opportunità di spostamento siano offerte tenendo conto delle esigenze particolari dell'utenza, caratterizzate principalmente dalla categoria sociale di appartenenza, dalle zone di residenza, dalle condizioni geografiche. In questa ottica, il t. è considerato uno strumento della politica economica e sociale e in molti casi comporta l'applicazione di tariffe non remunerative dei costi aziendali sostenuti. Per quanto riguarda gl'investimenti, l'offerta di vie e di mezzi deve tener conto non solo del grado di saturazione e di congestione delle vie e degl'impianti, ma anche dell'incentivo che i t. possono dare per impiegare risorse naturali altrimenti sotto occupate o non impiegate affatto.
Le politiche regionali, intese come l'insieme degl'interventi volti a equilibrare sotto l'aspetto geografico la diffusione dello sviluppo, mettono in particolare risalto gli effetti dispiegati dai trasporti. Fra tutti predominano oggi, per l'entità e la complessità del fenomeno, gli effetti dell'urbanizzazione, che in termini di t. sono rappresentati dalla congestione e dall'alto costo sociale necessario per garantire un'accessibilità soddisfacente ai vari distretti urbani. In breve i problemi, che la vita e la civiltà urbana hanno determinato a tutti i livelli, hanno sottoposto l'intera teoria politica dei t. a una critica serrata, sia dei concetti tradizionali, sia rispetto alle categorizzazioni che valevano ancora dieci anni fa.
Il t. sulle lunghe distanze ha rappresentato, per una generazione di tecnici e di amministratori, il principale campo d'interesse, conseguendo notevoli e specifici sviluppi (aumento generale della velocità, sviluppi infrastrutturali, come autostrade e aeroporti, sistemi di controllo del traffico, ecc.). Oggi invece i movimenti sulle brevi distanze, soprattutto nelle zone urbane, sono considerati l'area critica della tecnologia e della politica dei trasporti. Quale sia lo stato attuale dell'arte, è illustrato nella frase, amara ma vera, che ricorre nei tecnici americani: "Siamo in grado di andare sulla Luna e tornare con il minimo rischio, ma non siamo capaci di attraversare una qualsiasi nostra città senza dover sostenere un costo, in termini di tempi e di energie, sproporzionato alle distanze da superare". Questo stato d'animo fa intendere non solo la natura dei problemi attuali dei t., ma anche la direzione delle ricerche in corso, decisamente orientate ad approfondire i problemi inerenti al t. sulle distanze brevi.
Per quanto attiene alle tendenze che affiorano nel t. delle merci, i progressi più sensibili sono stati quelli conseguiti nelle cosiddette tecniche d'integrazione. Tali tecniche hanno l'obiettivo di rendere la merce caricata indifferente al veicolo trasportatore, al fine di poter essere manipolata con il minimo impiego di mano d'opera e con il massimo di automatismi. L'esempio più tipico è quello dei containers, di dimensioni standardizzate, che possono indifferentemente essere impiegati su nave, su treno o su autoveicolo. Esistono comunque numerosi altri tipi di t. integrati (treni roll-on-off, navi lash, ecc.). Dal punto di vista organizzativo, la diffusione di tali tecniche ha effetti importanti. In primo luogo la scelta del modo di t. viene ricondotta a criteri di convenienza globale del viaggio, che può essere effettuato coordinatamente da più modalità di t. (autocarri, mezzi ferroviari, navi, aerei). Sotto questo punto di vista viene sdrammatizzata la concorrenza tra i diversi modi di t., perché vengono esaltate le possibilità dei modi di completarsi e d'integrarsi fra loro affinché il t. delle merci nel suo insieme avvenga secondo criteri di ottimalità economica e tecnica.
D'altro canto, richiedendo il t. delle merci dosi sempre crescenti di capitali, la programmazione accurata dell'impiego dei veicoli diviene indispensabile perché le stesse aziende di t. possano sopravvivere secondo corretti canoni di economicità.
L'entità dei traffici. - Nel periodo 1960-78, il t. di viaggiatori è passato da circa 120 miliardi a circa 410 miliardi di viaggiatori-km, con un incremento medio annuo pari al 13%. Una grossa quota di tali traffici, circa il 73% del totale, è svolta mediante l'autovettura privata e i motocicli. Nel periodo preso in esame l'incremento medio annuo per tale modalità di t. è stato del 27% circa. Oggi però l'autotrasporto privato si trova a dover fronteggiare il fortissimo rincaro dei carburanti e, a partire dal 1974, si assiste a una diminuzione dei ritmi d'incremento del traffico svolto dalle autovetture.
Di tale inversione di tendenza hanno beneficiato a livello interurbano le ferrovie, e a livello urbano i mezzi pubblici di t. (autobus, metropolitane, tranvie). Le ferrovie, che nel 1960 trasportavano circa 27 miliardi di viaggiatori-km, pari al 25% circa del totale nazionale, sono giunte, a consuntivo dell'anno 1978, a 38 miliardi di viaggiatori-km. Tale valore, pur costituendo solo il 9% degli spostamenti totali, rappresenta tuttavia una ripresa rispetto ai livelli di traffico registrati in anni recenti.
Per quanto riguarda i t. urbani, nel periodo 1970-78, sia in conseguenza di tariffe particolarmente convenienti, sia per il rincaro energetico che ha fortemente penalizzato gli utenti automobilistici, i t. collettivi sono cresciuti da 13 miliardi di viaggiatori-km a quasi 22 miliardi, con un incremento annuo del 9%. Purtuttavia, mentre la domanda tende a crescere, persiste una grave crisi finanziaria, a livello di aziende e di enti locali, che ostacola i progetti di rinnovamento e miglioramento dei servizi. Infatti il disavanzo di esercizio delle aziende municipalizzate di t. ha superato nel 1976 i 700 miliardi di lire, cosicché i fabbisogni per i nuovi investimenti dovranno essere fronteggiati con strumenti nuovi di finanza pubblica. I traffici serviti dai servizi collettivi extraurbani (autobus e tranvie) sono invece in ripresa. Il valore dei viaggiatori-km, praticamente stazionario nel periodo 1960-70, va negli ultimi anni aumentando al ritmo del 7% annuo. Una quota di t. minore, pari al 2% circa dei viaggiatori-km, viene servita dai mezzi di t. marittimi e aerei.
Per quanto riguarda le merci, il traffico è passato da 63 miliardi di t-km nel 1960 a 140 miliardi nel 1978. L'incremento medio annuo è del 7%. I mezzi su gomma, che nel 1960 servivano circa il 60% dei traffici, rappresentano ancora oggi il modo di t. prevalente, con una crescita dell'11% per anno; nel 1978 hanno svolto circa il 62% del traffico totale. Le ferrovie, nel periodo 1960-78, sono passate da 16 miliardi di t-km a 17,5 miliardi con un incremento di quasi lo 0,5% annuo. Notevole è l'entità del t. delle merci via mare. Dal 1960 al 1975 il traffico è passato da 9 miliardi di t-km (14% del mercato) a 31 miliardi di t-km (22% del mercato), per la parte maggiore rappresentata da petrolio e derivati. In forte ascesa è il t. per oleodotto, che ormai interessa oltre il 5% del totale delle t-km. L'entità delle merci trasportate per via aerea è invece ancora trascurabile, seppure nel periodo in esame abbia fatto registrare un notevolissimo incremento.
È molto importante considerare la distribuzione geografica dei flussi di trasporto. Le maggiori intensità di traffico terrestre si registrano nell'Italia nord-occidentale, e in particolare nelle zone a più avanzato grado d'industrializzazione. Nel triangolo industriale Milano-Genova-Torino esiste infatti una fitta rete di infrastrutture sulla quale i rilevanti traffici si distribuiscono con buon equilibrio.
Al di fuori di questa ampia regione industriale, i traffici più intensi si accentrano soprattutto su poche direttrici a carattere nazionale, come la Milano-Verona-Padova-Venezia, la Milano-BolognaFirenze-Roma, la Roma-Napoli-Salerno. Altre forti concentrazioni di traffico si verificano nelle dieci maggiori aree metropolitane italiane che raccolgono oggi oltre 20 milioni di persone, pari al 40% della popolazione italiana. Si può stimare che oggi gli spostamenti annui nelle 10 maggiori aree metropolitane italiane superano complessivamente i 5,5 miliardi. Solo a Roma gli spostamenti assommano a circa 1,5 miliardi. Il 50% circa di tali viaggi viene effettuato con il mezzo pubblico. Per le particolari carenze dei pubblici servizi a livello comprensoriale, obiettivamente grave è la situazione dei cosiddetti pendolari, che quotidianamente debbono recarsi da un'origine periferica (residenza) a una destinazione sita in città (luogo di lavoro o di studio).
Il sistema dei trasporti. - La possibilità tecnica di soddisfare ai bisogni di spostamento con modalità di t. differenti costituisce il fondamento della concorrenza tra i diversi modi di t. che assume a volte toni esasperati e determina distorsioni nello svolgersi dei traffici, implicando un servizio non soddisfacente e costi relativamente più elevati. Per tali ragioni gli esperti di t. sono concordi nel sostenere la necessità che il fenomeno del t. sia studiato nella sua globalità, indicando sia le relazioni del settore dei t. con il mondo della produzione, distribuzione e consumo, sia all'intermo del settore, ricercando l'uso più conveniente per ciascuna modalità (autoveicoli, ferrovie, t. marittimi e aerei) al fine di determinare un assetto ottimo per il sistema dei t. nel suo complesso e un razionale utilizzo delle risorse esistenti.
In una politica equilibrata dei t., ai mezzi su gomma dovrebbero essere riservati gli spostamenti su distanze relativamente brevi ma particolarmente capillari nello spazio, con l'obiettivo di sfruttare al massimo le doti di flessibilità d'itinerario dell'automezzo, ai mezzi su rotaia i t. su distanze più lunghe, che richiedano elevate capacità di t. su determinati itinerari. Ai t. marittimi e aerei sono invece riservati i percorsi più lunghi in assoluto, anche a livello continentale e intercontinentale. Il metodo cosiddetto di "analisi di sistema", che si va diffondendo anche nell'ambito dei t., ha proprio lo scopo di ricercare il migliore coordinamento, integrazione, combinazione dei t. su scala urbana e interurbana, per i passeggeri e per le merci.
Tralasciando di trattare qui gli aspetti psicologici e comportamentali di utenti e produttori di servizi di t., ci limiteremo a qualche cenno sulle dimensioni del parco veicoli e delle infrastrutture.
I veicoli su gomma circolanti sono attualmente 14,5 milioni di autovetture, 4,0 milioni di ciclomotori e motocicli, 50.400 autobus, 1,1 milioni tra autocarri e autotreni. Il parco dei mezzi ferroviari si compone invece di circa 4400 locomotive, 1200 unità di trazione per manovra, 130.000 carrozze merci. La consistenza del naviglio è di oltre 3000 unità per una portata di oltre 11,0 milioni di tsl. La flotta aerea italiana che svolge servizio commerciale può essere stimata intorno ai 200 velivoli.
Per quanto riguarda la rete dei t., essa è costituita da infrastrutture lineari (strade e ferrovie) e puntuali (porti e aeroporti). Molto importante per la fluidità dei traffici sono le caratteristiche e la capacità dei diversi tronchi e dei terminali delle reti. Poiché la costruzione delle infrastrutture richiede tempi relativamente lunghi, i fenomeni di congestione, caratterizzati da un rapporto elevato tra domanda di t. e infrastrutture disponibili, sono evitabili solo prevedendo l'entità dello sviluppo dei traffici e realizzando con tempestività infrastrutture idonee a garantire capacità di t. sufficienti.
La rete stradale italiana si estende (1977) per 293.127 km, suddivisi in quattro categorie amministrative: autostrade (5615 km), strade statali (44.929 km), provinciali (100.917 km), comunali (141.666 km). Vanno poi considerate le strade urbane che sono stimate in circa 28.000 km.
Alle autostrade, che costituiscono oggi la struttura portante del t. interurbano su gomma, sono demandati i compiti di smaltire i traffici a più lunga distanza; le altre categorie di strade svolgono invece funzioni di distribuzione del traffico su scale territoriali minori, cioè a livello regionale, provinciale, comunale. In particolare si vuole sottolineare che la rete autostradale italiana è tra le più estese d'Europa ed è stata realizzata superando, mediante apprezzate opere d'arte (gallerie e viadotti), ostacoli naturali davvero ardui. L'ingente sforzo economico sopportato ha richiesto d'imporre agli utenti un pedaggio, che è calcolato sulla base dei km percorsi e della potenza fiscale del veicolo. La rete autostradale è stata estesa anche alle zone più arretrate d'Italia, dove assai ridotti sono i traffici, per favorirne un rapido sviluppo, superando il secolare isolamento, in parte responsabile dell'attuale ritardo in termini di benessere e di cultura.
La rete ferroviaria si compone di 16.300 km. Circa 8000 km di linea sono elettrificati e 5000 km a doppio binario. Le linee sono d'interesse nazionale, regionale, metropolitano. Sulle linee a carattere nazionale, il livello di servizio è soddisfacente, specialmente se raffrontato alla situazione veramente carente delle altre linee. L'azienda delle Ferrovie dello Stato ha un vasto programma di miglioramenti, di rinnovi e anche di costruzione di nuove linee. Fra l'altro tra Roma e Firenze è in costruzione una linea che potrà essere utilizzata da treni capaci di velocità dell'ordine di 250 km/h. Le linee d'interesse regionale e metropolitano sono invece in gran parte antiquate, dispongono di un parco rotabile vecchio e scomodo e conseguentemente sono ampiamente sottoutilizzate, anche per la concorrenza dei mezzi privati.
Con l'accentuarsi della saturazione stradale, la necessità di un ammodernamento e ampliamento della rete e del parco di tali ferrovie va però sempre più affermandosi, soprattutto per offrire un servizio di t. rapido ed economico ai lavoratori pendolari. Rimane comunque essenziale evitare la commistione di traffici d'interesse metropolitano con quelli a più lunga distanza. Attualmente tale fenomeno esiste su non poche linee con conseguenze assai negative sullo svolgimento del servizio.
Per quanto riguarda i porti, al Nord si colloca un numero ridotto di grandi scali come Genova, Trieste, Venezia, a cui fanno però corona numerosi porti minori con funzioni industriali, turistiche, per la pesca. In pratica, su un decimo del litorale italiano (Liguria, Veneto, parte dell'Emilia) si concentra la metà del movimento portuale, anche per il fatto che il notevole potenziale industriale della Lombardia e del Piemonte viene a pesare in buona parte sugli sbocchi marittimi più vicini. Nell'Italia centromeridionale i porti sono più numerosi ma di minore importanza, con l'eccezione di Augusta, Brindisi, Napoli, Civitavecchia, Palermo. Le prospettive di sviluppo per gran parte di essi sono legate all'esito dei tentativi d'industrializzazione in atto nelle aree retrostanti.
I porti più importanti in termini di movimento mercantile sono Genova (48 milioni di t di merci all'anno), Trieste (33 milioni di t) e Augusta (26 milioni di t); mentre per i passeggeri si segnalano Genova (411.000), Brindisi (380.000), Venezia (287.000). Da rilevare che gran parte dei traffici marittimi è costituita da merci d'importazione, mentre per le esportazioni è largamente usato il t. per via terrestre. Questo spiega perché le merci sbarcate costituiscono la grande maggioranza dei traffici portuali (oltre il 90% nei maggiori porti).
Poiché i lavori di ampliamento portuale richiedono tempi particolarmente lunghi, la congestione in alcuni porti è arrivata a livelli elevati. Per questo vengono imposti sopranoli in entrata e a volte anche in uscita.
Per quanto riguarda il movimento aeroportuale, esso può essere stimato in circa 500.000 aerei all'anno. I sistemi aeroportuali di Roma e Milano accentrano oltre il 50% del movimento complessivo. In questi scali c'è da rilevare la congestione delle piste e l'inadeguatezza delle strutture esistenti. A Roma-Fiumicino è in fase di realizzazione una nuova aerostazione, ma i lavori procedono con grande lentezza. Il Piano regolatore degli aeroporti prevede la realizzazione di una rete di 45 aeroporti di cui alcuni debbono essere riattivati e altri costruiti ex-novo.
Economia dei trasporti. - Già all'inizio è stato detto come attualmente il t. venga oggi considerato un servizio sociale che va incentivato in quanto favorisce il progresso culturale ed economico e rappresenta un elemento della politica sociale. A questo proposito si è anche parlato della "mobilità" come fatto culturale, caratterizzante l'epoca storica che stiamo vivendo.
La valorizzazione del ruolo sociale del t. ha imposto politiche dirette a favorire la mobilità, sia costruendo infrastrutture di t., sia ampliando l'offerta dei servizi, sia applicando tariffe inferiori ai costi effettivamente sostenuti. Questo orientamento in materia di politica tariffaria ha però determinato anche l'accumularsi di deficit di bilancio via via sempre più ingenti. Infatti si può calcolare che lo stato effettui ogni anno trasferimenti a favore dell'utenza superiori ai 5000 miliardi per il solo comparto dei t. terrestri (1977). Va però considerato che, per il particolare meccanismo di finanziamento a posteriori dei deficit, si verificano gravi scompensi sia sul piano dell'efficienza aziendale sia sul piano più strettamente finanziario (carente disponibilità di fondi da parte degli enti locali e conseguenti ritardi di erogazione) sia soprattutto sul piano degl'investimenti che vengono gravemente ostacolati dalla cronica mancanza di liquidità monetaria delle aziende. La gestione di un sistema così complesso, anche per le implicazioni economico-finanziarie, ha necessità di disporre di strumenti conoscitivi e d'intervento che siano funzionali ed efficaci. È nata così l'iniziativa di compilare un quadro che raccolga ordinatamente i grandi aggregati di spesa nei t. e ne indichi le fonti di finanziamento, il "Conto nazionale dei trasporti". Questo essenziale strumento per l'elaborazione della politica dei t. è ancora in fase di perfezionamento metodologico e viene pubblicato con un ritardo di 3-4 anni, che è un ritardo eccessivo perché i movimenti in esso evidenziati siano tempestivamente tenuti presenti nelle decisioni riguardanti la spesa pubblica. Comunque, anche nella sua forma attuale, esso consente di misurare l'apporto del settore dei t. all'economia nazionale. Il reddito prodotto da questo settore dell'economia è superiore al 10% del prodotto nazionale lordo e gl'investimenti, che peraltro negli ultimi anni hanno subìto una caduta in termini reali, rappresentano il 9% degl'investimenti nazionali.
Si può calcolare inoltre che nel 1975 le risorse complessivamente impiegate nel settore dei t. terrestri dai privati e dal settore pubblico assommano a circa 26.400 miliardi di lire. Di queste, solo l'8% è costituito da investimenti netti (circa 2100 miliardi). Se invece consideriamo anche gl'investimenti di sostituzione e di rinnovo (investimenti lordi), la spesa per investimenti nei t. assomma a oltre 4000 miliardi.
Le risorse erogate sono destinate all'acquisto e all'esercizio degli autoveicoli (circa 14.300 miliardi di lire), all'autotrasporto delle merci (circa 7100 miliardi), alla produzione dei servizi resi dalle Ferrovie dello Stato (2900 miliardi) e dalle infrastrutture stradali (800 miliardi). Ie voci più importanti si riferiscono alle autovetture e alle infrastrutture stradali che insieme rappresentano il 75% di tutti gl'investimenti.
Per quanto riguarda i prodotti del t. si può stimare che assommino a circa 22.800 miliardi, di cui il 95% deriva dai comparti "privati" del t. individuale, dell'autotrasporto di merci, delle autostrade. Il settore del t. su gomma è soggetto a pesanti oneri fiscali che tra imposte sulla benzina, sul gasolio, sui lubrificanti e tasse di circolazione, hanno fornito un gettito di 5454 miliardi di lire (1977).
Bibl.: F. Armani, Gli autotrasporti italiani nell'anno 1960, in Trasporti pubblici, n. 1/2, Roma 1961; Istituto centrale di statistica, 11° censimento generale della popolazione, Primi risultati provinciali e comunali sulla popolazione e sulle abitazioni. Dati provvisori, ivi 1972; id., Annuario statistico della navigazione marittima, ivi 1975; id., Annuario statistico italiano, ivi 1975; F. Armani, Gli autotrasporti italiani nell'anno 1974, in Ingegneria ferroviaria, n. 6, giugno 1975; Ferrovie dello Stato, Relazione annuale 1974, Roma 1975; id., Annuario statistico 1974, ivi 1975; Associazione nazionale fra industrie automobilistiche, Automobile in cifre 1975, Torino 1975; Confederazione italiana dei servizi pubblici degli enti locali, Trasporti urbani e metropolitani. Le osservazioni e proposte del CNEL, quaderno n. 22, Roma 1975; Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato, Industria del petrolio e bilancio energetico 1974, ivi 1975.
Pianificazione dei trasporti.
La pianificazione dei t. è il processo attraverso cui si cerca di sopperire alle deficienze del sistema dei t. che si verificherebbero in un assetto determinato da meccanismi di tipo spontaneistico. L'intervento dello stato è giustificato da diversi ordini di motivi.
Anzitutto è da rilevare che alcune infrastrutture, e in particolare quelle stradali, salvo casi particolari (autostrade), presenterebbero, qualora fossero gestite a pedaggio, un "costo di esclusione" (oneri necessari per impedire l'uso da parte dei non paganti) elevatissimo e pertanto non sarebbero realizzate da investimenti privati la cui remunerazione dovesse essere garantita dal profitto. La costruzione di queste arterie può essere ottenuta solo mediante l'intervento pubblico. Quando poi il costo di esclusione appare contenuto entro limiti accettabili, accade, come nel caso delle ferrovie, porti e aeroporti, che l'esercizio dell'infrastruttura si presenta con caratteristiche di monopolio per cui, quanto meno, la tariffazione relativa dev'essere regolamentata nell'interesse della collettività.
Inoltre il t. è largamente dominato dai fenomeni della "esternalità" e della "congestione" tra loro interdipendenti. Si definiscono "esterni" gli effetti che un atto di produzione o di consumo induce sugli altri produttori o consumatori. Poiché ogni operatore economico è motivato dal proprio interesse, egli non terrà conto nel determinare la propria azione dell'eventuale influenza sugli altri operatori. Per cui, in assenza di una regolamentazione, quando esistono effetti esterni negativi, si verificano fenomeni di affollamento i quali superano il limite accettabile in termini di ottimo economico, dando luogo alla congestione. Così, per es., ciascun veicolo che s'immetta su una strada ha un'influenza negativa sugli altri veicoli che la percorrono, nel senso che ne riduce la velocità; in assenza di regolamentazione degli accessi si può giungere sino alla paralisi del traffico. Altri esempi di esternalità sono costituiti dagl'incidenti, dall'inquinamento atmosferico, dal rumore, e in parte, anche dagli effetti del sistema dei t. sullo sviluppo urbanistico e sull'assetto del territorio. Infine, e quand'anche le ragioni accennate e altre minori non sussistessero, l'intervento dello stato sarebbe giustificato, come per ogni altro ramo dell'attività produttiva, dalla necessità di far coincidere la realtà con gl'interessi della collettività, quali sono espressi dalla volontà politica; coincidenza che potrebbe ottenersi in maniera spontanea, solo qualora si potesse accettare, insieme con altre ipotesi, quella dell'ottimalità della distribuzione dei redditi rispetto agli obbiettivi politici. Si osserva invece che proprio il sistema dei t. è adoperato come un poderoso sistema redistributivo, per correggere cioè un assetto dei redditi che non è ritenuto soddisfacente. Tuttavia, anche se l'intervento dello stato è giustificato e di fatto attuato da oltre un secolo in misura sempre crescente, ciò non comporta di per sé un assetto razionale del settore; la suddivisione delle competenze, che si rileva in tutti i paesi tra diversi ministeri ed enti, spesso tra loro in conflitto, l'insufficienza d'informazione sullo stato della rete, l'inadeguatezza dell'apparato previsionale e metodologico, la pressione di interessi particolari, sono tutti fattori che limitano l'efficacia dell'intervento.
Studi di programmazione dei t. sono stati effettuati negli ultimi decenni soprattutto in relazione al traffico di città grandi e medie e di aree metropolitane. Per iniziativa della Banca mondiale, la quale ha subordinato la concessione di prestiti nel settore alla redazione di un piano di t., molti governi di paesi in via di sviluppo hanno redatto dei programmi nazionali comprendenti l'intero sistema, aereo, terrestre e per vie d'acqua. In Italia la concessione di contributi per la costruzione di ferrovie metropolitane a comuni e consorzi di comuni è per legge condizionata alla redazione di un piano di t., ma la misura non ha ancora avuto pratica attuazione; alcuni governi regionali hanno redatto dei documenti, sia pur rudimentali, di piano.
Le tecniche di pianificazione dei t. possono suddividersi in due grandi settori: quello della "rappresentazione della situazione di fatto" che comprende anche la previsione dell'evoluzione del sistema e per la cui elaborazione esiste ormai un bagaglio dottrinario e pratico alquanto raffinato, e "l'aspetto metodologico operativo", che consente di passare dagli obbiettivi del piano alle raccomandazioni da attuare: definizione dei progetti d'investimento, scelte delle politiche di tariffazione per l'uso delle infrastrutture e, in taluni casi, definizione del riassetto degli organi preposti alla gestione e al coordinamento dei trasporti.
Lo stato del sistema viene schematizzato attraverso i cosiddetti "modelli di simulazione", di cui esistono diverse varianti. Normalmente l'area oggetto di studio viene suddivisa in un certo numero di zone, o superfici elementari, la cui ampiezza varia a seconda dell'oggetto della ricerca (esse saranno più ampie per l'analisi delle principali correnti di traffico nazionali, mentre appariranno notevolmente ridotte se, per es., l'attenzione è posta sull'individuazione delle correnti di traffico urbano). L'ipotesi che presiede alla suddivisione in zone dell'area considerata, è che a ognuna di esse si possa far corrispondere con ragionevole approssimazione un centro di generazione (o di attrazione) del traffico. Collegando tra loro opportunamente i centri delle singole zone, si ottiene un grafico, o grafo, rappresentativo della rete di t. esistente. Si raccolgono poi due serie di dati: per ogni centro di generazione, ossia zona per zona, un insieme di elementi economici (reddito pro capite, indice di motorizzazione e di singole attività, consumi, produzioni, ecc.), dai quali si presume possa dipendere l'entità dei flussi di traffico; per ogni tronco della rete si rilevano i flussi che effettivamente la percorrono, suddivisi per categorie di veicoli, di merci e per origine e destinazione delle singole unità.
Le indagini di traffico comprendono misurazioni su strada effettuate mediante l'impiego di contatori automatici attraverso cui si rilevano l'entità dei flussi veicolari insieme con le escursioni giornaliere, settimanali e mensili, l'elaborazione dei dati di traffico (quando esistono) posseduti dagli organismi di gestione di ferrovie, porti e aeroporti e inchieste sugli utenti, condotte ovviamente per campione, miranti a ottenere informazioni sull'origine e destinazione e natura degli spostamenti. Si tratta nel complesso di un procedimento laborioso, che richiede un notevole impiego di uomini e mezzi, e costituisce spesso l'aspetto di costo più alto nell'intero processo di pianificazione. Inoltre ogni elemento della rete sarà caratterizzato da alcuni elementi tipici, anch'essi rilevati in campo (inventario della rete): principalmente capacità di traffico, costo del trasporto, oneri necessari per la manutenzione. Di solito i dati d'inventario vengono codificati opportunamente affinché possano essere utilizzati in modelli di computo elettronico che forniscono i costi d'investimento relativi a diversi gradi di ammodernamento della rete. Ciascun modello di traffico è caratterizzato da una o più ipotesi sulle influenze dei fattori generatori di traffico e sulla suddivisione dei singoli atti di t. tra itinerari o tra sistemi di t. concorrenziali. Per il traffico merci si può anche procedere alla determinazione dei surplus di produzione e dei deficit, zona per zona, e per categoria merceologica. Poiché i surplus dovranno compensare i deficit, si ha luogo a considerare un traffico internazionale che si distribuirà sulla rete di trasporto. L'insieme dei dati raccolti consente di vagliare l'attendibilità delle ipotesi e quindi del modello, il grado di correlazione per i singoli fattori che contribuiscono alla generazione del traffico e in definitiva la taratura del modello stesso. Il risultato è uno schema rappresentativo della situazione esistente: variando i dati economici delle singole zone e la struttura della rete (per es., ammodernando i singoli tronchi, introducendo nuovi itinerari o nuovi modi di t.), il modello fornisce il nuovo assetto dei flussi di traffico. Così è possibile determinare l'evoluzione delle correnti di t. in relazione allo sviluppo dei fattori generatori di traffico, all'ammodernamento della rete secondo gl'interventi programmati, allo sviluppo delle misure di controllo, regolazione a tariffazione delle infrastrutture. Si comprende l'importanza assunta dai modelli di traffico, resi possibili dallo sviluppo delle tecniche di calcolo elettronico, e tali da costituire ormai un corredo indispensabile degli organismi di gestione.
Ulteriori elementi necessari all'alimentazione del modello sono i costi monetari del t., mentre il modello stesso fornisce l'entità dei cosiddetti "costi generalizzati", comprendenti cioè oltre ai termini monetari del costo anche il valore attribuito dagli utenti al tempo di percorrenza e al confort di viaggio. Detti costi costituiranno poi la base per la valutazione dei benefici corrispondenti ai diversi interventi e inoltre sono l'elemento determinante per la distribuzione del traffico tra i diversi modi di t. e tra gl'itinerari alternativi.
In generale ci si attende che un piano di t. comprenda la definizione dei seguenti punti:
a) determinazione degl'investimenti da effettuare sulla rete di t. sia per l'ammodernamento dei singoli tronchi sia per la realizzazione di nuovi collegamenti: allo scopo è necessario poter disporre in via preliminare dei progetti di massima delle infrastrutture ritenute opportune o proposte tra cui poter operare una scelta ottimale;
b) calcolo dell'anno ottimo per l'apertura al traffico delle opere strutturali di cui si è decisa la realizzazione;
c) scelta delle tecniche costruttive per le infrastrutture e delle tecniche di manutenzione, della regolamentazione e controllo del traffico;
d) scelta delle politiche tariffarie per i diversi sistemi di t. ed eventualmente per i diversi tronchi;
e) individuazione delle misure atte a garantire il coordinamento tra i diversi sistemi;
f) normativa relativa alle caratteristiche dei veicoli abilitati a circolare sulla rete;
g) progetto della riorganizzazione degli organi di controllo a gestione del sistema.
Di norma il piano è redatto per un "orizzonte temporale" pari a un ventennio, ma viene compilato con caratteristiche di elasticità, tali cioè da poterlo adattare, mediante revisioni periodiche, alle evoluzioni delle esigenze che possono differire da quelle previste al momento iniziale.
Un particolare aspetto riveste l'individuazione dell'impegno finanziario del piano, che assume caratteristiche differenti a seconda che gli oneri siano disposti preliminarmente sotto la forma di vincoli di bilancio, oppure sia il piano stesso a concorrere alla definizione dei capitali monetari, per es., come parte di un programma economico nazionale.
Le metodologie che consentono di passare dagli elementi conoscitivi a quelli decisionali possono suddividersi in due categorie: quelle basate sui criteri di efficienza economica e quelle che prevedono esplicitamente determinati obbiettivi. Il criterio dell'efficienza economica mira a ricostruire quello stato del sistema che si avrebbe spontaneamente, qualora non sussistessero le condizioni che ne impediscono il raggiungimento.
Al centro del processo decisionale si situa l'analisi benefici-costi, che determina la convenienza dei singoli investimenti infrastrutturali mediante appunto una comparazione tra i costi sociali (cioè sopportati dall'intera collettività) dell'opera e i relativi vantaggi; questi ultimi, nella duplice forma di benefici diretti (cioè afferenti agli utenti del sistema) e indiretti (cioè esterni agli utenti), vengono valutati con riferimento alle funzioni di domanda di t., fornite quantitativamente dai modelli di traffico e che si suppone rispecchino le scelte degli utenti, mentre per i benefici indiretti si ricorre a parametri di stima del comportamento dei consumatori. Benefici e costi, che si realizzano in tempi diversi, vengono comparati mediante il processo di attualizzazione effettuato a un tasso di sconto pari al costo opportunità del capitale e sono valutati mediante l'impiego di "prezzi ombra" che misurano l'effettivo valore delle risorse e che normalmente non coincidono con i prezzi di mercato.
Nell'esercizio il processo conduce alle "tariffe di efficienza", in cui il prezzo per l'uso dell'infrastruttura è posto pari al "costo sociale marginale" del t. (costo dell'ultima unità di traffico prodotto). Il procedimento, largamente adoperato negli studi di pianificazione dei t., promossi dalla Banca mondiale e da altri organismi internazionali, ha portato a risultati che sono apparsi generalmente inapplicabili ai governi interessati. E ciò soprattutto perché il processo, basato sulla "ipotesi d'indifferenza" rispetto alla distribuzione dei redditi, sul presupposto dell'autonomia delle scelte da parte degli utenti (il cui irrealismo si rileva appena si pensa al condizionamento esistente per l'uso dell'autoveicolo individuale) e sull'irrilevanza dei rapporti di produzione, tutti fatti che invece sono al centro della politica economica, conduce a un insieme di norme automatiche, solo apparentemente obbiettive, le quali non lasciano spazio per l'intervento politico. Più concreti appaiono i piani di t. redatti in relazione a particolari obbiettivi, le cui tecniche di programmazione variano in relazione ai fini considerati. Si citano a mo' di esempio:
piani miranti a ottenere una determinata distribuzione territoriale del reddito o un ottimo di detta distribuzione; i risultati possono apparire sensibilmente diversi da quelli ottenuti dalla programmazione condotta in termini di efficienza: questa infatti tende a privilegiare la dotazione di infrastrutture della regione nella quale si svolge il traffico più elevato, accentuando in tal modo lo squilibrio; ne risultano anche tariffe preferenziali per il t. dei prodotti delle regioni più arretrate;
piani miranti a riequilibrare gli spostamenti casa-lavoro;
piani relativi all'ottenimento di particolari assetti urbanistici o territoriali o al contenimento della rendita d'insediamento;
piani miranti a contribuire a intenti più generali quali, per es., un diverso assetto dei consumi (in particolare per quanto concerne l'uso dell'automobile) o il riequilibrio della bilancia dei pagamenti.
Questi e altri obbiettivi possono anche contribuire contemporaneamente a formare gli scopi del piano, determinando una "funzione obbiettivo" più generale in cui i diversi fini vi appaiono composti con pesi differenti. Non potendosi concepire un piano senza uno scopo preciso, la chiarezza e l'esplicitazione della funzione obbiettivo sono condizione logica imprescindibile e fondamento per il giudizio tecnico e politico sugli studi effettuati.
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Trasporti collettivi urbani.
Aspetti funzionali. - L'esperienza di esercizio dei numerosi impianti di t. collettivi (di seguito detti in breve "t. coll.") realizzati negli ultimi anni nelle grandi città del mondo, ha portato alle seguenti considerazioni circa il tempo totale di viaggio, il comfort, la sicurezza.
Tempo totale di viaggio. - Va suddiviso nelle componenti a1 tempo di accessibilità ai veicoli (all'inizio e al termine del viaggio, nonché nelle eventuali fasi intermedie di trasbordo); a2 tempo di attesa dei veicoli; a3 tempo trascorso nei veicoli (i due primi essendo per l'utente assai più onerosi dell'ultimo). Molti sono i vincoli che rendono difficile il contenimento dei tempi di cui in a1. In particolare vanno ricordate:1) la rigidità del percorso dei treni e del collocamento delle stazioni (ossia la pratica impossibilità di mutare il percorso o di crearne altri alternativi, nonché la grandissima difficoltà di cambiare l'ubicazione delle stazioni o d'inserirne altre); 2) l'esigenza, quasi sempre presente, di porre le banchine a livello assai diverso da quello del piano stradale (con l'obbligo quindi per gli utenti di superare dislivelli talvolta notevoli); 3) la grande difficoltà, per motivi di sicurezza e di capacità delle linee, a realizzare, nei nodi della rete, collegamenti atti a consentire il passaggio dei treni da una linea all'altra; sicché gli utenti il cui spostamento richieda tale passaggio debbono in quei nodi trasbordare dai treni dell'una a quelli dell'altra linea, col risultato di dover nuovamente affrontare per ogni trasbordo, i tempi a1 e a2. Questo genere di inconvenienti, che sono comuni a tutti i t. coll., sono assai maggiori nelle metropolitane che nelle tranvie o nelle linee di autobus.
Al contrario il tempo a3 - che, come si è detto, è per l'utente il meno oneroso - può essere nelle metropolitane notevolmente contenuto. In verità anche in queste ultime, come negli altri t. coll., esso dipende dall'intervallo fra successive fermate; questo intervallo opera in modi opposti per quanto attiene i tempi a1 e a3: al suo crescere, infatti, migliora a3 mentre peggiora a1. Se alla metropolitana si vuol dare perciò una funzione spiccatamente urbana e quindi di raccolta capillare degli utenti nel territorio, conviene impicciolire il tempo a1 riducendo la distanza tra le fermate (come nel métro parigino), accettando l'aumento del tempo a3. Il contrario va fatto negl'impianti a carattere suburbano o regionale ove interessa di più il rapido percorso di grandi distanze (come in alcune linee della metropolitana londinese). Soluzioni particolarmente ricche sono quelle di reti a carattere urbano aventi talune stazioni in comune con reti a carattere regionale per il trasbordo degli utenti dall'una all'altra (come nella rete di New York, in taluni nodi della rete di Londra e, di recente, alcune innovazioni in quella parigina). Sulla ottimazione della distanza fra le fermate dei t. coll. in relazione all'entità dei percorsi a piedi accettati dagli utenti, sembra importante ricordare l'influenza che ha avuto il diffondersi dell'uso dell'autovettura individuale quale mezzo di t. alternativo rispetto ai t. collettivi. Il risultato è che col crescere dell'indice di motorizzazione (ossia del reddito) diminuisce il percorso a piedi accettato: il che, in definitiva, porterebbe all'aumento del tempo a3 e quindi del tempo totale di spostamento, col risultato di accentuare la preferenza dell'utenza per il t. individuale. Questa situazione di cose, tuttavia, può cambiare sostanzialmente se si dotano le fermate dei t. coll. di idonei impianti di parcheggio (detto "di dissuasione") e se si valuta il tempo a1, non soltanto in relazione agl'ineliminabili percorsi di accessibilità a piedi, ma invece si considera la possibilità di raggiungere la stazione in automobile, dal punto di origine degli spostamenti. Ciò riguarda soltanto gli utenti pendolari, ossia in massima parte coloro che si spostano per motivi di lavoro (i quali, d'altra parte, sono i più numerosi clienti dei t. collettivi). È ovvio che in tal caso si possono distanziare notevolmente le fermate (sacrificando gli utenti non motorizzati) e ridurre fortemente i tempi a3. Ai fini della riduzione del tempo a1 resta in tal caso delicata la scelta del tipo di parcheggio da installare in prossimità delle fermate in relazione ai percorsi tra gli stalli dei parcheggi e le banchine delle fermate stesse e, soprattutto, ai tempi occorrenti per lasciare o riprendere l'autovettura dal parcheggio.
A parità di distanza fra le fermate la tecnica per ridurre il tempo a3 è quella stessa comune a tutti i t. coll.; ossia: contenimento dei perditempi d'avviamento e di frenatura, cioè incremento delle accelerazioni corrispondenti; dei tempi d'incarrozzamento dei viaggiatori, cioè ampliamento degli accessi alle vetture - grandezza e numero delle porte - e facilitazione del movimento degli utenti tra banchine e vetture. Tutte queste esigenze si possono soddisfare nelle metropolitane assai meglio che negli altri t. collettivi. Infatti l'universale impiego della trazione elettrica permette in queste ferrovie facilmente l'uso di alti rapporti potenza/peso, sia per la trazione sia per la frenatura; nel contempo la precisione della traiettoria guidata dal binario e la sede propria delle stazioni rendono agevole l'impianto delle banchine al livello del pavimento delle vetture.
Per quanto riguarda il tempo a2 (di attesa alle fermate), esso dipende sostanzialmente dall'intevallo fra le corse. Ed essendo la metropolitana in sede propria, e quindi non soggetta ai disturbi della circolazione veicolare promiscua, di solito è assai elevata la regolarità di marcia dei treni ed è quindi altamente probabile (assai più che per le linee tranviarie o di autobus) che il tempo massimo di attesa alle fermate non superi la metà del progettato intervallo fra le corse.
Comfort. - Va considerato: 1) il disagio del percorso di accessibilità; 2) lo scomodo dalle attese dei mezzi di t. in banchina; 3) le qualità ambientali offerte dal veicolo durante il viaggio. Così come il tempo di spostamento, di cui si è detto, anche questi aspetti vengono oggi valutati e considerati in confronto con il t. individuale, cui i t. coll. dovrebbero sottrarre utenti almeno nelle aree congestionate, nell'interesse sociale. Un punto di vista, questo, che non esisteva all'epoca in cui sorse la parte maggiore delle reti metropolitane del mondo.
Il disagio del percorso di accessibilità deriva, soprattutto nelle metropolitane, dall'esistenza di scale (specie se esposte alle intemperie), dalla lunghezza del cammino pedonale e dalla sua angustia, dalla scarsa illuminazione e climatizzazione dei cunicoli per cui spesso di deve passare. E quindi sempre più diffuso l'uso di "aiuti pedonali" sotto forma di nastri o scale mobili, cabinette mobili, ascensori e così via, i quali tanto più s'impongono, quanto maggiori sono le lunghezze e i dislivelli da superare. Il maggior incomodo delle attese dei treni in banchina è costituito dal dover restare in piedi, magari stretti nella folla (vedansi i portillons parigini o le banchine della metropolitana di Tōkyō) e dall'eventuale rumore al transito dei treni. Queste considerazioni hanno di recente portato a un accurato studio dell'arredo delle stazioni (anche dal punto di vista estetico e ricreativo) e all'insonorizzazione del binario e dei treni (impiego di acconci e ben collocati sbarramenti alle vibrazioni sonore del corpo stradale d'appoggio del binario, delle rotaie e loro sostegni, del rodiggio dei veicoli e cosi via; in verità il tutto con limitato successo).
Risultati considerevoli si possono ottenere per le qualità ambientali offerte dal veicolo. A causa della ricordata competizione con la vettura individuale, sono ormai abbandonati i vecchi concetti secondo i quali, per la brevità del viaggio, sarebbe poco importante il disporre di comodi posti a sedere. Nelle metropolitane il percorso medio del viaggiatore (sia in lunghezza sia in tempo) è più breve che non nelle ferrovie di collegamento del territorio nazionale; ma è invece, di solito, più lungo dell'analogo spostamento urbano con l'autovettura individuale nella quale il viaggio si fa stando comodamente seduti. Sicché nei t. coll. moderni, pei quali si ponga il problema concorrenziale di cui si è detto, la tendenza dovrebbe essere nel senso dell'offerta prevalente di comodi posti a sedere. Siccome, peraltro, la superficie disponibile pel carico in qualsiasi veicolo non è illimitata (a causa della limitata larghezza della via e dei raggi delle curve più "strette"), volendo destinare quasi tutta la superficie a posti a sedere, la vettura risulta di capacità molto inferiore (all'incirca a ogni posto a sedere corrispondono 2 e più posti in piedi).
Pertanto nelle linee aventi punte di carico assai elevate (come avviene sovente nelle metropolitane) occorre un maggior numero di vetture, ossia maggiori oneri d'investimento. Va detto, altresì, che nelle metropolitane e nelle tranvie, a causa della guida obbligata del binario, la possibilità di effettuare un treno di veicoli permette abbastanza facilmente di aumentare il numero di vetture e di posti a sedere (purché si aumenti la lunghezza delle banchine e quindi l'ampiezza delle stazioni), affidando tutto il treno a un equipaggio non maggiore di quello che occorrerebbe per una sola vettura (nei veicoli a guida libera, invece, come gli autobus - essendo impossibile fare il treno oltre il massimo di due veicoli - occorrerebbe moltiplicare anche il numero di equipaggi). Oltre al comfort del posto a sedere, la tendenza è verso una migliore illuminazione (che permetta di leggere comodamente durante il viaggio), la climatizzazione, l'insonorizzazione (cioè la difesa dai rumori all'interno della vettura), la morbidezza della sospensione, i comodi punti di appiglio a difesa dalle elevate accelerazioni, la protezione dai rischi di urti contro parti sporgenti, ecc.
Sicurezza. - L'utente è, giustamente, portato a stimare la sicurezza delle metropolitane superiore a quella degli altri t. coll. e soprattutto assai più elevata di quella dell'autovettura individuale. La prestazione specifica e singolare della metropolitana è l'attitudine a conseguire elevatissime capacità di t., irraggiungibili con qualsiasi altro sistema. Si sottolinea: la capacità del sistema e non la velocità dei veicoli. Questa infatti deriva dall'esistenza di una sede riservata esclusiva e priva di interferenze, sia con altre linee della stessa metropolitana sia con altri tipi di trasporto. Sicché qualsiasi sistema, in linea di principio, che disponga di una sede di tali caratteristiche, può usare veicoli veloci: gli autobus, per es., su autostrada per loro riservata (SUA) possono essere anche più veloci di una ferrovia urbana. Ma con gli autobus non si possono fare i treni; quando il carico nelle linee è elevato bisogna impiegare molti veicoli e, con la marcia a vista, di autobus a velocità elevata se ne possono far circolare un numero limitato per unità di lunghezza della linea e di tempo. Nella metropolitana invece si possono comporre lunghi (120 ÷ 150 m e più) treni che idonee apparecchiature di sicurezza permettono di far susseguire in piena velocità a breve intervallo l'uno dall'altro. Senza ricorrere a impianti troppo sofisticati è possibile oggi far circolare, in ogni senso di marcia, un treno ogni 90 sec, ossia 40 treni/h a velocità prossime a 100 km/h. Se ogni treno è lungo 120 m esso può trasportare da 500 a 1200 persone, secondo che, rispettivamente, in prevalenza a sedere o in piedi. La linea quindi è capace di offrire in corrispondenza una capacità di 24.000 o 48.000 posti per ogni ora e per ogni senso di marcia. Con impianti di sicurezza più complessi si possono superare i 60 treni/h.; capacità superiori (talvolta occorrenti presso i capolinea) richiedono stazioni particolari con molti binari. Si noti che capacità analoghe si potrebbero conseguire con le tranvie purché si potessero far circolare e far fermare sulle strade treni tranviari così lunghi; il che, in pratica, non è possibile. Si noti altresì che una tranvia, con treni lunghi e in sede riservata ed esclusiva e senza interferenze, in nulla praticamente differirebbe da una metropolitana: queste osservazioni, apparentemente banali, aprono la via a certe moderne soluzioni di cui appresso si dirà.
La guida vincolata del binario e l'importanza degl'impianti di sicurezza delle metropolitane permettono di sviluppare considerevolmente le tecniche di automazione. Queste, introdotte dapprima in forme primitive, quale ausilio e controllo del comportamento dei guidatori e degli addetti al movimento dei treni (col compito di fermare automaticamente e d'urgenza il treno cui sia stato dato un comando pericolosamente errato oppure che non abbia obbedito a un comando giusto), si sono poi perfezionate ed estese al comando completo e automatico dei treni, venendosi così a eliminare i guidatori. Infine, con l'introduzione dell'elabolatore elettronico, sono giunte a programmare e comandare automaticamente l'insieme del movimento di tutti i treni di una o più linee. La gestione, quindi, permette una notevole riduzione del personale di equipaggio e di circolazione dei treni, parte preminente dell'onere totale di esercizio. In verità queste possibilità di automazione non sono utilizzate per intero né negl'impianti più moderni né tanto meno in quelli antichi: la questione è fortemente intricata con le lotte sociali in atto. Ma l'importanza di tali possibilità di automazione resta, anche in relazione a talune ideate innovazioni di cui si dirà.
Lo spettro delle scelte tecniche. - La scelta tecnica del tipo di t. coll. da realizzare condiziona decisamente il risultato dell'analisi di fattibilità, sia dal punto di vista dell'entità delle risorse attuali e future da impiegare, sia da quello dei successi funzionali e quindi dei benefici sociali conseguibili.
La soluzione di strada ferrata al livello del piano stradale è oggi scarsamente adottata per i numerosi inconvenienti tra i quali soprattutto l'interferenza col traffico urbano e la rumorosità. Anche la strada ferrata sopraelevata è oggi quasi del tutto abbandonata, anzi sono state soppresse numerose sopraelevate esistenti. Sono state tuttavia studiate e realizzate altre soluzioni sopraelevate (dette monorotaie) tutte con veicoli gommati e con impianti leggeri per modesto traffico. La più (e comunque poco) diffusa soluzione (ALWEG) riduce la struttura orizzontale del viadotto a un'unica trave (di limitata larghezza e maggior altezza), sopra la quale scorrono carrelli di piccola carreggiata su pneumatici tenuti stabilmente in traiettoria da altri propri ruotini pneumatici, ad asse di rotazione verticale, che premono sui fianchi della trave. Su due o più di tali carrelli poggia il veicolo o il treno di veicoli (di solito articolati). Oltre alle applicazioni da esposizione (anche in Italia: Torino esposizione, ora smontata), l'impianto in esercizio più importante è quello di Tōkyō. Per quanto si affermi dai loro fautori che a questi impianti sarebbero applicabili le stesse tecniche di sicurezza e automazione delle tradizionali ferrovie urbane, tuttavia non risulta finora realizzato alcun impianto ove circolino treni lunghi e numerosi; le poche linee in esercizio funzionano con un unico convoglio a navetta. Restano gl'inconvenienti della stazione sopraelevata e dei fatti estetici e ambientali. Altre soluzioni similari sono quelle a veicolo sospeso (anziché appoggiato) sui carrelli (Safege): la struttura orizzontale del viadotto è in tal caso costituita da una trave cava, a sezione rettangolare, munita di una fessura longitudinale sulla faccia inferiore. Attraverso tale fessura passano i sostegni cui si appende il veicolo, ognuno collegato superiormente a due carrelli su pneumatici obbligati a scorrere all'interno della trave. Anche di questi impianti esistono solo modelli sperimentali o da esposizione, ove circola un solo veicolo a navetta.
In definitiva di pratico e diffuso impiego per velocità e carichi elevati non resta che la soluzione ferroviaria sotterranea, di cui è innegabile l'onerosità (ai prezzi 1979 il costo d'impianto supera i 25 miliardi di lire/km) e i lunghi tempi tecnici di esecuzione (da 1 a 2 km per anno). Donde l'interesse agli studi intesi a ridurre al minimo gli scavi; primo fra tutti, quello della sezione della galleria. La ricerca di quella ottimale è troppo complessa e specialistica per poter essere qui trattata. Basterà dire che, al fine del suo contenimento, fu ovunque preferita nella quasi totalità degl'impianti la presa di corrente con terza rotaia a quella aerea; le due terze rotaie dei due binari affiancati trovano infatti collocazione nell'interbinario, sotto alla sagoma laterale delle vetture, senza perciò richiedere maggior ampiezza della galleria. La conseguente necessaria limitazione della tensione di alimentazione (550 ÷ 750 V, c.c.) si dimostrò poi assai conveniente, sia economicamente sia tecnicamente, nella circolazione di numerose motrici, come avviene appunto in questi impianti. I pericoli dei contatti accidentali con le persone sono praticamente inesistenti perché gli addetti alla manutenzione non possono accedere alle gallerie finché vi è circolazione dei treni.
I problemi tecnici dei veicoli - nel quadro degli obiettivi funzionali di cui si è detto in precedenza - sono troppo specialistici per essere qui trattati. Basterà ricordare l'esistenza di alcuni dei più importanti per le metropolitane: la distribuzione nel treno della potenza di trazione e quindi dei carrelli motori o solo portanti; lo sviluppo di sistemi frenanti a recupero di energia per il risparmio di questa e per ridurre gl'interventi di sostituzione dei materiali d'attrito dei freni d'arresto; l'impiego di sospensioni autolivellatrici della quota dei pavimenti, da tener pari a quella delle banchine di stazione qualunque sia il carico sulle vetture; il perfezionamento tecnologico degli assi e delle ruote che in questi veicoli sono molto sollecitati; l'irrobustimento e l'alleggerimento delle casse delle vetture.
I problemi tecnici dell'alimentazione elettrica dei treni, il cui progresso tecnologico è già molto avanzato, riguarda soprattutto la protezione automatica dai corti circuiti e quindi dal pericolo d'incendio in galleria e la protezione delle tubazioni (acqua e specialmente gas) e dei cavi elettrici e telefonici interrati dalla corrosione dovuta alle "correnti vaganti".
Il settore nel quale è in maggior evoluzione la tecnica è quello degl'impianti di sicurezza, non già per quanto attiene specificamente la sicurezza della circolazione dei treni (già da tempo conseguita e consolidata), quanto per l'automazione completa della marcia dei singoli treni e della circolazione dell'insieme dei convogli.
Allo stato attuale della tecnica, dunque, la metropolitana non può che essere realizzata nella forma tradizionale di strada ferrata a doppio binario, a scartamento normale, in prevalenza in galleria sotterranea, a trazione elettrica, con treni lunghi e numerosi; estesamente automatizzata; il tutto con il conseguente impegno di ingenti risorse attuali, in maggior parte indivisibili. Nella programmazione di risorse (generalmente) scarse, ciò implica pesanti rinunce al soddisfacimento di altri bisogni; ossia è assai elevato il suo "costo-opportunità". Sono numerose le città del mondo, anche statunitensi, che affermano di non avere risorse sufficienti per tali impianti.
In talune città, anche italiane (per es., Roma), si è tentato di trar profitto da una parte degli esistenti impianti della grande rete ferroviaria. Questa infatti, installata un tempo all'intorno delle città nelle loro lontane periferie, con l'ingrandirsi di quelle si è venuta a trovare in zone centrali oppure di nuovi insediamenti. Si è pensato perciò che il collegamento di tali zone fra di loro (magari integrando la rete con talune stazioni in più rispetto a quelle occorrenti per il solo servizio ferroviario) potesse tornare utile, ancorché realizzato attraverso itinerari tangenziali e perciò geometricamente più lunghi di quelli diretti. Difatti, essendo questi percorribili con t. coll. di superficie, soggetti alla congestione stradale, richiedono tempi lunghi, generalmente superiori a quelli realizzabili con treni in servizio urbano lungo i percorsi tangenziali. Affinché l'operazione riesca è necessario che le stazioni di questa particolare metropolitana abbiano una soddisfacente accessibilità nei confronti degli obiettivi dell'utenza, altrimenti i tempi a1 diventano intollerabili. Tuttavia, in generale, la difficoltà maggiore che s'incontra è di poter disporre di due binari liberi in tal misura da potervi immettere un'intensa circolazione di treni qual è richiesta nel t. coll. urbano per contenere i tempi a2. Spesso si devono intraprendere lavori di non trascurabile importanza per creare almeno uno dei due binari, per installare impianti di sicurezza di elevata capacità, per costruire nuove stazioni. Inoltre occorrono veicoli idonei al servizio urbano dei quali le ferrovie principali non sempre dispongono adeguatamente.
Soluzioni tecniche, che diano la possibilità di differire parte delle spese, scaturiscono da un nuovo orientamento nell'impiego del tram che, in ultima analisi, differisce dalla metropolitana per la sua circolazione promiscua con gli altri veicoli, la quale ne limita la velocità e la lunghezza dei treni (e quindi la capacità).
S'immagini dunque di costruire un tronco di galleria sotterranea non profonda, di limitata lunghezza e di sezione adatta all'impianto di una ferrovia metropolitana e all'estremità di tale tronco s'installino rampe di raccordo con la rete stradale sovrastante e si utilizzi pel momento tale galleria per avviarvi, attraverso le dette rampe, treni tranviari già circolanti sulla rete tranviaria di superficie. Si otterranno i seguenti risultati: 1) Pur dimensionando la sezione della galleria e le stazioni in modo tale da poterle utilizzare in prosieguo di tempo con treni metropolitani di alta capacità (larghezza e lunghezza maggiori che nei tram), si può pel momento limitare la lunghezza della galleria al tratto ritenuto indispensabile (rispetto agli obiettivi da raggiungere) e compatibile con le risorse attuali disponibili (strumento quindi di potente divisibilità dell'investimento nella costruzione della via). E ciò, si noti, senza imporre disagevoli trasbordi agli utenti alle estremità del tronco di galleria, perché i tram, al di là di tali estremità, proseguono in superficie il loro percorso, restando integrale la loro rete. Man mano che nuove risorse si rendano disponibili, si possono costruire nuovi tronchi, non necessariamente contigui al primo, bensì nei luoghi della futura rete metropolitana ritenuti di più urgente intervento. Rispetto alla soluzione finale le rampe rappresentano una falsa spesa, poi largamente compensata tuttavia dal minor "costo-opportunità". 2) La circolazione dei tram nella galleria ne migliora la velocità. 3) L'investimento per i veicoli può essere del tutto rinviato, potendosi utilizzare gli esistenti veicoli tramviari finché lo consente la domanda di trasporto. È anche possibile ricercare un compromesso tra la larghezza degli esistenti tram, quella dei progettandi treni della metropolitana e la lunghezza di questi - tenuto conto della capacità di trasporto da conseguire alla fine - in modo tale da poter gradualmente acquistare nuovi tram (a rinnovo dei vecchi da radiare man mano) adatti a diventare poi veicoli per i treni metropolitani. Si ottiene quindi un nuovo potente strumento di divisibilità degl'investimenti e quindi di ulteriore riduzione del costo-opportunità. 4) Gl'impianti di sicurezza della metropolitana possono entrare in funzione tronco per tronco e possono essere utilizzati dai tram circolanti in galleria. 5) Gl'impianti di alimentazione elettrica pei tram sono utilizzabili anche dai futuri treni, fatta solo eccezione (salvo speciali soluzioni) per le linee di contatto. Questa soluzione è in corso di attuazione con soddisfazione in molte città dell'Europa centrale.
Negli SUA invece sembra che si stia riscoprendo semplicemente il tram, con impiego di convogli abbastanza lunghi, circolanti su strade di adeguate dimensioni. Soluzione, questa, in atto da tempo in moltissime città dell'Europa centrale, settentrionale e orientale (vedansi i lunghi tram di Vienna, Amsterdam, Copenaghen, ecc.). Le uniche città italiane che hanno conservato una discreta rete tranviaria, sono Torino e Milano.
Da ultimo va ricordata un'ulteriore soluzione avveniristica in corso di sperimentazione negli SUA e in alcune nazioni europee. Essa è ricavata da una rimeditazione delle tecniche delle monorotaie o strade guidate e dei comandi completamente automatici, in una visione spiccatamente competitiva in quanto simulativa nei confronti dell'automobile individuale. Gli obiettivi sono la drastica riduzione dei tempi a1, a2 e a3 dei quali si è detto in precedenza insieme con la riproduzione nei veicoli di un ambiente per quanto possibile simile a quello dell'automobile; ossia pochi posti tutti a sedere e di rilevante comfort. I veicoli, a comando automatico e quindi privi di equipaggio, circolano isolati e si riducono a cabinette di modeste dimensioni, dotate di ruote pneumatiche, guidate da tipi vari di "via guidata" (monorotaia o similari). Le ridotte dimensioni dei veicoli consentono anche di alleggerirli notevolmente e, con essi, anche le infrastrutture di sostegno della via; la quale finisce per prendere un aspetto assai simile, salvo i confortevoli valori delle pendenze e delle curvature, agl'impianti delle montagne russe. La trazione è elettrica, con motori tradizionali o no (si sperimentano anche motori lineari). Gl'impianti di sicurezza, derivati da quelli delle metropolitane, permettono la circolazione di veicoli ravvicinati e assai veloci. La riduzione del tempo a1 si otterrebbe attraverso un'estensione capillare della rete nel territorio, facilitata da un (presunto) minor costo d'impianto per la sua complessiva leggerezza e semplicità (restano ovviamente tutti i problemi d'inserimento di una tale infrastruttura nell'ambiente). La riduzione del tempo a2 è affidata alla seguente procedura: l'utente nella stazione d'origine del viaggio - dotata di due vie per ogni senso di marcia e ridotta alla lunghezza di uno o due veicoli in tutto - comunica, agendo su una bottoniera, la località verso la quale è diretto. Un elaboratore elettronico centrale risponde fermando nella stazione ove è l'utente il primo veicolo, eventualmente già in parte occupato, sopravveniente verso la destinazione voluta e avente i posti a sedere occorrenti (anche questi già richiesti dall'utente); ma ove un tal veicolo mancasse o bisognasse troppo aspettarlo, l'elaboratore elettronico metterebbe in moto un altro veicolo, vuoto, già disponibile nella stazione ove è l'utente o in altra assai prossima. Esiste quindi la possibilità di ottimizzare le dimensioni del sistema in modo da contenere il tempo d'attesa entro un massimo prestabilito. Inoltre sono eliminati i trasbordi. Per quanto riguarda la riduzione del tempo a3 di viaggio nel veicolo, essa si fonda sul fatto che sono eliminate le fermate intermedie perché nel veicolo si trovano solo utenti diretti a una stessa stazione finale; quanto meno, anche se ognuno fosse diretto a una stazione diversa da ogni altro, esse si troverebbero per certo tutte sullo stesso percorso e, essendo il veicolo di pochi posti, non potrebbero essere che poche. In queste stazioni il veicolo viene inviato su una delle due vie di cui la stazione è dotata, mentre sull'altra transitano veloci i veicoli che non fermano. A questo nuovo sistema è stato dato da taluni il brutto nome di "ascensore orizzontale" (che trae origine dal fatto che l'utente in stazione agisce su una bottoniera che ricorda quella di chiamata degli ascensori); da altri il nome di PRT, iniziali di Personal Rapid Transit che può tradursi in "metropolitana personale", il quale meglio ne rispecchia gli obiettivi.
Allo stato attuale delle cose nulla può dirsi circa gli scacchi pratici e i successi eventuali che tali nuovi impianti potranno avere.
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Trasporti marittimi: v. marina: Marina mercantile, in questa Appendice.
Trasporti aerei: v. aviazione: Aviazione civile, in questa Appendice.