TRASPORTO
(XXXIV, p. 213; App. II, II, p. 1015; III, II, p. 976; IV, III, p. 676)
Trasporti e localizzazione. - La domanda di mobilità fisica delle persone e delle merci è in continuo aumento e a essa corrispondono vie e mezzi di t. sempre più diversificati ed efficienti. In relazione a ciò e alle maggiori aperture dei mercati internazionali, stanno avanzando forme sempre più estese d'integrazione dell'economia mondiale, particolarmente in alcuni settori produttivi. Per questi motivi l'interazione fra t. e localizzazione non è più leggibile solo mediante schemi normativi rigidi e in definitiva semplificati −fondati di volta in volta sui costi di t. e sulla distanza, sull'accessibilità, sull'interazione spaziale, sulle reti di t. o sulle economie di agglomerazione − ma diventa più complessa e perciò si rafforza. Corrispondentemente, quote crescenti di popolazione si concentrano in zone urbane sempre più estese con enormi esigenze di relazioni economiche e sociali sia all'interno che verso l'esterno. È, quindi, alla scala delle moderne aree metropolitane che si manifesta il maggior bisogno di mobilità, cui si cerca di far fronte con infrastrutture sempre più funzionali. In ciò sono da ravvisare i maggiori problemi ambientali determinati dal traffico, aggravati in Europa dal fatto che esso interessa centri di antica origine e quindi con vincoli notevoli in termini di rete stradale e di patrimonio artistico. Sono questi gli aspetti territoriali più evidenti dell'evoluzione dei t. nell'ultimo ventennio che, se non nuovi in assoluto, sono diventati ora di eccezionale importanza, e cioè l'internazionalizzazione dello sviluppo economico, le nuove strategie e le tecnologie capaci di affrontare l'esplosione dei t. urbani, le tematiche ambientali e il problema urgente di migliorare la qualità della vita nelle medesime zone urbane.
Per certe produzioni, infatti, come quella agricola, automobilistica, elettronica o per alcuni beni di largo consumo, l'internazionalizzazione dell'economia, come strategia d'impresa e degli stati nazionali, ha condotto a un elevato grado di specializzazione e di divisione del lavoro. Le funzioni di direzione e di controllo rimangono infatti centralizzate nelle grandi metropoli del mondo occidentale, mentre la produzione viene dispersa in vari paesi, soprattutto in via di sviluppo, laddove si trovano condizioni generali favorevoli per ottenere beni il cui mercato è rappresentato dal mondo intero.
È importante osservare che i t. e le comunicazioni hanno accompagnato queste forme di diffusione mondiale dell'economia, talvolta adattandosi alle mutate condizioni dei rapporti internazionali, più spesso rendendole possibili. Le telecomunicazioni, in particolare, mentre hanno eliminato molti spostamenti fisici, hanno favorito la diffusione in tempo reale di tutte le informazioni necessarie per poter assumere decisioni responsabili, anche relativamente ai paesi più lontani. La conoscenza delle caratteristiche socioeconomiche delle diverse aree del mondo, unitamente alle migliorate condizioni di sicurezza, hanno ridotto l'incertezza che un tempo era inevitabilmente connessa con la distanza, consentendo, per così dire, d'internalizzare lo spazio, attraverso l'intermediazione dei suoi componenti sociali.
Questo, tuttavia, non sarebbe potuto accadere se non fosse in atto contemporaneamente un continuo ammodernamento delle tecnologie dei t. (jumbo, superpetroliere, ecc.) in grado di ridurre lo spazio-tempo e di aumentare l'efficienza più sui lunghi percorsi che su quelli brevi, abbattendo sensibilmente i costi medi e le tariffe per t/km nelle grandi distanze. Ciò non si trova in contrasto con la tendenza attuale del commercio internazionale, che presenta uno sviluppo più accentuato tra paesi vicini. Infatti, mentre gli scambi mantengono un gradiente negativo con la distanza (salvo forse per le relazioni con certi paesi in via di sviluppo), si sono rafforzate anche diverse forme d'integrazione tra paesi della stessa area geografica o dello stesso continente in virtù di accordi politici e di libero scambio. A favore dei traffici tra paesi confinanti, specie in Europa, un ruolo importante è tenuto dalle nuove tecniche di t. porta a porta, mediante pallets e containers trasportati nelle lunghe distanze per ferrovia o su navi roll-on roll-off tra i principali nodi ferroviari e marittimi e su carri ferroviari rimorchiati su strada fino ai destinatari finali. Ciò permette di accelerare i tempi, di ridurre i costi e di godere dei vantaggi dei tre diversi modi di trasporto.
La strategia vincente per il superamento delle lunghe distanze sembra essere quella dei corridoi plurimodali, che hanno lo scopo di ridurre la segmentazione dei t. sulle grandi direttrici nazionali e internazionali e di favorire l'integrazione intermodale. Si tratta di fasci infrastrutturali che permettono di eliminare la concorrenza tra diversi modi di t., mentre aumenta la scorrevolezza dei traffici.
È quanto prevede anche il Piano generale dei trasporti del 1986 per l'Italia secondo una visione sistemica, che vede nella rete principale dei t. e nei nodi d'interscambio, rappresentati dai porti (v. anche marina: Marina mercantile, e marittime, costruzioni, in questa Appendice), dagli aeroporti (v. anche aviazione: Aviazione civile, in questa Appendice) e dagli interporti, gli elementi essenziali per l'organizzazione del territorio, in grado d'interagire con le strutture insediative e con tutte le attività dell'uomo. In particolare, gli autoporti, realizzati un po' dovunque a partire dagli anni Settanta nei pressi delle aree metropolitane, come luoghi attrezzati per il trasbordo delle merci da mezzi di t. usati nelle lunghe distanze a mezzi più leggeri adatti per il traffico urbano, hanno avuto il grande merito di alleggerire le città dal traffico pesante, favorendo contemporaneamente la redistribuzione delle funzioni tipiche della centralità urbana.
Nuove soluzioni per i trasporti urbani. - Nel mondo industrializzato prima, e nei paesi in via di sviluppo poi, si sono formate e si vanno ampliando sempre più vaste regioni urbane, e cioè insiemi di aree specializzate e più o meno gerarchizzate per funzioni terziarie, industriali, residenziali, agricole e per il tempo libero, poste attorno a zone centrali con dimensioni relativamente ridotte rispetto all'insieme e identificabili con centri storici nel vecchio continente. Nei paesi più sviluppati sono state attrezzate con grandi impianti infrastrutturali, per garantire lo svolgimento delle diverse funzioni e assicurare la massima fluidità nei trasporti.
Le zone centrali sono multifunzionali, ma a livelli elevati. In esse operano sinergicamente fattori quali l'accessibilità, i flussi informativi e finanziari, un attivo mercato del lavoro, specifico per le attività urbane, locali di ritrovo e di divertimento prestigiosi, noti professionisti, negozi di qualità, importanti centri culturali ed educativi, che alimentano flussi intensi di pendolari e di merci tra le diverse zone periferiche specializzate e il centro e viceversa, nonché relazioni verso l'esterno della regione. I t. avvengono in prevalenza mediante vetture private e s'incanalano lungo assi radiali che fanno capo alle zone centrali e lungo assi perimetrali esterni (raccordi anulari) che mettono in comunicazione tra loro le diverse aree specializzate. Queste, peraltro, tendono a moltiplicarsi a causa dei continui flussi di immigrati, del decentramento di attività produttive e di alcune funzioni proprie delle zone centrali, per cui si pongono problemi di congestione del traffico e di organizzazione dei t. urbani a scala dell'intera regione interessata. Il problema della circolazione urbana si può ridurre al rapporto fra t. individuale, generalmente privato, e t. di massa, solitamente realizzato da enti pubblici. Il primo ha preso il sopravvento in seguito alla diffusione dell'automobile, avvenuta nei paesi a economia di mercato già dopo la seconda guerra mondiale, creando problemi di rallentamento della circolazione per la congestione del traffico e d'inquinamento atmosferico e da rumore, e contribuendo altresì alla crisi progressiva dei t. pubblici.
I t. pubblici nelle grandi città avevano trovato una soluzione già nel 19° secolo con la costruzione a Londra della prima linea metropolitana nel gennaio 1863. L'idea di un'infrastruttura ferroviaria in parte sotterranea, ma comunque in sede propria, è continuata a sembrare la più idonea nel 20° secolo, fino agli anni Settanta. Di fatto, alla fine degli anni Sessanta le reti metropolitane presenti nelle grandi città erano una quarantina, tra cui quelle di Milano e di Roma, e altrettante sono state progettate e in parte realizzate nel decennio successivo − quella di Napoli ha carattere prevalentemente suburbano. Tra le ultime, occorre ricordare quelle realizzate nelle capitali dell'Europa orientale, ove l'ex regime socialista aveva privilegiato il t. pubblico, come a Budapest, Praga, Bucarest e Varsavia, anche se ostacolate dai vincoli imposti dalla salvaguardia dei centri storici, che provocarono rallentamenti notevoli, soprattutto nella capitale polacca.
Con gli anni Ottanta nelle grandi città hanno preso l'avvio sistemi innovativi di t. pubblico, tesi a renderlo più concorrenziale rispetto a quello privato e a ridurre le negative conseguenze sull'ambiente. Le innovazioni sono state di diversa natura e hanno riguardato la dimensione delle vetture, il tipo di armamento, la motorizzazione e soprattutto il controllo della marcia, che va verso la completa automazione. I sistemi automatici di t. urbano in esercizio o in costruzione all'inizio degli anni Novanta erano una ventina, in Giappone, Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna e Francia.
Nessun sistema completamente automatico di t. urbano è presente in Italia. Ma, a monte di ciò, persistono nel nostro paese anche forti squilibri tra i diversi modi di t.; anzi, questi tendono ad aggravarsi. Nel 1988 le Ferrovie dello stato partecipavano al traffico interno delle merci solamente con il 12% del totale e la navigazione di cabotaggio con circa il 20%, mentre l'autotrasporto si è aggiudicato quasi il 63% del movimento complessivo. I dati corrispondenti al 1970 erano, rispettivamente, circa il 19%, il 27% e il 44%. Per quanto riguarda i viaggiatori, lo squilibrio a favore dei t. privati individuali è ancora più forte. Alla stessa data, le Ferrovie dello stato contribuivano con il 12%, gli autobus con poco meno del 14%, mentre le autovetture private portavano quasi il 72% dei viaggiatori; nel 1970 le quote rispettive erano 17%, 12% e 68% circa, mostrando come le differenze si fossero accentuate, sia per le merci che per i passeggeri. Ciò viene confermato anche dal traffico internazionale dell'Italia, dove i t. stradali hanno avuto uno sviluppo notevole. Ma ciò che interessa osservare è la situazione del t. pubblico delle persone in ambiente urbano. Nel 1987, a fronte di una partecipazione insignificante delle Ferrovie dello stato, stava quella notevole delle autolinee d'interesse regionale con l'81%, mentre i mezzi in sede propria, tramvie e metropolitane, contribuivano rispettivamente appena con il 9% e l'8%, denunciando, anche per questo verso, l'eccessivo peso del t. su gomma ma, contemporaneamente, il modesto ruolo svolto dai più efficaci mezzi di t. collettivo.
In molte città statunitensi e in diverse agglomerazioni del Terzo Mondo si sono nel frattempo affermati sistemi semicollettivi di t. privato, quali forme intermedie tra quelle individuali e quelle pubbliche. Si tratta dei cosiddetti carpool e vanpool degli Stati Uniti, e cioè di vetture private che trasportano da porta a porta 8÷10 pendolari che hanno concordato gli itinerari per risparmiare sui costi di t., per ovviare alle carenze dei t. pubblici collettivi e alla crescente dispersione degli abitanti nelle sempre più estese aree suburbane. Questi sistemi hanno tra l'altro il vantaggio di eliminare, o quantomeno di ridurre, i costi d'impianto dei servizi di t. pubblico e perciò vengono incoraggiati dalle istituzioni di governo urbano con agevolazioni di varia natura, amministrative o finanziarie; si calcola che siano utilizzati da circa il 20% dei pendolari negli Stati Uniti.
Per quanto riguarda il Terzo Mondo, il t. semicollettivo copre circa un terzo del movimento complessivo dei passeggeri e assume le forme di paratransit e di t. pirata; questi presentano aspetti diversi da quelli nordamericani, in quanto tendono a ovviare alla mancanza di auto private e alle carenze dei t. pubblici, con i quali entrano spesso in concorrenza, e sono praticati da imprese illegali, con mezzi supersfruttati, scomodi e insicuri. Emblematico il paratransit nel Sudafrica, causato dal pendolarismo proveniente dai dieci stati autonomi abitati da neri verso le nove principali città bianche.
Trasporti e qualità della vita. - La specializzazione spaziale e la dispersione delle residenze nelle moderne regioni urbane, appena attenuate da tendenze recenti verso il decentramento funzionale, e l'intensificazione delle relazioni internazionali hanno trovato un pronto riscontro nello sviluppo dei t. privati, favoriti dalla maggiore flessibilità rispetto a quelli pubblici. Quasi sempre la motorizzazione individuale è diventata una scelta necessaria per superare distanze crescenti e per adeguarsi alle nuove forme di divisione del lavoro, ma ora sta mettendo in serio pericolo la qualità della vita e il benessere, particolarmente nelle zone più densamente abitate. La funzione del t. influenza, infatti, in modo decisivo le condizioni sociali della popolazione, in quanto rientra come componente essenziale nel determinare il soddisfacimento individuale in termini di livello e di qualità della vita e di benessere soggettivo. Per i primi due, si tratta di stati misurabili anche con parametri oggettivi di natura economica e ambientale, mentre il terzo si può intendere come una sorta di confronto personale tra ciò che si desidera e la realtà esterna operante.
Il nesso fra t. e livello di vita appare evidente considerando le tariffe pubbliche, che sono generalmente inferiori ai prezzi di mercato e tali da rendere questa forma di t. più un servizio sociale che un servizio pubblico. Anche il rapporto con la qualità della vita emerge chiaramente dal fatto che quest'ultima si basa sulla quantità e sulla qualità delle relazioni rese possibili dalle condizioni della viabilità urbana. Il benessere, infine, consegue da un giudizio personale sulla situazione sociale e sulle condizioni d'ambiente, nonché sulle infrastrutture, particolarmente quelle di t., messe in atto per migliorarle. Per comprendere quest'ultimo punto, basti pensare al caso dell'Austria, un paese con livello e qualità della vita elevati, ma con un diffuso malessere nelle zone attraversate da frequenti mezzi motorizzati dei paesi confinanti, che ostacolano le relazioni interne e inquinano fortemente l'ambiente.
Anche sul livello e sulla qualità della vita urbana sta abbattendosi un grave condizionamento con il diffondersi della motorizzazione privata. Per il primo aspetto, occorre sottolineare che il t. individuale in genere non solo è più costoso del t. pubblico, ma contribuisce altresì a metterlo in crisi, con negative ripercussioni, dirette e indirette, sul reddito individuale e, quindi, sul livello di vita. Per quanto riguarda il secondo aspetto, va ricordato che l'eccessivo pendolarismo, determinato dalla specializzazione dello spazio, e il crescente inquinamento atmosferico e acustico sono causa di sradicamento dal proprio ambiente e di continuo abbassamento degli standard di vita. Non solo, ma ogni intervento volto a razionalizzare il traffico privato (sensi unici, pedonalizzazione dei centri storici, maggiori parcheggi, ecc.) ha dimostrato una produttività decrescente, risolvendosi in un aumento del traffico o, nella migliore delle ipotesi, semplicemente in un suo accumulo altrove.
Né i modelli classici della domanda di t., fondati sulla teoria dell'utilità, sono più sufficienti a dare risposta alle nuove istanze basate sulla qualità della vita e sul benessere, che mirano a ridurre il tempo-spazio del t. entro cosiddette ''zone ambientali'' escluse dalla circolazione di transito, nelle quali si realizza buona parte delle relazioni in un ambiente risanato. Si tratterebbe, in sostanza, di ripetere le stesse condizioni presenti in molti centri piccoli e medi, scelti sempre più di frequente per fini residenziali e per localizzarvi attività a tecnologia avanzata. Risulta quindi evidente che occorre rivitalizzare il t. pubblico come componente essenziale dell'organizzazione del territorio, favorendo usi diversificati del suolo anche in ambiti relativamente ridotti, come quelli del quartiere urbano, e sostituendo strutture reticolari alle attuali prevalenti strutture radiali. In questo contesto, andrebbero favoriti le vie e i mezzi di t. che utilizzano una sede propria, collegati con la rete ferroviaria nazionale, alle cui stazioni e nodi d'interconnessione modale dovrebbe essere assicurata la massima accessibilità.
Bibl.: M. Wolkowitsch, Géographie des transports, Parigi 1973; G. Alexandersson, International trade and cargo transport in the 1980s, in Changing maritime transport, a cura di C. Muscarà, M. Soricillo e A. Vallega, 1, Napoli 1982, pp. 19-39; International Geographical Union (IGU), Working group on geography of transport, Transport geography facing geography, a cura di C. Muscarà e C. Poli, Dipartimento di Pianificazione territoriale e urbanistica, Università di Roma, 1983; H.P. White, M.L. Senior, Transport geography, Londra 1983; C. Muscarà, Introduction, IGU, Working group on transport geography, Urban transport and decentralization: a geographical survey, in Bollettino della Società Geografica italiana, suppl. speciale, 11, 3 (1986), pp. 5-26; B. Egidi, Il piano generale dei trasporti: aspetti geografici di un progetto di razionalizzazione delle comunicazioni, ibid., 11, 5 (1988), pp. 653-69; Traffico urbano e qualità della vita in Italia, a cura di B. Cori, Bologna 1988; P. Micoli, Trasporti e qualità della vita nei centri urbani, in Geografia, 12 (1989), pp. 4-9; G. Baldassari, Entità dell'intervento pubblico nel settore dei trasporti, in Economia Pubblica, 6 (1990), pp. 279-94.
I trasporti in Italia. - Secondo calcoli effettuati dal Conto nazionale dei trasporti, nel 1992 in Italia la spesa nel settore dei t. è stata di 414.800 miliardi, di cui 373.200 sono stati spesi dai privati. Benché le attività di t. siano considerate servizio pubblico o di pubblica utilità, l'incidenza della spesa pubblica sul totale delle spese del settore è stata perciò del 13,7%, segnando una certa contrazione rispetto alla percentuale di spesa degli anni precedenti. Sempre secondo la stessa fonte, nel 1992 l'incidenza del settore dei t. sul valore della produzione dell'intera economia è stimata dell'8,78% (5,4% secondo i dati della contabilità nazionale, che calcola in modo differente i cosiddetti t. in conto proprio). A parte il divario fra le due stime, si tratta in ogni caso di un'incidenza del tutto adeguata ai valori dei paesi più industrializzati, a conferma che ormai la nostra economia ha raggiunto, malgrado i tanti squilibri, un alto grado di omogeneità con i più avanzati sistemi nazionali produttivi.
All'interno di questa complessiva omogeneità a livello aggregato, esistono alcune difformità sempre più evidenti, e difficilmente sostenibili, a misura che ci si avvicina alla realizzazione dell'Unione Europea. Per fare un esempio, si possono citare i valori relativi alla distribuzione percentuale del traffico merci fra la ferrovia e la strada. Secondo una stima CEMT (Conferenza Europea Ministri dei Trasporti), nel 1992 in Germania le merci trasportate per strada furono 3,2 volte quelle trasportate per ferrovia, in Francia (1993) 2,5 volte, nel Regno Unito 9,7 volte, in Italia, sempre nel 1993, 9,0 volte. La quota del traffico merci trasportate per ferrovia è andata in Italia progressivamente riducendosi, come del resto è avvenuto in tutti i paesi europei, con pesanti implicazioni anche sul piano degli investimenti. Altra vistosa anomalia italiana è costituita dalla ridotta entità dei costi che vengono coperti dalle tariffe nel t. pubblico locale. Si tratta di una percentuale così bassa, talora inferiore al 20%, che non ha quasi riscontro in Europa, il che obbliga a ripianare i bilanci con contributi del Tesoro, anche con tecniche di finanziamento che rendono l'onere più costoso del necessario.
L'anno 1993 è stato per l'Italia assai negativo sotto il profilo della congiuntura. L'anno 1994 e le prime stime per l'anno 1995 prospettano un orizzonte nettamente migliore per effetto della forte domanda di esportazione ( + 10-11%) che si è trascinata dietro una significativa ripresa della produzione industriale ( + 5-6%). Il traffico merci per ferrovia a fine 1994 ha registrato una crescita dell'11,4% rispetto al 1993, superando con 22,9 miliardi di t/km i valori registrati nel 1992. I primi cinque mesi del 1995 confermano questa elevata crescita di traffico ferroviario merci con una variazione rispetto ai primi cinque mesi del 1994 che raggiunge il 12,9%.
Pochi indicatori congiunturali consentono di mettere a fuoco l'attuale condizione dei vari settori del t. terrestre. Il traffico merci autostradale, che per tutti gli anni Ottanta era cresciuto a un ritmo annuale molto elevato, ha subito un progressivo rallentamento di crescita a partire dal 1988, scendendo in alcuni mesi del 1993 (aprile, giugno, ottobre) addirittura a decrementi percentuali, rispetto ai valori dei rispettivi mesi dell'anno precedente. Questo rallentamento della domanda ha avuto severe ripercussioni sull'industria produttrice dei veicoli e dei mezzi di trasporto. Per es., a partire dal 1991 la domanda di autocarri nuovi è andata diminuendo di anno in anno, con variazioni negative che hanno toccato un massimo nel mese di giugno 1993 (−29,9% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente). La tendenza negativa si è protratta nei mesi successivi. La severità della recessione si è estesa anche ai consumi privati di mezzi di trasporto. La domanda di nuove autovetture è diminuita a partire dall'ottobre 1992, con tassi di variazione negativi rispetto agli anni precedenti assai significativi: per es. nel mese di aprile 1993 il numero delle nuove vetture immatricolate fu inferiore del 41,2% rispetto a quello delle vetture immatricolate nel 1992. Nel complesso le vendite di autovetture per il mercato interno sono state nel 1993 inferiori del 15% a quelle dell'anno precedente. Solo dalla primavera del 1994 questi trends negativi relativi alle vetture sono stati migliorati.
Altrettanto severa è stata la congiuntura nel t. ferroviario, sul quale esiste una quantità maggiore di informazioni e di stime attendibili. Interrompendo un trend che era in fase positiva dal 1986, a fine 1993 i viaggiatori erano diminuiti del 2,6% rispetto ai viaggiatori/km dell'anno precedente, con una caduta del traffico particolarmente severa proprio nel periodo estivo, quando generalmente il movimento turistico tende ad aumentare, come di fatto è avvenuto anche in un anno negativo come il 1993 e sia pure di solo l'1,7%, nel numero dei viaggiatori/km registrato sul sistema autostradale. Altrettanto può dirsi per il t. merci tramite le Ferrovie dello stato, che a fine 1993 accusava una contrazione del 5,5% rispetto all'anno precedente. Per una corretta interpretazione dei dati congiunturali relativi al t. ferroviario delle merci, bisogna tener presente che il t. da e con l'estero rappresenta circa il 61,7% del totale delle t trasportate, e la contrazione che si è registrata nel 1993 va attribuita soprattutto al commercio con l'estero. In particolare il traffico in importazione ha accusato una netta perdita dell'8,7%, mentre il traffico di esportazione ha registrato una perdita più contenuta, −3,5%, rispetto al 1992. Il t. merci interno delle ferrovie anche nell'annata congiunturalmente negativa è invece aumentato del 2,5%, così come sono aumentati i traffici containerizzati (+9,5%) e quelli combinati (+3,2%).
Un'osservazione importante per gli analisti dei fenomeni relativi al t. è che in un anno di grossa difficoltà congiunturale quale è stato il 1993 la percorrenza media di viaggiatori è risultata di 107,6 km, mentre la percorrenza media della t di merce trasportata è passata da 317 a 311 km: dati che non sono facilmente interpretabili, almeno a questo stadio molto aggregato, ma che comunque, se fossero confermati da un'analisi più disaggregata, posizionerebbero la funzione ferrovia entro un raggio d'azione che, sempre parlando per valori medi, sembra troppo ampio per lo svolgimento in condizioni ottimali di un ruolo significativo nel caso dei viaggiatori ''locali'' o regionali, e su distanze troppo brevi per i t. delle merci. Se quest'ipotesi fosse fondata, se ne potrebbe dedurre che alcune macroscopiche difficoltà che le ferrovie stanno incontrando per adeguarsi alle condizioni attuali del sistema economico-sociale italiano, andrebbero viste piuttosto sotto il profilo dell'attuale struttura che sotto il profilo semplicemente congiunturale. Per es., la distanza media percorsa dai viaggiatori, che come s'è detto risulta attualmente di 107,6 km, presenterebbe un forte scostamento rispetto ai risultati dell'ultimo censimento della popolazione, 1991, che, a proposito della mobilità giornaliera, registrava 27 milioni di spostamenti giornalieri, dei quali ben il 70% avvenuti nell'ambito dello stesso comune. La congiuntura però si è modificata nel 1994, confermata dai primi dati del 1995, con una notevole ripresa dei consumi privati (da −2,5% del 1993 a + 1,6% del 1994 e 1,6% previsto per il 1995), delle correnti di traffico da e per l'estero e, conseguentemente, della produzione industriale; variabili queste che, come si è visto, influenzano profondamente il t. ferroviario delle merci.
Numerose e di grande rilievo sono le novità intervenute nell'ultimo decennio nell'ordinamento istituzionale dei t. interni, a cominciare dai rapporti fra lo stato e le imprese. Al centro di queste innovazioni si colloca la nuova condizione in cui operano le ferrovie. A partire dal 1903, fino al 1985, l'esercizio delle ferrovie appartenenti allo stato è avvenuto nella forma di azienda autonoma, cioè come un'attività diretta dello stato, ma con un bilancio autonomo, e inquadrato nella contabilità statale ma con alcune norme speciali. Nel 1985 le ferrovie hanno cessato di essere un'azienda autonoma, e sono dapprima diventate un ente economico dello stato, proprietario delle attività demaniali già afferenti all'azienda, con l'obbligo di conseguire un bilancio in pareggio, soprattutto grazie a una certa autonomia nella determinazione delle tariffe, e all'applicazione, nei rapporti economici e giuridici con il personale, di norme d'impiego di tipo privato. Quest'ordinamento dette luogo a parecchi inconvenienti, e nel 1992, dopo che l'ente era stato posto in regime commissariale, si procedette alla sua definitiva trasformazione in società per azioni, con un adeguamento sul piano formale alle norme giuridiche e amministrative delle società di diritto privato. Questa condizione non è priva di ambiguità. Nella nuova società sopravvivono alcuni vincoli fondamentali derivanti dalla sua origine pubblicistica, per es. per quanto attiene ai poteri di approvazione delle tariffe, e sul piano sostanziale per l'impossibilità della società di provvedere all'esercizio dei servizi senza un adeguato e cospicuo contributo del Tesoro, per non parlare degli investimenti, le cui fonti finanziarie sono praticamente tutte poste al di fuori della sua portata.
Le conseguenze di queste ambiguità sono facilmente avvertibili. Il bilancio del 1993 ha accusato una perdita di poco inferiore ai 4000 miliardi, cui però sono da aggiungere altri 14.000 miliardi di contributi corrisposti dal Tesoro a vario titolo, di cui circa 10.000 per l'esercizio corrente. Per gli investimenti, il contratto di programma per il periodo 1995-97 prevede una spesa complessiva di 40.000 miliardi, di cui 30.000 provengono dal contratto di programma firmato nel 1992, e 10.000 provengono da stanziamenti previsti dalle leggi finanziarie degli anni 1994 e 1995. Una quota significativa degli investimenti è destinata alla costruzione della cosiddetta ferrovia ad ''alta velocità'', per la realizzazione della quale si pensa di ricorrere anche all'intervento di capitale privato, che tuttavia a rigore non sarà un capitale di rischio, giacché godrà della garanzia dello stato, sia per il pagamento degli interessi sia per il rimborso del capitale. Anche se le priorità fissate dagli investimenti ferroviari si concentrano sulla linea ad ''alta velocità'', che è un progetto di grande interesse per le imprese costruttrici dell'infrastruttura e del materiale rotabile, essenziale resta l'obiettivo strategico e politico di ridurre l'entità dei trasferimenti di risorse finanziarie pubbliche al settore dei t. interni, considerati nel loro insieme. Purtroppo bisogna dire che, nonostante tale obiettivo sia stato identificato da tempo, non sono state neppure gettate le premesse perché un certo effetto in questa direzione sia ottenibile nel medio tempo. Un recente studio ha, per es., messo a fuoco certe aree critiche del risanamento delle ferrovie, quali risultano dal piano d'azienda collegato con il contratto di programma per il periodo 1992-95. Fra queste spiccano: la riduzione della rete di circa 2000 km, da effettuarsi eventualmente d'accordo con le Regioni; gli aumenti tariffari, giudicati necessari dalla società, ma che incontrano ovviamente molte resistenze; la necessità di assicurare un maggior volume di traffico, da ottenersi con un migliorato coordinamento con i t. su strada tanto per le merci che per i passeggeri; infine, la riduzione del costo del lavoro, che malgrado la congiuntura sia stata sfavorevole, è aumentato, per unità di addetto, dal 1990 al 1993, da 55 a 67 milioni di lire, valore che presenta scarti positivi di non lieve entità sia rispetto al costo medio italiano dell'addetto all'industria, sia rispetto ai costi del lavoro nelle altre reti europee.
Anche il settore dei t. locali accumula ormai disavanzi di esercizio che superano i livelli stabiliti dalla legge istitutiva del Fondo nazionale dei trasporti (l. 151 del 1981), in base alla quale lo stato assicura tuttora ai t. locali, attraverso la Legge finanziaria (in attesa della legge di riforma del t. pubblico locale) un contributo annuale, collegato al deficit ''programmato'' (gli stanziamenti per il Fondo nazionale dei trasporti previsti dalla Legge finanziaria 1994 e 1995 sono stati rispettivamente di 4764 miliardi e di 5128 miliardi). Ma i disavanzi accumulati dalle aziende di t. locale hanno sistematicamente superato i limiti previsti, cosicché periodicamente, in aggiunta a quanto era stato già previsto dalle Leggi finanziarie e da specifiche leggi di settore (l. 18 del 1987), lo stato è intervenuto a ripianare gli ulteriori deficit di esercizio. L'ultimo di questi interventi è stato fatto con il D.L. 98 del 1° aprile 1995, convertito nella l. 30 maggio 1995 n. 204, che accorda al t. pubblico locale 6600 miliardi in dieci anni per la copertura dei disavanzi di esercizio non coperti con il Fondo nazionale trasporti, accumulatisi nel periodo 1987-93.
È da notare che il valore attuale di questo contributo risulterà alla fine minore a seconda delle condizioni alle quali le singole regioni riusciranno a scontare le quote di annualità a ciascuna spettanti. Ma anche le 27 ferrovie concesse ai privati o affidate alla gestione governativa, da qualcuno definite come ''3000 km di sprechi'', partecipano all'assegnazione delle risorse pubbliche, con 1500 miliardi di contributo annuale per l'esercizio 1993. A fronte di incassi di 171 miliardi registrano costi di esercizio di 1632 miliardi. Anche in questo caso i provvedimenti e i progetti che incessantemente sono stati predisposti non sembrano approdare ad alcun risultato concreto, benché il numero dei viaggiatori sia andato diminuendo nel tempo.
Bibl.: ECMT (European Conference of Ministres of Transport), Trends in the transport sector, 1970-93; Ministero dei Trasporti e della Navigazione, Conto Nazionale dei Trasporti, Roma 1994; Ufficio di Statistica Ferrovie dello Stato, Le FS in cifre, 1994; ANFIA, Automobile in cifre, Roma 1994; Ministero dei Trasporti e della Navigazione, Il trasporto pubblico locale, ivi 1994. Id., Radiografia delle Ferrovie dello Stato, ivi, marzo 1994; Id., Le ferrovie in concessione e in gestione governativa, ivi 1994; United Nations, Annual bulletin of transports statistics for Europe and North America, 1995; Banca d'Italia, Relazione annuale - anno 1994, Roma, maggio 1995; FS - Area Trasporto - ULTM, Osservatorio merci: Economia e traffico, maggio 1995; Prometeia, Rapporto di previsione, giugno 1995; ISCO (Istituto nazionale per lo Studio della Congiuntura), Rapporto semestrale, n. 64, luglio 1995.
Trasporti urbani. - Prestazioni dei sistemi di trasporto. - È opportuno sottolineare innanzitutto l'importanza che la velocità (detta commerciale, se tiene conto del perditempo alle fermate) del veicolo, o del mezzo, riveste nel dimensionamento dei sistemi di t. urbano. La velocità più alta riduce il tempo di viaggio complessivo che il passeggero impiega per coprire la distanza desiderata da porta a porta. Al tempo corrispondente al percorso sul mezzo vanno aggiunti i tempi necessari per gli spostamenti a piedi, per i movimenti all'interno delle stazioni (compresi quelli su scale mobili, ascensori, tapis-roulants, ecc.) nel caso delle metropolitane, e per le soste o attese, quando si tratti di sistemi intermittenti quali sono per la maggior parte quelli in uso. Dal punto di vista dell'impianto, l'aumento di velocità consente un aumento della portata (posti/h passanti in una sezione della linea) a pari numero di veicoli oppure consente una minor quantità di veicoli o treni, a pari portata.
L'aumento di velocità è limitato dalla velocità critica, che dipende dal distanziamento minimo tra due veicoli. Quest'ultimo cresce, a pari decelerazione, grosso modo con il quadrato della velocità d'inizio frenatura, mentre la portata cresce solo linearmente con la velocità media. La velocità critica è quella al disopra della quale la distanza di sicurezza tra i veicoli dovrebbe essere superiore alla lunghezza della linea diviso il numero prestabilito di veicoli. Altra limitazione della velocità commerciale sulle tratte urbane (tra 200 e 800 m) deriva dalle accelerazioni massime positive e negative e dalle loro derivate (contraccolpi) accettabili per i passeggeri. Finalmente la velocità commerciale è influenzata dalla durata delle fermate, specie nei sistemi a tratte brevi. In uno studio (Fea 1989) sono analizzati i tempi effettivi di viaggio da porta a porta per diversi spostamenti a piedi, diversi percorsi sul mezzo e diverse velocità commerciali, frequenze di passaggio, distanziamenti, ecc. Lo studio fa vedere che, nel confronto tra metropolitane con velocità da 28 a 38 km/h e tram a 22 km/h, le differenze nei tempi totali di viaggio sono trascurabili, specie con eguali frequenze di passaggio e per spostamenti sul mezzo (viaggio medio) compresi tra i 3 e i 5 km. Questo spiega la tendenza a riproporre il tram per i t. urbani di distribuzione, ma in sede propria, separata in gran parte o in tutto da altro traffico, sia automobilistico che pedonale. L'autobus in sede promiscua è poco efficiente proprio in relazione alla bassa velocità commerciale che difficilmente supera i 12 km/h. Quando si tratti invece di metropolitane regionali (v. App. IV, ii, p. 462) che attraversano il centro urbano con distanze tra le fermate superiori al km, le alte velocità conseguibili nel percorso sul mezzo ne rendono preferibile l'uso, rispetto a coesistenti metropolitane urbane, sovraccaricando però il sistema regionale nelle zone centrali, com'è accaduto a Monaco di Baviera e a Parigi.
Se dal punto di vista del tempo di viaggio, tram e metropolitana si pongono in alternativa, dal punto di vista dei viaggiatori trasportati, l'impianto di tipo ferroviario vero e proprio non può avere rivali in ragione della maggiore capienza o capacità dei treni. È divenuta consuetudine indicare, per il confronto fra i sistemi, la portata oraria o flusso in posti/h, ma questo solo dato non consente di avere un'idea dei viaggi che si possono compiere su una certa linea né del perditempo dei viaggiatori. Sulla base della sola portata si avrebbero infatti 40.000 posti/h tanto in una metropolitana, con treni da mille posti distanziati di 1 km e a 40 km/h, che in una parata, con righe di dieci soldati distanziate di 1 m e a 4 km/h.
La portata in posti/h è data da posti/veicolo moltiplicato velocità/distanziamento o dall'equivalente formula: densità lineare per velocità, cioè dai posti/km per la velocità. Moltiplicando questa portata per la lunghezza della linea (L) e dividendo per il viaggio medio (D) si hanno i viaggi/h di lunghezza D offerti dal sistema in un senso di marcia, nell'ipotesi che a ogni stazione salga o scenda un egual numero di viaggiatori. Infine, molto semplicemente, i viaggi di lunghezza D offerti dal sistema sono dati dal numero di posti disponibili lungo la linea per la velocità commerciale, diviso il viaggio medio. È chiaro che l'impianto va dimensionato per la tratta più carica e che necessariamente le altre lo saranno di meno, con una minore utilizzazione dei posti disponibili. Da qui la necessità di premettere ai progetti un'adeguata previsione dell'origine e destinazione dei singoli viaggi durante le ore della giornata, se si vuol conoscere la futura utilizzazione dell'impianto. Se si considera il viaggio medio di 1 km, il prodotto: posti disponibili × velocità commerciale, dà la potenza di t. di una linea in posti km/h. È detta ''potenza'' in quanto a ogni posto/km, cioè al percorso di 1 km, è associabile il lavoro necessario per compierlo, che dipende anche dalla massa del passeggero e dalla quota parte di massa del veicolo che gli compete (il lavoro nell'unità di tempo è appunto una potenza). Come la potenza non basta a definire la dimensione di un motore, anche in questo caso andrebbe indicata la velocità alla quale tale potenza è fornita. Nel t., tuttavia, il dato non fa risaltare il perditempo di viaggio che interessa il passeggero. Allora per ciascuna potenza di t. si può indicare il perditempo complessivo dei passeggeri che, durante un'ora, è dato (in ore) dallo stesso numero che rappresenta i posti disponibili in linea. Dividendo tale dato per i viaggi fattibili in un'ora, si ha il perditempo per ciascun viaggio. A pari potenza di t. è migliore il sistema che richiede meno posti in linea perché è quello più veloce. Consegue anche che, a pari potenza di t., è più ''leggero'' il sistema con maggiore velocità commerciale, posto che, per diverse velocità, la quota di massa aggiuntiva a quella del passeggero, dovuta al veicolo col suo motore, sia la stessa. Se poi si evitano in tutto o in parte le gallerie, i viadotti e le stazioni sotterranee, è l'infrastruttura che si può ritenere più leggera. Il termine ''metropolitana leggera'', introdotto negli ultimi tempi in Italia, si giustifica dunque con la seconda spiegazione o altrimenti con il fatto che le prestazioni e in particolare la potenza di t. e la velocità sono inferiori a quelli di una metropolitana tradizionale.
Poiché accorciare le stazioni e diminuire la capacità dei treni comporta un maggior numero di vetture o treni per ottenere una determinata potenza di t., si tende a realizzare sistemi automatici senza personale a bordo. Con questo si aumenta la velocità critica per la maggiore efficacia e il migliore affidamento di un distanziamento e di una regolazione della circolazione affidati a elaboratori elettronici. Ovviamente ciò richiede di nuovo una sede del tutto isolata (enclave).
Per indicare le dimensioni e le prestazioni di una linea di t. sono quindi sufficienti i seguenti parametri: potenza massima oraria di t. in viaggi km/h e numero di posti offerti su ciascuna linea che è anche il perditempo orario totale in posti h/h. La conoscenza della lunghezza del viaggio medio consente infine di valutare l'effettivo numero di viaggi che vengono effettuati nell'ora, cioè la quantità prevedibile di viaggiatori per l'ora di maggior traffico.
Problemi organizzativi. - Le problematiche essenziali dell'organizzazione dei t. pubblici urbani sono: l'entità del contributo statale da versare all'azienda per garantire il servizio, il tipo di controllo da esercitare sulla qualità offerta, le modalità di calcolo delle tariffe per le varie classi di utenti, il finanziamento pubblico delle nuove infrastrutture.
In Italia il passaggio dallo stato ai comuni e alle regioni dei poteri legislativi sul t. locale non comporta differenze sostanziali rispetto ad altri paesi, se non per la pratica mancanza di uno strumento efficiente di controllo dell'esercizio. La produttività e l'efficienza delle aziende si sono degradate e la richiesta di sovvenzioni pubbliche rimane legata alla sola esigenza di assicurare il servizio (in Italia il rapporto ricavi/costi, mediamente pari a 0,88 nel 1960, era nel 1983 pari a 0,20). D'altronde le richieste sindacali, non trovando alcun freno nella controparte aziendale, non motivata da alcun obbligo contabile di gestione, hanno fatto crescere in modo spropositato gli oneri del personale. Nel 1979 l'incidenza media degli oneri del personale per le aziende di t. locale raggiunse mediamente il 77%; nel 1994 si è stabilizzata intorno al 70%. Soltanto nel 1990 si è elevato il costo del biglietto a un livello più vicino a quello medio di una città nord-europea, statunitense o giapponese. Con nuove leggi si va configurando da un lato un intervento dello stato più snello nei riguardi dei finanziamenti di nuove infrastrutture e dall'altro una maggiore attenzione e controllo nei riguardi del ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto. Una maggiore libertà da parte delle aziende per fissare le tariffe non deve far dimenticare un rapporto corretto tra prezzo e qualità.
Il problema della dipendenza delle aziende di t. dai poteri locali è tornato di notevole attualità all'inizio degli anni Ottanta anche e specialmente nei paesi anglosassoni. In seguito a un processo di sganciamento da tali poteri (deregulation), in Inghilterra alcune linee di t. urbano sono state concesse in gestione a privati, con l'obbligo di garantire un certo livello di servizio, ma con libertà di variare la tariffa entro livelli abbastanza ampi. I sistemi tariffari attualmente utilizzati risultano oltremodo variabili: si passa dal biglietto orario valido su tutta la rete, al sistema di tariffe a zone (Londra, Monaco di Baviera, Amburgo) nel quale il prezzo del biglietto cresce all'aumentare delle zone o delle sezioni attraversate, sino alla carta magnetica, che è stata sperimentata con successo in numerose aree della Francia.
I nuovi sistemi tramviari. - A fronte della costante crescita delle auto private, hanno continuato a svilupparsi ovunque non solo le linee metropolitane, ma anche quelle tramviarie e quelle che, in vario modo chiamate, adottano treni di una o più vetture di dimensioni e capienza tramviarie e sede quanto possibile riservata, ma con infrastrutture più semplici rispetto a quelle delle metropolitane e ovviamente con potenze di t. più modeste.
Notevole il fatto che questo tipo di linee tramviarie sia presente proprio negli Stati Uniti, paese nel quale intorno agli anni Venti vi era un'estensione di linee tramviarie urbane e suburbane di ben 74.000 km. Quelle linee furono chiuse nel decennio successivo, quasi ovunque sopraffatte dall'uso dell'auto privata negli spostamenti pendolari (in USA detti commuters). Oggi, per converso, si tenta di mitigare l'eccessivo automobilismo urbano proprio con queste linee tramviarie, laddove non convenga porre mano alle costose metropolitane sotterranee. Il tram ricompare dunque come Stadtbahn per i tedeschi, come LRT (Light Rapid Transit) per inglesi e statunitensi e come Metro leggera per noi italiani dato che, anche nel nostro paese, i costi e i tempi enormi per la realizzazione di linee metropolitane spingono molte amministrazioni a riconsiderare l'uso del modo tramviario.
Alcuni esempi, in particolare quello di Zurigo che dispone di una rete tramviaria di 170 km, decisa nel 1977, dimostrano che una limitazione della circolazione e soprattutto della sosta automobilistica nelle strade destinate al tram, che consenta allo stesso velocità elevate, può risolvere economicamente il problema del t. urbano, specie in connessione con metropolitane regionali; cosa del resto ampiamente praticata in Germania fin dai tempi della ricostruzione (1946). Naturalmente le specifiche conformazioni e condizioni economico-sociali delle singole città possono influenzare le scelte tecniche, ma è certo che in nessun caso è possibile adottare la promiscuità t. collettivo-t. individuale su strada, a parte ogni considerazione ambientale.
Trasporto urbano e ambiente. - L'autobus costituisce un indiscutibile fattore d'inquinamento atmosferico e acustico urbano, vincolato com'è all'impiego del motore diesel, il quale tra l'altro è costretto a condizioni di lavoro sempre più difficili e contrarie alla sua natura (regimi di rotazione continuamente variabili anziché costanti). È indispensabile quindi una selezione del carburante e una continua attenzione alla messa a punto dei motori. Per filtrare le emissioni, sono anche disponibili filtri ceramici di elevato costo e manutenzione, ma finché si tratterà di usare combustibili organici, è inevitabile il ''consumo'' di una massa d'aria di almeno 30 volte la massa del gasolio, cosa che rende irrespirabile l'atmosfera dei centri urbani serviti da autobus, anche per mancanza di ricambio d'aria specie in condizioni d'inversione termica. Si sono riproposti anche i filobus che consentirebbero almeno di risolvere il problema dell'inquinamento, ma che presentano lo svantaggio, beninteso rispetto all'autobus, della rigidità dell'itinerario e della facilità del distacco delle aste di presa corrente, anche se queste ultime possono attualmente essere manovrate senza lasciare il posto di guida. Si sono realizzati anche veicoli ibridi o multimodali, per es. a trazione elettrica, ma con motore a combustione ausiliario più o meno potente per percorsi fuori dalla linea di contatto.
Architettura dei veicoli. - Particolare attenzione è stata posta in tutto il mondo al problema degli handicappati, degli anziani e dei meno abili, ma è chiaro che il facile accesso a tram e autobus riguarda tutto il pubblico degli utenti nel loro insieme. La soluzione di questo problema, tra l'altro, riduce il tempo di sosta alle fermate. Uno dei pregi della metropolitana è appunto quello di poter entrare e uscire a pari livello invece che salire e scendere da un veicolo. Il tema non nuovo, ma affrontato con maggiore decisione, ha portato recentemente alla realizzazione di vetture tramviarie con il pavimento a soli 35 cm dal piano del ferro. In generale il pavimento non è a questa quota minima per tutta la lunghezza della vettura, nel caso in cui s'impieghino carrelli motori convenzionali con ruote di 660 mm di diametro collegate da assili. Tuttavia le innovazioni introdotte negli equipaggiamenti di trazione consentono, a giudicare dai prototipi già realizzati, di avere tram con ruote motrici indipendenti, azionate ciascuna da un proprio motore. La scomparsa dell'assile permette infatti di tenere basso il piano del corridoio posto tra le fiancate del carrello motore. Con il pavimento così basso, nascono problemi per la sistemazione dell'equipaggiamento, senza sottrarre spazio ai passeggeri. La soluzione è quella di sistemare sul tetto delle vetture gran parte dell'equipaggiamento o perlomeno quella parte che non richiede di essere ispezionata fuori dalle officine. Soluzioni analoghe a pavimento basso sono in corso di studio per gli autobus.
Equipaggiamenti di trazione elettrica. - È ormai divenuta pratica corrente affidare a microprocessori tutto il complesso di comando, controllo e governo per il funzionamento dei commutatori elettrici che provvedono alle operazioni di taglio della corrente continua e di confezione della corrente di alimentazione dei motori, per ottenere le caratteristiche dinamiche artificiali per la marcia e frenatura dei veicoli. Si è dunque profondamente trasformata la costituzione di un equipaggiamento di trazione elettrica per effetto dell'introduzione, accanto alla linea di potenza meccanica, originata a sua volta da una linea di potenza elettrica, di una linea di segnali e di logica informatica (linea del flusso dell'intelligenza) pilotata da microprocessori.
In questo complesso organismo, le disfunzioni eventuali della parte elettrica e informatica possono essere rivelate solo da altri elaboratori capaci anche di fornire le azioni correttive e di segnalare all'esterno natura, entità e posizione dell'eventuale guasto. Quest'ultima funzione, detta di autodiagnosi, presiede alle operazioni di riparazione, manutenzione e revisione degli equipaggiamenti. Contro i tempi più lunghi di messa a punto di questi impianti, sta la maggiore facilità di passare a sistemi sempre più automatici, dato che molte operazioni non richiedono l'intervento diretto dell'uomo.
Impianti di sicurezza e regolazione della circolazione. - Per tutti i sistemi di t. che non siano limitati a una o due linee, è ormai d'obbligo l'impiego di una direzione e di un controllo centrali, atti a garantirne la regolarità di funzionamento. Ciò vale tanto per gli autobus come per le linee a guida vincolata, nelle quali ultime è necessario disporre di impianti di sicurezza relativi al distanziamento tra i veicoli, alle manovre ai capolinea, alle eventuali biforcazioni, ecc. Con gli sviluppi dell'elettronica di segnale, si sono studiati sistemi rispondenti a criteri di sicurezza sempre più avanzati. L'elettronica di potenza (relativa agli equipaggiamenti di trazione) ha complicato alquanto il quadro delle innovazioni a causa delle influenze elettromagnetiche sull'ambiente circostante, che sono dovute alle frequenze abbastanza elevate derivanti dal frazionamento della corrente continua e alla sua conversione in corrente alternata, mediante commutazione elettronica.
Informazioni al pubblico. - Anche in questo campo si sono avuti progressi notevoli ed è oggi possibile istituire linee di autobus a chiamata su itinerari prestabiliti (in ore o zone a scarso traffico) come pure fornire informazioni, fermata per fermata, sulla situazione dei veicoli lungo le linee.
Titoli di viaggio. - Sembra ormai consolidato l'uso di due tipi di titolo: uno, quello più semplice, prevede un biglietto prestampato da rendere valido mediante timbratura in una macchina a terra o sul mezzo; l'altro, per i casi di tariffe varie o di validità estesa a più viaggi e giorni, usa in prevalenza un biglietto a banda magnetica di memoria. Esso consente anche il controllo in entrata e in uscita, la statistica in tempo reale ed eventualmente anche la contabilità. Inoltre sono controllabili senza personale i titoli gratuiti, muniti anch'essi di banda magnetica. Sono in continuo sviluppo anche le macchine automatiche per l'emissione dei biglietti.
Automazione nelle metropolitane. - È da ricordare che la questione è legata sia alla riduzione del personale di bordo sia alla sicurezza e alla regolarità del servizio. L'automazione si sviluppa su due filoni: uno relativo a sistemi costruiti sulla concezione tradizionale di metropolitana, l'altro relativo a sistemi innovativi che intendono meglio sfruttare le possibilità offerte da un funzionamento totalmente automatico. Il problema di base è quello di prevedere nell'automatismo anche quelle reazioni che possono essere necessarie per compensare e fronteggiare malfunzioni di qualsiasi natura, meccanica, elettronica, umana, agendo sempre nel senso della sicurezza, ma evitando l'arresto totale, salvo casi estremi. Al tempo stesso l'assenza di personale tecnico aumenta il problema della sorveglianza di polizia, che, almeno nei paesi che hanno sistemi automatici, è necessaria per rassicurare il pubblico sull'affidamento dei sistemi stessi.
A proposito di metropolitane con innovazioni tecnologiche è da ricordare il caso di San Francisco che negli anni Sessanta progettò il suo sistema (BART, Bay Area Rapid Transit) con criteri del tutto nuovi: dalle vetture di dimensioni notevoli (22 m di lunghezza per 3,20 m di larghezza), allo scartamento inusuale per gli USA (1676 mm), al comfort paragonabile all'autovettura (soli posti a sedere). Tutta questa progettazione (che, secondo lo stile statunitense, partiva da condizioni di tabula rasa ed era stata preceduta da costose sperimentazioni effettuate con consulenti di provenienza aereospaziale) si dimostrò perdente nel primo esercizio, che comunque, prima di assumere un livello di affidamento accettabile, fu subordinato a costose e laboriose modifiche durate molti anni. Gli equipaggiamenti di trazione, di sicurezza e di segnalamento dovevano condurre a un'automazione molto spinta e, per l'occasione, il macchinista fu ribattezzato operator, in quanto immaginato supervisore dell'automazione di bordo. Ciò non impedì che difficoltà varie e anche incidenti facessero accantonare l'idea di eliminare anche l'operatore.
Nelle grandi metropolitane più recenti e più evolute quanto all'automazione − come quelle di Washington, Hong Kong, Singapore e del Giappone − si conserva l'agente a bordo, con funzione di sorvegliante-supervisore per l'apertura e chiusura delle porte e per assicurare le comunicazioni ai passeggeri (per es.: segnale di avviso di chiusura delle porte) e i contatti con la direzione operativa centrale. Si ricordi che soltanto nel 1970 la metropolitana di Parigi eliminò il secondo agente (capotreno) che aveva parte delle funzioni sopraindicate, affidando tutto al solo macchinista che tuttavia non deve più preoccuparsi di graduare avviamento e frenatura.
Sistemi innovativi o non convenzionali. - Vi sono due diversi obiettivi all'orizzonte di questi sistemi: uno è quello di aumentare la frequenza di passaggio dei treni che renda il sistema più vicino a un ideale mezzo continuo a più alta velocità del tapis-roulant; l'altro è quello di ridurre tempi e costruzione, relativamente alla potenza di t., al fine di realizzare in città medio-piccole reti di t. urbano con buona velocità commerciale. Vi sarebbe poi un terzo obiettivo che riguarda i sistemi di apporto a linee metropolitane, quali i traslatori a navetta e quelli continui simili alle scale mobili, ma sotto quest'aspetto non si conoscono grandi risultati pratici. Si può anche dire che i primi due obiettivi comprendono il terzo come ricaduta. Va subito precisato che un sistema automatico va pensato sempre in sede propria riservata, anzi in un vero e proprio enclave, tant'è vero che i francesi costruttori del sistema val di Lilla hanno provveduto le stazioni di pareti in banchina con porte che si aprono solo in corrispondenza di quelle dei treni.
La ricerca si sviluppò dagli anni Sessanta, in particolare negli Stati Uniti, ma anche in Europa, senza che sistemi messi a punto in via sperimentale trovassero applicazioni in campo urbano. Negli anni Settanta, grazie allo sviluppo del programma Downtown People Mover, si progettarono sistemi di t. a guida automatica per uso urbano. I vantaggi dovevano essere: minori costi di esercizio, per non esservi conducenti, e minor frequenza nelle ore di minor domanda. La scelta del materiale rotabile di minori dimensioni, ma leggero nei confronti del passeggero, avrebbe poi consentito una riduzione dei costi delle infrastrutture e un risparmio energetico. La modesta capacità di veicoli piccoli sarebbe stata compensata da più alte frequenze di passaggio (minor distanziamento) consentite dall'automazione integrale.
Tra i sistemi a funzionamento completamente automatico, senza agente a bordo, entrati regolarmente in servizio vi sono i seguenti.
Il transit expressway (Skybus) realizzato sperimentalmente a Pittsburgh nel 1964 e successivamente in alcuni aeroporti, tra i quali: Tampa (Florida), Londra (1983) e Miami (1986). Esso è costituito da veicoli da 40 a 70 posti, componibili in treni fino a 6 unità, nei quali la funzione di supporto è ottenuta con ruote gommate gemelle verticali e quella di guida mediante ruote orizzontali moventesi lungo una trave verticale a doppio T, situata al centro tra le vie di corsa realizzate in cemento o in acciaio.
La m-bahn ha come caratteristica la tecnica della sostentazione e della propulsione magnetica. Le cabine sono sostenute da magneti permanenti applicati al telaio e viaggiano su una via di corsa elettromagnetica (fiume magnetico) che incorpora un avvolgimento trifase equivalente allo statore di un motore trifase sviluppato in piano (statore lungo). Il campo magnetico traslante trascina in sincronismo con la propria frequenza, e quindi velocità, i magneti permanenti delle cabine (motore sincrono lineare a statore lungo). La guida trasversale e la posizione verticale delle cabine sono controllate mediante rotelle trasduttrici di posizione. Questo veicolo presenta il vantaggio di un basso peso rispetto a quelli con motore a bordo, per la mancanza dell'equipaggiamento di trazione; le strutture sono più leggere e i veicoli di minore altezza per l'assenza di carrelli. Una m-bahn è in esercizio su un breve percorso a Berlino (città nella quale W. von Siemens installò la prima sopraelevata elettrica del mondo nel 1888, poi smontata per espresso divieto del Kaiser).
Il val (Vehicule Automatique Léger) di Lilla, in esercizio dal 1983 su due linee per un totale di 26 km. È un servizio di tipo metropolitana. I convogli sono costituiti da vetture di 62 posti a sedere e 42 in piedi, accoppiate a due a due. Le vetture hanno ruote gommate di guida e di supporto sul tipo del materiale su pneumatici della metropolitana di Parigi, poi applicato anche a Montreal, Città di Messico, Santiago del Chile e, con qualche variante, in alcuni impianti giapponesi (Sapporo, Kobe, Osaka). Sempre a Lilla è differente il sistema dello scambio rispetto a Parigi, in quanto non vi sono più le rotaie tradizionali e le ruote a bordino. Qui si è provveduto con una ruota di guida centrale in acciaio che scorre in un canale apposito, solo nella zona degli scambi. Come si è detto, nella metropolitana automatica di Lilla, le stazioni sono dotate di porte sulle banchine.
Lo skytrain (ALRT, Advanced Light Rail Transit) realizzato prima a Toronto (1984) e poi a Vancouver, dov'è entrato in esercizio automatico nel 1986 in occasione dell'Esposizione internazionale dedicata ai trasporti. In questa città si tratta di una linea sopraelevata di 22 km a scartamento normale sulla quale i treni possono essere costituiti da 4 vetture. Il sistema di trazione di ogni vettura è costituito da due motori lineari i cui induttori sono montati a bordo, di piatto, uno per carrello, e il cui indotto è una lamina di ferro rivestita di alluminio, montata sempre di piatto tra le due rotaie di corsa. Il motore lineare ha consentito di costruire la linea con pendenze notevoli, mentre l'impiego di carrelli con assi autoorientabili sul raggio di curva ha permesso un più facile tracciato urbano con raggi di curvatura e anelli terminali molto stretti.
L'attuale stadio di sviluppo di questi sistemi a guida automatica, applicati finalmente a servizi urbani di una certa dimensione, può far prevedere una maggiore loro diffusione. È tuttavia da sottolineare che, rispetto ai sistemi tradizionali evoluti, essi devono ancora mostrarsi equivalenti per quanto riguarda durata, manutenzione, riparazione e revisione. È anche certo che una simile automazione integrale non può riversarsi tale e quale su reti esistenti senza causare un dispendio enorme di tempo e di investimenti.
Sistemi innovativi con autobus. - Il t. urbano con autobus (e filobus) è accettabile a condizione che vi siano le corsie riservate più o meno continue che permettano di aumentarne la velocità commerciale. Si è pensato (in Germania) di munire speciali settori delle linee di una via di corsa esclusiva con guida vincolata (o-bahn). Il veicolo, in generale del tipo articolato di grande capacità, è mantenuto in traiettoria mediante un meccanismo di guida meccanico e/o elettronico (sponde laterali e/o cavo nella pavimentazione). Tali tipi di autobus possono naturalmente muoversi anche su strada ordinaria con lo sterzo tradizionale. La o-bahn è attualmente in fase di esperimento in alcune città tedesche e in Australia (Adelaide).
L'attuale sviluppo delle metropolitane. - Lo sviluppo attuale delle reti metropolitane è di 4720 km con una lunghezza media di 56 km (83 metropolitane in esercizio). Si tratta però di una media ottenuta tra dati che passano dai 400 km di Londra, i 416 di New York, i 220 di Mosca e i 198 di Parigi ai soli 11-12 di Glasgow, Nižni Novgorod e Calcutta, ai 9 di Minsk. Ovviamente tutte le metropolitane urbane sono elettrificate in corrente continua, ma con tensioni dislocate in tutto l'intervallo tra 550 e 1500 volt. Le metropolitane regionali hanno linee a corrente continua da 1200 a 3000 volt e in alternata monofase da 15.000 volt a 16 2/3 Hz oppure 25.000 e 50 Hz. Un'unificazione nazionale della tensione si può riscontrare solo nelle metropolitane russe: le 132 reti esistenti nella ex URSS hanno tutte la caratteristica tensione di 825 volt. Circa il 75% del totale di 4720 km è con linea di contatto a terza rotaia, compresi i casi di San Francisco a 1000 volt e di parte di Barcellona a 1500 volt. Il sistema su ruote di gomma, e quindi con terza e quarta rotaia, apparso per la prima volta su qualche linea del metrò di Parigi, è rimasto limitato a circa 300 km, 141 dei quali nella metropolitana di Città di Messico.
Per quanto riguarda lo sviluppo di nuove linee metropolitane (bisogna ricordare che nel 1979 si avevano 62 metropolitane e uno sviluppo complessivo della rete di 3245 km) si deve notare che nell'ultimo decennio altre 21 città sono state dotate di rete metropolitana per circa 1480 km, pari al 46% dello sviluppo complessivo esistente nel 1979. L'aumento nel decennio 1979-89 si deve per circa 1/3 a metropolitane nuove e per i rimanenti 2/3 ad ampliamento di reti già esistenti. Nella tabella vengono sintetizzate le principali caratteristiche delle metropolitane in esercizio al 1989.
Bibl.: P. Fea, Considerazioni sulle velocità delle ferrovie metropolitane, in Ingegneria Ferroviaria, 11 (1989). Riportano informazioni sulla costruzione e l'esercizio dei trasporti urbani, e in particolare sulle metropolitane, le riviste: UITP Revue (Belgio); Railway Gazette e International Railway Journal (Gran Bretagna); Ingegneria ferroviaria, Trasporti e Trazione e TP-Trasporti Pubblici (Italia); Verkehr u. Technik, Nahverkehr e Stadtverkehr (Germania); Mass Transit (USA).