Trasporto
Due miliardi di passeggeri sulle linee aeree ogni anno, oltre 600 milioni di autoveicoli circolanti sulle strade, miliardi di tonnellate di prodotti trasferiti dai luoghi di produzione ai mercati di consumo. Sono, all'inizio del nuovo millennio, i grandi numeri del sistema mondiale dei t., complessa organizzazione tanto di mezzi quanto di infrastrutture che consente di collegare luoghi situati a diverse distanze, rendendo così ovunque e a chiunque disponibili le merci più disparate. Nel tempo il t. ha rappresentato il vero motore della crescita economica e delle trasformazioni sociali. Il progresso tecnologico e come l'introduzione di nuovi strumenti operativi hanno ulteriormente accelerato questo processo; al contempo sono mutati i tempi, i modi e la qualità dei trasferimenti.
L'evoluzione dei sistemi ha seguito per le merci e le persone strade parallele, però non sempre coincidenti. Si è andata consolidando una ben netta specializzazione dei vettori con la prevalenza del t. via acqua per le merci e via aerea per le persone. Si è assistito inoltre a uno sviluppo più contenuto per quanto concerne le ferrovie, mentre le reti stradali e il parco veicoli circolanti hanno avuto un'espansione di gran lunga più dinamica.
Il trasporto aereo. Una rete mondiale
Negli ultimi decenni la vera rivoluzione dei t. è avvenuta nell'aria: da fenomeno di élite a fenomeno di massa, l'uso dell'aereo si è diffuso con una crescita superiore a tutte le altre forme di trasporto. L'entrata in servizio di aeromobili di grande capacità, l'abbattimento delle tariffe, e infine l'ammodernamento delle grandi infrastrutture aeroportuali hanno spostato verso il t. aereo quote crescenti di mobilità, generando in tal modo l'unica vera rete mondiale di collegamenti integrati. In 30 anni, mentre il prodotto lordo mondiale è cresciuto di 3 volte, il traffico aereo passeggeri è aumentato di 7 volte con un incremento annuo che continua ad avanzare su valori doppi rispetto al tasso di espansione della produzione globale, il 6% contro il 3% medio. Nella sola Unione Europea (UE) l'incremento in termini di passeggeri-chilometri è stato ancora più alto, del 7,4% l'anno tra il 1980 e il 2001. Tendenza analoga per il traffico negli aeroporti: nei Paesi dell'Europa a 15 è cresciuto di 5 volte dal 1970. Nel complesso l'industria del t. aereo è arrivata a valere il 2,4% del prodotto mondiale lordo, con un volume di attività pari a circa 900 miliardi di dollari e con oltre 13,5 milioni di occupati diretti e indiretti (senza contare gli effetti indotti come lo sviluppo del turismo).
La crescita tumultuosa dei primi decenni dell'aviazione civile ha lasciato il passo a una profonda riorganizzazione favorita da due cause concomitanti: l'impatto sui costi di esercizio del caro carburante per l'impennata del prezzo del greggio e la spinta alla deregolamentazione, prima negli Stati Uniti (con l'Airline deregulation act del 1978) poi in Europa. Dopo il settembre del 2001 sul settore si sono anche sentiti i pesanti effetti dell'attentato alle Twin Towers di New York con perdite per le compagnie pari a 42 miliardi di dollari. Le conseguenze sono state fallimenti, ma anche fusioni e concentrazioni che hanno portato alla definitiva scomparsa di molti giganti del cielo e pure alla nascita di nuovi protagonisti, più dinamici, specializzati e con costi più bassi.
Il low cost. - È il fenomeno che ha esaltato il t. aereo, a partire dagli anni Settanta del 20° sec. negli Stati Uniti (con la Southwest Airlines, ancora oggi la maggiore compagnia mondiale low cost) e dai primi anni Novanta in Europa (con Ryanair ed Easyjet) per diffondersi, poi, nel resto del mondo. Alla base di tale successo vi è il drastico taglio delle tariffe, ridotte fino a renderle fortemente competitive anche sulle lunghe distanze. Il modello di impresa del low cost prevede: meno personale, spesso chiamato a svolgere più funzioni; basi operative scelte tra gli scali minori al fine di beneficiare di tariffe aeroportuali più basse; aeromobili di un solo tipo per ridurre gli oneri della manutenzione; classe unica a bordo; eliminazione di tutti i servizi non essenziali (no frills, niente pasti e spuntini, niente posti assegnati, acquisto biglietti via Internet ecc.). La formula ha reso l'utilizzo dell'aereo più accessibile, ha cambiato i comportamenti dei consumatori, ha dilatato le frontiere del turismo. Per le compagnie tradizionali ha rappresentato una sfida pesante, ma dopo tutto inevitabile.
Il calo d'attività dopo l'attentato alle Twin Towers ha devastato, come accennato, i bilanci delle grandi compagnie, ma ha colpito soltanto in minima parte i margini operativi dei vettori low cost. Molte compagnie full service sono corse ai ripari creando a loro volta filiazioni low cost, linee aeree dedicate, in grado di affiancare l'attività della casa madre utilizzandone le sinergie. In qualche caso compagnie full service in forte perdita si sono trasformate ribaltando i risultati di gestione e ritornando in attivo (per es., l'irlandese AirLingus). Tutta l'industria del t. aereo sta di fatto evolvendo verso il low cost: si calcola che negli USA siano low cost il 45% dei voli interni e in Europa, comprendendo anche i voli charter, oltre il 30%.
I superjumbo. - Nella battaglia delle tariffe un elemento determinante è quello dei costi di esercizio degli aeromobili. L'industria aeronautica civile basata, dopo un periodo che ha visto concentrazioni e riassetti, essenzialmente su due grandi costruttori, l'americana Boeing e l'europea Airbus, ha risposto alla sfida con nuovi aerei a consumi più bassi e a maggiore capacità di trasporto. Il rinnovo della flotta mondiale (22.000 aerei di linea gestiti da 900 compagnie) ha registrato negli ultimi anni una progressiva accelerazione anche per l'emergere di nuova domanda da parte di economie, come quelle asiatiche, in forte espansione e con un parco aeromobili inadeguato e obsoleto. Il mercato di nuovi aerei è stimato in oltre 25.000 unità per i prossimi venti anni: si prevede che nel 2020 voleranno oltre 35.000 aerei di linea.
Accantonato, almeno per il medio termine, l'obiettivo velocità si punta soprattutto ai grandi volumi di carico (very large airliner) e a un contenimento dei costi di esercizio con l'impiego di motori a maggior rendimento (i nuovi colossi dei cieli vantano consumi quasi a livello automobilistico, 3 l di carburante per 100 passeggeri/km). Il progetto di un nuovo aereo passeggeri supersonico, dopo il sostanziale fallimento, economico più che tecnologico, dell'anglofrancese Concorde (in servizio, pure se con qualche interruzione, dal 1976 al 2003) non è stato più ripreso. Le strategie di Airbus e Boeing sono orientate all'ottimizzazione e allo sviluppo di modelli a gestione più omogenea. Il nuovo Airbus A380 (in commercio dalla fine del 2006) è la grande ammiraglia delle flotte aeree: ha una fusoliera a due ponti, in grado di trasportare 555 passeggeri (in tre classi, 850 in classe unica) su una distanza di 8000 miglia nautiche (per voli senza scalo su tratte particolarmente lunghe come la New York-Hong Kong o la Francoforte-Buenos Aires). All'A380 la Boeing ha risposto con un'evoluzione del Jumbo 747, già prodotto in oltre 1400 esemplari e per 35 anni gigante incontrastato dei cieli. La nuova serie 747/8 ha anch'essa un'autonomia operativa di 8000 miglia, ma con una capacità inferiore di t., 450 passeggeri in tre classi, 100 in meno dell'Airbus. Il vero problema di questa corsa alla dilatazione dei volumi di traffico è costituito dalla congestione degli aeroporti e dal sovraccarico a cui sono sottoposti i sistemi di controllo del traffico aereo. I grandi scali mondiali sono al limite delle loro capacità (soprattutto quelli europei) e, nonostante gli investimenti per adeguarli alla crescita della domanda, stentano a tenere il passo con l'incremento di traffico. Per il 2020 si prevedono 7,4 miliardi di passeggeri con una domanda superiore di oltre un miliardo rispetto alla disponibilità delle infrastrutture: si va dunque verso la saturazione con il concreto rischio, senza massicci investimenti, di un generale scadimento del servizio.
Trasporto merci. - Alla forte crescita del movimento passeggeri fa riscontro il t. merci. Ogni anno vengono trasferiti via aerea poco meno di 40 milioni di tonnellate di prodotti con un trend in netta ascesa: le previsioni al 2020 indicano un tasso annuale di incremento superiore al 5%. L'impiego dell'aereo è preferito non soltanto per le spedizioni che richiedono tempi di consegna rapidi o per rifornire aree non servite da altre reti o da mezzi alternativi, ma anche per trasferire merci ad alto valore aggiunto, farmaci, elettronica, high tech, sulle quali tariffe di t. più elevate incidono meno. In Asia il 40% delle merci trasportate in aereo è costituito da prodotti ad alta tecnologia. E sono i Paesi asiatici a registrare, nelle previsioni al 2009 della IATA (International Air Transport Association, associazione internazionale di settore), il maggior dinamismo. La classifica è guidata dalla Cina, accreditata di oltre il 14% di crescita annuale. Tuttavia incrementi elevati, significativi del livello di sviluppo atteso dalle rispettive economie, sono previsti anche per Paesi come Corea del Sud, India, Europa dell'Est. Nel t. aereo merci la quota di traffico maggiore è comunque quella nord-americana: gli Stati Uniti da soli movimentano oltre 10 milioni di t di prodotti l'anno (con una netta prevalenza dei t. interni) per un controvalore di quasi 3 miliardi di dollari al giorno. Un flusso pari a un quarto dell'intero traffico aereo merci mondiale. Statunitense è anche la maggiore flotta aerea cargo: la Federal Express con 600 aerei.
I voli spaziali
Iniziati negli anni Sessanta del 20° sec. con il lancio dei primi satelliti per le comunicazioni, i voli commerciali nello spazio rappresentano una realtà consolidata in un mercato potenzialmente promettente, ma che resta ancora limitato. Le previsioni di forte crescita formulate nel corso degli anni Novanta si sono rivelate eccessivamente ottimistiche. Nel 2005 i lanci di vettori con carichi commerciali sono stati meno di 20, una cifra che si ritiene difficilmente superabile per tutto il decennio. Ma lo spazio è tornato in prima linea nelle strategie delle grandi potenze mondiali che riprendono a investire per ritornare sulla Luna e perfar arrivare l'uomo su Marte. Inoltre il t. nello spazio comincia ad attrarre anche gli operatori privati. Alle prime iniziative, lancio in orbita di carichi commerciali utilizzando razzi già in uso (essenzialmente russi e statunitensi), si affiancano gruppi e singoli imprenditori (come il proprietario della aerolinea Virgin, R. Branson, che ha fondato la Virgin Galactic) impegnati a sviluppare nuovi vettori adatti a voli con più passeggeri e ad attività di turismo spaziale.
Il trasporto marittimo
La storia e l'evoluzione dell'uomo appaiono strettamente connesse allo sviluppo del t. marittimo. Il crescente peso assunto negli ultimi decenni dagli altri mezzi, cioè aereo e rete stradale, non ha limitato il t. per via d'acqua che, peraltro, continua a mantenere, soprattutto per le merci, un ruolo centrale nell'ambito dello sviluppo dell'economia mondiale. Questo ruolo strategico si è rafforzato di pari passo con la standardizzazione dei sistemi di carico e di stivaggio e con il maggior ricorso all'intermodalità. Petrolio, materie prime, grandi manufatti, derrate alimentari viaggiano prevalentemente per nave; ma anche merci poco voluminose, stipate nei container, sfruttano la flessibilità e i bassi costi propri del t. per mare o per vie d'acqua interne. Ancora più netta è l'evoluzione registrata nel t. passeggeri con la fine dell'era delle lunghe traversate. I grandi transatlantici, orgoglio delle marinerie nazionali, resi obsoleti dall'avvento dei jet di linea e finiti in disarmo, sono rinati sotto forma di navi ancora più grandi e lussuose alimentando un nuovo e redditizio mercato, ossia le crociere. Nel corto raggio, la maggiore domanda di mobilità e pure l'espansione del turismo hanno agito da volano sulla marineria minore, ovvero quella destinata a collegamenti tra porti vicini, e in specie sulle navi traghetto attrezzate per il trasferimento di passeggeri e di autoveicoli. Nel 2003, in tutto il mondo, hanno utilizzato i traghetti oltre un miliardo di passeggeri.
Nel decennio 1995-2005 la flotta mercantile mondiale è aumentata, in termini di tonnellaggio, del 32% (da 460 a 605 milioni di stazza lorda), però meno di un terzo per numero di unità. La ragione è nelle maggiori dimensioni richieste alle navi di nuova costruzione, tendenza, favorita dalla più elevata efficienza raggiunta dall'industria del t. marittimo (cantieri, porti, sistemi di navigazione) in grado di produrre e gestire scafi di stazza superiore. Complessivamente la flotta mercantile mondiale supera le 90.000 unità (40.000 quelle sopra le 300 t di stazza lorda); essa non è molto più ampia rispetto agli anni Novanta, ma diversa nella tipologia. Due navi su cinque sono cisterne per il t. di greggio e di prodotti petroliferi; petroliere sono anche la metà degli scafi di nuova costruzione (petrolio e derivati rappresentano il vero cuore del t. marittimo, oltre il 40% del totale). Le portacontainer sono più che raddoppiate in 10 anni facendo segnare il più veloce ritmo di crescita rispetto agli altri tipi. Le navi passeggeri, quasi 4000 all'inizio del 2005, rappresentano in tonnellaggio poco meno del 5% del totale della flotta mercantile, crescono a un ritmo che è vicino al 6% l'anno. Aumentano le grandi unità da crociera, di contro diminuiscono le navi miste cargo/passeggeri con un sensibile invecchiamento di quelle in attività per il progressivo rallentamento delle sostituzioni.
Le supernavi da crociera. - Vere e proprie regine dei mari le navi da crociera rappresentano il fenomeno più vistoso del corso degli ultimi anni. Trasportano passeggeri, tuttavia non è questo l'obiettivo. Scopo della navigazione non è una destinazione ma il viaggio stesso, un periodo di vacanza da trascorrere piacevolmente a bordo. Alle storiche, eleganti motonavi e agli ex transatlantici si sono aggiunti a un ritmo incalzante nuovi colossi dei mari, veri superhotel galleggianti in grado di offrire alle centinaia e sempre più spesso migliaia di passeggeri tanto relax quanto intrattenimento a prezzi accessibili. Un'attività che non conosce soste, dodici mesi l'anno. I due tradizionali bacini di attività, le isole dei Caraibi e il Mediterraneo, diversi per tipologia di offerte (la clientela americana privilegia i servizi a bordo, gli europei le visite a terra) hanno registrato un successo crescente. I cittadini statunitensi che nel 2005 hanno trascorso un periodo di vacanza, facendo una delle 4500 crociere, sono stati quasi 10 milioni. Ma sono gli europei a far segnare nell'ultimo decennio il ritmo di incremento più alto, il 14% l'anno contro la metà, il 7% degli americani. Nel complesso sono oltre 400 le navi impegnate in questa attività, il 40% in più rispetto al 1990: sono navi di diverso tonnellaggio, ma con una tendenza al gigantismo. Una delle regine dei mari, ossia la Queen Mary ii, quasi 150.000 t di stazza lorda, sarà presto superata dalla Genesis in grado di ospitare oltre 5000 passeggeri più l'equipaggio e il personale per il servizio a bordo. Una vera e propria città galleggiante, superiore per stazza (200.000 t) e per dimensioni (378 m di lunghezza e 77 m di altezza) alla più grande portaerei oggi esistente, la statunitense Nimitz. Il varo della Genesis è previsto per l'autunno del 2009 in Finlandia, ma è l'Italia, attraverso la Fincantieri, a detenere il primato nella costruzione di navi da crociera di nuova generazione a elevati contenuti tecnologici. Dai cantieri di Marghera, Monfalcone e Sestri Ponente sono uscite 37 delle grandi unità in servizio presso le maggiori compagnie di navigazione per un totale di oltre 2 milioni di tonnellate di stazza.
Altro punto di forza della cantieristica italiana è la produzione di traghetti e di grandi imbarcazioni da diporto, mentre nella produzione di naviglio tradizionale anche l'Italia subisce la crisi in cui versa l'intero settore mondiale. Il mercato, fortemente globalizzato, soffre di una sovracapacità di produzione nonostante la forte crescita di ordini complessivi (nel 2003 quasi 40 milioni di tonnellate di stazza lorda contro i 20 milioni del 2002 e gli altrettanti del 2001). È guerra dei prezzi e non sono infrequenti pratiche di dumping: come conseguenza vi è uno spostamento dei principali baricentri produttivi. La Cina, che fino al 1995 deteneva una quota di mercato pari al 6%, ha superato il 15%, la Corea del Sud è passata dal 23 al 44%, il Giappone è invece sceso dal 32 al 26% e ancora più l'Unione Europea e la Norvegia passate complessivamente dal 25 al 7%. Il resto del mondo conta soltanto l'8% del mercato. È rimasta invece sostanzialmente immutata la nazionalità di bandiera delle principali flotte commerciali. Semplificazioni amministrative e agevolazioni fiscali mantengono stabilmente Panama al primo posto con il 22% della flotta mondiale, seguono la Liberia con il 9%, la Grecia con il 6%, le Bahamas e Hong Kong con il 5% ciascuno. L'Italia risulta al 17° posto con l'1,2% del totale.
Intermodalità tra reti. - Se il t. marittimo, in tutte le sue articolazioni, è il perno su cui ruota l'intera economia mondiale, il vero problema è oggi il suo riequilibrio con le altre reti di trasporto. Manca un efficiente raccordo tra mare, vie navigabili, ferrovia, strada. Il t. per nave il più delle volte è trascurato a favore della strada nonostante le evidenti potenzialità e la convenienza economica. Nell'Unione il t. marittimo movimenta ben il 70% delle merci scambiate con il resto del mondo e il 40% del commercio interno: ogni anno vengono caricate e scaricate merci per 2 miliardi di tonnellate. Comprendendo le compagnie di navigazione, i porti, le industrie e i servizi correlati fanno capo al settore circa 3 milioni di occupati. Si tratta di cifre importanti che potrebbero tuttavia essere, considerate le potenzialità, ben più elevate. In particolare è mancato un adeguato sviluppo di traffico tra porti europei in grado di alleggerire due aree molto congestionate, le Alpi e i Pirenei, assediate dal traffico dei tir in seguito alla strozzatura esistente nelle infrastrutture stradali. Basti pensare che il 75% del legname importato in Italia dalla Finlandia anziché per mare, passa attraverso la Germania e le Alpi.
Le 'autostrade del mare'. - Tanto l'Europa quanto l'Italia in particolare dispongono di un patrimonio prezioso, 35.000 km di coste e centinaia di porti, con una capacità di t. non adeguatamente sfruttata. Una delle soluzioni individuate è la creazione delle 'autostrade del mare', linee di collegamento marittimo servite da grandi navi traghetto che fanno la spola tra i principali porti trasferendo tir e automezzi. Porti, strade e ferrovie possono in tal modo essere integrati e costituire un'ampia rete logistica che è alternativa ai lunghi itinerari via terra. In Italia le autostrade del mare hanno avuto la principale applicazione sulla direttrice Nord-Sud della penisola. Nel 2004 hanno viaggiato via mare oltre 600.000 automezzi sottratti in tal modo ai congestionati percorsi autostradali. Strettamente associata al t. marittimo è la navigazione in acque interne che è utilizzata per trasferire grandi quantità di merci direttamente dai porti costieri ai grandi bacini di utenza. In Europa, la rete di canali e di fiumi navigabili ha consentito, nell'anno 2003, di trasportare merci per 125 miliardi di t/km. Il vantaggio maggiore è costituito dai bassi costi grazie alla maggiore efficienza energetica di questo trasporto. Si è calcolato che con un chilogrammo di petrolio si possono trasportare, per un chilometro, 50 t di merce su strada, 97 per ferrovia e 127 per le vie d'acqua.
Le ferrovie
Asse portante dello sviluppo delle moderne economie industriali, le ferrovie hanno fortemente subito, dagli anni Ottanta del Novecento, la forte concorrenza degli altri mezzi di t., registrando un preoccupante declino, soprattutto nel settotre del t. merci. In Europa dove più pesano le strozzature di linea, di regolamenti nazionali, nonché di differenti caratteristiche costruttive, la quota di merci trasportate su binario, rispetto a tutto il t. via terra, è scesa dal 30% del 1970 al 13,2% del 2004. Se poi si include anche il t. marittimo la quota crolla al 7-8%, a fronte di una crescita più che triplicata del t. su strada. Meno drammatico, ma altrettanto significativo anche il calo registrato dai passeggeri: in 30 anni la quota sul totale del t. ferroviario è scesa dal 10,2% al 6,3%. Eppure, a quasi ben 200 anni dalla sua nascita, il treno presenta rispetto ad altri sistemi non pochi vantaggi: maggiore sicurezza, minore inquinamento, maggiore efficienza energetica. La rete ferroviaria mondiale oscilla attualmente intorno a 1.100.000 km risultato della leggera crescita che si è avuta negli ultimi 20 anni nei Paesi emergenti (la Cina è passata da 50.000 a 60.000 km) e della forte contrazione nelle aree più industrializzate (gli Stati Uniti sono scesi dai 260.000 km del 1980 agli attuali 160.000, l'Unione Europea da 213.000 a 203.000 km negli ultimi dieci anni, nonostante l'incremento dovuto alla creazione delle nuove linee veloci).
L'alta velocità. - La riscossa delle ferrovie è partita dal t. passeggeri con la progressiva introduzione dell'alta velocità. Sono definiti ad alta velocità tutti i treni che viaggiano tra i 160 e i 300 km/h su linee nuove o rinnovate e che utilizzano materiale rotabile di specifica progettazione. Rispetto all'automobile i treni offrono il vantaggio di tempi di viaggio più brevi, una maggiore sicurezza e l'assenza di congestione del traffico. Rispetto all'aereo, almeno sulle brevi e sulle medie distanze, tempi di percorrenza abbastanza simili (niente tempi morti e code per l'imbarco, niente lunghi tragitti per raggiungere gli aeroporti, maggiore capacità di t. passeggeri, infine corse più frequenti). Il primo treno ad alta velocità ha iniziato a essere attivo in Giappone nel 1964, il Tokaido Shinkansen sulla tratta Tokyo-Osaka raggiungendo una velocità massima di ben 200 km/h. Sono seguite altre linee secondo un piano di espansione e di continuo aggiornamento tecnologico dei treni e della rete ferroviaria. Oggi sono in esercizio 5 linee Shinkansen che collegano le principali città giapponesi. In Europa il primo Paese a puntare sull'alta velocità è stata la Francia con il TGV (Train Grande Vitesse) entrato in servizio dal 1981 sul percorso Parigi-Lione. La rete si è poi estesa con collegamenti tra le principali città francesi e alcune capitali europee (per es., Bruxelles, Amsterdam, Londra attraverso il tunnel sotto la Manica). Appartiene al TGV anche il record di velocità, 574,8 km/h raggiunti nell'aprile del 2007 sulla tratta Parigi-Strasburgo (il precedente, sempre del TGV, era del 1990 con 515 km/h). Alle rete francese si affiancano in Europa le linee ad alta velocità della Germania con l'ICE (InterCity Express) della Spagna con l'AVE (Alta Velocidad Española), dell'Italia con la TAV (Treno Alta Velocità) in costruzione negli assi nord-sud ed est-ovest della penisola. L'Italia è stata anche la prima a progettare e a immettere in esercizio il Pendolino, un treno dalla particolare conformazione, a cassa oscillante, in grado di viaggiare sui tracciati misti a velocità sensibilmente più alte di quanto consentito dai treni convenzionali. In Asia oltre al Giappone, sull'alta velocità ha investito anche la Corea del Sud con treni derivati dal TGV francese. Poco interessati invece gli Stati Uniti, al rinnovo dei treni passeggeri hanno preferito il potenziamento del t. aereo e della rete degli aeroporti. Un tentativo di alta velocità comunque è stato portato avanti dalla Amtrak con l'Acela express, derivato dal TGV, in esercizio sulla tratta Boston-New York-Philadelphia-Washington. Benché non si possa definire alta velocità in base agli standard europei (l'Acela Express viaggia a velocità comprese tra i 110 e i 150 km/h), il servizio ha riscosso un notevole gradimento conquistando quasi la metà della quota dei viaggiatori tra Boston e New York. Ma è tutta l'alta velocità a registrare successo. In Giappone i viaggiatori degli Shinkansen hanno superato i cinque miliardi, seguiti dai passeggeri dei TGV francesi a quota un miliardo. In Europa il t. passeggeri con l'alta velocità vale ormai un quinto dell'intero traffico ferroviario.
Il Maglev. - La nuova frontiera dell'alta velocità è il treno a levitazione magnetica (MAGnetic LEVitation). Benché i primi brevetti ed esperimenti risalgano a cavallo degli anni Sessanta e Settanta del 20° sec., solo di recente il progetto ha avuto sviluppi concreti. La Cina ha realizzato, utilizzando il sistema tedesco Transrapid della Siemens-Thyssenkrupp, la prima vera linea operativa di 30 km per collegare Shanghai all'aeroporto di Pudong (percorso in 7 minuti e 20 secondi a una velocità massima di 431 km/h) e ha inoltre in programma il prolungamento del tracciato fino alla città di Hangzhou (160 km) in occasione dell'esposizione universale di Shanghai nel 2010. La Germania, la Gran Bretagna e il Giappone hanno realizzato installazioni sperimentali lunghe alcuni chilometri e proseguono nei test. Gli Stati Uniti hanno costituito appositi gruppi di valutazione e hanno avviato programmi di studi nonché di progettazione. La svizzera Swissmetro ha elaborato un originale progetto che prevede lunghi tunnel sottovuoto entro il quale far viaggiare i treni Maglev, in assenza di resistenza aerodinamica, a velocità comprese tra i 6000 e gli 8000 km/h (un lungo tunnel sottomarino attraverso l'Atlantico potrebbe collegare Londra a New York in meno di un'ora). Il Maglev, anche se viene definito un treno, in realtà ha ben pochi punti di contatto con i tradizionali convogli ferroviari: infatti, non ha ruote, non ha motori a bordo; viaggia sospeso su una guida attraverso un campo magnetico le cui variazioni generano la spinta che lo fa muovere fino a raggiungere, rapidamente, velocità superiori ai 500 km/h. Rispetto ai treni tradizionali il Maglev offre una serie di vantaggi: niente attriti e quindi resistenza all'avanzamento; nessuna parte in movimento perché il treno viaggia sospeso; rumorosità minima eccettuata quella che è provocata dal flusso dell'aria; costi di manutenzione ridotti al minimo. Gli svantaggi sono gli elevati costi di costruzione della linea, maggiori rispetto alla tradizionali ferrovie, la mancanza di strutture già esistenti e che pertanto vanno create ex novo, l'impossibilità di integrazione con l'attuale rete ferroviaria, possibile invece con gli attuali treni ad alta velocità.
Double stacked per le merci USA. Se nel t. passeggeri il treno ha compiuto un deciso salto di qualità, nel t. merci la ferrovia è rimasta ancorata, fatta eccezione per gli Stati Uniti, a un arcaico modello di servizio. In Europa le merci tendono a viaggiare sempre meno in treno. L'eccessiva frammentazione della rete, le disomogeneità tecnologiche, la carenza di materiali, la scarsità di investimenti hanno reso il servizio nettamente inferiore alle attese e alle richieste degli operatori. In trenta anni, nonostante l'aumento generalizzato degli scambi, la quota di mercato del t. per ferrovia si è ridotta a poco più di un terzo con un netto calo delle quantità trasportate. Eppure la via ferrata continua a mantenere un notevole potenziale dal cui sfruttamento dipende il riequilibrio dei modi di trasporto. In termini di pubblica utilità i vantaggi sono rilevanti. Rispetto al t. su gomma il treno consuma meno e soprattutto meno energia prodotta dal petrolio (in molti Paesi l'energia elettrica che alimenta la rete di trazione è prodotta da centrali nucleari), è di certo più rispettoso dell'ambiente, garantisce una maggiore sicurezza (essenziale per il trasferimento di prodotti chimici o pericolosi), libera le autostrade dal traffico pesante. Tutti i programmi di sviluppo tengono conto di tali esigenze. L'Unione Europea prevede un maggior ricorso all'impiego della ferrovia con la costituzione di una rete transeuropea di circa 50.000 km, dotata di infrastrutture riservate al t. merci in esclusiva o almeno per alcuni periodi della giornata. Negli Stati Uniti dove il processo di recupero è stato avviato negli anni Ottanta, dopo decenni di declino, la creazione di una efficiente rete integrata con il Canada e il Messico assicura attualmente il t. di oltre il 40% delle merci che sono movimentate in tutta l'area. Particolarmente sviluppato appare il traffico intermodale (container e semirimorchi dei tir trasferiti per via ferrata e scaricati in terminali ad alta automazione) più che triplicato in venti anni.
Il processo di innovazione, agevolato dalla deregolamentazione parziale introdotta nel 1980, ha reso l'intero sistema ferroviario merci americano competitivo rispetto agli altri modi di t. e remunerativo per le società che lo gestiscono. La svolta è avvenutagrazie all'introduzione di nuove tecnologie e con il ricorso a speciali carri ribassati e leggeri, in grado di trasportare una doppia fila di container impilati l'uno sull'altro. I carri double stacked impiegati soprattutto sulle lunghe distanze (almeno 800 km) movimentano il 65% del volume totale delle merci trasportate per ferrovia negli Stati Uniti e consentono un risparmio del 40% del carburante per container trasferito. In Europa la conformazione e la struttura della rete ferroviaria non consentono di sviluppare un analogo sistema double stacked. Si stanno però sperimentando, soprattutto in Germania, Francia e Svizzera, terminali con un alto grado di automazione e di robotizzazione per il t. intermodale. In generale lo sviluppo del t. merci per ferrovia non ha per obiettivo l'aumento delle velocità così come avviene per i treni passeggeri, ma il potenziamento e l'ammodernamento degli impianti esistenti e in particolare il miglioramento dei tempi di transito nella catena logistica con l'eliminazione delle barriere tecniche e delle strozzature legate ai confini nazionali.
La rete stradale
Al centro della rete degli scambi e della mobilità individuale il t. stradale ha svolto un ruolo di eccezionale rilievo nello sviluppo delle moderne economie. Auto e veicoli commerciali hanno offerto una risposta altamente flessibile alle necessità personali e hanno consentito di soddisfare, a costi vantaggiosi, un ampio ventaglio di esigenze. Dopo la crescita tumultuosa degli ultimi decenni il settore è giunto a un bivio. Alla domanda pressante di una società sempre più dinamica nei suoi spostamenti si contrappone la generale consapevolezza dei problemi generati dal t. stradale: inquinamento ambientale; elevata pericolosità; eccessivo consumo di risorse energetiche non sostituibili; congestione pressoché perenne delle aree urbane e dei principali assi viari. Problemi, certo, di difficile gestione, ai quali si cerca di far fronte, soprattutto nei Paesi più avanzati, con una più articolata pianificazione degli investimenti e con specifici progetti in grado di offrire alternative di t., per le merci e per le persone, con particolare riguardo alle aree urbane. Attualmente in Europa il 45% delle merci viaggia su gomma trascurando le altre modalità e 8 persone su 10 utilizzano l'auto per i loro spostamenti. In 30 anni il parco circolante si è triplicato e ha superato i 175 milioni di autoveicoli (oltre 42 milioni in Italia di cui 33 milioni di autovetture). Negli Stati Uniti a valori ancora più alti (oltre 240 milioni di autoveicoli di cui 135 milioni di autovetture) fa da contrappeso un maggiore equilibrio nel t. merci, affidato sulle medie e lunghe distanze alla ferrovia. Nelle altre grandi aree economiche, anche dove la motorizzazione è più indietro, si stanno rapidamente bruciando le tappe per allinearsi agli standard occidentali. In Cina circolano 44 milioni di veicoli (34 milioni le autovetture) con un ritmo di crescita rapidissimo (il 22% l'anno nell'ultimo decennio) e con una altrettanto vivace espansione della produzione automobilistica nazionale (nel 2005 per la prima volta l'export ha superato l'import). In India per adeguare le infrastrutture ai nuovi bisogni di circolazione sono stati pianificati 56.000 km di nuove autostrade, un'estensione pari all'attuale rete europea e a più della metà di quella statunitense. In tutto il mondo si producono ogni anno circa 58 milioni di autovetture che porteranno al raddoppio, nel 2020, dell'attuale parco circolante di 600 milioni di autoveicoli.
Il t. stradale sembra non conoscere limiti di crescita anche perché i vantaggi in termini di duttilità d'impiego e di convenienza economica sono difficili da surrogare. Tuttavia rispetto agli altri sistemi si tende a sottovalutare il vero costo del t. su strada. Una serie di oneri, dalla costruzione e manutenzione delle infrastrutture al ripristino dei danni subiti dall'ambiente, ai ritardi per gli ingorghi del traffico, anziché ricadere sugli utilizzatori del sistema finisce con l'essere pagata dalla collettività (per es., l'usura delle autostrade provocata dai veicoli pesanti è sei volte maggiore rispetto a un'autovettura, i pedaggi non rispecchiano però la stessa proporzione). Per le diseconomie che sono provocate dalla congestione del traffico sono stati calcolati dall'Unione Europea costi aggiuntivi di 80 miliardi di euro l'anno, a partire dal 2010. In negativo incidono anche le trasformazioni attuate dall'industria per rendere più economica la gestione. La delocalizzazione degli impianti, l'introduzione di sistemi produttivi just in time con l'abolizione degli stock di componenti e semilavorati comporta un flusso costante e viaggiante di forniture e scorte che si ripercuote in gran parte in un maggior ricorso al t. stradale. Correggere gli squilibri significa assicurare condizioni più eque allo sviluppo, garantire la coesione territoriale, sviluppare la giusta competitività. Il t. su strada assorbe ingenti risorse pubbliche e private: la sfida è come orientarle per dare piena sostenibilità al sistema.
Biocarburanti e idrogeno come alternative al petrolio. - Il sistema dei t. è un forte consumatore di energia, circa il 25% di quella assorbita dall'intera attività economica. Soprattutto è un forte consumatore di petrolio, il 60% del totale. I t., e quello stradale in particolare, dipendono quasi interamente da benzina e gasolio. Lo sviluppo di combustibili alternativi è stato finora marginale e limitato a particolari applicazioni. Ma i consumi crescenti, le pessimistiche previsioni sulle disponibilità future di greggio, il problema dell'inquinamento atmosferico, che vede nel settore dei t. il maggior imputato (responsabile del 28% delle emissioni di anidride carbonica) hanno dato nuovo impulso alla ricerca e anche all'impiego di fonti energetiche sostitutive. Le alternative più promettenti sono, per l'immediato, i carburanti aventi origine vegetale ricavati dai prodotti agricoli, come il bioetanolo (alternativo alla benzina) e il biodiesel (alternativo al gasolio) e quelli sintetici ricavati dalle biomasse. Più in prospettiva si punta all'idrogeno, non inquinante e senza limiti di disponibilità. I biocarburanti sono già discretamente diffusi soprattutto in aree come, per es., il Brasile dove da tempo sono regolarmente distribuiti; in Europa il loro impiego è ancora limitato, è destinato però a crescere anche per effetto di specifiche direttive nazionali e comunitarie. Per l'idrogeno, invece, i tempi sono decisamente più lunghi (non meno di 15-20 anni), ma le prospettive appaiono promettenti, sia in termini di rendimento sia come impatto ambientale. Nell'autotrazione il problema principale è lo stoccaggio (o la produzione a bordo) dell'idrogeno che alimenta le fuel cells, le pile a combustibile attraverso le quali viene prodotta l'energia elettrica che aziona il motore del veicolo. Sono state sperimentate diverse tecnologie, ma la ricerca non ha ancora portato a una soluzione definitiva ed economicamente valida. L'industria dell'auto si è aperta alla tecnologia dell'idrogeno e ha avviato numerosi programmi di sviluppo e test su strada di vetture sperimentali, ma occorreranno ancora molti anni prima che venga avviata una produzione significativa. Indipendentemente dallle auto elettriche cominciano, comunque, a essere una realtà diffusa, soprattutto nella versione a trazione ibrida (cioè propulsore elettrico accoppiato a un tradizionale motore a benzina). Grazie al funzionamento misto, solo motore elettrico in città o a bassa velocità, con ambedue i propulsori quando serve più potenza, esse rappresentano una prima risposta ai problemi della riduzione dei consumi e dell'inquinamento. Le industrie che più hanno creduto nella vettura ibrida sono le giapponesi Toyota e Honda che hanno avviato regolari produzioni in serie dei loro modelli Prius, Insight, Civic Hybrid, venduti in centinaia di migliaia di esemplari in Giappone, America, Europa.
Mobilità urbana: il ritorno del tram. - Se aerei, navi e treni assicurano la capacità di movimento sulle lunghe distanze è nelle grandi aree urbane che si gioca a fondo la battaglia per la mobilità. L'80% degli spostamenti delle persone avviene in città: almeno un'ora al giorno, in media, è dedicata agli spostamenti cittadini. L'uso dell'automobile è predominante, ma non rappresenta di certo la risposta adeguata. Lo sviluppo di linee metropolitane è costoso e non è sempre praticabile. Vengono riproposti mezzi che si ritenevano obsoleti come, per es., il tram: moderni, a pianale abbassato, gestiti dall'elettronica, i nuovi tram viaggiano per lo più su sedi proprie e non risentono del traffico. Molte centinaia di chilometri di nuove linee sono state aperte oppure programmate in diverse città europee.
Altro mezzo ritornato prepotentemente in auge in ambito urbano è la moto nelle diverse varianti di scooter, ciclomotore, motocicletta tradizionale. Agili nel traffico, usate a tutte le età e da tutte le categorie professionali le due ruote rappresentano effettivamente la nuova frontiera della mobilità cittadina.
L'espansione della mobilità
L'evoluzione dei t. ha accompagnato uno dei mutamenti sociali più significativi degli ultimi 30 anni, la crescita della mobilità. In Europa è raddoppiata: dai 17 km al giorno in media per persona del 1970 si è passati ai 35 km del 2000. È radicalmente cambiato il raggio di azione: l'uomo a piedi agiva in un territorio di pochi chilometri, l'uomo in automobile spazia in centinaia di chilometri, l'uomo in jet passa da un continente all'altro. Sono cambiate le dimensioni e l'organizzazione delle aree urbane; sono aumentate le distanze casa-lavoro, casa-scuola; sono più lontane le mete delle vacanze. Si passa più tempo in viaggio e negli spostamenti. Un'indagine condotta dall'Airbus industries sull'impiego degli aerei ha messo in evidenza che il 60% dei passeggeri europei parte e ritorna nello stesso giorno. L'espansione dei t. ha profondamente mutato gli standard di vita, ha reso più facili i rapporti d'affari, ha allargato le relazioni sociali, ha spezzato l'isolamento, ha favorito la creazione di attività e ha generato occupazione. In Europa 10 milioni di persone lavorano nel settore con un giro d'affari di 1000 miliardi di euro, pari a oltre il 10% del prodotto interno lordo (PIL). I costi del t. giocano un ruolo essenziale sullo sviluppo delle economie e sui modi di vita. Sui bilanci delle famiglie pesano per il 12-15% del reddito disponibile. Sul costo dei prodotti la loro incidenza è tale che non è raro che la quota t. rappresenti il 20% del prezzo finale. In un mondo globalizzato un sistema di t. efficiente deve garantire crescita economica forte e assicurare una adeguata capacità di movimento. La mobilità viene considerata un diritto acquisito. Limitarla è impensabile, per svilupparla non basta un'attenta strategia di integrazione tra modi di t., occorrono anche buone politiche urbanistiche, rispetto per l'ambiente e attenzione alla sicurezza.