Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull'Unione Europea e il Trattato che istituisce la Comunita Europea
Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull’Unione Europea e il Trattato che istituisce la Comunità Europea Trattato firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007 dagli allora 27 Stati membri dell’Unione Europea (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria). Esso rappresenta il punto di arrivo di un lungo processo di revisione dei trattati europei, avviato a metà degli anni 1980 con l’Atto unico europeo (➔). Dapprima l’esigenza di creare le basi di uno spazio europeo senza frontiere e poi la prospettiva dell’allargamento ai Paesi dell’Europa centrale e orientale dopo la caduta del muro di Berlino hanno reso indispensabile un’ampia e profonda riforma delle istituzioni europee. Nonostante i passi in avanti compiuti con accordi raggiunti all’unanimità, i trattati di Maastricht (➔ Trattato di Maastricht), Amsterdam (➔ Trattato di Amsterdam che modifica il Trattato sull’Unione Europea, i Trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni atti connessi) e Nizza (➔ Trattato di Nizza che modifica il Trattato sull’Unione Europea, i Trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni atti connessi) non avevano apportato risposte adeguate ai problemi della dimensione democratica e dell’efficacia dell’Unione Europea (UE); così, essa era entrata nel 21° sec. con la promessa di unificare progressivamente il vecchio continente, senza aver saldato il conto dei residui lasciati dalle precedenti conferenze intergovernative.
In occasione dell’approvazione da parte del Consiglio europeo del Trattato di Nizza (11 dicembre 2000), e su proposta del primo ministro italiano G. Amato e del cancelliere tedesco G. Schroeder, fu adottata una ‘dichiarazione sul futuro dell’Europa’, che aprì la strada alla Costituzione europea (➔), poi respinta nei referendum francese e olandese nella primavera 2005.
Dopo un periodo di riflessione durato due anni, e nonostante il fatto che la Costituzione fosse stata ratificata da 18 Paesi membri, la presidenza tedesca del Consiglio propose di accantonare il testo costituzionale e di sostituirlo con puntuali modifiche ai trattati. Sulla base di un mandato molto preciso, una Conferenza intergovernativa sotto presidenza portoghese raggiunse un accordo unanime in poco meno di 3 mesi e il nuovo T. fu sottoscritto da 27 Stati il 13 dicembre 2007, riprendendo una parte sostanziale delle innovazioni introdotte dalla Costituzione europea.
Nonostante l’approccio più modesto, il cammino delle ratifiche del T. di L. è stato travagliato, preceduto in alcuni casi da modifiche costituzionali interne o, come era avvenuto nel caso del Trattato di Maastricht, da una controversa decisione del Tribunale costituzionale tedesco, che ha tenuto in sospeso a lungo l’accordo della Germania.
La via parlamentare della ratifica è stata seguita da 26 Paesi membri con la sola eccezione dell’Irlanda, dove la Costituzione obbliga a consultare i cittadini attraverso un referendum nel caso in cui i cambiamenti ai trattati comportino un trasferimento di competenze dagli Stati all’Unione, con conseguente cessione di sovranità. Spinta da paure immotivate sulla perdita di valori morali o religiosi considerati essenziali o dal timore di vedere annullata la propria identità nazionale, la maggioranza degli irlandesi ha respinto una prima volta il nuovo T., costringendo i governi a negoziare un accordo politico che desse garanzie sul piano del rispetto di quei valori o che assicurasse il mantenimento della Commissione europea con la composizione di un membro per Paese. Sulla base di quest’accordo, che sarà trascritto in norme vincolanti di diritto primario in occasione dell’adesione della Croazia, il popolo irlandese si è espresso favorevolmente in un secondo referendum, consentendo alla versione consolidata del T. di entrare in vigore il 1° dicembre 2009.
Dopo 15 anni di convivenza fra un’Unione nata a Maastricht, ma vuota di sostanza giuridica, e la Comunità Europea nata a Roma, le due entità si sono fuse in un’unica Unione Europea dotata di personalità giuridica. I valori e gli obiettivi dell’Unione hanno consolidato quelli indicati dalla Costituzione europea, con l’aggiunta significativa della parità fra uomo e donna e con la precisazione, disposta dalla Conferenza intergovernativa, che l’Unione non potrà andare al di là delle competenze che le sono state attribuite dal Trattato.
La ripartizione dei compiti fra Stati e UE viene infine chiarita sulla base del principio di sussidiarietà (➔ sussidiarietà, principio di) indicando le competenze esclusive dell’Unione nei settori dell’unione doganale (➔) e delle regole della concorrenza necessarie per il funzionamento del mercato interno, della politica commerciale comune e della conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca, aggiungendo la competenza di natura federale della politica monetaria per gli Stati che hanno adottato l’euro come moneta unica (➔ Unione monetaria; UEM). In una lista non esaustiva e sottoposta a una clausola di flessibilità che potrà consentire al Consiglio europeo, con decisione unanime, di attribuire alla UE nuovi compiti, il T. riprende testualmente dalla Costituzione europea l’elenco delle competenze condivise con gli Stati membri, nei limiti fissati dai principi di sussidiarietà e di proporzionalità (➔ proporzionalità, criterio di), il cui rispetto viene rafforzato dal controllo politico esercitato dai Parlamenti nazionali. Di fronte a un eventuale conflitto di poteri fra l’Unione e gli Stati, il T. di L. apre per ogni Paese membro la controversa possibilità di esercitare come ultima ratio il diritto di recesso dall’Unione Europea. ● In linea di massima, l’esercizio delle competenze condivise da parte dell’Unione potrebbe svuotare progressivamente il ruolo degli Stati nazionali, che non possono adottare atti legislativi contrari al diritto dell’Unione anche se, nel caso della ricerca e dello sviluppo tecnologico o della politica spaziale o della cooperazione allo sviluppo e dell’aiuto umanitario, l’azione dell’Unione non potrà impedire quella degli Stati membri.
Le grandi politiche della UE, che completano l’obiettivo originario del mercato interno, sono così riprese nell’elencazione delle competenze concorrenti, autorizzando l’Unione non solo a sviluppare azioni con un forte impatto finanziario ma anche ad adottare misure di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri: la politica sociale, la coesione economica, sociale e territoriale, l’agricoltura e la pesca, la politica dell’ambiente, la protezione dei consumatori, i trasporti e le reti transeuropee, l’energia, lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia con la sola eccezione della cooperazione giudiziaria in materia penale, la sicurezza nel settore della salute, la ricerca e lo sviluppo tecnologico, la cooperazione allo sviluppo e l’aiuto umanitario. Nella ripartizione delle competenze, i governi nazionali hanno deciso di lasciare all’Unione un compito limitato alla facilitazione del coordinamento dell’azione degli Stati membri in settori considerati sensibili per le sovranità nazionali, come la protezione e il miglioramento della salute, la politica industriale, la cultura, il turismo, l’educazione, la formazione professionale, la gioventù e lo sport, la protezione civile e la cooperazione amministrativa. Con una decisione controversa, tutta la questione della governance (➔) economica è rimasta nelle mani degli Stati membri che mantengono per sé il compito di coordinare le loro politiche economiche all’interno dell’Unione, con negative conseguenze di fronte all’esplodere della crisi finanziaria internazionale.
Nel quadro dei nuovi equilibri istituzionali, il Parlamento europeo dispone ormai, salvo alcune rilevanti eccezioni, del ruolo di co-legislatore su un piano di eguaglianza con il Consiglio – al cui interno il metodo del voto a maggioranza è ampiamente esteso – ed elegge il presidente della Commissione su proposta del Consiglio europeo che diventa un’istituzione a pieno titolo dell’Unione, come la Banca Centrale Europea, ed è presieduto da un presidente full time per due anni mezzo, rinnovabili una sola volta (➔ presidente del Consiglio europeo). La continuità dell’azione esterna dell’Unione viene rafforzata con la nomina di un alto rappresentante per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, che presiede le riunioni dei ministri degli Esteri e della Difesa ed è il primo vicepresidente della Commissione europea. Infine, vengono consolidate le funzioni della Corte di Giustizia.
Uno spazio importante è dato alla cittadinanza attiva e alla democrazia partecipativa con l’introduzione di un diritto di iniziativa popolare e l’obbligo di consultazione delle organizzazioni rappresentative della società civile, nonché il diritto alla trasparenza (➔). I diritti dei cittadini e, più in generale, della persona umana sono considerevolmente rafforzati con il valore giuridicamente vincolante della Carta dei diritti fondamentali (➔ Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea) e l’adesione dell’Unione alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (➔ Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali).
Nella prospettiva di future modifiche dei trattati, la cui necessità è stata messa in luce dall’esplosione della crisi finanziaria internazionale, a partire dal 2007-08, e da crescenti squilibri istituzionali, il T. di L. consacra, infine, il metodo della Convenzione, applicato per la redazione della Carta dei diritti e della Costituzione europea, lasciando aperta la possibilità che, di fronte al rifiuto di un Paese membro di ratificare una revisione del T., il Consiglio europeo possa avviare – seppure con decisione unanime – una discussione sull’antica questione dell’Europa a due velocità.