Trattato sui principi della conoscenza umana (A treatise concerning the principles of human knowledge)
(A treatise concerning the principles of human knowledge) Opera (1710) di G. Berkeley. Vi è esposta la dottrina dell’immaterialismo inteso come superamento dell’ateismo e dello scetticismo, atteggiamenti ricondotti all’erronea credenza nella realtà materiale. Secondo il modello dell’empirismo lockiano, Berkeley riconduce la sua analisi del contenuto della mente e del sapere alle idee. Queste da sole bastano a spiegare tutto il processo della conoscenza, dalla percezione sensibile fino alla memoria e all’immaginazione. In tale prospettiva, l’esistenza degli oggetti e della realtà materiale attestata dall’esperienza appare del tutto superflua. La realtà delle cose esperite, ossia dei contenuti delle idee cosiddette avventizie, consiste unicamente nel loro essere oggetto della percezione, ossia nel loro essere percepite (esse est percipi). Le «collezioni di idee» che attestano l’esistenza degli oggetti non rinviano a realtà extramentali; la mente infatti non può mai fuoriuscire dall’orizzonte delle sue percezioni. Non soltanto le qualità secondarie (come più comunemente si riteneva), ma le stesse qualità primarie non sono per Berkeley riconducibili alla realtà materiale esterna alla mente che le percepisce. Tali qualità, estensione, figura, movimento, ecc. vengono infatti concepite mediante le altre qualità sensibili, quali il colore, e dunque hanno anch’esse un carattere esclusivamente mentale. La negazione della materia comporta che esistano soltanto sostanze spirituali, la cui attività è ‘intelletto’ in quanto percepisce le idee, e ‘volontà’ in quanto opera su di esse. Ciò non produce un soggettivismo radicale, poiché vi è una precisa corrispondenza fra le percezioni di diversi soggetti spirituali riguardo ai medesimi oggetti. Tale regolarità, come anche la regolarità delle leggi della natura e dei fenomeni naturali nel loro insieme, non può essere fondata sull’azione di una ‘pretesa’ materia, la quale, per definizione, sarebbe inerte. In realtà la regolarità con la quale le idee si imprimono in noi attesta soltanto che alla passività del nostro spirito corrisponde l’attività di uno spirito che immette tali idee, ossia Dio. In tal modo l’immaterialismo rafforza, anziché depotenziare, la scienza identificando in essa la descrizione della successione delle idee secondo la regolarità delle leggi di natura stabilita e garantita da Dio.