travaglio (travaglia)
Voce di modesta frequenza, limitata all'uso poetico. Secondo il Parodi, il genere femminile di If VII 20 e Fiore CIII 1 si deve " non meno all'attrazione dei neutri plur. in -a che a quella dei femminili veri " (Lingua 246; cfr. N. Zingarelli, in " Studij Filologia Romanza " I [1885] 134).
L'intensa dittologia sinonimica travaglie e pene (If VII 20), non rara in antico (Fatti di Cesare I 5; ma v. anche oltre), vale " fatiche ", " tormenti ", e allude genericamente alle sofferenze d'ordine fisico e morale che si presentano nell'angosciosa visione del quarto cerchio, dove avari e prodighi scontano insieme le proprie colpe (cfr. Torraca, in " Bull. " II [1895] 140).
Nel Fiore, t. si fa espressivo di fatiche tutte terrene, quali comporta la conquista del potere temporale: XC 3 E' [i religiosi ipocriti] sì vanno lodando la poverta, / e le ricchezze pescan co' tramagli, / ed ivi mettor tutti lor travagli; o l'arte di trarre profitto dal fascino muliebre: CXLVIII 13 i' no l'ebbi [l'esperienza] sanza gran damaggio: / molta pen'e travaglio vi durai! (la Vecchia pone in atto la sua corruttrice opera di ammaestramento). Secondo i comuni valori propri, in Fiore CIII 1, CLXXX 12. La rima di Detto 69-70 'n su' [dell'amore] travaglio / i' son sanza travaglio, proprio in quanto di tipo equivoco (coerentemente alla struttura del poemetto), porterebbe a intendere una delle due occorrenze nel senso di " mutamento " (" mutare " era anche un antico significato di ‛ travagliare ': cfr. questa voce), con tali esiti: " nei mutamenti d'amore non provo sofferenza (riesco a sopportarli) ", oppure: " nei travagli d'amore rimango costante (fedele) ". Entrambi, peraltro, confermerebbero il tema dell'assoluta dedizione ad Amore, caratteristico della prima parte dell'opera. Sembra però più attendibile interpretarvi una semplice ripetizione.