Traversari (Traversara)
Fu la famiglia più ragguardevole e potente di Ravenna nell'età precomunale e comunale. Derivata dall'antico ceppo bizantino dei Duchi, cominciò a distinguersi da esso già sul finire del sec. IX, per caratterizzarsi sempre più nettamente nel corso dei secoli X e XI.
Attorno al Mille i T. appaiono già inseriti nelle posizioni-chiave del sistema di potere locale, per lo più come enfiteuti e vassalli della chiesa ravennate, oppure come concessionari di terre di altre chiese e monasteri romagnoli. Le basi territoriali e giurisdizionali del loro dominio vennero precisandosi solo verso la fine del sec. X, quando essi furono titolari del comitato rurale di Traversara che si estendeva, diversamente da quanto si è ritenuto finora, nella fascia limitanea fra i territori municipali ravennate e forlivese. Nel corso del sec. XI, inserendosi in un processo storico generale, i T. mirarono ad appropriarsi, da semplici usufruttuari che erano, delle terre ecclesiastiche che si estendevano dalla pianura ravennate fino ai castelli appenninici del Forlimpopolese, Cesenate e Sarsinate. Fu un'azione erosiva lenta e tenace che, se non diede sensibili risultati immediati, a lungo andare portò a un notevole rafforzamento delle posizioni patrimoniali e politiche del casato. Se ne coglie un riflesso anche nelle vicende interne di Ravenna, dove, mentre nel 1079 un Pietro T. figura come ‛ capitaneus et valvasor ' alle dipendenze degli arcivescovi, nel 1115, invece, un altro Pietro dello stesso casato viene ricordato come ‛ consul ' del comune cittadino, su posizioni di autonomia rispetto al potere ecclesiastico.
Ma fu particolarmente nella seconda metà del sec. XII e nei primi decenni del XIII che il prestigio e la forza politica dei T. si consolidarono, sia attraverso un'accorta politica matrimoniale di unione con nobili e potenti casati (ad esempio i Guidi, gli Adelardi e i Malatesti), sia perseguendo in una forma più scoperta che in passato, ma pur sempre duttile, una linea politica filoimperiale.
Il periodo assai fortunato, che coincise con la fioritura alla corte dei T. della civiltà cortese e cavalleresca, illustrata dalla poesia trobadorica, può ben a ragione considerarsi simboleggiato dalla figura di Pietro T. (v.) ricordato da D., per voce di Guido del Duca, assieme a Guido da Carpegna e ai Romagnoli del ‛ buon tempo antico ' (Pg XIV 98). In effetti, dopo la morte del Pietro mitizzato da D., ebbe inizio il declino dei T. che si accentuò e si fece inarrestabile per la defezione dal campo imperiale del figlio Paolo e la sua fine repentina (1240), cui fece seguito la condanna all'esilio in Puglia degli ultimi discendenti da parte di Federico II. Da tale dispersione i T. non riuscirono più a riprendersi e, al tempo di D., si compì lentamente la loro estinzione, che il poeta lamenta associando nel comune rimpianto la casa Traversara e li Anastagi (v. 107).
D. ricordando le due nobili famiglie ravennati fiorite sotto l'insegna dell'aquila imperiale, intende, forse, far risalire la loro decadenza (e l'una gente e l'altra è diretata, v. 108) all'abbandono della causa imperiale che ingenerò fra le due famiglie un'insanabile, logorante rivalità per il controllo della fazione e per la preminenza politica nel comune di Ravenna.
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