tre [in rima tree e trei; cfr. Parodi, Lingua 243, 251]
Ricorre con notevole frequenza in tutte le opere; è presente anche nel Fiore ma non nel Detto.
La testimonianza più ampia e significativa dell'importanza attribuita da D. al t. come numero sacro è offerta dal passo della Vita Nuova che esamina per quali ragioni il numero nove, di cui il t. è la radice, fosse cotanto amico (XXVIII 3) di Beatrice, ricorresse cioè con tanta frequenza in tutte le particolarità di tempo collegate alla vicenda terrena della gentilissima: Lo numero del tre è la radice del nove, sì come vedemo manifestamente che tre via tre fa nove. Dunque se lo tre è fattore per se medesimo del nove, e lo fattore per se medesimo de li miracoli è tre, cioè Padre e Figlio e Spirito Santo, li quali sono tre e uno, questa donna fue accompagnata da questo numero del nove a dare ad intendere ch'ella era uno nove, cioè uno miracolo, la cui radice, cioè del miracolo, è solamente la mirabile Trinitade (XXIX 3).
Questa enunciazione va evidentemente inserita in tutta la speculazione sul valore simbolico dei numeri, di cui qui non occorre trattare (v. NUMERO, e in particolare il commento di Remigio di Auxerre a Marziano Capella, ediz. C. Lutz, I 148 " perfectus est ternarius, quod id est eo quod, prima triplicatio numeri subaudis ternarii, id est novenarius... Tria enim ter novem fiunt "). Bisogna tuttavia avvertire come, nell'assimilazione della dottrina pitagorico-platonica del numero esemplare o idea archetipa del reale, e nella consapevole accettazione di spunti offerti dalla poesia classica, il pensiero e l'intuizione poetica di D. si concretano con varia larghezza in modi collegabili al numero t. grazie alla posizione centrale che in tutta l'opera dantesca ha la teologia trinitaria, che già nel sec. XII risultava strettamente legata alla tradizione platonica.
Non per nulla gli esempi poeticamente più alti sono quelli suggeriti dal mistero della Trinità divina, definita nel suo astratto contenuto teologico (Pd XIV 28-29 Quell'uno e due e tre che sempre vive / e regna sempre in tre e 'n due e 'n uno) o contemplata in un'immagine priva di ogni elemento razionalmente accertabile e pur ricca della " convincente evidenza di una luminosa verità fantastica " (Casella): Ne la profonda e chiara sussistenza / de l'alto lume parvermi tre giri / di tre colori e d'una contenenza (XXXIII 116-117); e così in Vn XXIX 3 [già citato], Cv II V 7, Pg III 36, Pd XIII 26, XXIV 139.
Al racconto evangelico si riallacciano gli accenni a Pietro, Giacomo e Giovanni, i tre Apostoli prediletti di Gesù (Pd XXV 33), testimoni della sua trasfigurazione (Cv II I 5), e quello alle tre donne recatesi al sepolcro di Cristo, nelle quali, secondo un'esegesi consona all'ermeneutica medievale, D. vede il simbolo delle tre sette de la vita attiva, cioè li Epicurei, li Stoici e li Peripatetici (IV XXII 15).
Le t. virtù teologali, ricordate in Cv III XIV 15 e Pg VII 34, sono simbolicamente rappresentate dalle tre facelle di cui arde il polo australe (VIII 89) e dalle tre donne (XXIX 121) danzanti alla destra del carro nel Paradiso terrestre; e si veda inoltre XXXI 111 e 131, XXXIII 2, Pd XX 127. Non con queste virtù, ma con la giustizia naturale, la giustizia umana e la legge positiva vanno identificate le tre donne di Rime CIV 1 (cfr. Contini, Rime 172). Per l'analogia del simbolismo vadano qui ricordati i tre occhi della Prudenza (Pg XXIX 132).
Le intelligenze angeliche sono divise in tre gerarchie... e ciascuna gerarchia ha tre ordini (Cv II V 5), sicché ogni gerarchia è posta in rapporto con una delle persone divine e ogni ordine con uno dei cieli; altro esempio nello stesso paragrafo, e ancora ai §§ 6 e 9, Pd XXVIII 119 (due volte).
Conformemente all'insegnamento scientifico e filosofico del tempo, anche i principi afferenti la cosmologia, la psicologia e l'etica sono frequentemente enunciati sul fondamento di una sistemazione triadica: li principii de le cose naturali… sono tre, cioè materia, privazione e forma (Cv II XIII 17); l'anima... hae tre potenze, cioè vivere, sentire e ragionare (III II 11); la... Etica pertratta / le tre disposizion che 'l ciel non vole (If XI 81).
In particolare, in questo ambito dottrinario, si ricordino i tre movimenti del cielo di Venere (Cv II V 16; due altri esempi nello stesso paragrafo); le tre similitudini che li cieli hanno con le scienze (XIII 2), i tre luoghi (le città di Maria e Lucia e l'equatore terrestre), segnando i quali sopra questa palla [la terra]... si può vedere come lo sole Ia gira (III V 13); le tre orribili infermitadi [iattanza, pusillanimità e levità] ne le menti de li uomini (IV XV 12); le tre passioni [stupore, pudore e verecundia] necessarie al fondamento de la nostra vita buona (XXV 4); superbia, invidia e avarizia sono / le tre faville c'hanno i cuori accesi (If VI 75); l'amore per il mal... del prossimo... / nasce in tre modi (Pg XVII 114).
Altri esempi in Cv II XIV 1 (tre volte) e 4, III VIII 1 e 8, IV XXI 9, XXV 4 (seconda occorrenza), Pd I 39, XXIX 24.
Suggerite come sono da una speculazione filosofica, anche le strutture materiali dell'aldilà dantesco sono spesso regolate da un ritmo ternario. Nel basso Inferno son tre cerchietti (If XI 17) e il primo cerchio... / in tre gironi è distinto e costrutto (v. 30) perché si fa forza a tre persone (v. 29); al Purgatorio si accede mediante una scaletta di tre gradi (Pg IX 76 e 106, XXI 48 e 53); l'amore disordinato per i beni mondani si piange per tre cerchi (XVII 137). L'architettura morale e strutturale del secondo regno è costruita su t. peccati-gironi (superbia, invidia, ira), divisi da un peccato (accidia) che si espia in un girone centrale, da altri t. peccati-gironi (avarizia, gola, lussuria).
Le tre facce (If XXXIV 38) di Lucifero sono concepite come mostruosa antitesi alle t. persone della divinità (cfr. anche vv. 51, 53 e 57), ma il sottile simbolismo del t. suggerisce altri spunti alla trama della Commedia: dalle t. fiere (anche se in If I il vocabolo non ricorre mai) alle tre donne benedette (II 124), dalle tre gole (VI 14) di Cerbero alle tre furie (IX 38) e ai tre pali (XXIII 111) con i quali è crocifisso in terra Caifas, né, per il terzo e il quarto esempio, vale a render meno pertinente l'osservazione l'ovvio richiamo alla mitologia classica; quanto a Caifas, la notazione può esser stata suggerita dalla preferenza data dall'iconografia gotica a rappresentare il crocifisso con i piedi sovrapposti piuttosto che con i piedi paralleli.
Del resto, non è senza significato che D. cercò di dare studiosamente rilievo al numero t. anche quando non sarebbe stato strettamente necessario: Omero vien dinanzi ai tre sì come sire (If IV 87); il grifone tende in sù l'una e l'altra ale / tra la mezzana e le tre e tre liste (Pg XXIX 110); il carro mutato in drago mise fuor teste per le parti sue, / tre sovra'l temo e una in ciascun canto (XXXII 144).
La tendenza a riunire i personaggi in gruppi di t., già affiorante nelle Rime (cfr. XCI 97, CIV 1 [già citato]; né si dimentichi LII 1 Guido, i' vorrei che tu e Lapo e io) e nelle opere attribuite (cfr. Rime dubbie I 5; Fiore CXCIV 7 e' tre portier, CCV 2, due volte), appare evidente nella Commedia, anche se nel poema le anime sono presentate con particolare frequenza a coppie (v. DUE). Di questa predilezione si hanno esempi in If XII 59 de la schiera [dei centauri] tre si dipartiro; XVI 4 tre ombre [di sodomiti] insieme si partiro (e così ai vv. 21 e 77); XXV 35 tre spiriti [di ladri] venner sotto noi (e così al v. 149); e si vedano inoltre XXXIII 71, Pg XVI 121, XXIV 133, XXVII 85; Pd VI 39 i tre a' tre pugnar (degli Orazi e Curiazi); Cv IV V 11 li tre Tarquini (nell'ediz. Simonelli; Busnelli-Vandelli leggono li re Tarquini).
Proprio perché il t. è sentito come numero sacro, ogni gesto cui si attribuisca un significato rituale è spesso ripetuto t. volte: D. si batte tre volte nel petto davanti all'angelo portiere (Pg IX 111); s. Pietro si volge tre fïate intorno di Beatrice (Pd XXIV 22); e così Pg XIX 34, XXX 12, Pd X 77, XIX 31, XXIV 152. La locuzione tre volte ricorre anche in If XXVI 139, Pg II 80, VII 2 (qui tre e quattro volte, con valore approssimativo), ma senza che alla replicazione del fatto o del gesto possa attribuirsi un significato speciale.
Nella Vita Nuova e nel Convivio il t. ricorre molto spesso come base di divisione e di suddivisione delle liriche. La divisione di una poesia in t. parti principali si ha in Vn VIII 7, IX 13, XII 16, XIX 15, XXI 5, XXVI 14, XXXI 3, XXXIV 4, XXXVIII 7; Cv II II 7 e 9, III I 13 (due volte). Una suddivisione di una parte principale in t. parti secondarie è indicata in Vn XXI 6, XXVI 15, XXXI 4 e 6; Cv III II 1, V 1, IX 3, IV II 2 e 18, III 1 e 2, XXX 1. Poiché alcune fra le occorrenze ora citate si riferiscono a una medesima tripartizione, e poiché in un caso, pur ricorrendo allo stesso procedimento interpretativo, D., nell'indicarlo, non fa uso del numerale (cfr. Vn XXXIV 6), è bene chiarire che le liriche divise in t. parti principali sono dieci nella Vita Nuova e due nel Convivio; la suddivisione di una parte principale in t. secondarie si ha invece tre volte nella Vita Nuova e due nel Convivio. Un'ulteriore precisazione in riferimento alla struttura formale delle canzoni si ha nell'indicazione ‛ tre versi ' in Cv II II 8, III I 13, V 1; e vada qui anche li tre precedenti capitoli (II VI 1).
Un procedimento sostanzialmente analogo è avvertibile ogni volta che sono indicati in t. i motivi adducibili per spiegare un fatto, gli aspetti o gli effetti di un fenomeno, gli argomenti portati a sostegno di una tesi, e così via. Esempi di quest'uso si hanno in Vn XXV 2, XXVIII 2, XL 7; Cv I IV 2, V 2, VII 2 e 3, VIII 2, IX 1, X 6 (due volte), II IX 3, X 7, III I 5, XIII 3, IV XI 4, 7 e 8.
In due esempi ricorre in determinazioni temporali: la Parte bianca cadrà, profetizza Ciacco, infra tre soli (If VI 68); da tre mesi, racconta Casella, l'angelo nocchiero ha imbarcato chiunque (Pg II 98). Specie nel primo caso l'indicazione è volutamente imprecisa, tanto da lasciar supporre che D. abbia detto tre " perché questo numero aveva per lui simbolica importanza " (Scartazzini-Vandelli).
La metà superiore del corpo di Nembrot è pari all'altezza di tre Frison (If XXXI 64) e l'ampiezza del primo girone del Purgatorio corrisponde a quanto misurrebbe in tre volte un corpo umano (Pg X 24): il valore approssimativo di queste misure è evidente. Alcuni commentatori vogliono vedere un significato allegorico nel fatto che D., per discendere nella valletta dei principi, compie solo tre passi (VIII 46); un pari intento si potrebbe forse scorgere allorquando D. attribuisce una ugual misura all'ampiezza del Lete (XXVIII 70). Cfr. anche Pg XXXII 34 Forse in tre voli tanto spazio prese / disfrenata saetta, " uno spazio pari a tre tiri di arco " (Sapegno).
A un'attenta osservazione della realtà, che pur non esclude un uso approssimativo del vocabolo, s'ispirano gli esempi di Pg III 80 le pecorelle escon dal chiuso / a una, a due, a tre, e XXXI 61 Novo augelletto due o tre [colpi] aspetta. Con maggior proprietà, s. Bonaventura usa il numerale quando ricorda che s. Domenico non chiese di dispensare o due o tre per sei (Pd XII 91), cioè di distribuire solo un terzo o la metà del denaro assegnato alle opere pie.
Non richiedono particolare illustrazione le occorrenze di Vn XVII 1, Rime dubbie XX 1, Cv II XIV 2, IV V 19, If XVII 73, XXX 90, Pd II 97 e 101, XXIX 48.
Per la variante le tre, adottata dalla Crusca, dal Witte e ora dal Casella in luogo di altre in Pd XXVIII 121, v. Petrocchi, ad Locum.