Vedi TREBULA MUTUESCA dell'anno: 1966 - 1997
TREBULA MUTUESCA (v. vol. VII, p. 971)
T. M. costituisce uno degli esempî più interessanti di organizzazione politico-territoriale della Sabina, nel passaggio alla fase urbana. La struttura vicanica dell'agro trebulano dura a lungo: ancora nel II sec. a.C., nei titilli mummiani (CIL, IX, 4882 = 12/2, 627 = ILS, 21 a = ILLRP, 327) il centro è definito un vicus, che si qualifica fra le clientele del console conquistatore di Corinto. Il passaggio a municipio avviene in età augustea con una costituzione ottovirale; la presenza di questo istituto è un altro tratto di arcaicità e di recupero di tradizioni italiche, quali p.es. le funzioni magistratuali degli iuvenes, care alla politica augustea. Per quanto riguarda le strutture insediative del pagus dei Mutuesci, sulle pendici di Colle Lirici, sul lato che guarda la valletta ove si trova la chiesa di S. Vittoria, è stato possibile identificare un sistema di piccole piattaforme in opera poligonale. Le cinte seguono l'andamento delle curve di livello, perciò non sono fra loro parallele, ma presentano chiusure a spigolo. Le costruzioni erano articolate in modo che i recinti più alti servissero da osservatori fortificati, a difesa delle piattaforme inferiori, ove sono da riconoscersi le parti abitative, secondo modelli ampiamente collaudati nel Sannio e nel territorio degli Equi; l'intera area aveva un punto di aggregazione nel santuario di fondovalle di Feronia, che assolveva al compito di luogo di riunione e di mercato.
Il deposito votivo, rinvenuto in un terreno situato a lato del sagrato della chiesa di S. Vittoria, è costituito da teste maschili e femminili, velate e non, da ex voto anatomici (arti superiori e inferiori, mani e piedi nudi e calzati), da un bambino in fasce, da statuette di animali (bovini, equini, ovini), da ceramica a figure rosse del Gruppo Fluido, da ceramica sovradipinta, da ceramica a vernice nera con una forte presenza dell' atelier des petites estampilles, da ceramica di impasto tornito e di produzione locale. L'esame tipologico delle teste ha evidenziato il carattere di una produzione locale che inizia in una fase tardoarcaica, mentre la maggior parte degli esemplari si colloca nel IV e nel III sec. a.C. L'analisi della ceramica, che costituisce la parte più consistente del deposito, conferma la presenza di forme comuni fino alla prima metà del III sec. a.C., che salgono alla seconda metà del IV per la ceramica a vernice rossa e quella sovradipinta e alla fine del IV per la ceramica a vernice nera.
Il deposito votivo di T. M. occupa un posto a parte in quanto è il prodotto di un'area che, nella prima fase della romanizzazione vive in una situazione marginale, con l'organizzazione paganico-vicanica tipica delle società pastorali del centro Italia.
Il Tempio di Feronia è stato individuato in un podio in opera poligonale posto nella valle di Pantano prossima al luogo di rinvenimento della stipe. Al di sopra, nella località Colle Foro, è una cisterna collegata da un cunicolo a un pozzo, inglobato dalla chiesa di S. Vittoria. Le acque, che erano raccolte dalla cisterna e convogliate verso il basso da un sistema di cunicoli, possono essere riferite al culto di Feronia. La sua specificità in rapporto alle acque emerge in maniera evidente anche in altre aree sacre a lei dedicate, quali p.es. ad Aquileia, a Roma (tempio C del Largo Argentina) e in particolare a Narni, ove il luogo di culto consisteva in una fonte alimentata da un lungo cunicolo.
In un periodo molto più tardo, nel III sec. d.C., sul culto di Feronia si imposta quello di una martire locale, Vittoria. Attorno alla sua sepoltura sorge una piccola catacomba che riutilizza con loculi a forno i cunicoli che dalla cisterna scendevano a valle. Non pare sia esistita, a fianco della catacomba, alcuna basilica o crypta sotterranea che riveli, nelle sue fasi, un centro cultuale cristiano preesistente alla chiesa attuale che poggia direttamente sulla puddinga.
La presenza di veterani, liberti, magistrati locali, favorita in età augustea dalla creazione del municipio, emerge dalla testimonianza di monumenti funerarî, che soprattutto nel tipo a dado, sono particolarmente numerosi nel Trebulano. A questi sono pertinenti frammenti di fregi dorici reimpiegati nelle chiese di S. Giovanni Evangelista, entro il paese di Monteleone, e di S. Vittoria, al di fuori di questo. I frammenti riproducono il repertorio consueto in forme abbastanza varie: pelte, teste bovine inghirlandate, rosette, patere, cornucopie, ecc. Parimenti, a monumenti funerarî a dado appartengono anche i resti di pulvini con il fusto decorato da foglie lanceolate con solcatura centrale e con le estremità ornate in alcuni casi da un gorgòneion e in altri da una rosetta. Allo stesso periodo e alla medesima ideologia si può attribuire il fron- toncino di edicola funeraria da Monte Calvo decorato al centro da un gorgòneion con ai lati due armille. Ad architetture funerarie di maggior pretesa, recinti funerarî e simili sono da attribuire, invece, i numerosi leoni cui si deve, tra l'altro, il nome moderno del paese, testimonianze di un tipo di sepoltura voluta da una borghesia locale desiderosa di mettere in mostra, anche dopo la morte, lo status sociale da poco acquisito. I monumenti funerarî a torre, dislocati soprattutto in località Osteria Nuova, lungo la Via Salaria, sono da considerare, invece, sepolture gentilizie. Al monumento funerario di un personaggio eminente di T. M. è da attribuire, infine, la lastra con scena di venatio da Ponte Buida conservata al Museo Civico di Rieti; il rilievo appartiene a una classe tipologica databile in età augustea, che rielabora modelli ellenistici per una committenza aperta all'arte colta. T. M., infatti, per tutta l'età imperiale sarà strettamente legata ad alcune famiglie senatorie latifondiste, quali i Priferni Paeti e soprattutto i Bruttii Praesentes; la città stessa doveva trovarsi nelle proprietà dei Laberii, come si deduce da una fistola acquarla scoperta vicino alla chiesa di S. Vittoria nel 1804, per cui la liberalità della patrona del municipio, Laberia Crispina, finisce per essere un provvedimento di tutela di interessi, in un certo qual modo, privati.
La villa dei Bruttii Praesentes, scavata fra il 1824 e il 1831, ha restituito statue di grande valore, fra cui figurano l’Hera Borghese, il ciclo di Anacreonte e le Muse, l’Hercules Musarum che si trovano ora alla Ny Carlsberg Glyptotek.
A ville residenziali di proprietari ignoti è da riferire invece una serie di sculture conservate nella sede del Comune di Poggio Moiano, costituite da una copia di non pregevole qualità dell’Afrodite Cnidia (tipo Vaticano) e da due statue femminili panneggiate, repliche di opere del primo ellenismo quali la Themis di Ramnunte.
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