tremare (tremere; le forme dittongate triemi, triema, si alternano, anche in prosa, a quelle senza dittongo)
Nelle sue numerose occorrenze, frequenti soprattutto nella Commedia e nella Vita Nuova, il verbo indica l'effetto di sensazioni varie, da quelle puramente fisiche a quelle psichiche, esprimendo dunque ora un tremito vero e proprio, un movimento convulso (di persone o di cose), ora una sensazione di smarrimento interiore, il venir meno dell'animo in seguito a un'emozione.
Si può t. per il freddo dovuto all'etterno rezzo di Cocito (If XXXII 75), o per i patimenti cui sono soggetti i mendicanti (io veggo ignudi que' truanti / su' monti del litame star tremando, / che freddo e fame gli va... accorando, Fiore CVII 2), o per l'approssimarsi della febbre, preannunciata dai brividi (If XVII 87); si può t. per il timore non pur di perdere l'avere ma la persona per l'avere, come avviene ai miseri mercatanti (Cv IV XIII 11), per la paura provocata nei dannati dai tormenti infernali (If XXX 31) o per quella da cui D. è assalito in groppa a Gerione, quando si accorge di essere ne l'agire d'ogne parte, e vede fuochi, e sente pianti; / ond'io tremando tutto mi raccoscio (XVII 123; in Fiore LXXIII 10 è Paura stessa, la dottosa [" paurosa "], che tutta tremava alle parole di Amante). Anche più grave è lo spavento del poeta di fronte alla lupa che, con la paura ch'uscia di sua vista (If I 53), gli fa tremar le vene e i polsi (v. 90): dove il Boccaccio spiega che " triemano le vene e ' polsi quando dal sangue abandonate sono; il che avviene quando il cuore ha paura, per ciò che allora tutto il sangue si ritrae a lui ad aiutarlo e riscaldarlo, e il rimanente di tutto l'altro corpo rimane vacuo di sangue e freddo e palido ". Per l'espressione, cfr. Pg XI 138 [Provenzano Salvani] nel Campo di Siena, / ogne vergogna diposta, s'affisse; / e lì... / si condusse a tremar per ogne vena, cioè " nell'interno... giacché col suo forte carattere frenava quel tremito o fremito che nel chiedere altrui tutto lo commoveva di dentro, sicché non si palesava al di fuori col tremito della persona " (Scartazzini-Vandelli).
Come manifestazione di uno stato di pena, detto del cor, in Vn XXII 10 14.
L'uso del verbo si lega ancora a sensazioni fisiche nel paragone di Pd XXX 25, a indicare l'impossibilità di sostenere la vista del sole (come sole in viso che più trema, / così lo rimembrar del dolce riso / la mente mia da me medesmo scema; i commentatori rimandano a Cv III VIII 14 per lo modo che soverchia lo sole lo fragile viso, e a Vn XLI 6); e così nel contesto figurato di altri due luoghi, sempre a significare inadeguatezza a un determinato compito, come nel caso dell'artista / ch'a l'abito de l'arte ha man che trema, " à defettuosi l'istrumenti " (Buti, a Pd XIII 78; cfr. anche XXIII 66).
I commentatori spiegano con varie ragioni il ‛ tremare ' dei due falsari Griffolino e Capocchio, che stanno a sé poggiati, / com'a scaldar si poggia tegghia a tegghia (If XXIX 73-74) e che, al sentire che D. è vivo, ‛ rompono ' lo comun rincalzo e gli si rivolgono tremando (v. 98). Benvenuto intende senz'altro " quia non poterat unus se substinere sine adhaesione alterius socii ", mentre il Buti pensa piuttosto alla " debolezza e paura, ch'ànno continuamente che non si scuoprano le loro falsità ". Per le interpretazioni dei moderni, si veda il Mattalia: " o per febbre, o per reazione al prurito; o perché, secondo altri, si erano alzati malcerti sulle gambe; o, ancora, perché sbigottiti (Torraca), o profondamente impressionati (Casini-Barbi) o in preda ‛ a stupore quasi furioso alla vista di un vivo ' (F. Maggini) o, infine (e si può accettare) per lo sforzo di reggersi ritti da soli sul busto, di solito appoggiato (Chiari [che si rifà dunque a Benvenuto]) ". Gli altri commentatori condividono l'una o l'altra di queste interpretazioni.
Il t. legato alla passione d'amore è motivo fondamentale della poesia stilnovistica; e infatti l'uso del verbo in esempi di questo tipo è, in D., più frequente (ma non esclusivo: cfr. TREMORE) nella Vita Nuova e nelle Rime. L'amore può essere visto nei suoi aspetti più drammatici, come dominatore crudele e impietoso che infligge ferite, onde confortar non mi posso / sì ch'io non triemi tutto di paura (Rime CXVI 55; cfr. Cavalcanti Voi che per li occhi 13 " Sì giunse ritto 'l colpo al primo tratto, / che l'anima tremando si riscosse "; Frescobaldi La foga di quell'arco 10 " Ne la presta percossa di costui [Amore] / che fece allora la mente tremare... "); Tutti li miei penser parlan d'Amore / e sol s'accordano in cherer pietate, / tremando di paura che è nel core, " per la paura che il tormento amoroso desta nel cuore " (Barbi-Maggini, a Vn XIII 8 8; II 4, due volte); oppure è passion nova, per cui lo spirito maggior tremò... forte (Rime LXVII 67; cfr. anche LXV 6, Cv II Voi che 'ntendendo 22, commentato in VII 10, e si veda Cavalcanti Io temo che la mia disaventura 4; Frescobaldi Tanta è l'angoscia 2 e 12).
Ma amore è anche sentimento d'ineffabile dolcezza, che innalza l'anima a Dio: il t. rivela allora la trepida emozione che l'amante prova in presenza della donna amata (ov'ella passa, ogn'om ver lei si gira, / e cui saluta fa tremar lo core, Vn XXI 2 4; cfr. Cavalcanti Io non pensava 20) o addirittura ne preannuncia l'apparire: mi parve sentire uno mirabile tremore incominciare nel mio petto... e temendo non altri si fosse accorto del mio tremare, levai li occhi, e... vidi... Beatrice (XIV 4; l'infinito è sostantivato, come in XI 2); o anche: mi triema il cor qualora io penso / di lei in parte ov'altri li occhi induca, / per tema non traluca / lo mio penser di fuor (Rime CIII 27), fino al celeberrimo ogne lingua deven tremando muta (Vn XXVI 5 3: " per il suo tremare ", Contini [Letteratura italiana delle Origini, Firenze 1970, 327]) e alle due occorrenze di Pg XXX, che caratterizzano lo stato d'animo del poeta al nuovo, sospirato incontro con la gentilissima: lo spirito mio, che già cotanto / tempo era stato ch'a la sua presenza / non era di stupor, tremando, affranto / … d'antico amor sentì la gran potenza (v. 36); onde volsimi... / per dicere a Virgilio: ‛ Men che dramma / di sangue m'è rimaso che non tremi: / conosco i segni de l'antica fiamma ' (v. 47). E ancora emozione d'amore - ma implicante anche l'amore sensuale - è quella che, nella rievocazione di Francesca, rende tutto tremante Paolo Malatesta nel momento in cui la bocca mi basciò (If V 136).
Non niù riferito a persona, il verbo indica per lo più un movimento tellurico: in particolare, il terremoto che accompagnò la morte di Cristo, ripercuotendosi fin nell'alta valle fida dell'Inferno (If XII 41; Pd VII 48), quello cui D. assiste durante il sogno angoscioso della morte di Beatrice (Vn XXIII 24 53), o lo scuotersi della buia campagna che prelude al suo passaggio dell'Acheronte (If III 131). Oppure t. allude allo scuotimento che subisce la montagna del Purgatorio quando, come spiega Stazio, alcuna anima monda / sentesi e sale al Paradiso (Pg XXI 58, nella forma tremaci, " trema qui ": cfr. ci trema, al v. 78, e inoltre XX 128 e, sostantivato, 141): soltanto in questo caso il fenomeno investe il Purgatorio vero e proprio, ché normalmente libero è qui da ogne alterazione (XXI 43) e il terremoto, quando si verifica, fa sì che il monte ‛ tremi ' più giù poco o assai; / ma... / qua sù non tremò mai (vv. 55 e 57).
L'arrivo del Messo celeste è preannunciato da uno sconvolgimento pauroso - E già venìa su per le torbide onde / un fracasso d'un suon, pien di spavento, / per cui tremavano amendue le sponde, If IX 66 - che richiama visioni bibliche: cfr. Act. Ap. 2, 1-2 " cum complerentur dies Pentecostes... factus est repente de caelo sonus tanquam advenientis spiritus vehementis ", citato da Scartazzini-Vandelli.
Si deve pensare piuttosto a una ‛ vibrazione ', sia pur violenta, quando il verbo si riferisce all'aria: legata ancora a un senso di paura là dove D. è talmente atterrito dalla vista del leone da avere la sensazione che perfino l'aere ne tremesse (If I 48; cfr. Petrocchi, Introduzione 165-166, per le questioni relative al testo, tremesse o temesse, e le ascendenze classiche del latinismo che risale all'infinito ‛ tremere '; questo tuttavia può valere anche " temere " come nel De Conversione peccatoris 6 [cfr. Contini, cit., 223], riportando così al senso dell'altra variante temesse [v. anche Pagliaro, Ulisse 739-740]; si veda poi l'esempio del Cavalcanti Chi è questo che vèn 2, dov'è la donna che " fa tremar di claritate l'âre "). La vibrazione è provocata invece dai sospiri delle anime, afflitte da un duol sanza martìri, nel Limbo (IV 27 e 150): sospiri che " erano sì grandi che commovevono l'aria " (Landino).