TRENTINO-ALTO ADIGE (App. III, 11, p. 978. Alto Adige: II, p. 711; App. II, 1, p. 147; III, 1, p. 76. Trentino: XXXIV, p. 266; App. II, 11, p. 1018; III, 1, p. 977)
La regione a statuto speciale sembra aver trovato nell'ultimo decennio un equilibrio politico-sociale che si concreta in un'evidente evoluzione economica. Hanno contribuito alla normalizzazione dei rapporti fra i due gruppi etnici esistenti tutta una serie di leggi speciali, tendenti a salvaguardare e a proteggere la minoranza di lingua tedesca. Molto importante risulta anche quanto è stato fatto nel campo dell'istruzione universitaria, per dar modo di completare i quadri dei docenti della scuola secondaria mediante personale qualificato. La collaborazione tra le università di Padova e di Innsbruck ha permesso l'attuazione di corsi speciali in lingua italiana e tedesca in modo che tutti i docenti già nella scuola, ma non in possesso del titolo di studio richiesto, hanno potuto completare i corsi di studio in quattro anni di lavoro estivo. Attualmente l'università di Padova cerca di offrire agli studenti di lingua tedesca iscritti a facoltà letterarie i corsi delle materie professionali nella lingua madre, durante i mesi estivi, avvalendosi del lavoro di docenti dell'università di Innsbruck.
La popolazione residente della regione è passata da 785.967 unità (1961) a 841.886 unità (1971) con un incremento medio annuo del 6,9‰; i dati anagrafici del 1978 dànno un valore complessivo di 873.995 unità, con incremento medio annuo del 7,3‰. Le due province tuttavia non hanno incrementi omogenei in quanto la provincia di Bolzano manifesta ritmi più accelerati, con un incremento del 10,2‰ nel periodo 1961-71 e dell'8,3‰ successivamente; gli aumenti della popolazione qui si rilevano prevalentemente nel complesso dei comuni della provincia, che quasi tutti presentano tassi d'incremento positivo. Nella provincia di Trento molti comuni hanno tassi d'incremento negativi, mentre l'aumento della popolazione rilevato poco sopra risulta prevalentemente dovuto all'incremento del capoluogo. La dinamica positiva della popolazione è legata nel complesso al saldo naturale che si appoggia a quozienti di natalità pari al 19,5‰ e al 15,4‰ rispettivamente nelle province di Bolzano e di Trento; la mortalità è valutata per le medesime province rispettivamente con un quoziente di 8,50‰ e di 10,7‰. Il saldo sociale risulta negativo nel complesso della regione, con valori minori nella provincia di Trento (10. o00 unità 1961-71) nei confronti di quella di Bolzano (12.000 unità). È molto intenso il movimento migratorio interno che vede la popolazione spostarsi preferibilmente verso le aree di minore altitudine. All'interno di questo movimento è da rilevare una notevole componente femminile, che ha determinato un aumento del 24,6% della popolazione residente femminile in provincia di Bolzano e dell'8,6% in quella di Trento. Tuttavia solo in quest'ultima provincia il fenomeno è connesso con l'aumento percentuale della popolazione attiva femminile.
Condizioni economiche. - L'economia regionale è tuttora prevalentemente imperniata sull'attività agricola e su quella turistica. Per la prima un fattore negativo immanente è costituito dai fenomeni franosi e dagli smottamenti, connessi con le caratteristiche litologiche e morfologiche dell'area; a tali condizioni per così dire no mali si aggiungono a volte fenomeni eccezionali, come per es. quello del novembre 1966, quando una straordinaria intensità di precipitazioni è stata accompagnata da una veloce fusione delle nevi. In particolare furono danneggiati allora, con allagamenti accompagnati da distribuzione di materiale alluvionale, il fondovalle dell'Adige, da Trento a Bolzano e Merano, quello dell'Avisio e in parte dell'Isarco e della Rienza. Durante la medesima alluvione un ulteriore danno fu apportato dal vento che in tutta la regione, ma in modo particolare nelle valli laterali dei maggiori corsi d'acqua, provocò l'abbattimento di un ingente numero di alberi nelle estese foreste; la perdita è stata calcolata in 700.000 m3 di legname di cui ben 330.000 m3 nel distretto forestale di Cavalese. È naturale che tale tipo di calamità non si limita a danneggiare soltanto le aree agricole, ma investe anche ogni tipo di manufatto umano, come per es. le strade, le difese e le arginature degli alvei dei fiumi, che l'uomo è sempre costretto a riattare e a rimettere in efficienza, onde mantenere un costante livello su cui impostare la sua organizzazione economica.
Del totale della superficie agraria forestale il 44% è occupata dai boschi e il 29% dalle foraggere permanenti; tali valori sono diversamente distribuiti nelle due province, in quanto nella provincia di Trento è superiore in percentuale l'estensione del bosco, mentre in quella di Bolzano è più elevata la percentuale della superficie a foraggera. Non grande rilevanza areale assumono le colture legnose specializzate come la vite, il melo, il pero che tuttavia dànno una produzione di notevole valore economico: basta infatti pensare che la regione ha una produzione di mele pari al 29,4% e di vino pari al 2% sul totale nazionale. Le esigenze della commercializzazione della frutta hanno dato un notevole impulso alla costituzione di cooperative che si occupano della conservazione, della vendita e della distribuzione della merce; per questo sono sorte, disseminate nelle valli dove ha maggiore estensione la coltura frutticola, tutta una serie di magazzini frigoriferi e di servizi connessi che costituiscono un elemento nuovo nell'antico paesaggio. L'ingente produzione foraggera è diretta all'allevamento bovino, che attualmente ha una consistenza di circa 200.000 capi con una prevalenza nella provincia di Bolzano. Del bosco sono utilizzati annualmente 781.000 m3 di legname, di cui il 70% come legname da lavoro.
Il turismo risulta nella regione particolarmente avvantaggiato non solo dalla possibilità di sfruttare sia la stagione estiva che quella invernale, dalle bellezze naturali del paesaggio nonché dalla lunga tradizione dell'ospitalità, ma anche dalla diffusione del bilinguismo, che facilita il soggiorno a una notevole massa di turisti stranieri di lingua tedesca. La regione è dotata di una notevole intelaiatura ricettiva, costituita di alberghi, pensioni, oltre che da una serie di sistemazioni extralberghiere, come appartamenti in affitto, camere in case private, campeggi. L'attrezzatura alberghiera è composta da circa 5700 esercizi di varia categoria, per un complesso di 167.000 letti, e in questo insieme nel 1977 si sono verificati 2.036.000 arrivi per un totale di 13.800.000 presenze. Nello stesso anno gli arrivi negli esercizi extralberghieri sono stati 913.000 per un totale di oltre 13 milioni di presenze. Il notevole complesso degli ospiti trova grandi possibilità di svolgere attività sciistica o alpinistica mediante una serie di linee di trasporto funiviario (bifuni, monofuni, sciovie) per un totale di 718 impianti di portata e di lunghezza molto varia, ma sempre con tracciato attraente e molto spesso ardito. Altra attrazione è costituita dai Parchi Nazionali come quelli dell'Adamello-Brenta, di Paneveggio-Pale di S. Martino, dello Stelvio (questo per una parte dell'area ricade anche nella provincia di Sondrio).
Tutta una serie di strade asfaltate e comunque molto ben tenute serve a smaltire l'intenso traffico che deriva dal movimento turistico, che almeno in due momenti dell'anno ha intensità particolarmente elevata: nella prima quindicina di agosto e nelle due settimane pasquali. Tuttavia per importanza spicca fra tutte l'autostrada del Brennero; essa, nel tratto Bolzano-Brennero di 85 km, ha un percorso prettamente montano, lungo il quale si sono dovute superare difficoltà tecniche molto grandi in rapporto anche alla strettezza del fondo vallivo e quindi all'impossibilità, a volte, di sistemare la nuova arteria, di notevoli esigenze di ampiezza, accanto alla strada normale. Pertanto sono stati costruiti lunghi tratti di autostrada su piloni, sono state perforate oltre 20 gallerie ed è stata realizzata una rilevante serie di viadotti e di ponti. La funzionalità dell'arteria è determinata dai collegamenti autostradali cui dà luogo; infatti essa a Campogalliano, presso Modena, si allaccia con l'autostrada del Sole e al Passo del Brennero si collega con l'autostrada che scende a Innsbruck e che successivamente si raccorda con la grande arteria europea che giunge fino a Oslo. Il complesso dell'opera, pur con tutta la mole di cemento armato che comporta, non ha rovinato l'armonia del paesaggio, anzi rappresenta un'ulteriore attrazione, in quanto, proprio in rapporto all'arditezza tecnica, permette anche al più frettoloso viaggiatore di ammirare i lineamenti dei paesaggi più elevati in altitudine, cosa che è impossibile fare percorrendo l'arteria di fondovalle.
L'evoluzione in campo industriale non è da trascurarsi, tuttavia ha un'importanza meno incisiva sull'economia regionale, anche se costituisce il motore propulsore del movimento interno della popolazione. Le condizioni morfologiche, topografiche e climatiche non hanno favorito naturalmente il sorgere di una moderna industria, che si è localizzata prevalentemente nell'area di Bolzano per ragioni politiche, e con le forme d'industria siderurgica; il fatto tuttavia, anche se vitale per una forte potenzialità capitalistica, resta pur sempre limitato arealmente, perché in contrasto con le esigenze della fiorente ed espansa attività turistica, con i rigori climatici e con la morfologia delle valli. Anche nell'area di Trento nell'ultimo decennio si è verificata un'intensa localizzazione, specie di piccole industrie che non hanno mancato di provocare nella conca un notevole grado d'inquinamento dell'aria. Nel complesso regionale prevalgono le industrie manufatturiere (65.000 addetti); sono scarsamente rilevanti quelle estrattive rivolte a minerali di magnesio (77.000 t), feldspato grezzo (133.000 t), fluorite (39.000 t), baritina grezza. Bolzano detiene indubbiamente il primato industriale, ma soprattutto esercita funzioni economiche che sono state definite nodali; una manifestazione di tali funzioni può essere scorta nell'importanza assunta dalla fiera campionaria. Questa, per assolvere meglio le sue funzioni nell'ambito regionale e internazionale, già da alcuni anni si è sdoppiata in due manifestazioni successive, l'una settembrina, a carattere campionario generale, l'altra in ottobre, rivolta prevalentemente all'agricoltura dell'arco alpino.
Archeologia. - Importanti scoperte avvenute tra gli anni Sessanta e Settanta hanno notevolmente mutato il quadro delle nostre conoscenze circa la frequentazione e la colonizzazione preistoriche della regione alpina del T.-A. Adige. La documentazione, sebbene ancora frammentaria, ha inizio verso la fine dei fenomeni di glaciazione würmiana che avevano interessato e ancora parzialmente interessavano la vallata dell'Adige e quella del Sarca. Sul Bondone, sopra apparati morenici della fase di Büll, si è riscontrata la presenza di bivacchi di cacciatori (stambecco e camoscio) attorno all'antico laghetto delle Viotte. Queste tracce d'insediamenti, relativi all'Epigravettiano evoluto e tardo, sono da mettere in relazione con una serie d'insediamenti, pure ad alta quota, sul monte Baldo. Questo attesta come la più antica penetrazione nel territorio trentino sia avvenuta tramite itinerari montani. L'industria litica è caratterizzata da microgravette, grattatoi unguiformi, punte a cran, bulini, mentre è da notare l'assenza della tecnica del microbulino.
Tra il 7° e il 6° millennio in condizioni climatiche migliorate, di tipo boreale, i gruppi di cacciatori scendono dagli accampamenti d'alta quota e si stanziano in insediamenti presumibilmente stabili (Vatte di Zambana, Romagnano, Pradestel, Riparo Gaban presso Martignano), posti in ripari sottoroccia lungo il fondovalle dell'Adige che aveva ormai raggiunto un assetto geomorfologico stabile; qui più agevolmente potevano procurarsi il cibo anche nelle stagioni invernali; nelle stagioni estive si muovevano verso i valichi di alta montagna (fatto attestato dai bivacchi presso i laghetti di Colbricon, m 1900-2200 s. l. m.), dove potevano cacciare le mandrie della grossa selvaggina in passi obbligati. L'economia di questi gruppi era infatti costituita soprattutto dalla grossa caccia (con prevalenza di stambecco e camoscio); nel fondovalle è praticata attivamente la pesca, l'uccellagione e la raccolta di molluschi d'acqua dolce. L'industria litica è rappresentata da complessi microlitici a triangoli. Di questa fase è nota una sola inumazione, con il morto supino a braccia riunite sull'inguine e alcune pietre a protezione del cranio.
Verso la metà del 6° millennio si ha un'evoluzione verso altri complessi mesolitici con un'industria caratterizzata da trapezi e da lame denticolate; gli stanziamenti, documentati solo in fondovalle (Romagnano, Pradestel, Riparo Gaban), presentano uno stesso tipo di economia, con maggiore incidenza di cervo e capriolo nella grossa selvaggina e di altre specie forestali (tasso, scoiattolo, gatto selvatico), derivante dalle mutate condizioni climatiche, di tipo atlantico. In un momento avanzato dei complessi microlitici a trapezi è attestata l'introduzione, anche nella vallata dell'Adige, della ceramica (impressa, graffita e incisa), fatto questo che, assieme alla diffusa presenza di conchiglie marine di tipo ornamentale, dimostra i contatti con i gruppi neolitici dell'ambiente mediterraneo, in una fase ancora economicamente mesolitica. Infatti non sono avvenute in questo periodo sostanziali modificazioni culturali: i luoghi di frequentazione sono gli stessi (Romagnano, Riparo Gaban, Doss de la Forca, Doss Trento), mentre mancano documentazioni di agricoltura; in un momento più avanzato sembra comparire l'allevamento di ovini e suini. Per quanto riguarda l'industria ceramica, si può parlare in ogni modo della presenza di un Neolitico antico anche in ambiente alpino, con qualche elemento d'influsso dall'area padana di Fiorano negli aspetti più recenti del medesimo. Il riparo Gaban presenta caratteri di eccezionalità per la presenza nei livelli mesolitici e del Neolitico antico di molti oggetti figurativi di significato magico-rituale: sono elementi figurali su materiali diversi (pietra, osso, corno, dente) e di diverso soggetto (figurette femminili, figure animali, motivi geometrici compositi, ecc.) che presentano però elementi grafici comuni (si potrebbe parlare quasi di uno "stile") collegabili anche alla decorazione "a graticcio" delle ceramiche.
In un momento successivo anche la valle dell'Adige viene interessata dalla Cultura dei vasi a bocca quadrata (Neolitico medio e superiore) comune a tutta l'Italia del nord.
Gl'insediamenti precedenti continuano a essere frequentati (Romagnano), ma ne compaiono di nuovi su conoide (La Vela) e su terrazzo alle medie pendici montane (Garniga). L'economia, poco documentata, sembra evolversi gradatamente verso l'allevamento, ma la caccia rimane ancora un mezzo di sostentamento fondamentale. Si può inoltre constatare una radicale modificazione del rito funebre: alla Vela è documentata una necropoli con deposizioni in posizione fetale con differenziazione di sepoltura: entro cassette a lastre litiche, in fossa circondata di grosse pietre, in fossa semplice. La tipologia differenziata delle caratteristiche d'inumazione trova riscontro anche nei corredi tombali, costituiti nelle tombe a cista litica da asce in pietra verde, da cuspidi di freccia in selce oltre che da oggetti di ornamento personale; assai più scarsi o addirittura assenti sono i corredi negli altri tipi di sepoltura. Questa ritualità funeraria sembra postulare una gerarchia tribale basata sulle differenze di sesso e di età. La presenza costante di asce e cuspidi di freccia nelle tombe maschili porterebbe a intravedere nel gruppo umano in questione una preponderanza dell'elemento guerriero. L'abitato di Isera, insediamento di collina, mostra una fase recente della Cultura dei vasi a bocca quadrata (Neolitico superiore) caratterizzata da stanziamenti posti su alture con difese naturali, da un'accentuazione dell'economia pastorale, mentre la caccia assume un significato secondario. Altri insediamenti ascrivibili al Neolitico superiore e recente: Castellaz di Cagnò, Fiavé, Colodri di Arco, e forse il colle Nössing presso Bressanone.
Mancano ancora notizie circa l'ampia fase di passaggio tra il Neolitico recente e il Bronzo antico, a eccezione di qualche dato sporadico, come i frammenti di bicchieri campaniformi di Montesei di Serso, presenti però in un contesto già riferibile probabilmente al Bronzo antico.
L'età del Bronzo del T.-A.A. rimane ancora legata all'ambiente padano; agl'inizi del 2° millennio vive neìl'ambito della cultura di Polada e ne divide gl'influssi danubiani e centroeuropei. Questi contatti sono da mettere in relazione con la via dell'ambra che nella valle dell'Adige trovava un canale fondamentale di scorrimento, ma soprattutto con la tecnologia del bronzo: estrazione, attività fusoria, lavorazione del grezzo e, almeno in parte, produzione degli oggetti finiti.
L'insieme di queste attività ebbe certamente un potere propulsivo per l'agricoltura, resa possibile dall'uso di strumenti tecnicamente più funzionali e quindi dal disboscamento sistematico. Contemporaneamente si nota come la caccia perda progressivamente d'importanza rispetto all'agricoltura, all'allevamento dei bovini e all'attività pastorale. Il peso dell'artigianato specializzato del bronzo appare del resto evidente anche dall'ideologia sociale e religiosa che sembra mostrare una supremazia dell'elemento guerriero (cfr. stele B di Lagundo e analogicamente, masso del sole di Cemno) simboleggiata dal binomio ascia-alabarda e dal pugnale. I riti funebri pur nella diversità d'inumazione (Valbusa di Laghetti di Vela: riparo sottoroccia, Romagnano: cista fittile, ecc.) hanno in comune la presenza di resti di attività fusoria nei luoghi di deposizione. Gl'insediamenti sono di vario tipo: su palafitta (Ledro); di collina (Montesei di Serso), di fondovalle (Romagnano), in riparo sottoroccia (Riparo Gaban-Trento): appaiono i primi castellieri (Nössing-Bressanone). Tale varietà di stanziamenti rimarrà quasi costante anche nel Bronzo medio e recente (Fiavé, Doss Castelir, Doss dei Canopi, Doss de la Cros, S. Biagio, Tolerait, ecc.). Ma se a livello di modalità d'insediamento e di struttura sociale i mutamenti sembrano essere graduali e lenti, altri elementi dimostrano invece un brusco cambiamento; col Bronzo medio infatti si nota l'interruzione (a eccezione di Ledro) dei vecchi insediamenti e il sorgere di nuovi; a livello di cultura materiale è da notare soprattutto il salto qualitativo dell'industria ceramica, normalmente elemento semmai di persistenza: compaiono tipi del tutto nuovi (grandi vasi biconici, coppe di vario tipo, tazze carenate, ecc.) caratterizzati da un impasto nero lucido a volte ingubbiato e steccato, ricco di decorazioni geometriche a solcature e cuppelle. Vengono così superate la rozzezza della classica ceramica Polada e quel tipo di decorazione pure geometrica, ma che si poteva forse considerare come trasposizione fittile della decorazione tessile: questo elemento sembrerebbe dimostrare come il processo di specializzazione dell'artigianato si fosse evoluto: sorge forse la figura del ceramista, la cui attività, fino a questo momento, era normale retaggio, assieme alla tessitura, della massaia.
Il Bronzo finale è caratterizzato dall'orizzonte "Luco", tipico, in territorio italiano, dell'area trentina e sud-tirolese, e collegato con la cultura dei Campi d'urne, ma soprattutto all'ambiente italico. Una definizione culturale precisa si è avuta solo negli anni Sessanta-Settanta in seguito a ritrovamenti nuovi (Montlingemberg, Montesei di Serso, Monte Ozol) che hanno dato modo, tramite stratigrafie illuminanti, di stabilire l'esatta posizione cronologica di questo aspetto culturale in rapporto ai più tardi "Meluno" e "Fritzens-Sanzeno", orizzonti, questi ultimi, propri dell'età del Ferro.
L'orizzonte "Luco" è noto soprattutto per la ceramica che mostra una particolare omogeneità in tutta la sua area di sviluppo (compresa Austria e Svizzera): è una ceramica tecnicamente raffinata, molto decorata, seppure lievemente stereotipa nell'uso costante dell'orlo a tesa e dello pseudo-tortiglione. Poco si conosce ancora degli aspetti socio-economici, si può notare però come l'omogeneità di produzione doveva in qualche modo corrispondere a una certa unità "politica" e che alcuni dati (Monte Ozol, Luserna, ecc.) sembrano collegare i portatori della ceramica tipo Luco alla tecnologia del bronzo. I dati in nostro possesso della fine dell'orizzonte Luco e della fase Meluno sono molto scarsi. Questa situazione non deriva solamente da carenza di dati, ma dalla constatazione che l'inizio dell'età del Ferro mostra condizioni storiche molto mutate: prima tra tutte una riduzione demografica che può desumersi dalla riduzione dell'area di sviluppo e da una rarefazione d'insediamenti. La tecnologia ceramica locale ha un brusco decadimento ed è accompagnata dall'ingresso di elementi strutturali e decorativi decisamente italici e anche dall'importazione di manufatti ceramici protoveneti (Vadena, Montesei di Serso, Colle Piper, ecc.). Un momento quindi d'incertezza, derivato sia da spostamenti di popoli, sia, forse, da mutate condizioni ambientali. Con la fase "Bludenz" (Bludenz, Mottata, Niederassen-Rasun di sotto, ecc.), che risente degl'influssi della vicina cultura di Hallstatt pur mantenendo i contatti con l'ambiente italico, si nota il lento rifiorire dell'ambiente atesino, progressivamente la qualità della ceramica ritorna a buoni livelli tecnici. È in questa fase che il mondo sud-alpino è interessato dalla diffusione di prodotti propri dell'Arte delle situle"; ciò concorre a indicare come progressivamente le condizioni socio-economiche si siano stabilizzate e progrediscano, cosicché nella fase finale del primo Ferro, quando si sviluppa l'orizzonte Fritzens-Sanzeno, inizia un nuovo processo di espansione che supera i confini toccati con l'orizzonte Luco. È da notare come in questo processo di dilatazioni e contrazioni areali, che interessano anche la Svizzera orientale e l'Austria occidentale, il T.-A.A. sembra avere la funzione di centro propulsore. Del resto la stabilità economica e culturale dell'orizzonte, che alcuni autori definiscono globalmente "retico", è dimostrata dal fatto che è solo limitatamente turbata dalle invasioni galliche della fine del 5° secolo a. C., anzi si può dire che trova dopo questa fase il suo massimo momento di sviluppo influenzando perifericamente la cultura di Golasecca (Valcamonica) e quella Paleoveneta (Rotzo). L'avvento di Roma, se certamente fu un fattore importante a livello politico, non sembra aver particolarmente mutato le condizioni di vita delle genti atesine, che mantennero anche in quest'epoca una certa autonomia culturale (cfr. per es. l'insediamento di Doss Zelor-Castello di Fiemme). Vedi tav. f. t.
Bibl.: P. Leonardi, Nuovi contributi alla conoscenza della ceramica di Luco (Laugen) della Venezia tridentina, in Studi Trentini di scienze storiche, XLIII (1964), n. 4, p. 301 segg.; L.H. Barfield, La stazione neolitica de "la Vela" presso Trento. Considerazioni sulle tombe a cista nel Trentino-Alto Adige, in Rendiconti della Società di cultura preistorica Tridentina, V (1967-69), p. 154 segg.; id., L'insediamento neolitico "ai Corsi" presso Isera (Trento), ibid., V (1967-69), p. 175 segg.; A. Broglio, Risultati preliminari delle ricerche sui complessi epipaleolitici della valle dell'Adige, in Preistoria Alpina, VII (1971), p. 135 segg.; R. Perini, I depositi preistorici di Romagnano-Loc (Trento), ibid., VII (1971), p. 7 segg.; R. Peroni, L'età del bronzo nella penisola italiana, I, L'antica età del bronzo, Firenze 1971; M.A. Fugazzola, Contributo allo studio del "Gruppo di Melaun-Fritzens". Revisione critica, in Annali dell'università di Ferrara, n. s. sez. XV, II (1971), n. 1, p. 1 segg.; B. Bagolini, Primi risultati delle ricerche sugli insediamenti epipaleolitici del Colbricon (Dolomiti), in Preistoria Alpina, VIII (1972), p. 107 segg.; Autori vari, Riparo Gaban (Trento), ibid., VIII (1972), p. 269 segg.; Autori vari, Guida all'escursione nel Veronese e nel Trentino Trento 1972; R. Perini, Il deposito secondario n. 3 dei Montesei di Serso, in Preistoria Alpina, VIII (1972), p. 7 segg.; id., La palafitta di Fiavé-Carera (Nota preliminare sugli scavi del 1971), ibid., VIII (1972), p. 199 segg.; J. Rageth, Der Lago di Ledro im Trentino, in Bericht der Römisch-Germanischen Kommission, LV (1974), I T., p. 73 segg.; R. Lunz, Studien zur End-Bronzezeit und älteren Eisenzeit im Südalpenraum, in Origines, Firenze 1974; B. Bagolini, P. Biagi, L'insediamento di Garniga (Trento) e considerazioni sul neolitico della valle dell'Adige nell'ambito dell'Italia Settentrionale, in Preistoria Alpina, XI (1975), p. 7 segg.; G. Fogolari, La protostoria delle Venezie, in Popoli e civiltà dell'Italia antica, IV (1975), p. 61 segg.; B. Bagolini, P. Biagi, La Vela de Trente et le "moment de style adriatique dans la Culture des vases à bouche carrée", in Preistoria Alpina, XII (1976).
Diritto. - L'assetto costituzionale stabilito dallo Statuto del 1948 venne rimesso in discussione dai circoli rappresentativi di lingua tedesca in Alto Adige e dal governo austriaco, nell'erroneo assunto che l'Italia non avesse adempiuto ai suoi obblighi, affacciandosi anche la tesi che l'accordo De Gasperi-Gruber non fosse sufficiente a tutelare adeguatamente la minoranza stessa e che, comunque, non potesse rappresentare una definitiva soluzione del problema.
A causa della divergenza insorta con l'Austria, si ebbero tra questa e il nostro paese vari contatti politici e diplomatici; ma, risultati vani gl'incontri e aggravatasi sul piano interno la situazione, a causa anche dei numerosi attentati terroristici di alcuni estremisti, la "questione" fu dall'Austria portata alle Nazioni Unite; queste, dopo varie vicende, finirono per invitare le parti a proseguire i loro sforzi per una soluzione concordata.
Era stata, intanto, adottata dal ministro Scelba l'iniziativa di costituire una commissione "mista" col compito di studiare i problemi dell'Alto Adige e di proporre soluzioni intese ad ampliare l'autonomia provinciale. Utilizzando le conclusioni di tale commissione (presieduta dall'on. P. Rossi), si pervenne attraverso una trattativa col partito di "raccolta" degli altoatesini di lingua tedesca, la SVP, al cosiddetto "pacchetto", contenente le misure ritenute idonee allo scopo. Le modalità di chiusura della controversia con l'Austria furono fissate in un "calendario operativo", indicante gli atti da compiersi parallelamente da ciascuna delle due parti e concludente in una "dichiarazione liberatoria" del governo austriaco; ciò ferma restando la diversa posizione delle due parti, dato che mentre per l'Italia le nuove misure costituivano un atto interno di fiducia e buona volontà nei confronti della minoranza altoatesina, per l'Austria esse erano da collegare al completamento dell'attuazione dell'accordo De GasperiGruber. Le misure del "pacchetto", dopo essere state approvate dal Parlamento italiano e dalla SVP, furono tramutate nelle l. costituzionali 10 nov. 1971, n. 1 e 23 febbr. 1972, n.1, e nella l. ordinaria 11 marzo 1972, n. 118, predisposte dalla "Commissione dei nove" formata da rappresentanti governativi e locali.
Con la suddetta riforma (coordinata con le residue norme del 1948 dal T.U. approvato con d.P.R. 31 ag. 1972, n. 670) è stato largamente modificato lo Statuto del 1948 mediante la devoluzione alle due province autonome di Trento e Bolzano di numerose competenze legislative e amministrative in parte già di spettanza della Regione (il cui ruolo viene a risultare così notevolmente ridotto) e in parte trasferite ex novo dallo stato. Tra le prime, quelle riguardanti i lavori pubblici, la viabilità, le acque pubbliche, l'agricoltura, la caccia, la pesca, le miniere, le comunicazioni e trasporti, l'assistenza sanitario-ospedaliera e l'incremento della produzione industriale; tra le seconde, quelle in materia di commercio, di addestramento e formazione professionale, di edilizia scolastica, di apprendistato, di lavoro, di esercizi pubblici, di attività sportive, di patrimonio storico e artistico, tutte col passaggio dei relativi beni. Particolarmente significative le competenze attribuite alla provincia di Bolzano in materia di attività artistiche, culturali ed educative locali da attuarsi anche con i mezzi radiotelevisivi nonché in materia d'istruzione, rafforzandosi il principio della netta separazione delle scuole (a partire da quella materna fino a quella secondaria superiore) relative ai gruppi italiani e tedeschi, con gestione amministrativa separata, e salva la dipendenza statale del personale insegnante.
Per quanto riguarda il pubblico impiego in Alto Adige è stato altresì stabilito il principio "proporzionale", nel senso che il numero dei posti attribuibili è ripartito in base alla consistenza dei gruppi di lingua italiana, tedesca e ladina. Altre importanti innovazioni riguardano l'uso della lingua tedesca e la tutela del principio di parità dei cittadini appartenenti ai tre gruppi linguistici sopra indicati, mediante ricorsi giurisdizionali e mediante speciali misure di approvazione dei bilanci preventivi della Regione e della provincia stessa. Il numero dei consiglieri regionali è stato fissato a 70, e ripartito tra le province in base alla popolazione. Alle province è stato poi attribuito un nuovo sistema di entrate e di contributi statali e sono stati conferiti nuovi poteri in materia di controversie costituzionali. Nella provincia di Bolzano, infine, è stato istituito un apposito commissario del governo.
Le disposizioni statutarie, che vengono svolte dalle apposite norme di attuazione, attribuiscono, pertanto, alla provincia di Bolzano (e in minor misura a quella di Trento) una posizione di autonomia del tutto speciale, affidata alla gestione maggioritaria della SVP, e ciò nella speranza che tra le varie comunità etniche possa stabilirsi un clima di collaborazione nel rispetto dell'unità dello stato.
Bibl.: Presidenza del Consiglio dei ministri, L'accordo De Gasperi-Gruber sull'Alto Adige (libro bianco), Roma 1960; M. Toscano, Storia Diplomatica della questione dell'Alto Adige, Bari 1967; S. Bertoldi, Realtà e problemi della riforma costituzionale per la Regione Trentino-Alto Adige, in Nuova Rasegna, n. 6, 1970; U. Pototschnig, Trentino-Alto Adige, in Nuovissimo Digesto Italiano.