TRENTINO (A. T., 24-25-26)
Questo nome si applica nell'uso comune a una parte della regione veneta, il cui nucleo è costituito dalla media Valle dell'Adige e da un ventaglio di valli confluenti. Il confine naturale è indicato assai bene a nord-ovest dalla catena che, diramandosi dal Cevedale, scende, coi suoi estremi contrafforti, assai ripida sull'Adige a Salorno, a nord-est dalla catena Catinaccio-Latemar la cui estrema appendice sudovest è il M. Corno. Tra le due catene l'Adige è ristretto nella gola detta di Salorno, mentre più a valle si allarga di nuovo, fino all'altra strozzatura che è la Chiusa di Verona. Il tratto intermedio - detto Agro Trentino a nord, Valle Lagarina a sud - con le confluenti valli del Noce (valli di Sole e di Non), dell'Avisio (valli di Fassa, di Fiemme e di Cembra), del Fersina e del Leno, costituisce la regione trentina in senso stretto. Storicamente sono poi aggregati al Trentino, perché facenti parte fino da tempo remoto del comitato vescovile (poi principato) di Trento, l'alto bacino del Sarca, quello del Chiese fino al Lago d'Idro, l'alta Valle del Brenta (Valsugana) fino alla stretta di Primolano e il bacino superiore del Cismon. Entro questi confini il Trentino abbraccia un'area di circa 6333 kmq. Se si escludano alcuni piccolissimi villaggi dell'estrema Val di Non e la modesta oasi tedesca di Val Fersina (Mocheni), tutta la regione è interamente di lingua italiana, e il patrimonio linguistico ha sempre custodito e difeso strenuamente mercé la presenza dei due centri maggiori, Trento e Rovereto. Questa caratteristica e quelle derivanti negli usi, nei costumi, sentimenti, hanno conferito una spiccata individualità alla regione; e ad essa si collega precipuamente il nome Trentino.
Dopo la redenzione, la individualità è stata mantenuta, essendosi creata, dopo un primo periodo nel quale tutta la Venezia Tridentina costituì una sola provincia, la provincia di Trento, che abbraccia il territorio sopra delimitato con l'aggiunta dell'antico mandamento di Egna; in tutto circa 6567 kmq. Per la descrizione geografica, vedi pertanto trento (provincia di) e venezie, tre: Venezia Tridentina.
Storia. - All'alba dei tempi storici il Trentino, che nei secoli precedenti aveva visto arrivare dal sud successivamente ondate di varî popoli (liguro-iberici, palafitticoli, veneto-illirici; v. venezie, tre: Preistoria), accolse elementi etruschi, fuggiti dalla pianura padana dinnanzi all'invasione dei Galli (sec. IV a. C.); ad essi si aggiunsero più tardi elementi gallici. Dalla fusione di tutti questi diversi elementi etnici nasce il popolo dei Reti, che abita nel sec. III la regione. Al principio del sec. I passano attraverso di questa le orde dei Cimbri che scendono dalla Germania in Italia. Ma Roma non estende qui il suo dominio effettivo che al tempo di Augusto: nel 24 a. C. viene occupato l'oppidum di Trento, che diventa ben presto un fiorente municipio; la campagna di Druso nel 15 a. C. ha per effetto la piena sottomissione delle valli dell'Adige e dell'Isarco fino allo spartiacque ed oltre.
Nella divisione Augustea il Trentino fa parte della decima regione dell'Italia (Venetia et Histria) e ad essa rimane aggregato sino al tardo impero; il rapido progresso della vita romana è contrassegnato dal conferimento della cittadinanza agli Anauni ai Tulliassi e ai Sinduni, ordinato da Claudio nel 46 d. C. Nel sec. IV il cristianesimo ha già trovato larga diffusione nella regione, come provano i ricordi di vescovi e martiri, tra cui principale Vigilio, ucciso in Val Rendena nel 404.
Con la caduta dell'Impero romano d'Occidente, il paese, dopo il breve governo di Odoacre, fu occupato da Teodorico, che pensò ad assicurarsi da ulteriori invasioni col fortificare i passi delle Alpi. Ma, alla sua morte, i Franchi riuscirono a scendere per la Valle dell'Adige e a stabilirvisi per due decennî, finché furono costretti dai Bizantini ad abbandonarla. Con la fondazione del regno longobardo (569) venne creato in unità politica il ducato di Trento, che aveva il compito non lieve di posto avanzato contro i tentativi dei Franchi e contro l'espansione dei Baiuvari. Le due scorrerie principali dei primi (584, 590) recarono gravi danni al paese; invece la lotta coi secondi durò per vario tempo, per il possesso della contea di Bolzano. Il consolidamento dei Longobardi riuscì a creare l'idea, non più spenta, di una comunione d'interessi delle valli alpine centrali, e della necessità ch'esse fossero governate da un potere ben chiaro. Così il "ducato di Trento" fece nascere il concetto di Trentino. La successiva occupazione da parte di Carlomagno (774) non cambiò indirizzo: al ducato fu sostituita unicamente la "marca di Trento" che gravitò, com'era naturale, verso la Pianura Padana. Questo fatto risulta ad evidenza dal capitolare di Lotario dell'829, in cui si stabiliva che "i giovani di Trento, insieme con quelli di Mantova, dovevano recarsi alla scuola di Verona" per apprendervi il latino. Lo sfasciarsi dell'impero carolingio e la susseguente formazione dei tre regni nazionali aumentarono l'importanza della Valle dell'Adige, come principale via di comunicazione fra la Germania e l'Italia. E, appunto per questo, quando Ottone I scese in Italia contro Berengario II, pur infeudandolo del regno d'Italia, gli tolse le marche di Verona e di Trento, che unì nel ducato di Carantania. Perciò il 952 segna il trapasso politico del paese dall'Italia alla Germania, di cui esso diventava la porta sul versante meridionale alpino.
Gl'imperatori, preoccupandosi di aver sempre in loro potere la via dell'Isarco e dell'Adige, pensarono di sfruttare la tradizione storica a tutto loro vantaggio col mantenere il vecchio potere ducale unendolo a quello ecclesiastico e con l'investire di questa zona dei vescovi conti. Si creò così il principato ecclesiastico di Trento, se non nel 1004, certamente il 31 maggio 1027, che univa in una sola persona il potere religioso e civile per quasi tutto il bacino dell'Adige fino alla Chiusa di Verona. Date queste premesse non poteva essere dubbio che i vescovi di Trento fossero partigiani dell'autorità imperiale sia durante la lotta delle investiture, sia nel contrasto tra i guelfi e i ghibellini. Anzi il vescovo Adalpreto II, lottando contro la famiglia guelfa dei Castelbarco, venne ucciso presso Rovereto l'8 marzo 1177: il suo successore Salomone, per tenere in freno la città e il contado, che mostravano idee guelfe, ottenne da Federico Barbarossa l'abolizione dei consoli e la sottomissione assoluta della città al potere vescovile (1182).
L'epoca di maggiore benessere per il paese è rappresentata dal vescovato di Federico Vanga (1207-18) che, scelto dall'imperatore a legato e vicario, governò con mano forte, ristabilì l'ordine interno, costrinse i vassalli ribelli a sottomettersi, registrò nel Libro di San Vigilio (detto Codice Vanghiano) i diritti e le entrate del principato, sfruttò razionalmente le miniere d'argento e diede impulso nuovo alla vita tridentina. Alla sua morte però divamparono le discordie fra il vescovo e l'"avvocato" della chiesa trentina, Alberto del Tirolo. Ezzelino da Romano occupò il Trentino dal 1239 al 1255 e lo fece governare da un suo podestà, il pugliese Sodegerio di Tito: e, fatta alleanza con Alberto del Tirolo, fece in maniera da assicurargli il predominio sul principato, a danno dei vescovi.
Durante l'interregno, il vescovo Egnone (morto nel 1273) era venuto in urto con Mainardo di Gorizia, diventato, per diritto di successione, avvocato del principato: e venne spogliato di tutti i suoi diritti da Mainardo II, l'usurpatore che era riuscito a sostituire al potere vescovile quello dei conti del Tirolo. Le varie signorie di Verona, Mantova, ecc., alla morte di costui invasero le Giudicarie e la Valsugana, senza porvi piede stabile, mentre i Castelbarco riuscivano a formare un dominio particolare nella Valle Lagarina. Le competizioni fra guelfi e ghibellini ebbero forti ripercussioni sulle relazioni del paese con le signorie italiane; quelle fra la casa di Baviera e di Lussemburgo favorirono dovunque le occupazioni di singole zone per opera dei Carraresi, degli Scaligeri, dei Visconti, del vicario imperiale di Feltre e Belluno, aiutati dalla potente famiglia dei Caldonazzo. Nel 1363 però, estintasi la discendenza maschile di Mainardo II, Margherita Maultasch duchessa di Carinzia e contessa del Tirolo cedeva i suoi territorî e i suoi diritti a Rodolfo IV d'Asburgo: così il Tirolo, come tale, cessava di gravitare verso il sud, e veniva attratto nell'orbita del predominio tedesco, trascinando con sé anche il principato di Trento, che nello stesso anno, in seguito alle compattate veniva definitivamente secolarizzato, e manteneva formalmente una parvenza di autorità propria. I duchi d'Austria, preoccupati di ridurre sempre più il territorio vescovile e di circondarlo, specie a sud, da loro possedimenti diretti conquistati nelle lotte contro le signorie italiane, occuparono la bassa Valsugana nel 1375, che rimase in loro possesso stabile dopo il 1412. La Valle Lagarina, invece, nel 1411 passava sotto la protezione veneta, poco tempo dopo la sollevazione generale guidata da Rodolfo Bellenzani (1407), il quale aveva cercato di assicurare a Venezia anche il possesso di Trento.
Il vescovato, alleato dei Visconti nella lotta contro Venezia, dovette cedere a quest'ultima nel 1439 il territorio di Tignale ai Veneziani. Altri oneri più gravosi vennero imposti nelle nuove compattate del 1454 "perché la città di Trento era da considerarsi come la porta ai dominî di casa d'Austria". L'umanesimo si diffuse con varia fortuna nelle valli ed ebbe cultori non trascurabili, guidati dal vescovo Giovannì Hinderbach, il cui governo è caratterizzato dalla espulsione degli ebrei in seguito al rapimento e all'uccisione di un bambino (San Simonino). Verso la fine del secolo, Sigismondo d'Austria tentò di ricuperare al Tirolo i possedimenti meridionali del principato: la guerra, iniziata nell'aprile del 1487 nella Valle del Chiese e nella Valle Lagarina, portò all'occupazione di Rovereto (30 maggio) e alla sconfitta dei Veneti nella battaglia di Calliano (10 agosto), ma non a una soluzione definitiva, che si ebbe soltanto dopo che Rovereto, nel 1509, si assoggettò all'imperatore Massimiliano, il quale, nella pace del 1516 otteneva dai Veneziani i cosiddetti quattro vicariati (Ala, Avio, Brentonico, Mori) più Rovereto e Ampezzo. In tal maniera il principato era chiuso in una tenaglia entro zone austriache dette "i confini d'Italia" che imponevano l'osservanza di obblighi speciali fissati in antecedenza nelle decisioni del Libello del paese (1511).
Il malcontento dei contadini, specie nella Val di Non, ch'era insorta ripetutamente, fu aumentato dalle imposte sempre più gravose, dai privilegi sempre maggiori dei nobili e dal malcostume del clero. Essi abbracciarono quindi con fervore le idee luterane di riforma ecclesiastica e sociale e presero parte alla rivolta della guerra rustica (1525): ma, dopo un tentativo di occupazione militare della città, furono sconfitti, e i caporioni fatti prigionieri vennero giustiziati. Guidava allora il principato Bernardo Cles, diplomatico, cancelliere e capo del consiglio segreto dì stato di Ferdinando I d'Austria. Principe mecenate, amante delle arti belle, cedette nel 1531 Bolzano per ottenerne in cambio Pergine, promulgò lo statuto trentino (1527), fece costruire il castello nuovo di Trento insieme con parecchie chiese: fu lui a preparare la città come sede del Concilio. La scelta cadde su Trento anche perché i protestanti del Nord potessero convenire in una città dell'impero: qui si fissarono, nei tre periodi fra il 1545 e il 1563, i dogmi fondamentali della religione cattolica, l'autorità indiscussa del papa quale capo supremo della Chiesa, la riforma del clero (v. trento: Il Concilio di Trento). Durante questa epoca era vescovo di Trento Cristoforo Madruzzo, diventato anche lui cardinale e ministro fidato dell'imperatore: il paese vide accolti nelle sue valli letterati, poeti, umanisti, medici, che favorirono lo sviluppo della cultura e gli scambî con le varie città italiane sia nel campo intellettuale sia in quello economico. Pertanto il concilio rappresentò una vittoria latina sull'elemento germanico, nello stesso tempo in cui, fra il conte del Tirolo e il vescovo Lodovico Madruzzo riarse la lotta circa il diritto di sovranità sul principato, che appianata nell'accordo di Spira (1571) diede tuttavia origine nelle Giudicarie alla cosiddetta "guerra delle noci" (1579-80). La famiglia Madruzzo (v.), resse per oltre un secolo (1539-1658) le sorti del vescovato. Durante il principato di Carlo Emanuele (1629-58) si fecero particolarmente palesi i segni della decadenza economica e materiale, cui il paese andava incontro, non ostante le parvenze di una rinascita degli studî e delle arti.
La regione fu direttamente coinvolta nella guerra di successione spagnola, e celebre rimase la discesa di Eugenio di Savoia da Rovereto attraverso la Vallarsa e Terragnolo nella pianura padana per prendere alle spalle le truppe del generale francese Catinat (28 maggio-15 giugno 1701). Ma due anni più tardi il maresciallo duca L.-J. de Vendôme riprese l'idea di una marcia attraverso le Alpi per unirsi ai Bavaresi. Il Trentino occidentale fu occupato da tre colonne, la città di Trento, assediata, riuscì a resistere: il Vendôme, costretto a desistere dall'impresa, si ritirò incendiando, saccheggiando, distruggendo (settembre 1703).
Il risveglio intellettuale verso la metà del Settecento diede varî ingegni all'opera riformatrice dei principi illuminati come Carlantonio Pilati, Carlo Firmian governatore della Lombardia, e Carlantonio Martini. Ma nello stesso tempo, attraverso la fondazione della roveretana accademia degli Agiati, si svolgeva, prima che altrove, il concetto dell'unità nazionale, intravvisto chiaramente nella sua funzione politica rinnovatrice. E se nel trattato Maria Teresa del 24 luglio 1777, il vescovo Pietro Vigilio de Thun cedeva al Tirolo la terra di Termeno, e rinunciava a quasi tutte le prerogative del potere temporale, le aspirazioni all'eguaglianza e alla libertà nazionale trovarono terreno adatto nel club giacobino fondato nel 1793 a Innsbruck da studenti trentini, auspicanti l'unione del paese alla repubblica italiana "perché indispensabile alla conservazione dell'Italia". Nel settembre 1796 le truppe repubblicane guidate da Bonaparte occuparono Ala, Rovereto, Trento: fu istituito subito il "Consiglio di Trento" trasformato alcuni mesi più tardi dal generale B.-C. Joubert in "Consiglio centrale" ma per poche settimane.
La celebre campagna dei Grigioni, diretta dal generale É.-A. Macdonald, portò nuovamente le truppe francesi e la legione italica attraverso la Val di Non, e le Giudicarie alla conquista di Trento (6 gennaio 1801) e nel novembre 1802 alla secolarizzazione del principato, che veniva unito all'Austria. Al commissario aulico incaricato fu presentato un memoriale in cui si chiedeva che "Trento con il resto del paese, avuto riguardo alla diversità degl'interessi e della lingua, avesse una speciale assemblea con lingua d'ufficio italiana". L'Austria pensò invece a fortificarlo, e dovette cederlo nei primi mesi del 1806 alla Baviera, che lo tenne fino all'insurrezione tirolese del 1809, la quale divampò dovunque con scaramucce, scontri e fatti d'arme. Il 28 febbraio 1810 esso veniva aggregato, come dipartimento dell'Alto Adige, al Regno Italico, per essere rioccupato dalle truppe austriache sul finire del 1813, ed essere incorporato il 24 marzo 1816 alla contea del Tirolo, e legato il 6 aprile 1818 alla confederazione germanica.
Ormai però il lievito nazionale, cresciuto e rassodato durante il periodo napoleonico, aveva avuto il sopravvento e l'attività segreta dei carbonari, rappresentata da Gioachino Prati, aveva ideato per il 1821 una occupazione della Venosta. La Giovane Italia trovò ardenti fautori locali del confine al Brennero e della storia nazionale. Giovanni Prati contribuì con le sue poesie alla propaganda nazionale in paese, e, insieme con Tomaso Gar, diresse e preparò gli accordi per la rivoluzione del 1848 (v. trento) e per la separazione del Trentino dal Tirolo. I corpi franchi di Luciano Manara si spinsero fino a Vezzano, ma ricacciati verso Stenico, lasciarono prigionieri ventuno dei loro, che furono fucilati nella fossa del castello di Trento. La lotta per la separazione fu combattuta vivacemente dai comitati patrî e dalla società patriottica: mentre i volontarî trentini si arruolavano nella Legione tridentina a Brescia, e molti altri combattevano per la difesa di Venezia, quattro deputazioni guidate da Angelo Ducati si presentavano a Carlo Alberto per ottenere l'occupazione dello spartiacque alpino da parte di truppe piemontesi. La fine della sfortunata campagna del 1849 non scoraggiò il paese, che si trovò a combattere la sua battaglia con persone scelte, collaboratrici del Crepuscolo o in rapporti diretti con Mazzini per l'insurrezione valtellinese del febbraio 1853. La preparazione del nuovo periodo di lotta fu curata da Antonio Gazzoletti, che da Torino diresse gli sforzi del paese per raggiungere l'indipendenza: le trame della Società Nazionale s'erano fissate a Trento e nei centri minori con tutta la cautela, per favorire l'emigrazione e l'arruolamento di volontarî nella guerra del 1859-1860, che accorsero numerosi e diedero il loro contributo alla spedizione dei Mille, reso più sacro dall'eroico sacrificio di Pilade Bronzetti a Castel Morrone. I tentativi di essere uniti al Veneto andarono a vuoto: e così fallirono allo scopo la tentata spedizione di Sarnico (1862) e la congiura mazziniana del 1863-64, che avrebbe dovuto liberare il paese. Parve che la guerra del 1866 riuscisse allo scopo, quando l'avanzata del generale Medici per la Valsugana e la vittoria di Garibaldi a Bezzecca sembravano condurre alla occupazione di Trento: ma l'armistizio successivo e la pace lasciarono il paese ancora in mano dell'Austria, anche se liberato finalmente dalla confederazione germanica. L'Austria incominciò quindi la sua opera di germanizzazione e i Trentini dovettero lottare contro quest'invadenza antinazionale, fondarono (1886) la Pro patria, che, sciolta dalle autorità, risorse col nome di Lega Nazionale: e continuarono la campagna per ottenere l'autonomia amministrativa. Forma di plebiscito d'italianità assunse l'erezione del monumento a Dante (1896): e l'opposizione seguente alla propaganda della pangermanista Lega tirolese (1905).
Durante la guerra mondiale nella bassa Valle Lagarina, nella Valsugana, nella Valle del Cismon, oltre 1200 Trentini accorsero volontarî nell'esercito italiano, e consacrarono col sangue e col martirio la loro terra all'Italia. Dopo la fallita "spedizione punitiva" austriaca del 1916, vennero giustiziati nel castello di Trento Damiano Chiesa, Cesare Battisti e Fabio Filzi. Ai primi del novembre 1918 truppe italiane risalivano dalla Valle dell'Adige, dal Tonale e dalla Valle di Fiemme occupavano tutto il versante meridionale alpino.
Nel 1920 si stabilivano i confini della provincia di Trento verso la repubblica austriaca; soltanto nel 1927, la Venezia Tridentina fu divisa nelle due provincie di Trento e Bolzano.
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