TRENTO
(lat. Tridentum)
Città dell'Italia settentrionale, capoluogo del Trentino (v.), nella valle dell'Adige.Gli Acta Vigilii (sec. 5°-6°) riportano che il vescovo di Trento dedicò entro le mura della città romana una ecclesia là dove aveva eretto un asilo, ossia il luogo dove risiedeva il clero e si esercitava l'assistenza caritativa. L'ubicazione della cattedrale paleocristiana è stata individuata presso S. Maria Maggiore. Oltre all'ecclesia, esisteva a T. un altro edificio religioso indicato con il termine basilica, sorto con funzione martiriale per celebrare il culto di s. Vigilio stesso. Le strutture di tale basilica sono state messe in luce dagli scavi condotti tra 1964 e 1975 entro l'od. duomo di Trento. Un'altra chiesa, strettamente dipendente dall'autorità vescovile, fu costruita sul Doss Trento, di cui rimane il mosaico pavimentale con l'iscrizione dedicatoria che ricorda il committente, il cantore Lorenzo, sotto il vescovo Eugippio.All'epoca dei Goti T. fu sede di una guarnigione, e un vescovo ariano risiedette probabilmente a S. Apollinare. Teodorico ordinò che le mura del Doss fossero ricostruite e ampliate (509-511) e che si fortificassero le abitazioni. All'età gota si fanno risalire i resti di un muraglione costruito con blocchi di recupero. Nel 569 il territorio dell'antico municipium romano divenne un potente ducato longobardo con popolazione romana. Il vescovo Agnello (fine sec. 6°) ristrutturò la basilica di S. Vigilio, dotandola del pavimento musivo e del bema di tipo aquileiese. Alla chiesa di questo periodo si riferisce l'evangeliario purpureo (Trento, Castello del Buonconsiglio).Nonostante non si posseggano dati sulla topografia di T. in età longobarda, rimangono numerosi reperti di questo periodo, rinvenuti nelle aree del Doss Trento e a Piedicastello, dove fu scavata una necropoli datata tra 7° e 8° secolo. Scarsi sono invece i reperti rinvenuti nell'area della città romana. Con l'epoca carolingia ha inizio la serie dei vescovi germanici; il primo vescovo di origine franca, secondo quanto indica il nome Iltigario, rinnovò l'altare della chiesa di S. Vigilio e lo riconsacrò con preziose reliquie di santi. Negli stessi anni fu acquisito il Sacramentarium Tridentinum (Trento, Castello del Buonconsiglio, 1590) e la basilica cimiteriale di S. Vigilio assunse la prerogativa di chiesa cattedrale allorché si decise di costruire il palatium episcopalis tra i resti dell'antica porta Veronensis e la testata della basilica vigiliana. Tale nuovo assetto è menzionato nelle fonti documentarie solo dal sec. 10°, ma dovrebbe risalire già alla prima metà del 9° secolo.L'impianto urbano tra il Mille e il Duecento, quando la città fu dotata di una nuova cerchia muraria, si venne definendo secondo due fondamentali direttrici di sviluppo: in primo luogo intorno alla piazza civica, sede del nuovo perno politico, con la cattedrale e la residenza vescovile, in secondo luogo lungo la contrada del mercato vecchio (od. via Manci), un'area urbanizzata grazie alle iniziative del vescovo, che, con la Locatio parpetualis secundum usum et consuetudinem domorum Tridenti mercati, procedette a una lottizzazione delle sue proprietà in parti modulari, strette e profonde, allineate lungo una strada di spina. Dei lotti venivano infeudati coloro che si impegnavano a costruirvi una casa entro i limiti di tempo stabiliti e a esercitare professioni mercantili. Intorno ai conventi di S. Lorenzo e di Santa Croce si organizzarono due borghi detti, rispettivamente, di San Martino e di Santa Croce, sorti in aree periferiche suburbane.Il dittico Uldariciano (Trento, Castello del Buonconsiglio, 1587), un sacramentario della prima metà del sec. 11°, riporta importanti notizie sugli interventi edilizi eseguiti nella cattedrale. Uldarico II (1022-1055) fondò la cripta, rivelò l'altare e migliorò le strutture dell'intera chiesa. Altemanno riconsacrò solennemente la sua cattedrale nel 1145 dopo importanti lavori. Di tali chiese rimangono frammenti lapidei e tracce di fondazioni. Il vescovo-principe Federico Vanga (1207-1218), creato vicario e legato per l'Italia dall'imperatore Federico II, a cui era unito da stretti vincoli di parentela e di amicizia, fece realizzare preziose suppellettili liturgiche, ricostruì il palazzo episcopale e la cappella palatina e progettò di riedificare la cattedrale, prima di partire per la crociata, durante la quale morì (1218); il progetto fu proseguito dal suo successore. Il duomo fu iniziato nel 1212, come attesta l'epigrafe già sul contrafforte a sinistra dell'abside (Trento, Mus. Diocesano Tridentino), e costruito da Adamo da Arogno (v.).La costruzione fu avviata dalla zona absidale. Prospezioni archeologiche hanno indicato che fu realizzata per prima l'abside minore che si apre sul transetto sud. Elementi lessicali legano tutta la zona del capocroce, che risulta costruita organicamente con la progettazione degli spazi interni e con la vasta cripta, distrutta nel 1739. Ne emerge l'abside centrale, enfatizzata da una modulazione in quattro ordini, dominati dalla grandezza del terzo con le ampie monofore dalle articolate strombature. I tracciati nord e sud dell'edificio precedente furono riutilizzati nelle fondazioni dei pilastri. Le murature perimetrali furono impostate ex novo, al di fuori del precedente tracciato planimetrico. I partiti decorativi dei muri perimetrali mostrano un'organicità progettuale che può avvalorare l'affermazione riportata dall'epigrafe secondo la quale Adamo da Arogno costruì il circuitum. All'interno scale salgono alla loggia di controfacciata, in gallerie coperte da volte a botte perpendicolari al muro, che prospettano all'esterno con archi su colonnette. Sul muro settentrionale sono ben leggibili due riprese costruttive, nella seconda delle quali, nel 1296, furono realizzate due finestre. Con l'elevazione dei muri laterali dovettero essere messe in opera le strutture interne. Il rosone della facciata risale ai primi del 14° secolo. Sull'angolo meridionale corre un'iscrizione che reca la data 1309 come conclusiva dei lavori, completati grazie all'intervento munifico di Guglielmo II di Castelbarco a opera di un magister comanus, identificato in Egidio da Campione. In realtà vi erano ancora strutture incomplete, come le torri in facciata, la parte sommitale della facciata stessa e forse parte delle coperture.Il ricco apparato scultoreo che sottolinea i nessi strutturali - dalle basi, con le variegate foglie protezionali, ai capitelli con protomi - mostra le radici culturali lombarde della famiglia da Arogno, arricchite da influenze emiliane e oltralpine, segnatamente renane e mosane. Al capostipite, Adamo, sono state attribuite alcune sculture, come la lunetta con Cristo e i simboli degli evangelisti nel portale nord e la Madonna degli annegati. I documenti permettono di seguire l'attività della famiglia dei costruttori da Arogno: Zanibono, forse nipote di Adamo da Arogno, lavorò per trent'anni ca.; nel 1258 Guidobono di Lanfranco Bigarelli, cognato di Zanibono da Arogno, nel fare testamento menziona i crediti che vanta dalla fabbrica di S. Vigilio e in misura minore dai conventi francescano e domenicano a Trento. La struttura del duomo si erge isolata nel contesto territoriale: né il S. Lorenzo né le architetture di Verona possono offrire alcun precedente costruttivo.Tra gli altri edifici medievali di T., l'attuale struttura di S. Lorenzo si può riferire al documento del 1176 che parla di una nuova chiesa (Predelli, 1884, p. 49); l'anno successivo una pergamena menziona cinquantacinque fratelli sotto la supervisione del magister Lanfrancus di Bergamo addetti alla costruzione (Predelli, 1884, p. 50), che fu quindi realizzata da maestranze lombarde, forse provenienti dal Bergamasco, come i Benedettini di Vall'Alta chiamati nel 1146 dal vescovo Altemanno a insediarsi nel monastero. Nelle parti più avanzate la chiesa mostra punti di contatto con quelle iniziali del duomo. S. Apollinare è una singolare struttura, assai stratificata, con rapporti con edifici angioini e del Poitou. Al sec. 13° risale il nucleo originale di Castelvecchio, rinserrato alla Torre Grande della cinta urbana, divenuto sede vescovile nel 1259.Per quanto riguarda la pittura medievale di T., si segnalano un S. Cristoforo affrescato sulla parete meridionale del transetto sud del duomo, databile alla metà del Duecento, e una patetica Crocifissione, di cultura veneziana, dell'ultimo quarto del Duecento. Il Trecento è segnato dalla rapida ricezione del giottismo: in un atto steso nel 1320 presso l'abbazia di S. Apollinare è citato il pittore Nicolò da Padova (Rasmo, 1966, p. 49), a cui è stata attribuita la Madonna con il Bambino, già nella lunetta del sepolcro degli abati sulla facciata della chiesa, ora conservata all'interno. A un pittore di estrazione veronese sono state ascritte le due sante affrescate nell'abside settentrionale del duomo. Nel transetto nord dello stesso duomo furono dipinte verso il 1350 le Storie di s. Giuliano, firmate da un certo Monte da Bologna, su cui non si possiedono altre notizie. Echi lombardi traspaiono da alcuni affreschi del transetto meridionale del duomo e della chiesa di S. Vigilio a Cles; i documenti (Rasmo, 1971, p. 155) ricordano attivi a T. due pittori bergamaschi: Giovanni, morto prima del 1387, e Giacomo, da poco deceduto nel 1406. Il nuovo secolo si schiude con uno straordinario ciclo pittorico dedicato ai Mesi rappresentati dalle occupazioni agresti. Gli affreschi, che si dispiegano sulle pareti della torre dell'Aquila, sono opera di una bottega nordica non scevra da influenze lombarde, in particolare di Michelino da Besozzo. Si è proposto di riconoscere nel maestro dei divaganti paesaggi l'artista boemo Venceslao, pittore di corte del vescovo-principe Giorgio di Lichtestein (1390-1419), committente degli affreschi. Gli elementi stilistici mostrano una consapevole conoscenza degli esiti più internazionali alla cultura cortese dell'ultimo decennio del Trecento, ma motivi esterni, seppure non si tratti di precise indicazioni cronologiche, rendono più probabile una datazione tra il 1403 e il 1407.
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