Howard, Trevor
Nome d'arte di Trevor Wallace Howard-Smith, attore cinematografico inglese, nato a Cliftonville (Kent) il 29 settembre 1913 e morto a Bushey (Hertfordshire) il 7 gennaio 1988. Interprete fra i più affermati del cinema inglese e poi statunitense, con quasi cento film all'attivo, nel corso di una lunga, gloriosa ma talvolta discontinua carriera, si dimostrò il classico e impeccabile rappresentante dell'alta scuola di recitazione britannica.
Studiò al Clifton College a Bristol, poi alla Royal Academy of Dramatic Art e nel 1934 fece il suo debutto nei teatri londinesi. Durante il secondo conflitto mondiale prestò servizio nell'esercito e, ferito in Sicilia, venne congedato nel 1944 con il grado di capitano. Esordì sullo schermo, nella parte a lui quanto mai consona di un ufficiale, nel bellico e caustico The way ahead (1944; La via della gloria) di Carol Reed. Si impose all'attenzione generale interpretando con sorprendente bravura e capacità mimetica il sommesso dottor Alec Harvey, per pochi giorni casto e timido innamorato senza speranza di una donna sposata, in Brief encounter (1945; Breve incontro), magistrale analisi realistica di un grigio e chiuso universo piccolo-borghese, diretta con stile ineccepibile da David Lean. Il regista non seppe però ripetersi nel successivo The passionate friends (1948; Sogno d'amanti), ancora con H. nella parte di un uomo che ritrova la donna amata in passato, sposata a un banchiere il quale, credendoli amanti, spinge la moglie a tentare il suicidio. Raggiunta ormai la notorietà internazionale, H. tornò a lavorare con Reed nel sinistro e inquietante giallo The third man (1949; Il terzo uomo), tratto da un racconto di Graham Greene (autore anche della sceneggiatura), in cui è il maggiore inglese Calloway che indaga sulla presunta morte di Harry Lime (Orson Welles). Ex agente del servizio segreto britannico nel thriller The clouded yellow (1950; Cielo tempestoso) di Ralph Thomas e nuovamente diretto da Reed nella parte del protagonista, uomo senza scrupoli e privo di senso morale, nel conradiano Outcast of the islands (1951; L'avventuriero della Malesia), ebbe ancora un ruolo da militare in un altro film tratto da un romanzo di Greene, La mano dello straniero (1954) di Mario Soldati, in cui è un ufficiale di stanza a Venezia implicato in una sinistra vicenda di sequestri di persona.
A partire dagli anni Cinquanta, H. iniziò a partecipare anche a numerose produzioni statunitensi: impersonò il criminale nazista rifugiato in Messico in Run for the Sun (1956; La preda umana) di Roy Boulting, si ritagliò un cammeo, interpretando il banchiere Samuel Fallentin che partecipa alla scommessa sull'impresa di Phileas Fogg, nel kolossal d'avventura Around the world in 80 days (1956; Il giro del mondo in 80 giorni) di Michael Anderson, e fu diretto da John Huston nel poco riuscito The roots of heaven (1958; Le radici del cielo) nel ruolo principale dello straniero idealista che in Africa tenta di salvare gli elefanti dal massacro. Dopo essere tornato a lavorare con Reed, al fianco di Sophia Loren, nel melodramma The key (1958; La chiave), che gli valse un premio come miglior attore ai British Academy Awards, ottenne una nomination all'Oscar per l'interpretazione del minatore alcolizzato in Sons and lovers (1960; Figli e amanti), dal romanzo di D.H. Lawrence, diretto da Jack Cardiff. Un altro ruolo di prestigio gli venne offerto nuovamente da Reed ‒ poi sostituito da Lewis Milestone ‒ in Mutiny on the Bounty (1962; Gli ammutinati del Bounty), in cui è il crudele e autoritario capitano Bligh, contrapposto al primo ufficiale Christian interpretato da Marlon Brando. Dopo una nutrita serie di film bellici e d'avventura, con H. in parti di intrepido, romantico ed eroico ufficiale di bell'aspetto ‒ come il Lord Cardigan del kolossal sulla guerra di Crimea The charge of the light brigade (1968; I seicento del Balaklava) di Tony Richardson ‒ fu il curato Collins nell'Irlanda in rivolta in Ryan's daughter (1970; La figlia di Ryan), sontuoso ma poco apprezzato affresco di D. Lean, e prestò il suo volto aguzzo ed elegante di gentiluomo aristocratico al Richard Wagner di Ludwig (1973) di Luchino Visconti. Al poliziesco psicologico The offence (1972; Riflessi in uno specchio scuro), diretto da Sidney Lumet, seguì la riduzione ibseniana di A doll's house (1973; Casa di bambola) per la regia di Joseph Losey, in cui è il dottor Rank. La carriera di H., professionista affermato ma mai star di prima grandezza, tornò poi a disperdersi in una lunga serie di lavori nel complesso mediocri, culminata in partecipazioni di lusso a produzioni commerciali hollywoodiane come Superman (1978) di Richard Donner e i catastrofici Meteor (1979) di Ronald Neame e Hurricane (1979; Uragano) di Jan Troell. L'attore seppe uscire tuttavia dall'impasse disegnando con estrema finezza il ruolo del vecchio collezionista Yoshka Poliakeff nell'apologo fantascientifico Les années-lumière (1981; Gli anni luce) dello svizzero Alain Tanner, mentre fu poi il giu-dice Broomfield nel kolossal epico-biografico Gandhi (1982), diretto da Richard Attenborough. Negli anni Ottanta fu attivo per lo più in produzioni televisive, ma si segnalò nuovamente con il ruolo dell'anziano padre di Magda (Jane Birkin) nel melodramma di ambientazione sudafricana Dust (1985), diretto da Marion Hänsel e tratto da una novella di J.M. Coetzee. Le prove successive non furono di grande rilievo: ebbe ruoli di contorno in film modesti come White mischief (1987; Misfatto bianco) di Michael Radford e The unholy (1988; Soprannaturale) di Camilo Vila. Da ricordare, però, l'ultima commovente e incisiva apparizione nella parte del vecchio generale in The dawning (1988; L'irlandese) di Robert Knights, film che venne poi dedicato alla sua memoria.
V. Knight, Trevor Howard, London 1986; M. Munn, Trevor Howard, the man and his films, London 1989; T. Pettigrew, Trevor Howard. A personal biography, London 2001.