TRIALISMO
. Con questa denominazione s'indica una corrente politica, viva nella monarchia austro-ungarica nel periodo anteriore alla guerra mondiale, che tendeva a dividere la monarchia danubiana in tre membri, corrispondenti ai tre gruppi di nazionalità, Tedeschi, Magiari e Slavi del Sud.
Le origini dell'idea trialistica vanno cercate nel risveglio delle nazionalità sudslave verso la metà dell'Ottocento. Già tra il 1836 e il 1850 il movimento illiristico di Ljudevit Gaj propugnava la solidarietà delle stirpi sudslave. Nel 1848 i Croati, sotto la guida del bano J. Jelačić, approfittarono della ribellione ungherese agli Asburgo per scuotere il giogo magiaro. In premio a servigi resi alla controrivoluzione, gli Asburgo concessero alla Croazia l'autonomia, facendone una terra della corona indipendente dall'Ungheria (4 marzo 1849 e 7 aprile 1850). Ma la necessità della monarchia di venire a un accordo con gli Ungheresi condusse al riordinamento dell'impero su base dualistica (1867). Le terre slave vennero divise fra Austria e Ungheria: con l'acquisto della Bosnia-Erzegovina (occupata nel 1878, annessa nel 1908) venne a formarsi un nuovo nucleo slavo, che ebbe una posizione a sé.
Gli Slavi del Sud, così dispersi, aspiravano all'unificazione. Ma il problema era complesso. Si delineava un movimento panserbo, facente capo a Belgrado, che dopo l'avvento al trono dei Karagjorgiević (1903) e le guerre balcaniche (1912) aveva inaugurato una politica nazionalistica. Ai Serbi si contrapponevano i Pancroati, facenti capo al partito nazionale fondato da Ante Starčević, che avrebbero voluto uno stato autonomo sudslavo, sotto l'egemonia croata. Contribuiva a inacerbire il conflitto delle nazionalità la politica di magiarizzazione ad oltranza condotta dagli Ungheresi nelle terre da loro dipendenti. Né valse a chiarire la situazione il tentativo di un fronte unico antiasburgico fra Croati, Serbi e Magiari (risoluzioni di Fiume e di Zara, 1905).
Si affacciò così, nel primo decennio del Novecento, il progetto del trialismo come soluzione del problema sudslavo. Esso consisteva nel piano di un'unificazione degli Slavi del Sud, compresi nell'ambito della monarchia asburgica, in uno stato autonomo: anzi, secondo i più estremisti, in uno stato a sé che avrebbe occupato nella monarchia un posto equivalente a quello dell'Austria e dell'Ungheria. Il progetto si fece strada nell'opinione pubblica dopo l'annessione della Bosnia. Si fece notare che la posizione costituzionale della Bosnia costituiva già un embrione del trialismo: non restava che da svilupparlo (E. V. Zenker, Die staatsrechtliche Stellung Bosniens und der Trialismus, in Wage del 24 agosto 1912). Gli aderenti alla nuova idea fecero uscire a Trieste la rivista Trializm: le speranze dei Croati trovarono espressione in opuscoli che discussero appassionatamente l'argomento (N. Kovačević, Put do Trializm, Zagabria 1911; N. B., Trializm i hrvatska država, Ragusa 1911). Si levarono voci nel parlamento austriaco: nella seduta del 2 maggio 1912 il principe Karl v. Schwarzenberg richiamò l'attenzione sulla gravità della situazione nei paesi sudslavi: e additò, come unico mezzo per mantenerli nell'ambito della monarchia, la soluzione trialistica. Anche il pubblicista inglese R. Seton-Watson affermava che il trialismo costituiva l'unica possibilità d'impedire la formazione di una Iugoslavia indipendente sotto la guida di Belgrado (Südslaven und Trialismus, in Wage del 27 luglio 1912). Non tardarono a rivelarsi le difficoltà. I Tedeschi d'Austria - salvo il partito cristiano-sociale, che si manifestò favorevole - diffidavano del trialismo per spirito conservatore e per il timore che il nuovo stato tagliasse all'Austria le vie dell'Adriatico; gl'Italiani videro nel trialismo una minaccia per la loro stessa esistenza (articolo Der Weg zum Trialismus del deputato G. Pitacco in Wage del 21 ottobre 1911); le altre nazionalità dell'impero temevano un indebolimento della loro posizione. Si aggiunga l'irriducibile opposizione dei Magiari, minacciati nelle loro posizioni egemoniche; l'opposizione dei Panserbi; l'incomprensione dei nazionalisti croati, che vedevano nel trialismo solo un mezzo per l'attuazione della Pancroazia.
I propugnatori del trialismo, accusati di restare nel vago e nell'incerto, cercarono di formulare progetti concreti. In generale abbandonarono la soluzione estrema di uno stato slavo a sé, equiparato costituzionalmente all'Austria e all'Ungheria, accontentandosi dell'unificazione e di una certa autonomia. Seton-Watson formulò un progetto nel seguente schema:
Un trialismo cioè istituzionale, non territoriale: una riforma del meccanismo costituzionale.
La Vienna ufficiale era del tutto assente di fronte a questi progetti; non così l'erede del trono, l'arciduca Francesco Ferdinando. Già nel 1909 egli aveva ricevuto i rappresentanti del partito nazionale croato che gli avevano sottoposto il loro programma: impostare il problema sudslavo in termini croati, combattere Serbi e Magiari. Da quel che è possibile ricostruire, pare che l'arciduca pensasse a riunire Croazia, Dalmazia, Slavonia e Bosnia come parte unitaria dello stato asburgico, che avrebbe servito da contrappeso alla preponderanza magiara nella monarchia, e da bastione contro le velleità serbe.
Scoppiata la guerra mondiale, l'idea trialistica rimase viva negli Slavi del Sud della monarchia, contrapponendosi alla propaganda serba. Quando il 30 maggio 1917, dopo una lunga interruzione, si riaprì il Reichsrat austriaco, i deputati sudslavi della Cisleitania, sotto la guida dello sloveno Korošec, sottoposero al governo, nella cosiddetta Dichiarazione di maggio, la richiesta dell'unione degli Slavi del Sud "in un corpo statale autonomo, libero da ogni egemonia di nazionalità estranee, posto su base democratica, e sotto lo scettro della monarchia asburgica". Anche in Croazia la Dichiarazione ebbe vasta eco: per essa si schierò il Partito nazionale croato. Nel 1918 il pubblicista Ivo Pilar formulava un nuovo progetto, in un libro che ebbe vasta diffusione. Egli sosteneva la necessità di porsi da un punto di vista nettamente croato, ripudiando ogni tendenza serba; proponeva di unire Croazia, Slavonia e Dalmazia al nucleo formato dalla Bosnia-Erzegovina, con un'autonomia amministrativa sul modello bosniaco. Simili idee si facevano strada nei circoli dirigenti: i ministri austriaci Seidler e Hussarek nella primavera del 1918 si proposero di soddisfare le aspirazioni unitarie degli Slavi e di concedere l'invocata autonomia. Ma era troppo tardi: all'opposizione magiara si aggiunse quella degli stessi Slavi del Sud le cui esigenze erano cresciute. Ormai si presentiva la fine dell'impero e si aspirava alla piena indipendenza. Né valse il manifesto imperiale del 16 ottobre 1918, in adempienza alle esigenze wilsoniane per "the freest opportunity of autonomous development", tanto più che le decisioni per il mutamento dell'Austria in stato federale riguardavano solo la Cisleitania e non toccavano l'integrità delle terre della corona ungherese. Il 29 ottobre, con l'assunzione del potere da parte del Consiglio nazionale, si costituiva di fatto lo stato indipendente serbo-croato-sloveno.
Bibl.: P. Samassia, Der Völkerstreit im Habsburgerstaat, Lipsia 1910; R. Seton-Watson (Scotus Viator), Die südslawische Frage im habsburger Reiche (anche in inglese), Berlino 1913; T. v. Sosnosky, Die Politik im habsburger Reiche, ivi 1913; E. V. Zenker, Die nationale Organisation Österreichs, ivi 1916; L. v. Südland (Ivo Pilar), Die südslawische Frage und der Weltkrieg, Vienna 1918; F. Kleinwaechter, Der Untergang der österreichisch-ungarischen Monarchie, Lipsia 1920; H. Wendel, Die Habsburger und die Südslawenfrage, Belgrado-Lipsia 1924; E. Holzer, Die Enstehung des jugoslawischen Staates, Berlino 1929; T. v. Sosnosky, Franz Ferdinand, Monaco 1929; L. v. Chlumecky, Erzherzog Franz Ferdinands Wirken und Wollen, Berlino 1929; E. Anrich, Die jugoslawische Frage und die Julikrise 1914, Stoccarda 1931.