TRIANGOLAZIONE
. Si suole definire con questo nome il complesso delle operazioni geodetiche, o topografiche, aventi per mira la determinazione esatta delle posizioni (coordinate) di un gruppo di punti della superficie terrestre, in base alla preliminare conoscenza dei seguenti elementi: 1. posizione di uno dei punti; 2. distanza misurata, che separa questo da un secondo punto vicino; 3. orientamento (azimut) della congiungente di questi due punti; 4. angoli, che restano racchiusi fra le visuali partenti da ciascun punto, e dirette a due o più altri, in guisa che ogni punto venga a risultare vertice di due o più triangoli contigui, essendo i lati segnati dalle visuali. E poiché per la risoluzione di questo problema - che, se si trattasse di punti di un piano sarebbe ovvio - si può, come insegna la geodesia, far uso delle ordinarie formule della trigonometria sferica, riferendosi però a una sfera, il cui raggio coincida con quello della curvatura media dell'ellissoide terrestre nella regione presa in considerazione, e questo implica la conoscenza esatta del suo semiasse maggiore e dell'eccentricità ben si comprende come si possa pur porre il problema inverso, di determinare cioè gli elementi, che definiscono l'ellissoide terrestre, attraverso le operazioni di una triangolazione, quando si immaginino note le posizioni non di uno, ma di due o più punti della rete. Particolarmente, ove vengano scelti i punti in guisa che la catena dei triangoli risulti disposta parallelamente a un meridiano, ovvero a un parallelo, dalle differenze di latitudine o di longitudine determinate astronomicamente nei punti estremi si può, attraverso le operazioni di triangolazione, ricavare la lunghezza effettiva dell'arco di meridiano o di parallelo compreso fra i due punti estremi, e da questa ottenere la lunghezza dell'asse maggiore dell'ellissoide terrestre, o la sua eccentricità. E se ancora si estendono le determinazioni astronomiche a tutti, o quasi tutti i punti della rete trigonometrica, si potrà indagare meglio la reale forma della Terra in quella regione ristretta, determinando le deviazioni che essa effettivamente presenta rispetto all'ellissoide. Concepita pertanto in questo senso, la triangolazione costituisce uno degli elementi fondamentali delle ricerche geodetiche moderne, restando sempre la base essenziale e indispensabile di tutti i lavori cartografici.
Qualunque sia il fine, geodetico o cartografico, che si abbia di mira, il corso normale del procedimento di una triangolazione è sempre il seguente: 1. scelta sul terreno dei punti adatti a servire quali punti vertici della rete di triangoli; 2. misura diretta della base, cioè della distanza fra i due primi vertici; 3. determinazione astronomica della latitudine e longitudine del punto assunto quale primo vertice, e dell'azimut della visuale diretta dal primo al secondo vertice della rete; 4. misura - in ciascuno dei vertici - degli angoli formati dalle visuali che, partendo da esso, sono dirette a tutti gli altri vertici dei triangoli di cui esso fa parte; 5. riduzione dei valori osservati, per tener conto, oltre che delle diverse cause di errore, anche delle posizioni particolari in cui si trovano i vertici, e ricondurre i valori a quelli che si sarebbero avuti se i vertici stessi fossero stati sulla superficie libera dei mari; 6. calcolo effettivo della rete, trasporto delle coordinate, ed eventuale confronto di quelle calcolate con le osservate, con deduzione delle deviazioni della verticale. Queste diverse operazioni si devono considerare come strettamente legate fra di loro, e fino dall'inizio bisogna avere presenti, col fine al quale si tende, tutte le necessità delle operazioni ulteriori. Così, ad es., nella scelta dei punti vertici, non solo si devono assicurare la perfetta visibilità e l'accesso facile e comodo, ma vanno evitati quelli che facciano temere, come facilmente possibili, movimenti del suolo; bisogna badare inoltre: che la forma risultante per i triangoli riesca tale, da rendere minima l'influenza degli errori inevitabili nella misura degli angoli; che i lati non risultino in direzione tale da dover temere effetti sensibili di rifrazioni laterali; che le distanze fra i diversi vertici non risultino né troppo lunghe, né troppo corte, ecc.
Nella prima operazione è ancora ovvio, che primo criterio discriminatore nella scelta, dei punti dovrà venire dallo scopo principale propostosi: così, quando si tratti di una misura di arco di meridiano o di parallelo, la rete dei triangoli si dovrà svolgere in guisa da seguire l'arco da misurare mediante una successione o di triangoli semplici o di quadrilateri (figg.1, 2); mentre invece si dovrà ricoprire completamente tutta l'area del tratto di superficie terrestre con una rete di triangoli adiacenti, quando si abbia di mira essenzialmente il rilievo cartografico, o quello del geoide locale. È poi ben manifesto che la precisione dei risultati dipenderà dall'esattezza, con cui sarà stato misurato il primo lato, e da quella con cui saranno misurati i singoli angoli; onde, supponendo misurati tutti gli angoli con una precisione identica, non converrà mai servirsi di triangoli a lati corti, per non aumentare col loro numero anche quello degli errori dovuti alla misura degli angoli, e togliere così attendibilità ai risultati complessivi di tutta la rete. D'altra parte, ove si aumenti la distanza reciproca dei vertici oltre certi limiti, diventerà più difficile la collimazione dei punti lontani con conseguente diminuzione della precisione nelle misure angolari. Bisogna pertanto tenersi entro i limiti, che l'esperienza ci insegna esser compresi fra il minimo di 20-25 chilometri e il massimo di 50-60. In casi particolari - come, ad es., nel collegamento della Spagna con l'Algeria, della Sicilia con la Tunisia e con Malta, della Sardegna con la Toscana - si sono oltrepassati tali limiti arrivando a superare persino i 200 chilometri; ma ciò si dovette esclusivamente alla materiale impossibilità di limitare in altro modo le distanze. Attenendosi però alle lunghezze normali, il numero dei vertici che si ottengono risulta troppo esiguo per attaccare direttamente ad essi il rilievo topografico o catastale: conviene inserire fra le maglie della rete principale, detta di 1° ordine, una seconda rete di triangoli, con l'aggiunta di un vertice nell'interno di ciascun triangolo della prima rete; i nuovi triangoli hanno allora un lato coincidente con uno dei lati della triangolazione principale, e gli altri due sensibilmente più corti. A questa seconda rete a maglie più ristrette, detta del 2° ordine, s'appoggia in modo analogo una terza rete di triangoli a lati ancora più piccoli, detta del 3° ordine, che serve alla sua volta di base per la fissazione della rete dei punti di dettaglio o del 4° ordine. Le distanze dei punti vanno così via via decrescendo, risultando in generale comprese fra 15 chilometri e 30 quelle dei punti del 2° ordine, fra i 3 e 10 quelle dei punti del 3°; e fra 1 e 3 quelle dei punti del 4°. Nella scelta, pertanto, dei punti del 1° ordine bisogna pur tener conto delle esigenze di queste ulteriori operazioni di raccordo delle reti di ordine superiore, assicurando ad essi sempre la più perfetta e ampia visibilità.
In regioni montagnose o collinose si ricorre alle cime più alte, e in pianura alle costruzioni monumentali molto elevate (ad es., la sommità del campanile di San Marco a Venezia, la guglia maggiore del Duomo di Milano, ecc.), ovvero a torri di forma piramidale, erette sopra i punti prescelti, e formate con costruzioni apposite a tralicci di ferro e legno, atte non solo ad esser vedute a grande distanza, ma anche a reggere in punto elevato gli strumenti misuratori degli angoli (fig. 3). Quando il punto prescelto quale vertice non coincide con un punto ben identificabile di qualche edificio, si costruisce nel punto preciso un segnale, che in Italia è protetto contro le eventuali manomissioni da apposita legge. Su un basamento di solida muratura affondata nel terreno, si fissa sul piano orizzontale superiore di essa, un poco al di sotto del livello normale del suolo, una piastra metallica, su cui con una croce o con un sistema di cerchi concentrici, è segnato il punto rigoroso del vertice. Sulla verticale di quel punto si alza un pilastrino in muratura, atto a reggere il teodolite durante la misura degli angoli. A lavori ultimati, onde maggiormente proteggere il pilastro, lo si rinforza ulteriormente con una costruzione apposita; e molte volte, a maggior sicurezza, si murano, a distanze ben determinate nelle direzioni dei quattro punti cardinali, altri quattro segnali sotterranei, quali testimonî. Durante le operazioni si suol rendere più facilmente visibile il vertice, collocando al disopra di esso una piramide di legno o di ferro, il cui vertice si trova sulla verticale del sottostante pilastrino (fig. 4).
Prefissati i punti destinati ad essere i vertici della rete di 1° ordine, misurata la base geodetica, e giunti, con le operazioni di sviluppo, alla conoscenza della lunghezza del primo lato (v. geodetica, base), ed ancora determinate con operazioni astronomiche le posizioni del primo vertice, e l'orientamento del primo lato, si passa al quarto gruppo di operazioni, cioè alla misura degli angoli, compresi fra i piani, che passando per la verticale nel punto di stazione contengono i vertici vicini collimati. Queste misure angolari possono essere ottenute essenzialmente in due modi distinti, o come vere e proprie misure dell'angolo compreso fra ciascuna coppia di quei piani, o come differenze delle direzioni di ognuno di essi rispetto a uno arbitrario assunto quale piano origine. Mentre questo secondo metodo ha l'inconveniente di dare a una direzione una trattazione quasi privilegiata di fronte alle altre, e può dar luogo a un ripercuotersi di errori sistematici commessi nella collimazione della prima direzione su tutti gli angoli misurati da quel vertice, col primo metodo si va facilmente incontro a differenze notevoli negli errori attendibili nelle singole misure angolari, e conseguentemente alla necessità di far uso di diversità notevoli di pesi. Se infatti da due vertici dello stesso triangolo si sono misurati isolatamente tutti gli angoli formati dalle m e n visuali, in essi concorrenti e che sono evidentemente m (m − 1)/2 ed n (n − 1)/2, l'ampiezza dei singoli angoli risulterà, oltre che dalle misure dirette, anche dalle somme o differenze degli angoli semplici da cui si possono immaginare composti; e, aumentando il numero di queste misure indirette col numero delle direzioni, si potrà giungere alla conoscenza degli angoli con un errore che via via andrà diminuendo col crescere del numero delle direzioni. Il generale tedesco O. Schreiber, che diresse lungamente l'istituto geografico militare prussiano, per ovviare all'inconveniente dei pesi diversi, che si vengono ad avere in questo caso, introdusse il sistema di variare il numero delle volte che deve esser ripetuta la misura degli angoli in ciascuna stazione, in dipendenza del diverso numero di angoli da misurare in essa, onde ottenere errori di presumibile grandezza eguale nei valori definitivi degli angoli. Se da un vertice devono essere collimate 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8 direzioni distinte e di conseguenza sono rispettivamente i, 3, 6, 10, 15, 21, 28 gli angoli da misurare, basterà ripetere le misure angolari 24, 16, 12, 10, 8, 8, 6 volte, perché, tenendo conto delle equazioni di condizione, gli errori derivanti sieno tali che i pesi risultino 12, 12, 12, 12.5, 12, 14, 12, ossia praticamente eguali.
Compiute le misure angolari, e quelle astronomiche nei punti terminali estremi, il lavoro sul terreno si può considerare finito. Incominciano allora le operazioni di calcolo. Prima di ogni altra cosa è necessario ridurre le quantità misurate alla superficie di riferimento, che è generalmente quella ideale della superficie libera dei mari, ed eliminare con ciò l'influenza derivante dall'altezza a cui si trovano i punti di centro stazione. La misura degli angoli si fa infatti servendosi dei piani, che passando per la normale nel punto di stazione P0, passano per i punti collimati Pi. Ma per le misure nostre, e per i calcoli ulteriori, sarebbe stato necessario collimare non già i punti Pi della superficie reale della Terra, ma quelli Pi′ posti sulla superficie libera del mare, e tali che le normali a questa superficie passanti per essi passino anche per i punti reali collimati. Risultando in generale sempre ben distinti i due piani contenenti i punti Pi, e Pi′, devono pur esser diversi gli angoli corrispondenti. Bisogna quindi correggere opportunamente gli angoli misurati, servendosi di una relazione deducibile con considerazioni semplici di geometria differenziale, ma che per la sua applicazione numerica richiede, oltre alla conoscenza dell'altezza sul livello del mare del punto Pi, anche quella approssimata della latitudine del punto di osservazione, dell'azimut del piano passante per Pi, e del raggio principale di curvatura dell'ellissoide terrestre, detto grande normale. Se giunti a tal punto si potesse essere certi dell'assoluta esattezza degli angoli, servendosi del teorema del Legendre, sarebbe facile ricondurre a triangoli piani quelli corrispondenti tracciati sulla sfera osculatrice al geoide, e, dedotte così le lunghezze dei lati, servendosi degli azimut dei diversi lati, con i metodi e le formule proposti dal Legendre, o con quelli analoghi del Bessel, operare il trasporto delle coordinate geografiche, ottenendo così i valori, che costituiscono il fine della triangolazione. Ma, come si ripete più volte l'operazione della misura degli angoli, e poi servendosì del metodo dei minimi quadrati dal numero esuberante di dati si deduce il valore ritenuto il più attendibile, così analogamente anche dalle operazioni compiute sul terreno si ha pur sempre un numero esuberante di dati. In ogni triangolo infatti si misurano sempre tutti gli angoli; onde consegue che per ogni triangolo si ha una relazione alla quale devono necessariamente soddisfare i valori degli angoli ottenuti con le misure dirette. Analogamente avviene che a uno stesso lato della triangolazione si possa giungere seguendo due serie distinte di triangoli, e che pertanto si giunga a valori diversi per la sua lunghezza, ancora in conseguenza della non esatta conoscenza degli angoli; e che infine, ove si misuri in corrispondenza dei lati estremi, ovvero di un lato intermedio, una seconda base, non si trovi, contrariamente a quanto dovrebbe essere, un perfetto accordo fra il valore della lunghezza calcolata, e quello della misura. Per ogni rete trigonometrica si ottiene quindi un certo numero di relazioni, che devono essere soddisfatte necessariamente (equazioni di condizione), e che, trattate con i dettami del calcolo dei minimi quadrati, conducono alle ulteriori correzioni da apportare ai valori degli angoli, in guisa che poi le contraddizioni residue risultino tali che la somma dei loro quadrati assuma il valore minimo. Questa parte del calcolo, detto della compensazione della rete, è la parte più delicata, e diventa tanto più complessa quanto maggiore è il numero dei triangoli presi in considerazione. Classici restano in simile argomento i lavori fatti, nella prima metà del secolo XIX, da F. C. Gauss, F. W. Bessel e J. J. Baeyer, e da W. Struve.
In Italia la triangolazione attuale è stata eseguita in gran parte per cura e opera dell'Istituto geografico militare di Firenze, coadiuvato dalla R. Commissione geodetica italiana (v. carta annessa). Il coordinamento invece dei lavori eseguiti nei diversi paesi del mondo, è compito della Associazione geodetica internazionale, formatasi, dopo la guerra mondiale, per proseguire l'opera della precedente associazione che, nata per iniziativa del gen. Baeyer, ebbe in sulle prime il modesto proposito del coordinamento dei lavori trigonometrici dell'Europa centrale, ma che poi via via si sviluppò in modo da abbracciare il lavoro di tutto il mondo.
Bibl.: Oltre alle opere citate alle voci geodesia; geodetica, base - e specialmente l'ampio trattato di W. Jordan e O. Eggert - si vedano trattazioni particolari nelle opere di F. C. Gauss (fra altro nel Supplementum theoriae combinationis e nelle Astron. Nachrichten, I), nella Gradmessung in Ostpreussen di F. W. Bessel, nella Breitengradmessung in den Ostseeprovinzen Russlands di F. G. W. Struve, e nelle pubblicazioni speciali eseguite da tutti i paesi nei tempi più moderni, e riassunte poi nelle pubblicazioni della vecchia e nuova Associazione geodetica internazionale. In modo particolare vanno citati i rapporti sulle triangolazioni compilati, in occasione delle riunioni della citata associazione fra il 1880 e il 1898, dal generale A. Ferrero e più recentemente dal gen. G. Perrier, e le pubblicazioni della Commissione geodetica del Baltico, ecc. Per quanto riguarda la compensazione delle reti, si veda specialmente, oltre alle opere citate, A. Ferrero, Esposizione del metodo dei minimi quadrati, Firenze 1876; F. R. Helmert, Ausgleichungsrechnung, 2a ed., Lipsia 1907.