TRICOCEFALO (dal gr. ϑρίξ "capello" e κεϕαλή "testa")
Genere (Trichocephalus Schrank, 1780), che, per la legge di priorità, deve chiamarsi Trichuris Büttner, 1761, di Nematodi della famiglia Trichinellidi (v. trichina), sottofamiglia Trichurini. Sono vermi cilindrici, con la parte anteriore più sottile, filamentosa, la posteriore, contenente l'intestino e gli organi genitali, ispessita. La specie più nota, Trichuris trichiura (L.), vive nel colon e soprattutto nel cieco e nell'appendice dell'uomo, dove fu scoperta dal Morgagni. Il maschio è lungo 30-45 mm. e ha la parte posteriore avvolta a spirale sulla faccia dorsale. La femmina è lunga 30-50 mm. ed è lievemente arcuata. L'uovo viene eliminato con le feci e soltanto quando è giunto all'esterno si sviluppa l'embrione; l'uomo può infettarsi soltanto inghiottendo uova embrionate, e perciò la possibilità dell'autoinfezione è esclusa. Lo sviluppo dall'embrione all'adulto è diretto e molto rapido.
Quando sono molto numerosi, questi parassiti possono produrre disturbi sensibili, sia come agenti patogeni diretti (anemia da tossine, azioni traumatiche e infiammatorie), sia, soprattutto, come vettori d'infezioni batteriche (appendicite). Si combatte con il timolo o l'essenza di chenopodio.
Il tricocefalo è tuttora piuttosto diffuso in Europa: statistiche del 1880 lo davano presente nella totalità dei cadaveri esaminati nell'Italia meridionale. Oggi i progressi dell'igiene ne hanno certamente limitato la diffusione, ma la scarsa gravità delle tricocefalosi fa sì che non di rado il parassita rimanga nell'ospite inavvertito.