BENCI (Bencio, Bentio, Benzi, Benzio), Trifone
Originario di Assisi, ne è ignoto l'anno di nascita. La protezione dello zio paterno Francesco e della potente famiglia Cervini, legata alla sua da vincoli di parentela, gli permise di vivere a Roma, dove, secondo quanto risulta da una lettera a lui diretta da Bernardino Boccarino il 4 apr. 1535, ottenne un ufficio di segretario nella cancelleria pontificia (D. Atanagi, Lettere facete, I, pp. 241-244). Nel 1537 fu al seguito del Pole durante la sua legazione in Fiandra; nel 1541 accompagnò il card. Gaspare Contarini a Ratisbona insieme con il Beccadelli, di cui rimase poi alle dipendenze durante la legazione bolognese dei cardinale, fino alla morte di questo nell'agosto 1542. Non sembra che l'esperienza degli ambienti e delle vicende della riforma cattolica attraverso figure come Pole, Giberti e Contarini abbia lasciato un'impronta durevole nella vita del B., nonostante che in una sua composizione poetica inviata all'amico Atanagi da Bologna il giorno della morte del Contarini (ibid., pp. 335 s.: la data 24 ag. 1543 deve evidentemente esser corretta quanto all'anno, che è il 1542) facesse un elogio di questo e del Pole per le loro virtù cristiane, e che un anno prima in una lettera da Ratisbona, accennasse scherzosamente ad una sua conversione alla "teatineria" (ibid., p. 331). In rapporti d'amicizia col Molza, il Caro, Claudio Tolomei (alle cui Regole de la nuova poesia toscana dette la propria adesione), "singulare amico et benefattore" di Dionigi Atanagi (Id., Rime di diversi nobili poeti toscani, tav. del I vol.), entrò a far parte, non sappiamo in quale anno, dell'Accademia degli Sdegnati, fondata a Roma da G. Ruscelli. Più che per le sue composizioni poetiche, delle quali, del resto, ben poche ci son pervenute, si distinse in questa cerchia per un suo strano, rustico e volutamente trasandato modo dì vivere e di vestire, a cui vien fatta spesso allusione, sia da lui stesso, che si definisce "filosofo salvatico" (Id., Lettere facete, I, p. 331), sia dal Caro, dal Caporali e da M. Antonio Fiaminio. Particolarmente stretto fu il rapporto tra il B. e il Molza, che fu da lui assistito nel corso di una lunga malattia, prima a Roma nel 1539, poi a Modena durante gli anni 1543 e '44; Luca Contile scriveva nel febbraio 1544 a Bernardo Spina: "Sta sempre al capezzal del letto il buon Trìfone, e burla e giamba col Molza" (Lettere, c. 85r). A Modena, dove era entrato a far parte dell'AccadeInia degli Affumati, il B. ricevette dal Tolomei la notizia della morte di Faustina Mancini, una figura femminile alla quale erano particolarmente legati i membri dell'Accademia dello Sdegno; ai numerosi componimenti poetici da questi redatti per tale occasione egli aggiunse una serie di undici sonetti (raccolti in D. Atanagi, Rime..., II, cc. 51v-54r).
Con l'apertura del concilio di Trento il B., grazie alla sua antica dimestichezza col Beccadelli e alla protezione del card. Cervini, ottenne un incarico presso il concilio e fu invitato a recarvisi insieme al Beccadelli; l'11 apr. 1545 il cardinale Farnese ne avvisava i cardinali legati.
La data della partenza subì però un rinvio a causa di una malattia, e solo il 7 giugno il Massarelli poté annotare nel suo diario l'ingresso in Trento del Benci. Il suo compito consisteva, come aveva scritto il cardinale G. Ascanio Sforza ai legati il 10 maggio, nel "servire VV.SS. R.me nello scrivere" (Concilium Tridentinum, IV, p. 419), e in questa veste di scrivano del collegio dei legati avrebbe dovuto coadiuvare il segretario del concilio Beccadelli; ma, essendosi questi allontanato da Trento, il rapporto di collaborazione s'istituì, e in maniera assai stretta, col Massarelli, il cui diario è la fonte principale per conoscere l'attività e i movimenti del B. in questi anni. In pratica, il suo lavoro (per il quale era pagato 4 scudi al mese) consisteva nella stesura in bella copia della corrispondenza dei legati e nella revisione dei verbali delle congregazioni generali redatti dal Massarelli, il quale inoltre si faceva aiutare da lui a scrivere la sua opera De cardinalibus. Nei momenti di libertà il B. continuava a coltivare i suoi interessi poetici, leggendo classici latini e componendo versi (per lo più epigrammi, che, a quanto sembra, sapeva improvvisare con straordinaria facilità).
Dopo aver seguito le incerte sorti dei concilio da Trento a Bologna (dove ebbe un figlio naturale, morto, con suo gran dolore, nel dicembre 1548), il 6 ott. 1549 il B. partì alla volta di Roma insieme con il Massarelli; il 15 ottobre passarono da Assisi, "quae civitas - annota il Massarelli - cuin esset patria D. Triphonis, ibi in nocte hospitati fuimus gratissimo ac laeto animo excepti a pluribus amicis" (ibid., I, p. 868). Giunti a Roma tre giorni dopo, furono ospitati dal Cervini. Della protezione del potente cardinale, che già nel dicembre 1545 aveva chiesto al cardinale Famese una prebenda per "questo indefesso et stentato povero Triphone" (ibid., X, p. 288), il B. continuò a godere anche in seguito, tanto da poter assumere un atteggiamento a sua volta protettivo verso il Massarelli (v. lettera del 12 luglio 1551, ibid., I, p. LXXIIII).
È probabile che in questo periodo egli abbia ricevuto gli ordini maggiori, seppure non si era già preoccupato di farlo nel 1545, in attesa del beneficio richiesto per lui dal Cervini; è certo comunque che Cesare Caporali si rivolge a lui col titolo di "reverendo" (corretto da Carlo Caporali in quello di "monsignore").
Gli appoggi curiali di cui il B. godeva e la sua ormai lunga esperienza cancelleresca finirono con l'assicurargli un definitivo inserimento nella segreteria pontificia: il 10 febbr. 1550, due giorni dopo la sua elezione, Giulio III lo nominò segretario, alle dipendenze di Girolamo Dandino. Nel "ruolo di famiglia" di Paolo IV del 13 luglio 1555 compare come segretario "a litteris italicis"; a lui furono inoltre affidate "le ziphere", cioè lo specifico compito di mettere in cifra le lettere confidenziali, che conservò sotto il pontificato di Pio V. Da questo momento cessano le notizie sulla sua attività; si sa solo che era ancor vivo nell'ottobre 1571, perché compose un epigramma per la vittoria di Lepanto.
Fonti e Bibl.: C. Tolomei, Lettere, Venezia 1550, cc. 92v-93r, 113r-114r, 228r-v; L. Contile, Lettere, Pavia 1564, I, C. 84r-v; D. Atanagi, De le rime di diversi nobili poeti toscani, Venezia 1565, I, pp. 190r-v; II, p. 51v-54r; Id., Delle lettere facete, et piacevoli di diversi grandi huomini, Venezia 1582. I, pp. 326-337 e passim; II, pp. 21 s.; C. Caporali, Rime... con l'osservationi di C. Caporali, Perugia 1651, pp. 171, 179 s.; 244, 257; M. A., J. A. et G. Flaminiorum Carmina, Padova 1743, pp. 159 s.; Concilium Tridentinum, ed. Soc. Goerresiana, Freiburgi Br. 1904-1961, I, II, IV, V, X, XI, ad nomen; F. Berni, Poesie e prose, a cura di E. Chiorboli, Genève-Firenze 1934, p. 75; A. Caro, Lettere familiari, I, Firenze 1957, nn. 113, 121, 200, 213; G. M. Crescimbeni, Dell'Istoria della volgar Poesia, IV, Venezia 1730, pp. 70 s.; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, pp. 900-904; F. Bonamici, De claris pontificiarum epistolarum scriptoribus, Romae 1770, pp. 240 s.; F. Flamini, Il Cinquecento, Milano s. d., p. 191; A. Salza, L. Contile uomo di lettere e di negozi del secolo XVI, Firenze 1903, pp. 23 s., 33; R. Ancel, La secrétairerie pontificale sous Paul IV, in Revue des questions historiques, LXXXII (1906), pp. 419, 431, 441; P. O. v. Tórne, Ptolémée Gallio cardinal de Cóme, Paris 1907, pp. 38, 40, 47; L. v. Pastor, Storia dei papi, VI, Roma 1927, pp. 53 s., 361; VIII, ibid. 1929, p. 52; H. Jedin, Storia del Concilio di Trento, II, Brescia 1962, pp. 98, 554, 584.