TRIGONOMETRIA
. Introduzione. - 1. Nella determinazione delle distanze terrestri o cosmiche si presenta generalmente l'impossibilità materiale di misurare direttamente tali distanze; e, poiché la geometria elementare insegna che, noti alcuni elementi (lati, o angoli) di un triangolo, restano determinati tutti gli altri elementi, si ricorre a un conveniente triangolo che abbia la distanza incognita per lato e del quale si possano misurare altri elementi in numero sufficiente ad individuarlo. Ad esempio: 1. per determinare la distanza tra due punti A e B separati da un ostacolo (un lago, un fabbricato, un monte) si sceglie un punto C in posizione tale che l'angolo γ = ACB e i lati AC = b, BC = a si possano misurare direttamente (fig. 1); 2. per calcolare la distanza di un punto B da un punto A visibile da B, ma inaccessibile (separato da un fiume, da una valle, ecc.) si fissa sul terreno un punto C in modo da poter misurare direttamente gli angoli β = ABC, γ = ACB e la distanza BC = a (fig. 2); 3. per determinare la distanza della Terra T dal Sole S, data la grandezza di tale distanza rispetto al diametro terrestre, si può ricorrere al calcolo del rapporto tra le distanze del Sole e della luna L dalla Terra col metodo di Aristarco di Samo (III sec. a. C.), osservando da un punto P della Terra la Luna in primo, o ultimo quarto, quando il Sole si trova sopra l'orizzonte. Allora il punto P è nel piano che separa l'emisfero in ombra della Luna da quello in luce, sicché PL risulta normale a SL (fig. 3). La misura dell'angolo α = LPS è sufficiente a determinare il rapporto richiesto.
In molte altre questioni teoriche e pratiche si presentano problemi analoghi che rientrano tutti nel problema generale: Date le misure di alcuni elementi (non tutti angoli) di un triangolo piano, in numero sufficiente a individuarlo, trovare le misure degli altri elementi, o, come si suol dire, risolvere il triangolo.
Questo problema si può risolvere ricorrendo a note costruzioni geometriche; ma, per l'imprecisione del disegno e per l'impossibilità di poter valutare il grado di approssimazione dei risultati, si sono ricercati, fin dall'antichità, i mezzi per risolvere il problema analiticamente.
Scopo della trigonometria piana è appunto quello di trovare delle relazioni che leghino i lati alle funzioni circolari degli angoli di un triangolo piano e di applicare queste relazioni alla risoluzione dei triangoli piani.
2. Il calcolo della distanza sferica di due punti della Terra, individuati mediante le loro coordinate geografiche, la determinazione della posizione d'una nave mediante l'osservazione di astri, o della posizione di un astro sulla sfera celeste a un dato istante, e questioni analoghe, dànno luogo sulla sfera allo stesso problema or ora enunciato nel piano: Date le misure di alcuni elementi di un triangolo sferico, in numero sufficiente per determinarlo, trovare le misure degli elementi incogniti, ossia, risolvere il triangolo.
Anche la risoluzione dei triangoli sferici si può ottenere mediante costruzioni geometriche, ma, per potere giudicare dell'approssimazione dei risultati, si preferisce ricorrere a soluzioni analitiche; e la trigonometria sferica ricerca le relazioni che passano tra le funzioni circolari dei lati e degli angoli di un triangolo sferico e applica tali relazioni alla risoluzione dei triangoli sferici.
3. Cenno storico. - In ordine storico, lo sviluppo sistematico della trigonometria sferica ha preceduto quello della piana, come ausilio indispensabile dell'astronomia. Conoscenze trigonometriche, sia pur limitate, dovevano possedere i Babilonesi, dai quali ci proviene la misura a base sessagesimale degli angoli e del tempo; ma fu presso i Greci che la trigonometria assunse, come capitolo introduttivo della astronomia, uno sviluppo notevole; e nozioni già vaste dovevano essere esposte nelle opere disperse di Aristarco di Samo (sec. III a. C.) e di Ipparco di Nicea (sec. II a. C.). Il libro più antico di trigonometria sferica giunto a noi è la Sphaerica di Menelao (sec. I d. C.), nella quale sono avvertite le analogie del triangolo sferico col triangolo piano, si trovano enunciati i criteri di uguaglianza e dimostrato il teorema sulle trasversali, che porta il nome di Menelao, fondamentale per la risoluzione dei triangoli sferici nell'antichità greca. Caratteristica della trigonometria greca è l'uso delle corde invece dei seni; e dei valori delle corde, calcolati facendo il raggio del cerchio uguale a 60 parti, si trova una tavola nella Σύνταξις μαϑηματική (l'Almagesto degli Arabi) di Claudio Tolomeo (v.), opera fondamentale per la storia della trigonometria. In essa sono dimostrate formule (forse già note ad Archimede) analoghe alle formule di addizione del seno, e si deducono dal teorema di Menelao relazioni tra gli elementi dei triangoli sferici rettangoli, che vengono poi applicate alla risoluzione dei triangoli sferici qualunque, scindendoli in triangoli rettangoli.
La sostituzione dei seni alle corde, e quindi l'inizio delle odierne funzioni circolari, si trova per la prima volta in India, cioè nell'astronomia di un anonimo, detta Sūrya-siddhānta (sec. IV d. C.), e nell'astronomia di Āryabhaṭa (sul finire del sec. V d. C.); vi si dànno i seni ed i senoversi per archi di 3° 45′ (la 96a parte della circonferenza), facendo il raggio eguale a 3438 minuti. Per la soluzione dei triangoli sferici gl'Indiani ricorsero alla proiezione ortografica (analemma) della sfera sul piano, che i Greci invece avevano usato soltanto per costruzioni grafiche. Gli Arabi presero dagl'Indiani la sostituzione dei seni alle corde, ma dai Greci l'uso del raggio di 60 parti; introdussero la tangente, la cotangente e la cosecante dapprima in servizio della gnomonica ed in funzione del gnomone diviso in 12 parti, poi, già con Habash (nel primo ventennio del sec. X), quali vere funzioni trigonometriche riferite al raggio di 60 parti. Essi apportarono contributi notevoli allo sviluppo della trigonometria, applicando le nuove funzioni alla ricerca di relazioni fra gli elementi di un triangolo qualunque ed alla risoluzione dei triangoli. L'astronomo al-Battānī (morto nel 929) applicò la proiezione ortografica a problemi d'astronomia sferica e ideò alcune soluzioni eleganti, nelle quali è implicito il teorema del coseno per triangoli sferici qualsiasi. Probabilmente ad Abū Naṣr Manṣūr (seconda metà del sec. X) si deve il teorema dei seni per ogni specie di triangoli. La prima esposizione sistematica della trigonometria sferica, senza ricorrere al teorema delle trasversali o di Menelao, sembra essere quella contenuta nell'astronomia d'Abū 'l-Wafā' (940-998); ma la separazione completa della trigonometria piana e sferica dall'astronomia, e quindi il suo massimo sviluppo, si incontra soltanto nell'apposito trattato di Naṣīr ad-Dīn aṭ-Ṭūsī (1201-1274). Notevoli contributi furono arrecati da al-Bīrūnī (973-1048).
Con l'opera De triangulis omnimodis libri quinque di Regiomontano (J. Müller, 1436-1476) ha inizio l'ingresso della trigonometria in Occidente; opera certamente ispirata a fonti arabe, ma che segna un progresso colla enunciazione più generale dei teoremi del seno e del coseno e con la introduzione della tangente nei calcoli pratici. L'opera di sistemazione e generalizzazione è proseguita, tra altri, da J. Werner (1468-1528), N. Copernico (1473-1543), Rhaeticus (1514-1576), F. Viète (1514-1603), il quale ultimo, oltre a dare nuove notevoli proprietà, specie coll'uso del triangolo polare, introduce il calcolo letterale per esprimere mediante formule i varî teoremi.
Coll'invenzione dei logaritmi (1614) le ricerche dei matematici si rivolgono alla scoperta di nuove relazioni tra gli elementi di un triangolo, atte al calcolo logaritmico, e lo stesso J. Neper (1550-1617), inventore dei logaritmi, dà le sue "analogie" insieme alla regola mnemonica per dedurre le relazioni tra gli elementi di un triangolo sferico rettangolo. B. Cavalieri (1591-1647), tra l'altro, dimostra in generale il teorema relativo all'area di un triangolo sferico, e, più tardi, K. F. Gauss (1777-1855), J.-B. Delambre (1749-1822), K. B. Mollweide (1774-1825) dànno, quasi contemporaneamente, formole notevoli calcolabili coi logaritmi.
Per le scarse conoscenze sulla natura e sulle variazioni delle funzioni circolari, i matematici dei secoli XV, XVI, XVII distinguevano numerosi casi di risoluzione dei triangoli, specialmente sferici, e davano un grande numero di formule, che, con le conoscenze moderne, risultano in gran parte riducibili a poche relazioni. È con L. Euler (1707-1783) che ha inizio la trattazione moderna della trigonometria: dopo aver studiato più a fondo la natura delle funzioni circolari, Euler ridusse la risoluzione dei triangoli, tanto piani quanto sferici, ai loro casi fondamentali, applicando il minor numero possibile di relazioni, dedotte tutte da una relazione fondamentale dimostrata direttamente. Sulle tracce di Euler, traverso l'opera di G.-L. Lagrange (1743-1813), A.-M. Legendre (1752-1833), i quali mostrarono anche come la trigonometria piana si possa dedurre dalla sferica, A. Cagnoli (1743-1816), C. Gudermann (1798-1852) e numerosi altri trattatisti, l'esposizione della trigonometria assunse l'assetto odierno.
Nel secolo scorso a K. F. Gauss, A. J. Möbius (1790-1868), F. Klein (1849-1925), E. Study (1862-1930) si devono varie generalizzazioni del concetto di triangolo sferico, che portarono ad estendere la trigonometria sferica e a trovare delle connessioni tra questa e altri rami della matematica.
Trigonometria piana.
4. Risoluzione dei triangoli rettangoli. - Dato il triangolo ABC rettangolo in A e indicando con a l'ipotenusa, con b e c i cateti CA e AB e con β e γ gli angoli opposti a questi (fig. 4), dalle definizioni delle funzioni circolari (v. circolari, funzioni) si hanno immediatamente le relazioni
le quali esprimono che un cateto è uguale al prodotto dell'ipotenusa per il seno dell'angolo opposto, o per il coseno dell'angolo adiacente, oppure è uguale al prodotto dell'altro cateto per la tangente dell'angolo opposto, o per la cotangente dell'angolo adiacente.
Queste relazioni insieme alle altre due
date dalla geometria elementare, permettono di risolvere in ogni caso il triangolo rettangolo. Esaminiamo i varî casi.
I. Dati i due cateti b e c. - Gli elementi incogniti sono dati da:
II. Data l'ipotenusa a e un angolo adiacente β. - Si risolve con le relazioni:
III. Dato un cateto b e l'angolo opposto β. - È risolto dalle relazioni:
IV. Dato un cateto b e l'angolo adiacente γ. - Si risolve mediante le relazioni:
V. Data l'ipotenusa a e un cateto b. - Si ha:
Volendo ricavare gli angoli per mezzo di una tangente, si ricorre alla formula:
5. Relazioni tra gli elementi di un triangolo qualsiasi. - Un triangolo piano è determinato, quando siano dati tre dei suoi elementi (i quali non siano i tre angoli); quindi, per la determinazione dei tre elementi incogniti, occorrono e bastano tre relazioni analitiche indipendenti che leghino gli elementi incogniti a quelli noti. Ma mentre non esistono relazioni algebriche tra i lati e gli angoli, ne esistono invece tra i lati e le funzioni circolari degli angoli stessi.
Per determinare queste relazioni, consideriamo un triangolo ABC di cui indichiamo con a, b, c le misure dei lati BC, CA, AB e con α, β, γ, gli angoli rispettivamente opposti.
Descritto il cerchio circoscritto al triangolo, consideriamo il diametro CD e congiungiamo B con D. Si ha allora BDC = α, sicché dal triangolo rettangolo BCD si ricava a = 2R sen α, ove R è il raggio del cerchio circoscritto. In modo analogo si ha b = 2R sen β, c = 2R sen γ, e quindi si hanno le formule:
che costituiscono il teorema del seno: i lati di un triangolo sono proporzionali ai seni degli angoli opposti, e il rapporto tra un lato e il seno dell'angolo opposto è uguale al diametro del cerchio circoscritto al triangolo.
Le formule trovate, insieme con la relazione:
sono teoricamente sufficienti per risolvere qualsiasi triangolo; ma da esse si possono dedurre relazioni più atte al calcolo.
Poiché si ha, insieme con le relazioni analoghe,
le (1) si trasformano immediatamente nelle
che dànno il cosiddetto secondo teorema dei seni.
Ancora dalle (i) e dalle precedenti si possono dedurre successivamente: il teorema delle proiezioni
il teorema del coseno, o di Carnot
e il teorema delle cotangenti.
Non tutte le formule ottenute sono calcolabili coi logaritmi e per potere ricorrere come di consueto, all'uso di questi, occorre trasformare ulteriormente le formule precedenti. Così, sostituendo nelle formule di bisezione
e analoghe, il valore del coseno dedotto dalle (5), e indicando con 2 p il perimetro del triangolo, si hanno le formule di Briggs:
dalle quali, mediante divisione termine a termine, si deducono le altre:
Sostituendo nelle relazioni:
e nelle analoghe, alle funzioni circolari delle metà degli angoli i valori dati dalle (7), si ottengono le formule di Mollweide o di Delambre:
dalle quali, mediante divisione membro a membro, si deducono le formule di Pitisco-Nepero:
Per la (2) uno degli angoli è determinato univocamente dati gli altri due: ciò accade anche se due angoli sono dati mediante una delle loro funzioni circolari, poiché tra le funzioni circolari degli angoli di un triangolo sussistono delle relazioni come le seguenti:
e analoghe, ottenute con sostituzioni circolari. Ricordiamo anche le relazioni notevoli:
6. Risoluzione di un triangolo qualsiasi. - I. Dati i tre lati a, b, c. I tre angoli incogniti si possono ottenere dal teorema del coseno (5); ma, volendo eseguire il calcolo coi logaritmi, si ricorre alle formule di Briggs (7) e preferibilmente a quelle che dànno gli angoli per tangente (8). Le condizioni di possibilità del triangolo sono:
II. Dati due lati a, b, e l'angolo compreso γ. Il lato c si può ottenere dalla terza delle (5) e gli angoli α e β dalle (6). Pel calcolo logaritmico si ricorre alle formule di Pitisco-Nepero, dalle quali si ha α − β, mentre dalla (2) si ricava α + β; onde poi, per somma e sottrazione, si hanno i due angoli incogniti. Il lato c è fornito dalle (i)
o dalle (7).
Con tale procedimento si risolve, ad es., il problema della determinazione della distanza di due punti accessibili, ma separati da un ostacolo, cui abbiamo accennato nella introduzione.
III. Dati un lato a e due angoli. Se gli angoli sono gli angoli β e γ adiacenti ad a, dalle (2) e (3) si ha subito:
Se gli angoli dati sono α e β, dalle (1), (2) e (3) si ricava:
Condizione di possibilità è che la somma dei due angoli dati sia minore di 180°.
Tale caso trova applicazione in numerosi problemi pratici come i seguenti: determinare la distanza di un punto B da un punto A visibile da B ma inaccessibile (problema fondamentale della triangolazione); determinare l'altezza della cima di un monte rispetto al piano orizzontale passante per un dato luogo da cui è visibile la cima; individuare la posizione della nave essendo in vista di un sol punto; stabilire la distanza della Luna dalla Terra; calcolare la distanza tra due punti A e B inaccessibili (problema di Snellius). Quest' ultimo si risolve come segue.
Misurata una base qualsiasi MN, dai cui estremi siano visibili A e B, si misurino gli angoli in M e N indicati in figura (fig. 6). Risolvendo i triangoli AMN e BMN, si hanno i lati AM e MB; quindi, ricorrendo al caso precedente, dal triangolo AMB si ricava la distanza AB.
IV. Dati due lati a, b e l'angolo opposto ad uno di essi. Sia a l'angolo dato. Allora dalle (i), (2) e (3) si ha:
Se b sen α > a, non si ha nessuna soluzione; se b sen α = a si ha una soluzione o nessuna, secondo che si ha anche α 〈 90° o α ≥ 90°; se b sen α 〈 a, si hanno per β due valori supplementari β′ e Β″, e allora si hanno due, una, o nessuna soluzione, secondo che le somme α + β′, α + β″ sono ambedue, o una sola, o nessuna minore di 180°.
7. Area del triangolo e raggi dei cerchi inscritti. - Condotta l'altezza h relativa al lato a, per le relazioni tra gli elementi di un triangolo rettangolo, l'area A del triangolo è espressa dalla relazione:
che, in forza delle formule di Briggs (7) e della
si trasforma nella formula di Erone
Indicando con R, r, ra, rb, rc, rispettivamente, i raggi del cerchio circoscritto, del cerchio inscritto e dei tre cerchi ex-inscritti a un triangolo, si hanno per l'area le espressioni:
avendosi
/subpar>
8. Risoluzione dei quadrangoli. - Già abbiamo visto che nel problema di Snellius (n. 6, III) si considera la distanza incognita come un lato di un quadrangolo, e per mezzo di successive risoluzioni di triangoli, si giunge a determinare il lato incognito. Anche per il calcolo dell'altezza di una montagna sopra un piano orizzontale si considera tale altezza come il lato di un quadrangolo avente un angolo retto: con la risoluzione dei triangoli si giunge a calcolare l'altezza desiderata.
A questo procedimento di scindere in modo opportuno un quadrangolo in triangoli si ricorre sempre per risolvere la questione generale: Dati degli elementi di un quadrangolo piano o sghembo, in numero sufficiente per individuarlo, calcolare gli altri elementi, ossia, risolvere il quadrangolo.
Un particolare problema sulla risoluzione dei quadrangoli è costituito dal problema di Snellius-Pothenot:
Conoscendo la posizione di tre punti non allineati A, B, C, determinare la posizione di un quarto punto X, complanare coi precedenti, mediante la misura degli angoli AXB, BXC. (fig. 7). Questo problema interessa non solo la topografia, ma anche la navigazione, quando si vuole stabilire la posizione della nave in vista di tre punti noti. Il problema, oltre a una soluzione analitica, ha anche una semplice soluzione strumentale.
Trigonometria sferica.
9. Dati sulla sfera tre punti A, B, C (fig. 8), non appartenenti allo stesso circolo massimo, si uniscano a due a due con gli archi di circolo massimo che segnano sulla sfera la loro minima distanza (cioè minori di un semicircolo): la porzione di superficie sferica racchiusa dai tre archi si chiama triangolo sferico ordinario, o euleriano, del quale gli archi AB = c, BC = a, CB = b sono i lati e gli angoli α, β, γ formati dagli archi in A, B, C sono gli angoli (v. triangolo).
Dalla definizione segue che ogni lato e ogni angolo di un triangolo ha un'ampiezza compresa tra 0° e 180°, estremi esclusi.
Ad ogni triangolo sferico si può far corrispondere un triedro avente il vertice nel centro della sfera e gli spigoli passanti per i vertici del triangolo (v. triedro): allora le misure delle facce del triedro sono uguali alle misure dei lati del triangolo e le misure dei diedri del triedro sono uguali a quelle degli angoli del triangolo. In corrispondenza alle proprietà del triedro si hanno le seguenti proprietà del triangolo sferico: un lato è minore della somma e maggiore della differenza degli altri due; la somma dei lati, misurati in gradi, non supera 360°; la somma degli angoli è compresa tra due retti e sei retti e la differenza
si chiama eccesso sferico del triangolo; ad angoli uguali si oppongono lati uguali e all'angolo maggiore si oppone il lato maggiore; a lati uguali stanno opposti angoli uguali e al lato maggiore si oppone il maggior angolo.
L'eccesso sferico trova una notevole applicazione nel teorema (B. Cavalieri): un triangolo sferico ha area uguale alla metà di quella di un fuso sferico della medesima sfera la cui sezione normale è uguale all'eccesso sferico del triangolo stesso.
Se un triangolo sferico ha un solo angolo retto, il triangolo si dice rettangolo e si estende ad esso la nomenclatura del triangolo rettangolo piano. In ogni triangolo rettangolo o non vi sono lati ottusi, o ve ne sono due e inoltre un cateto e l'angolo opposto sono ambedue acuti o ambedue ottusi.
Un triangolo sferico può avere due angoli retti (triangolo birettangolo) e allora il vertice del terzo angolo è il polo del lato opposto: questi sono misurati dallo stesso numero, mentre gli altri due lati sono di 90°.
Se un triangolo sferico ha tutti gli angoli retti (triangolo trirettangolo) ciascun vertice è il polo del lato opposto e ciascun lato è di 90°.
Dato un triangolo sferico ABC, il triedro polare, o supplementare, del triedro corrispondente al triangolo dato (v. triedro) determina sulla sfera un triangolo A′B′C′, che si dice triangolo supplementare, o polare, del triangolo dato. Dalle proprietà dei triedri polari si deduce che i lati del triangolo ABC sono supplementari degli angoli del triangolo A′B′C′ e che gli angoli di ABC sono supplementari dei lati del triangolo A′B′C′. Quindi da ogni relazione metrica tra i lati e gli angoli di ABC si può dedurre una nuova relazione nella quale i lati sono sostituiti dagli angoli corrispondenti e gli angoli dai lati.
10. Relazioni tra gli elementi di un triangolo sferico qualsiasi. - Non esistono equazioni algebriche che leghino tra loto i lati e gli angoli di un triangolo sferico, ma si possono invece stabilire delle relazioni algebriche tra le funzioni circolari dei lati e degli angoli. Poiché un triangolo sferico è determinato dati tre dei suoi elementi (anche tutti angoli), è evidente che, per il calcolo dei tre elementi incogniti, occorrono e bastano tre relazioni indipendenti tra le funzioni circolari degli elementi del triangolo.
Per determinare tali relazioni, conduciamo dal vertice A di un triangolo sferico le tangenti ai lati fino ad incontrare in M e N gli spigoli OB e OC del triedro corrispondente del triangolo (fig. 9). Dai triangoli piani OMN, MAN, pel teorema del coseno, si ha:
da cui, per il teorema di Pitagora, si ricava
e, per le relazioni tra gli elementi di un triangolo rettangolo piano, si ha la relazione:
Con sostituzioni circolari tra i lati e gli angoli, si hanno le formule
che costituiscono il teorema di Eulero, o del coseno, per i triangoli sferici.
Le (11) sono sufficienti teoricamente per determinare tre delle quantità a, b, c, α, β, γ, datene tre; ma da esse si possono dedurre formule più semplici, o più atte al calcolo.
Così da due delle (11), isolando i termini che contengono il coseno dell'angolo, quindi quadrando e sottraendo termine a termine, si giungc ad ottenere il teorema del seno:
Eliminando tra le coppie di formule (11) il coseno di un lato si ottiene il gruppo di formule:
che costituiscono il teorema delle proiezioni pei triangoli sferici.
Dividendo ambo i membri delle (13) pel seno del lato di cui compare il coseno nel primo membro e tenendo presenti le (12), si ottiene il teorema delle cotangenti:
Con la considerazione del triangolo polare le (11), (13), (14) si trasformano nelle formule:
e analoghe ottenute con sostituzioni circolari tra i lati e gli angoli.
Sostituendo nelle formule di bisezione il coseno degli angoli ricavati dalle (11) e ponendo a + b + c = 2p, si hanno le formule di Nepero-Borda:
da cui, dividendo membro a membro,
formula che, passando al triangolo polare e ponendo α + β + γ = 2 α, si trasformano nelle:
e analoghe, ottenute con sostituzioni circolari tra gli angoli e i lati.
Con procedimento simile a quello seguito in trigonometria piana, si stabiliscono le formule di Delambre:
e analoghe ottenute con sostituzioni circolari. Da queste, dividendo membro a membro, si hanno le analogie di Nepero:
e analoghe ottenute mediante sostituzioni circolari tra i lati e gli angoli.
11. Risoluzione dei triangoli sferici. - I. Dati i tre lati. - I tre angoli si hanno dalle (11), ma per il calcolo logaritmico si ricorre alle (15), o, meglio, alle (16).
Le condizioni di possibilità sono:
Tale caso trova frequente applicazione in astronomia e in navigazione, specialmente per risolvere il problema: osservata l'altezza di un astro di data declinazione e conoscendo la latitudine dell'osservatore calcolare la distanza zenitale e l'azimut dell'astro osservato.
II. Dati i tre angoli. - I tre lati si hanno dalle (11′), ma, per il calcolo logaritmico, si ricorre alle (15′), o alle (16′). Alle volte però si preferisce risolvere il triangolo polare. Condizioni di possibilità sono:
III. Dati due lati a, b e l'angolo compreso γ. - È il caso più interessante per le applicazioni, poiché in esso rientra la risoluzione di problemi notevoli come i seguenti: 1. Determinare la distanza per circolo massimo di due punti della terra di date coordinate; 2. Note le coordinate del punto di partenza e del punto di arrivo, determinare la rotta iniziale e il cammino che deve percorrere una nave che naviga per circolo massimo; 3. Conoscendo le coordinate orarie di un astro e la latitudine dell'osservatore, calcolare la distanza zenitale e l'azimut dell'astro.
Questo caso si risolve con le (18); ma quando, come accade in astronomia e in nautica, si voglia determinare solo il lato c e un angolo β, si preferisce ricorrere alla introduzione di un arco ausiliario usando le formule:
che, con la sostituzione
si rendono logaritmiche e assumono la forma:
IV. Dati due angoli α e β e il lato compreso c. - Si risolve con le formule (18), oppure si risolve il triangolo polare. Quando si voglia determinare l'altro angolo e un sol lato, si ricorre al procedimento indicato nel caso precedente.
V. Dati due lati a, b e l'angolo a opposto ad uno di essi. - È risolto dalle (11) e dalle (14), ma si preferisce ricorrere alle formule logaritmiche (12) e (18).
La condizione di possibilità è che i numeri a − b e α − β risultino ambedue positivi, o ambedue negativi; oppure che i numeri a + b e α + β risultino contemporaneamente maggiori, o minori di 180°; e inoltre, poiché dalle (12) si ha:
perché vi siano soluzioni, deve essere:
e, secondo le varie ipotesi che si possono fare sui dati, si deduce che si possono avere due, una, o nessuna soluzione.
Anche tale caso trova varie applicazioni, come per risolvere il problema: Osservata l'altezza di un astro di data declinazione e di noto angolo orario, determinare la latitudine dell'osservatore.
VI. Dati due angoli α e β e il lato a opposto ad uno di essi. - Gli elementi incogniti si possono ricavare dalle (11′) e dalle (14′), ma, per il calcolo logaritmico, si fa uso delle (12) e delle (18). Anche in questo caso si possono avere due, una, o nessuna soluzione.
12. Triangoli sferici rettangoli. - Il triangolo sferico ABC sia rettangolo in A (fig. 10); allora dalle formule (11), (11′), (12), (13), (14), (13′) facendo, in quelle che lo contengono, α uguale a 90°, si hanno le seguenti relazioni fra tre elementi di un triangolo sferico rettangolo:
che si soglionto enunciare:
I. Il coseno dell'ipotenusa è uguale al prodotto del coseno dei cateti, e al prodotto delle cotangenti degli angoli adiacenti;
II. Il seno di un cateto è uguale al prodotto del seno dell'ipotenusa per il seno dell'angolo opposto al cateto,
III. La tangente di un cateto è uguale al prodotto della tangente dell'ipotenusa per il coseno dell'angolo compreso, e al prodotto del seno dell'altro cateto per la tangente dell'angolo opposto al primo.
Tali relazioni si possono ricordare facilmente, usando la regola di Nepero. Se in un triangolo sferico si prescinde dall'angolo retto e se ai cateti si sostituiscono i loro complementi, il coseno di uno qualsiasi dei cinque elementi:
disposti circolarmentc nell'ordine indicato (figura 11), è uguale sia al prodotto delle cotangenti dei due elementi adiacenti, sia al prodotto dei seni dei due elementi opposti.
Si può ricorrere utilmente a tale regola per ottenere, in ciascuno dei sei casi, le relazioni necessarie per risolvere un triangolo rettangolo, dati due dei suoi elementi.
Sulla possibilità dei triangoli rettangoli, notiamo che, nel caso che siano dati i due angoli β e γ, deve essere:
nel caso che siano dati l'ipotenusa a e un cateto b, a deve essere compreso tra b e 180° − b; nel caso che sia dato un cateto b e l'angolo opposto β, l'angolo β deve essere compreso tra 90° e b, ed esistono allora sempre due soluzioni.
Nella determinazione numerica degli elementi incogniti di un triangolo rettangolo occorre tener sempre presente che devono essere soddisfatte le proprietà indicate in principio pei triangoli sferici rettangoli.
13. Estensioni della trigonometria sferica. - Alcune delle relazioni tra le funzioni circolari degli elementi di un triangolo ordinario dànno luogo ad ambiguità in quanto un elemento viene espresso in funzione degli altri mediante la funzione seno: ciò non accade se si considera il triangolo del Möbius, nel quale, stabilendo un verso sui circoli massimi, i lati e gli angoli sono compresi tra 0 e 2 π. Tre punti della sfera, di cui due non diametralmente opposti, dànno luogo a 16 triangoli del Möbius. Si possono allora stabilire delle relazioni tra le funzioni circolari dei lati e degli angoli analoghe a quelle ottenute pel triangolo ordinario; però alcune sono valide per tutti i triangoli (formule di 1a specie), altre (analoghe a quelle di Delambre, o dedotte da queste) non valgono per tutti i triangoli (formule di 2a specie) e precisamente per 8 dei 16 triangoli del Möbius hanno un termine col segno + e per gli altri 8 col segno −. Di qui una distinzione dei triangoli sferici in "propri" ed "mproprı". Però se aumentiamo un lato, o un angolo, di 2 k π, avviene, o no, lo scambio di segno nelle formule di 2a specie secondo che k è pari, o dispari: da ciò un'estensione del concetto del triangolo sferico del Möbius, in cui i lati e gli angoli di questo si considerano determinati a meno di un multiplo qualsiasi di 2 π (triangolo di Gauss-Study). Dagli otto tipi di triangoli proprî del Möbius nascono allora otto schiere di triangoli proprî di Gauss-Study, e otto schiere di triangoli improprî. Così pure dagli otto tipi di triangoli improprî del Möbius nascono, colla nuova concezione, otto schiere di triangoli improprî e otto schiere di triangoli proprî.
Tale estensione ha portato E. Study al seguente notevole risultato: l'insieme di tutti i triangoli proprî e l'insieme di tutti i triangoli improprî rappresentano, ciascuno a sé, un continuo, con che si intende affermare che è possibile trasformare due triangoli di ciascuno degl'insiemi l'uno nell'altro mediante deformazioni continue sulla sfera, ma è impossibile trasf0rmare un triangolo proprio in uno improprio, o viceversa.
A partire dai risultati precedenti, F. Klein è stato condotto a distinguere più concetti di triangolo sferico, assumendo come identici quei triangoli che hanno i lati e gli angoli congrui secondo i moduli 2 π, 4 π, 6 π, ..., 2 n π, e a costruire in corrispondenza delle trigonometrie di 1°, 2°, 3°, ... nmo grado.
Altra estensione è dovuta a H. A. Schwarz e allo stesso Klein, che considerano come triangolo sferico la porzione di superficie semplicemente connessa determinata nella sfera da tre piani: solo se i tre piani passano per il centro della sfera si ricade nella trigonometria ordinaria.
La trigonometria sferica ha avuto varie interpretazioni geometriche ed è stata posta in relazione con altri rami della matematica, come coi gruppi di sostituzioni, con le funzioni ellittiche (E. Study) e con la teoria degl'invarianti (K. Stephanos). Considerando poi le relazioni tra gli elementi di un triangolo sferico quali equazioni algebriche tra le funzioni trascendenti che vi compaiono, si sono ottenuti notevoli risultati che costituiscono la trigonometria algebrica (F. Klein).
Bibl.: Per notizie storiche, oltre alle storie generali della matematica, si veda A. von Braunmühl, Vorlesungen über Geschichte der Trigonometrie, voll. 2, Lipsia 1900-1903; J. Tropfke, Gesch. der Elementar-Math., V, Berlino 1923; per esposizioni della teoria, oltre ai numerosi trattati scolastici, tra i quali citiamo G. Pesci, Trattato elem. di trig. piana e sferica, Livorno 1921, rinviamo il lettore agli articoli di J. Sommer e di M. Zacharias, in Encycklopädie der math. Wissenschaften, III AB, 8 e 9, pp. 771 e 859 e all'art. A. Agostini, Le funzioni circolari e le funzioni iperboliche; trigonometria piana e sferica, in Enciclopedia delle matematiche elementari, II, Milano 1937.