TRILUSSA
. Pseudonimo anagrammatico del poeta romanesco Carlo Alberto Salustri, nato a Roma, dove vive, il 26 ottobre 1873: la madre, bolognese; il padre, d'Albano. Come Pascarella, anche Tr. disegna, nei ritagli di tempo; e si è illustrato due volumi: Cento favole, Cento apologhi. Cominciò a stampare qualche sonetto, sul Don Chisciotte e sul Messaggero, intorno al 1890. Le date principali delle sue prime pubblicazioni sono le seguenti: Quaranta sonetti romaneschi (1895); Altri sonetti (1898); Favole romanesche (1900); Caffè-concerto (1901); Er Serrajo (1903). A lato della produzione poetica, diede qualche racconto e novella, mai raccolti in volume.
Nella tradizione romanesca, il sonetto del Belli era stato ripreso dal Pascarella; che tosto, con forte disciplina letteraria, e nell'influsso carducciano, portò all'epica cotesta forma; e in Villa Gloria, nella Scoperta de l'America, ecc., adoperò il sonetto come una strofe. Il sonetto di Tr. non è trattato nello spirito del Belli, né in quello del primo Pascarella, col popolano che racconta e commenta. È semplicemente una cronaca satirica d'incidenti e minuzie della vita quotidiana, compromessi dell'interesse e della vita politica, ecc. Del resto, Tr. abbandonò assai presto il sonetto, quasi completamente, come forma meno congeniale. Il suo vero titolo è la creazione, intorno al 1907, d'un tipo di favola che, nella prima idea, avrebbe dovuto essere una sorta di parodia delle favole classiche, ma si sciolse subito in libere invenzioni, metricamente sempre più variate. Nel corso d'un trentennio la favola trilussiana (Ommini e bestie, 1908; Nove poesie, 1910; Le storie, 1915; Lupi e agnelli, 1919; Le cose, 1922; La gente, 1927; Libro N. 9, 1929, ecc.) è venuta continuamente condensandosi, e salendo di tono; al tempo stesso semplificandosi nel vocabolario e nella grafia; in modo da recare la forte impronta del dialetto, ma senza i realistici appesantimenti e le durezze del dialetto.
Nella sua Storia della letteratura italiana (1936), A. Momigliano considera il Tr. il poeta satirico del nostro tempo, "che ha seguito le vicende morali e politiche dell'Italia con favole in cui gli atteggiamenti epigrammatici turbano la sua naturalezza di raccontatore e di ritrattista, le sue movenze romanescamente apatiche, e la nobile - e talora lirica - malinconia di moralista e di descrittore". Della sua lingua osserva P. Pancrazi (Scrittori italiani del Novecento, 1934) che, invece di romanesco, "è piuttosto un gergo furfantino che per raggiungere una raillerie anche più pungente, scorcia il pensiero e l'immagine. Certo, piace com'è, tanto bene esso s'accorda a quel che ha da dire".
In parte ritoccata e riveduta, l'edizione definitiva fu cominciata a raccogliere dal Mondadori, Milano, intomo al 1919; ed è ora al quattordicesimo volume. Volumi di favole, tradotte in spagnolo, portoghese e romeno; favole sparse, tradotte in riviste francesi, inglesi e tedesche.
Bibl.: Oltre al Momigliano e al Pancrazi, cit., cfr.: F. Martini, Simpatie, n. ed., Milano 1926 (ristampato come prefaz. a Campionario, Roma 1931); G. A. Borgese, La vita e il libro, I, 2a ed., Bologna 1928; S. d'Amico, Tr., Roma 1925, e in Corriere della sera, 9 aprile 1927; E. Veo, I poeti romaneschi (con bibliografia), Roma 1927; P. Orano, Contemporanei, Milano 1930.