TRINIDAD E TOBAGO
(v. trinidad, XXXIV, p. 350; App. III, II, p. 983; trinidad e tobago, App. IV, III, p. 690)
Al censimento del 1990 la popolazione del piccolo stato insulare caribico risultava di 1.234.388 ab., circa 180.000 di più rispetto a dieci anni prima e quasi 300.000 di più rispetto al 1970. L'incremento medio annuo si aggira attorno all'1,5% ed è nettamente inferiore al saldo naturale a causa della persistenza di una non trascurabile emigrazione.
La crisi petrolifera dei decenni Settanta e Ottanta non poteva non incidere in modo pesantemente negativo su un paese la cui economia si fonda da tempo in assoluta prevalenza (per l'80-90%) sull'estrazione di idrocarburi, sulle industrie connesse con il petrolio e sull'esportazione di greggio e derivati. L'estrazione del petrolio (le cui riserve, fra l'altro, sono fortemente diminuite) è stata nel 1992 di sole 7.130.000 t. In netta ascesa, invece, è quella del gas naturale (7405 milioni di m3), che ormai dev'essere considerato la principale risorsa dello stato e che ha determinato una ridistribuzione delle attività produttive e la formazione di una grande area di sviluppo industriale a Point Lisas, sulla costa occidentale dell'isola di Trinidad (Golfo di Paria), circa 25 km a sud di Port of Spain. Le difficoltà dell'economia petrolifera hanno dato luogo a una netta diminuzione del prodotto interno lordo (peraltro in ripresa dall'inizio degli anni Novanta), con aggravamento del debito estero, forte aumento della disoccupazione (fin oltre il 20%), impoverimento generale del paese. Altre attività economiche, sulle quali si faceva assegnamento per una riconversione dell'economia, non riescono, o riescono solo in misura limitata, a sopperire alle perdite del settore petrolifero. La vecchia agricoltura ereditata dal passato coloniale ha continuato a declinare (la coltura principale, quella della canna, ha fornito nel 1994 una produzione di zucchero di appena 1.280.000 q); piuttosto, hanno assunto importanza coltivazioni intensive alimentari per il fabbisogno interno, localizzate nelle immediate vicinanze della capitale e degli altri centri maggiori. Neppure il turismo è decollato secondo le speranze (185.000 visitatori nel 1990).
Bibl.: The natural resources of Trinidad and Tobago, a cura di G.C. Cooper e P.R. Bacon, Londra 1981; G. Pollard, Oil in Trinidad, in Geography (Sheffield), 1984, pp. 72-75.
Storia. - Il predominio del People's National Movement (PNM), fondato nel 1956 e vincitore da allora di tutte le elezioni politiche, proseguì negli anni Settanta, favorito anche dal forte impulso che l'ascesa dei prezzi petroliferi imprimeva all'economia del paese. Il leader del PNM, E. Williams, mantenne ininterrottamente la direzione del governo dal 1956 al 1981, anno della sua morte, quando fu sostituito alla guida del partito e nella carica di primo ministro da G. Chambers.
Di orientamento moderato ed espressione dei ceti medi di origine africana, il PNM traeva la maggior parte dei consensi dalla popolazione nera, mentre la base sociale delle forze di opposizione era costituita soprattutto dalla popolazione di origine indiana, discendente dai lavoratori agricoli reclutati nel 19° secolo con il sistema delle indentures (contratti a lungo termine di tipo semiservile) per fare fronte alla crisi di manodopera seguita all'abolizione della schiavitù. Di poco superiore al 50% in termini di voti, la forza del PNM si traduceva in schiaccianti maggioranze parlamentari, grazie al sistema maggioritario uninominale, alle divisioni tra gli altri partiti e alla relativa sottorappresentazione della popolazione di origine indiana, prevalentemente concentrata nelle aree occidentali di Trinidad caratterizzate dalle grandi piantagioni. Nucleo principale dell'opposizione erano le forze d'ispirazione laburista: la totalità dei seggi di Trinidad non ottenuti dal PNM andava negli anni Sessanta al Democratic Labour Party (DLP), cui subentrò nel decennio successivo lo United Labour Front (ULF); per quanto riguarda l'isola di Tobago, caratterizzata da forti sentimenti autonomistici, i due seggi della Camera (su 36) ad essa spettanti furono conquistati, a partire dal 1976, dal Democratic Action Congress (DAC), che si assicurava anche la stragrande maggioranza dei seggi nell'assemblea elettiva locale istituita nel 1980.
Le elezioni del novembre 1981 riconfermarono l'egemonia del PNM, ma negli anni successivi il drastico peggioramento della situazione economica e la tendenza all'unificazione tra le principali forze di opposizione ne minarono per la prima volta le basi. La crisi internazionale degli anni Ottanta e in particolare la caduta dei prezzi degli idrocarburi colpirono pesantemente l'economia del paese che, dopo circa un trentennio di crescita relativamente sostenuta, precipitò in una grave depressione. Fra il 1980 e il 1991 il prodotto interno lordo diminuì in termini reali di oltre il 4% annuo, mentre la disoccupazione passava dal 10 al 20% circa delle forze di lavoro, e le politiche di austerità imposte dai creditori internazionali contribuivano a peggiorare le condizioni di vita della popolazione. Nelle elezioni del 1986 la caduta dei consensi per il PNM si tradusse in una clamorosa vittoria delle forze di opposizione che, riunitesi nella National Alliance for Reconstruction (NAR), conquistarono i due terzi dei voti e 33 seggi alla Camera. Il leader della NAR (già leader del DAC), A.N.R. Robinson, assunse la guida del governo.
Ben presto la prosecuzione della crisi economica e l'ulteriore inasprimento delle misure di austerità da parte di Robinson portarono a una spaccatura del partito, con la fuoriuscita della componente ex laburista: nel 1989 questa dava vita a una nuova forza di opposizione, lo United National Congress (UNC), presieduto da B. Panday, già leader dell'ULF. Alla crescita della tensione sociale fece riscontro nell'estate 1990 un tentativo insurrezionale promosso da un gruppo di musulmani neri (Jamaat al-Muslimeen), che il 27 luglio occuparono il palazzo del Parlamento, prendendo in ostaggio Robinson e numerosi altri ministri; dopo alcuni giorni di violenze e saccheggi, con decine di morti e centinaia di feriti, la crisi si concluse con la resa dei rivoltosi in cambio di un'amnistia, ma il governo ne uscì ulteriormente indebolito.
Nelle elezioni del dicembre 1991 la NAR conservò soltanto i due seggi di Tobago ereditati dal DAC (nel 1987 l'amministrazione Robinson aveva riconosciuto all'isola una maggiore autonomia): a Trinidad l'UNC otteneva 13 seggi, mentre il PNM, con il 45% dei voti, riconquistava la maggioranza parlamentare (i restanti 21 seggi) e la guida del governo. La nuova amministrazione, presieduta dal leader del PNM P. Manning (succeduto a Chambers nel 1987), ha proseguito le politiche di austerità e di ''aggiustamento strutturale'', promuovendo in particolare piani di privatizzazione e di ridimensionamento del settore pubblico che hanno suscitato ulteriori conflitti con le organizzazioni sindacali e l'opposizione laburista; alla persistenza della crisi economica si è anche accompagnata una crescita della criminalità e delle connesse tensioni sociali.
Bibl.: E. Gooding, The West Indies at the crossroads: the search for a viable future, Cambridge (Mass.) 1981; M. Anthony, Profile Trinidad: a historical survey from the discovery to 1900, Londra 1986; S.B. Macdonald, Trinidad and Tobago: Democracy and development, New York 1986; J.A. Braveboy-Wagner, The regional foreign policy of Trinidad and Tobago: historical and contemporary aspects, in Journal of interamerican studies and world affairs, autunno 1989. Per ulteriori indicazioni, v. america, Bibl.: America Centrale e Regione caribica, in questa Appendice.