TRIPOLITANIA (A. T., 113-114)
Regione dell'Africa settentrionale affacciata al Mediterraneo, che si stende da Ras Agedir el-Mugtaa in fondo alla Gran Sirte (presso le antiche Arae Philaenorum). Dopo l'occupazione italiana, il nome Tripolitania si usò (decr. 12 gennaio 1913) amministrativamente per indicare tutta la colonia italiana comprendente i territorî situati all'incirca fra l'undicesimo e il diciannovesimo meridiano e fra il Mare Mediterraneo e il 230 parallelo. In seguito alla suddivisione amministrativa dell'Africa settentrionale italiana (attuata con r. decr. del 3 dicembre 1934), non esiste più, dal punto di vista amministrativo, la colonia Tripolitania, poiché i due governi della Tripolitania e della Cirenaica sono stati riuniti nel governo unico della Libia, retto da un governatore generale residente a Tripoli. La Libia venne suddivisa in quattro commissariati generali provinciali, mutati poi, nell'aprile 1937, in provincie, aventi per capoluogo rispettivamente Tripoli, Misurata, Bengasi, Derna; il resto del paese forma il Territorio militare del Sud, con capoluogo Hun, nella Giofra.
Dalle due provincie di Tripoli e di Misurata, corrispondenti alla vecchia Tripolitania e così ancora chiamate in pratica nel loro insieme, è stata pertanto separata tutta la parte interna sahariana costituita dalle oasi della Giofra e Zella e dal Fezzan, mentre vi rimane inclusa la Sirtica occidentale che fa ora parte della provincia di Misurata.
Il nome Tripolitania, usato tradizionalmente dalle popolazioni della vasta regione, si applicò sempre solo al territorio compreso oggi dai due commissariati generali suddetti escludendo anche la regione sirtica; solo dopo l'occupazione italiana, la popolazione locale si è venuta abituando a considerare la Sirtica come appartenente alla Tripolitania. I confini tradizionali di questa regione, compresa la Sirtica, sono chiaramente stabiliti con tutti i paesi all'intorno, sia da accordi internazionali per i confini verso occidente, sia dal suddetto decreto regio per i confini amministrativi con gli altri territorî della Libia.
Verso N. i limiti sono dati dalla costa mediterranea dell'Africa da Ras Agedir ad O. (11° 30′ long. E.) alla località di el-Mugtaa (pochi primi a occidente del 19° meridiano) a E.
I limiti occidentali, con la Tunisia, sono dati dal confine regolarmente e definitivamente segnato sul terreno da Ras Agedir fino all'altezza di Gadames (accordo franco-turco del 1910). Con i territorî del Sud Algerino i limiti sono dati da un brevissimo tratto di confine già segnato sul terreno di fronte a Gadames e a S. di questa oasi (accordo franco-turco del 1910), e poi ancora per oltre 150 km. dal tracciato stabilito dall'accordo franco-italiano del 12 settembre 1919.
I limiti meridionali, col Fezzan e con la Giofra (Territorio militare del Sud libico) sono dati da un tracciato attraverso il Hamada el-Homra per un primo tratto e dallo spartiacque fra la Sirtica e le depressioni della Giofra e Zella in un secondo tratto (Gebel Uaddan).
I limiti orientali sono pressoché gli stessi di quelli fra le ex-colonie Tripolitania e Cirenaica, all'incirca sul 19° meridiano, e dividono ancor oggi in due parti la Sirtica, lasciando a occidente la zona di en-Nofilia e a oriente la zona di el-Agheila, ecc.
Secondo recenti calcoli, la Tripolitania entro i limiti suddetti ha una superficie di circa 299.000 kmq. di cui, amministrativamente, 203.000 si riferiscono al commissariato generale provinciale di Tripoli e 96.000 a quello di Misurata.
Storia della conoscenza. - La conoscenza del territorio della Tripolitania e del suo retroterra fu abbastanza ampia nell'antichità, specialmente durante la colonizzazione romana. Le indicazioni geografiche classiche rimasero però l'unico patrimonio di conoscenza della regione per tutto il Medioevo e per buona parte dell'evo moderno in quanto le descrizioni dei geografi arabi non furono molto estese. Tripoli, covo per secoli di pirati, non permise per molti secoli lo sviluppo di viaggi di esplorazione in territorî resi tra i più malsicuri di tutto il mondo conosciuto. Le esplorazioni sistematiche cominciarono infatti solo all'inizio del secolo XIX; fino allora non era stato possibile che racimolare nozioni imprecise e frammentarie, raccolte dalle descrizioni che facevano più o meno sinceri capi indigeni. Vi erano invece buone conoscenze riguardo la città di Tripoli, sia perché fu emporio e mercato di grande importanza per le merci provenienti dall'interno dell'Africa attraverso le grandi carovaniere (quindi attive relazioni commerciali specialmente con le repubbliche marinare di Genova e di Venezia), sia perché a causa dei soprusi della pirateria che aveva sede in questo porto, venne a più riprese visitata, occupata, distrutta dalle navi da guerra di varî stati europei (v. tripoli).
Nel sec. XVIII visitarono la Tripolitania alcuni esploratori inglesi e tedeschi, mentre missionarî italiani giungevano in zone molto interne. William Lucas, inglese, fece un viaggio da Tripoli a Misurata raccogliendo diverse informazioni sul paese. Negli ultimi anni dello stesso secolo la Tripolitania fu visitata anche da F. Hornemann (v.).
Poco dopo, nei primi anni del sec. XIX, si ebbero i viaggi e le relazioni degl'italiani Cervelli e Della Cella.
Durante il sec. XIX molti viaggiatori inglesi, francesi e tedeschi percorsero in vario senso la Tripolitania facendone punto di partenza per le loro imprese verso il Sudan, ecc. (v. H. Barth, H. Duveyrier, G. Nachtigal, G. Rohlfs, ecc.).
Nella seconda metà del sec. XIX molti viaggiatori italiani percorsero interessanti itinerarî, finché nel 1890 il Camperio ebbe il compito dell'esplorazione geografica ed economica. A questi seguirono il Corbetta, il Lazzaro, il Mandalari, il Rossi, il Giannini, il Ferrari, il Vinassa de Regny, il Tuminati, il Laganà, il De Martino, il Baldari, il Guicciardini, il Penne, il De Sandri, il Terreni, il Diotallevi, il Castellini, lo Stroppa, il Corradini, il Piazza, la missione Sanfilippo Sforza, ecc.
Dopo l'occupazione italiana, innumerevoli furono gli studiosi italiani e stranieri che arrecarono importanti contributi sia nel campo geografico sia in quello etnografico, linguistico e infine economico di tutta la regione, generalmente inviati da società di studio o di sfruttamento economico. L'impulso maggiore si ebbe però dopo il 1922, quando il nuovo indirizzo coloniale del governo italiano portò all'estensione del diretto e reale dominio su tutti i territorî coloniali, rendendo così possibile, facile e tranquillo il percorso di tutti gl'itinerarî.
Geologia. - Le nostre conoscenze geologiche sulla Tripolitania intesa in senso ampio (Fezzan incluso) non sono ancora complete, ma ormai ne conosciamo con sufficiente approssimazione le linee generali. È da tener presente che le condizioni geologiche del paese non possono venir comprese se non si esaminino anche le regioni interne e soprattutto il Fezzan; la presente esposizione pertanto riguarda tutta la regione libica occidentale.
La regione costiera è senza dubbio la meglio conosciuta dal punto di vista geologico, mentre sul Fezzan le ricerche sono ancora in corso. I terreni più antichi che affiorano in Tripolitania sono rappresentati da un complesso di scisti cristallini in cui sono inclusi ammassi e filoni, più o meno potenti, di rocce intrusive. Le rocce principali sono gneiss e graniti probabilmente associati con altri tipi non ancora identificati. L'età del sistema scistoso-cristallino risale all'Archeozoico mentre le rocce eruttive che l'attraversano sono probabilmente coeve o di poco posteriori ai movimenti ercinici.
Il sistema cristallino antico affiora nella parte meridionale del Fezzan, ma entra solo per brevi tratti entro il nostro confine politico.
Sopra il sistema Archeozoico, in quest'ultima regione giace una serie trasgressiva di arenarie quarzose biancastre prive di fossili ("arenarie inferiori dei Tassili") che vanno attribuite al Silurico inferiore e in parte fors'anche al Cambrico. Tale riferimento è giustificato dal fatto che le arenarie suddette sono coperte da una serie abbastanza potente di argille verdi con Graptoliti del Neosilurico e più precisamente dal Gotlandiano inferiore. Le "argille del Tanezzuft" sono ricchissime di fossili fra i quali prevalgono i Diplograptidi, e affìorano specialmente sul fondo dell'Uadi Tanezzuft, nel territorio di Gat, e sulla sua prosecuzione meridionale e settentrionale.
La serie argillosa è coperta da un complesso di arenarie quarzose bianco-brunastre stratificate ricche d'impronte problematiche, fra le quali prevalgono quelle di Harlania attribuite comunemente a un'alga. Le arenarie ad Harlania o "arenarie del Tadrart" rappresentano la parte più elevata del Neosilurico e forse anche la base del Devonico e costituiscono tutta la catena del Tadrart, ma ricompaiono anche sul Tibesti. Il Devonico marino è stato da tempo segnalato nel Fezzan. Esso è rappresentato da una serie prevalentemente arenaceo-quarzosa ("arenarie di Serdeles") nella quale sono contenuti qua e là nidi di fossili e specialmente brachiopodi appartenenti al genere Spirifer (Spirifer carinatus Schnur.). A queste arenarie marine, che compongono tutto il versante orientale del Tadrart e la base della scarpata meridionale del Hamada el-Homra fa seguito un'alternanza di marne e di arenarie contenenti in alcuni luoghi banchi più o meno potenti di calcari a Productus cora d'Orb., Spiriferidi e Crinoidi del Carbonico. Due di queste lenti assai estese compaiono lungo i margini orientali del Deserto di Taita e del Gebel ben Ghnema. Finalmente la serie paleozoica si chiude con un potente ed estesissimo livello arenaceo-quarzoso di origine continentale, conosciuto col nome improprio di "arenarie nubiche".
Tali arenarie, associate spesso con puddinghe, rappresentano in parte una facies continentale del Devonico e dell'Antracolitico e si spingono sino al Cretacico e forse più oltre ancora. Hanno fornito solo pochi fossili, d'età devonica, nella regione di Cufra e nei pressi di Uau el-Chebir.
Passando ora al Mesozoico, il livello più basso finora noto compare nella parte settentrionale della Tripolitania (dintorni di Azizia) ed è composto da calcari selciferi e oolitici con fossili riferiti al Trias medio. A questi fanno seguito arenarie quarzose, quarziti e calcari che rappresentano il Trias superiore. I calcari selciferi scuri che sormontano i precedenti, vengono attribuiti invece al Giura.
Molto più estesi sono i terreni del Cretacico che presentano caratteristiche serie lungo la scarpata del Gebel tripolitano. L'Infracretacico con facies lacustre è noto tuttavia solo presso Scesciuch, Chicla e Nalut, mentre il Sopracretacico è rappresentato da un complesso di marne e di calcari di vario tipo, spesso straordinariamente ricchi di fossili, che compongono gli altipiani settentrionali.
Il Cenozoico ha pure molta importanza nella costituzione geologica della Tripolitania. L'Eocene è presente con tutti i suoi principali livelli e costituisce una vastissima regione fra la Sirte e i dintorni di Uau.
Anche questo sistema è composto da alternanza di marne, argille più o meno gessifere e calcari ed è molto ricco di fossili. Fra questi, nel nord prevalgono le nummuliti, nel sud le ostree.
L'Oligocene ha una facies simile all'Eocene e in Sirtica compone un'ampia fascia a nord degli affioramenti eocenici.
Il Miocene è diffuso presso l'estremità orientale della Tripolitania e tutti i suoi principali livelli sono rappresentati nel complesso argilloso-arenaceo-calcareo eccezionalmente ricco di fossili che lo compone.
Particolarmente interessante è il Langhiano che presenta facies marine e lagunari: queste ultime hanno fornito numerosi resti di Vertebrati (fra cui Mastodonti) nei dintorni di Sahabi, nella Sirtica orientale. Il Miocene forma una fascia non molto larga lungo la regione costiera della Sirtica immergendosi sotto i depositi marini ed eolici del Quaternario.
Affioramenti abbastanza estesi esistono pure fra Homs e Misurata e si continuano verso ovest sotto il Quaternario della Gefara. Dell'esistenza del Pliocene non si ha per ora alcun indizio. Il Quaternario marino forma varî livelli con caratteristiche diverse, nella regione costiera, mentre a quello continentale sono da attribuire buona parte dei crostoni desertici, delle sabbie, dei terreni di sebca e delle ghiaie dei serir.
Le rocce effusive (basalti, basaniti, fonoliti) compongono piccoli affioramenti presso la fronte del Gebel tripolitano (fra Mizda e Garian e a sud di Tarhuna), mentre si distendono in vaste colate sul Gebel es-Soda e nella regione del Harug'.
In quest'ultima regione è conservata ancora perfettamente la morfologia degli apparati eruttivi. L'età delle eruzioni non risale al di là del Terziario, e le più recenti datano dal Quaternario superiore.
La tettonica è nel complesso assai semplice. Una serie di ondulazioni più o meno fagliate e parallele alla costa costituiscono il Gebel tripolino. Faglie recenti in parte parallele, in parte perpendicolari alla costa esistono in tutta la parte settentrionale della colonia. Tracce di corrugamenti più antichi (ercinici) si notano nei dintorni di Uau el-Chebir e probabilmente a quello huroniano è da riferirsi la piegatura del sistema scistoso-cristallino del Sud. Tracce di movimenti recenti del suolo, sia negativi sia positivi, sono riconoscibili lungo la costa, mentre i moti sismici d'origine tettonica, che di tanto in tanto si manifestano nella parte settentrionale della colonia, sono un indice che l'assestamento tettonico non è ancora del tutto esaurito.
Rilievo. - La Tripolitania, come tutte le altre regioni dell'Africa settentrionale, eccetto l'Atlante, ha una struttura geologica molto regolare e orizzontale, in modo che tutto il territorio viene ad essere costituito da pianure e da vasti altipiani. Questi ultimi occupano una superficie preponderante rispetto alle pianure, limitate ad alcune zone costiere. Ma a causa del clima e della vegetazione, l'aspetto di varie parti della regione presenta differenti caratteristiche, tanto che si possono distinguere nella Tripolitania sei zone diverse: Gefara, Gebel, Misuratino, Gadamesino, Ghibla, Sirtica.
La più estesa pianura della Tripolitania è la Gefara, ampia zona che si stende fra il Mare Mediterraneo e il ciglione dell'altipiano. Essa degrada leggermente verso il mare e ha una forma assai simile a un mezzo cerchio il cui diametro è costituito dalla costa. I limiti sono dati da Gabes a occidente e da Fonduch en Naggaza, presso Ras el-Msen, a oriente. La superficie complessiva di tale zona si aggira sui 37.000 kmq., però solo la metà (circa 18.000 kmq.) fa parte della Tripolitania, l'altra metà appartiene alla Tunisia (Gefara tunisina). La parte orientale o Gefara tripolina, dal nome del più importante centro abitato della costa, viene così ad assumere una forma triangolare. Questo territorio, per le diverse caratteristiche antropogeografiche, si distingue in Gefara costiera, Gefara centrale e Gefara pedemontana.
La Gefara costiera comprende una fascia di territorio parallela al mare, della larghezza media di una diecina di km. La costa è rettilinea e pianeggiante, senza articolazioni e completamente priva d'insenature naturali di una certa importanza. Una modesta spiaggia e dietro di essa un basso e stretto rilievo (massimo 28 m.s.m.) dividono dal mare il resto del territorio dove si trova una serie di piccole conche, coperte nella loro parte più bassa da sebche. Intorno a queste e in genere lungo tutta la fascia costiera vi sono numerosi palmeti. Poiché la falda freatica superficiale è tanto abbondante da affiorare, i palmeti sono fiorentissimi e molto estesi (oasi di Tripoli: 70 kmq.), la popolazione è molto densa e le colture numerosissime e redditizie.
A sud della corona di oasi, il territorio, completamente steppico, si va leggermente elevando; già a 15 km. dalla costa tocca i 50 m. di altezza. Di qui comincia la Gefara centrale che raggiunge in alcuni punti oltre ottanta km. di larghezza, innalzandosi leggermente da N. verso S. da 50 a circa 200 m. Essa è leggermente ondulata, specialmente dove gli uidian che scendono dal Gebel riescono ad aprirsi un letto fino ad essa. La vegetazione steppica, tanto abbondante specialmente nel periodo invernale, è sfruttata dagl'indigeni per il pascolo. In tutto il vasto territorio non vi è alcuna oasi e mancavano insediamenti umani prima dell'occupazione italiana; infatti la falda freatica, pur essendo abbondantissima, si trova a troppa profondità per permettere all'indigeno di estrarre con mezzi economici l'acqua sufficiente per irrigare zone abbastanza ampie da coltivarsi intensivamente. Vi sono invece profondi pozzi che servono per abbeverata. Tale territorio, dopo l'occupazione italiana, fu ritenuto il più adatto alla colonizzazione di tipo europeo; vennero così colonizzati specialmente i tratti di territorio della Gefara centrale più vicini a Tripoli e in genere quelli più orientali che hanno il beneficio di maggiori precipitazioni medie annuali.
A S. della fascia centrale, si ha la Gefara pedemontana o pregebelica. La sua larghezza varia da 5 a 25 km. e l'altezza va dai 200 ai 380 m. s. m., al margine delle pareti talora ripidissime del Gebel. È attraversata da S. a N. da innumerevoli uidian provenienti dallo spartiacque dell'altipiano, uidian che avendo bacini molto ristretti non riescono a incidere un lungo solco torrentizio e finiscono ben presto in grandi conoidi. Solo quando le precipitazioni sull'altipiano sono molto abbondanti si ha il completo riempimento dei letti di tali torrenti, mentre all'estremità delle conoidi si formano laghetti di breve durata. L'acqua qui viene ben presto assorbita e va per via sotterranea ad alimentare la ricca falda freatica della Gefara steppica e costiera.
Qua e là vi sono copiose sorgenti che permettono la coltura intensiva di minuscole estensioni di territorio e la creazione di piccole oasi di palme, con relativo villaggio abitato stabilmente. Tali centri hanno importanza logistica quali punti di appoggio di tutte le comunicazioni fra la costa e il Gebel e quali piccoli mercati di rifornimento per le popolazioni nomadi del resto della Gefara.
L'altipiano sorge improvviso con una ripida scarpata sulla pianura della Gefara, mentre va declinando molto dolcemente verso l'interno, fino all'incontro con le propaggini settentrionali del Hamada el-Homra; verso oriente e occidente degrada più rapidamente, inciso talvolta da profondi e lunghi uidian, sia verso il Golfo della Gran Sirte sia verso il vasto bacino sabbioso costituito dal grande erg orientale del Sud algerino.
L'altipiano si estende su tutta la parte centrale della Tripolitania e su parte della Tunisia meridionale, con minore estensione e altitudine.
La parte tripolitana dell'altipiano fa parte di tre zone distinte, il Gebel, la Ghibla e la zona delle oasi interne occidentali (Gadamesino). La zona del Gebel è l'unica che si trova completamente sulla parte più alta dell'altipiano, le altre ne includono nel loro territorio solo una parte.
Poiché su tutto questo tratto di territorio si hanno precipitazioni molto superiori che nelle parti vicine e nello stesso tempo si ha un clima molto migliore, la zona è densamente popolata e coltivata, l'insediamento umano è numeroso, distribuito in piccoli centri compatti (Nalut, Giado, Iefren, Garian, el-Gusbat, ecc.).
Il Misuratino (costa orientale della Tripolitania settentrionale), che è limitato a N. e ad E. dal Mediterraneo, a O. e a S. dalle zone del Gebel e della Ghibla, comprende un territorio in parte piano, in parte collinare. Lungo la costa, specialmente fra Zliten e Misurata, si hanno gruppi di dune costiere che raggiungono talvolta altezze rilevanti (anche 50 m.). Dietro alla zona di dune vi sono tratti pianeggianti ove per l'abbondanza della falda freatica si sono formati tre gruppi di oasi assai importanti, con estesi palmeti. Per questa parte il Misuratino corrisponde alla Gefara marittima. Il territorio a S. delle oasi si va innalzando, molto più rapidamente che nella Gefara, specialmente a occidente in cui la pianura viene ridotta a una sottile striscia costiera che termina a Homs.
Il territorio delle oasi occidentali interne o Gadamesino comprende la zona più orientale e meridionale dell'altipiano, ai confini con la Tunisia e con il Sud Algerino. Tutto il territorio è di pertinenza dei Gadamesini ed è tutto improntato dal loro tipico ambiente. Solo il tratto settentrionale, quello di Sinauen, ha un carattere di transizione fra quello del Gebel e quello sahariano di Gadames.
In una fossa abbastanza ampia del territorio si è formata la più vasta e lussureggiante oasi della zona, Gadames, alimentata dall'acqua di un'abbondantissima sorgente. Nel loro complesso le oasi del Gadamesino si dividono in tre gruppi: quelle di Sinauen, quelle di Derg e quelle di Gadames.
La zona della Ghibla comprende i bacini di tre grandi uidian che confluiscono nella sebca di Tauorga: l'uadi Sofeggin, l'uadi Zemzem e l'uadi Bei el-Chebir. Essi scendono verso oriente dalla parte più alta dell'altipiano tripolitano e dal ciglione settentrionale del Hamada el-Homra. Il territorio della Ghibla va leggermente declinando verso oriente così da permettere ai tre corsi suddetti di incidere profondamente il territorio. Da N. verso S. la vegetazione diminuisce fino a scomparire; solo in fondo agli uidian si mantengono abbondanti pascoli che sono l'unica risorsa della popolazione nomade della zona. I villaggi stabili sono rarissimi, più che villaggi sono luoghi di ritrovo e di mercato per i nomadi.
La Sirtica è una vasta regione che fa parte della Tripolitania e della Cirenaica. Ha una superficie, per la parte che spetta alla Tripolitania, di circa 70.000 kmq. e consiste in un territorio leggermente ondulato a occidente, piatto a oriente, che si eleva man mano verso S. fino a raggiungere in direzione della depressione della Giofra, cioè a SO., un'altezza di oltre 600 m. s. m.
Il suolo è coperto di un'abbondante vegetazione steppica che s'infittisce sul fondo delle ondulazioni derivanti da un'idrografia poco profonda; verso S. la vegetazione diminuisce progressivamente d'intensità fino a scomparire del tutto verso la Giofra e verso Zella. Il suolo diventa assai aspro e assume in taluni punti, per la degradazione dell'altipiano, l'aspetto di vera hamada (deserto pietroso).
Dietro a un cordone litorale di dune si ha nella Sirtica un avvallamento pianeggiante ove spesso si formano sebche e dove si trova una discreta falda freatica che viene in alcuni punti utilizzata per l'irrigazione di piccoli gruppi di giardini indigeni.
La popolazione, molto rada, è nell'assoluta maggioranza dedita alla pastorizia che viene esercitata in tutta la parte centrale del paese, fra la fascia costiera suddetta e la parte desertica retrostante.
Coste. - Lo sviluppo costiero della Tripolitania entro i limiti già indicati è di circa 900 km.
La sezione occidentale da Ras Agedir, al confine con la Tunisia, fino al piccolo porto di Misurata Marina segue un andamento curvilineo, ma nel complesso con direzione generale ONO.-ENE. Questa sezione, lunga in tutto circa 400 km. si divide in tre tratti.
Nel primo, Ras Agedir-Tripoli, la costa forma un breve arco volto verso S. con litorale basso e uniforme e spiaggia con leggieri rilievi verso terra. Pochi chilometri a oriente di Ras Agedir una vasta insenatura si protende verso ESE., profonda una diecina di km.; una piccola rada presso Zuara (Zuara Marina) permette un malagevole approdo; a Sabratha Vulpia vi sono ancora i resti di un piccolo porto romano. A Ras ez-Zur (Tripoli) una scogliera, che si protende verso il mare con direzione NE., forma un piccolo porto naturale; questo, opportunamente adattato con grandiosi lavori, costituisce oggi il grande, profondo e sicuro porto di Tripoli.
Il secondo tratto Tripoli-Ras el-Msen è costituito da una costa ondulata con due leggiere insenature lungo le quali il terreno si va man mano elevando verso oriente fino a cadere sul mare per parecchie diecine di metri. Il tratto è assolutamente importuoso sebbene diversi uidian quasi sempre asciutti raggiungano il mare in diversi punti.
Il terzo tratto da Ras el-Msen al piccolo porto di Misurata Marina ritorna ad avere in gran parte litorale basso, uniforme e spesso sabbioso, con leggiere rientranze e sporgenze. Fra Zliten e Misurata però raggiungono il mare grandi dune sabbiose che hanno altezze rilevanti. Un piccolo porto è stato costruito in una rada pochi chilometri a oriente di Ras el-Msen (Porto di Homs), un ancoraggio a Zliten Marina e un altro porticciolo, in gran parte invaso dalle alghe, nella rada formata da Ras el-Borg (porto di Misurata Marina). L'antico porto di Leptis Magna è assolutamente inutilizzabile.
La sezione orientale da Ras el-Borg a el-Mugtaa nella Sirtica limita a occidente e a mezzogiorno il Golfo della Gran Sirte, e ha una lunghezza di circa 490 km. La costa fa una grande rientranza che culmina a Buerat el-Hsun, mentre nel suo complesso segue un andamento NO.-SE. Per tutta la lunghezza il litorale è basso e uniforme, quasi sempre con una più o meno larga spiaggia su cui si accumulano per lo spessore di parecchi metri e per la lunghezza di diecine e diecine di chilometri grandi ammassi di alghe marine brunastre.
Rarissimi sono i punti che permettono un ancoraggio; con qualche lavoro di adattamento di pontili per piccole imbarcazioni è possibile lo sbarco a Buerat el-Hsun e a Sirte.
Clima. - Dal punto di vista del clima, la Tripolitania può essere distinta in cinque zone: zona marittima, zona steppica, zona degli altipiani, predesertica e desertica.
La zona marittima (la costa) ha caratteristiche del tutto simili alla Sicilia e all'Italia meridionale sia per la temperatura sia per la piovosità, con predominio in tutto l'anno dei venti dei quadranti settentrionali. La zona steppica (gefara) si differenzia dalla zona marittima per avere medie temperature annue e stagionali più elevate, precipitazioni inferiori, predominio dei venti settentrionali d'inverno e meridionali d'estate. La zona degli altipiani, pur trovandosi più a sud della zona steppica, ha carattere intermedio fra quello marittimo e quello steppico. La zona predesertica ha caratteri simili a quella steppica, ma con prevalenza dei venti meridionali e orientali, piogge più scarse e umidità inferiore. La zona desertica ha temperature medie annue molto più elevate che nelle precedenti, con forti escursioni diurne, specialmente d'estate e d'inverno e predominio assoluto dei venti provenienti da S. e da E.
Sulla costa della Tripolitania si ha una temperatura media annua di circa 20° e così pure in una parte del Gebel. Per il resto la media annua sale rapidamente man mano che si va verso l'interno fino a raggiungere la media di circa 24° nella sua parte meridionale. Le isoterme di gennaio e quelle di luglio si differenziano sempre più fra loro man mano che si va verso l'interno. Tripoli e Gadames hanno in gennaio la stessa temperatura di circa 12° (Mizda 13°) mentre in luglio Tripoli ha 26° di temperatura media, Mizda ne ha 32 e Gadames 34.
Le precipitazioni annue hanno valori molto bassi: i massimi si aggirano sui 400 mm. Tali valori sono poi ristretti a tre piccole zone della costa e del Gebel (Tripoli, Homs-Msellata, Garian); poche diecine di km. all'interno si scende subito a medie che si aggirano sui 200 mm. (escluso, come si è detto, il Gebel), per scendere a meno di cinquanta millimetri annui a 150 km. dalla costa. Nella Sirtica si hanno precipitazioni che si aggirano sui 150-200 millimetri solo lungo la costa.
Più interessanti ancora sono altri caratteri delle precipitazioni atmosferiche: il periodo piovoso è limitato al massimo a un semestre (ottobre-marzo), spesso ridotto a un quadrimestre e in anni eccezionali anche a un trimestre o anche ad un solo bimestre. Vi è un'estrema irregolarità dei quantitativi pluviometrici fra mese e mese e anno e anno, infine c'è uno stretto collegamento fra le precipitazioni e lo spirare dei venti del quarto quadrante.
I venti predominanti sulla fascia costiera sono quelli del nord, in tutte le stagioni. Nella Gefara interna la direzione predominante è incerta. Sul Gebel, d'inverno, predominano i venti occidentali mentre nelle altre stagioni variano spesso, provenendo in gran parte da S. Nella zona desertica infine provengono (es., Gadames) generalmente da oriente e da mezzogiorno. Fra i venti caratteristici dell'Africa settentrionale è assai conosciuto il ghibli, vento proveniente da S., che dura qualche giorno e porta con sé un caldo soffocante. Esso solleva nelle zone desertiche e predesertiche una impalpabile polvere che tinge il cielo di un colore rosso mattone.
Acque continentali. - La circolazione delle acque superficiali ha un'importanza quasi trascurabile in Tripolitania, in diretta dipendenza della tenuità dell'apporto delle precipitazioni atmosferiche e della costituzione geologica del suolo. Oltre ad avere carattere torrentizio nessun fiume ha corso perenne, sebbene le valli talvolta siano amplissime e profonde. Con tutto ciò talvolta, specialmente nella Tripolitania settentrionale (Gefara, Misuratino e Gebel), si hanno piene tali da porre in pericolo gl'insediamenti umani, che si trovano lungo i corsi degli uidian (es., Uadi Megenin a Tripoli).
Buona parte della Tripolitania, a differenza delle altre regioni della Libia è tributaria delle sue acque al Mediterraneo, naturalmente comprendendo la gran parte degli uidian che pur non raggiungendo il mare finiscono però in sebche oppure si perdono nelle pianure presso il mare. Una sola zona interna della Tripolitania non è tributaria del Mediterraneo, ed è la regione delle oasi interne occidentali o Gadamesino, che fa parte del bacino sud-algerino.
Lo spartiacque del Mediterraneo coincide con quello del Gebet dal confine con la Tunisia fino all'altezza del 12° parallelo, e per questo tratto ha un andamento OE.; poi si svolge verso sud identificandosi con lo spartiacque molto confuso fra la Ghibla e la zona areica occidentale del Gadamesino, quindi è costituita dallo spartiacque del Hamada el-Homra (nella sua parte orientale) e si spinge molto a sud, probabilmente fino al 28°-29° parallelo, per poi volgersi a NE. passando nello spartiacque sirtico (29°-30° parallelo) fino al confine con la Cirenaica.
I principali uidian della Tripolitania sono indubbiamente quelli della Ghibla, che consistono nei tre grandi collettori Sofeggin, Zemzem, Bei el-Chebir e in un'infinità di uidian affluenti.
L'uadi Sofeggin è il più settentrionale e il più lungo dei tre e quindi anche il più importante. È l'unico che ha inizio dallo spartiacque del Gebel, il suo corso forma un grande arco fino a giungere alla sebca di Tauorga, ove finisce proprio presso l'oasi omonima. La lunghezza totale è di circa 370 km.; per oltre 150 km., cioè per tutta la sua parte centrale, è larghissimo (talvolta anche parecchi chilometri) e profondamente inciso, tanto da formare un solco con pareti alte spesso oltre i 30 e anche i 50 metri.
Pochi sono gli uidian tributarî di destra di una certa importanza; solo è degno di essere ricordato, per il suo fondo ricchissimo di pascoli, l'uadi Marsic, breve (circa 70 km.) ma molto largo e profondamente inciso. Molti e importanti sono invece gli uidian tributarî di sinistra; fra i più importanti, da monte a valle, va ricordato l'uadi Tfalga (cirea 100 chilometri) ricco di acqua sotto il suo fondo torrentizio; quindi gli uidian Gargiuma e Gobin (km. 130 circa) nel cui fondo abbondano il pascolo e varie colture fra le quali principale quella arborea degli ulivi (Beni Ulid, Ulad Bu Ras, ecc.), poi ancora gli uidian Tmalsa Merdum (km. 150 circa) e infine gli uidian Minum-Darragh (km. 100).
Mizda e Scemech sono i due soli insediamenti umani stabili lungo il corso dell'uadi Sofeggin; Beni Ulid, sul Gargiuma-Gobin, suo affluente, può a diritto chiamarsi la capitale della Ghibla e della sua popolazione nomade e seminomade, essendo oggi, se non altro, il centro abitato stabile più popoloso. Sedada e Bir Tarsin sono altri due centri abitati stabilmente su due altri affluenti. Il bacino dell'uadi ha grande importanza per le numerose e ricche zone di pascolo.
L'uadi Zemzem è quello centrale fra i due grandi collettori della Ghibla. Ha inizio dalle ultime propaggini nord-orientali del Hamada el-Homra, quindi corre parallelo al Sofeggin, formando anch'esso un grande arco e termina nella sebca di Tauorga. È più breve del Sofeggin, circa 300 km. in tutto, e a differenza di esso ha importanti affluenti nel versante meridionale anziché in quello settentrionale. L'uadi ha le stesse caratteristiche del Sofeggin: letto molto inciso e larghissimo, specialmente lungo la parte più alta del suo percorso che corrisponde alla parte media del Sofeggin. Da monte a valle gli uidian tributarî meridionali più importanti sono l'uadi et-Tobga con il villaggio omonimo, l'uadi Tabunis (km. 100) con i villaggi di Tabunia e Gheria el-Garbia; l'uadi Zettar con il villaggio di Gheria esc-Scerghia; l'uadi Ghirza (km. 120) che all'incontro con lo Zemzem forma un bacino assai ricco di vegetazione spontanea. Un tempo tale località doveva avere una certa importanza specialmente quale mercato, presidiato stabilmente dai Romani.
Il bacino dello Zemzem si trova già, essendo a sud del Sofeggin, tutto in zona di vegetazione a carattere predesertico e desertico; tuttavia, poiché il ciglione del Hamada è molto alto, il fondo degli uidian è ricco di pascolo; inoltre per la presenza di alcune sorgenti si sono formate delle piccolissime oasi.
Il più meridionale dei tre uidian è l'uadi Bei el-Chebir che ha inizio molto addentro nel margine orientale del Hamada el-Homra e raccoglie gran parte delle precipitazioni di questo versante dell'altipiano convogliandole sotto il suo alveo verso il Golfo della Gran Sirte. Non termina, come i precedenti, direttamente nella sebca di Tauorga, ma in un gruppo di piccole sebche a SE. a poca distanza da essa. Il corso dell'uadi (circa 300 km.) ha la forma di un grande arco rovesciato, parallelo agli altri due uidian solo nell'ultima parte del corso. All'uscita del gradino del Hamada v'è l'importante località di esc-Sciueref. Meno inciso degli altri due, il Bei el-Chebir non ha affluenti di sinistra, mentre ne ha di lunghi a destra, l'uadi Ruaus, il Nema e il Bei el-Chaib. Tutti e tre raggiungono il Chebir nello stesso punto provocando un vasto allargamento con abbondante vegetazione e il formarsi di una piccola oasi, Bu Ngem. Il bacino dell'uadi Bei el-Chebir si trova in una zona quasi completamente desertica; fuori dell'impluvio degli uidian la vegetazione è pressoché nulla.
Uidian dello stesso tipo, ma di assai minore importanza si hanno nel Gadamesino, fra essi il principale è l'uadi Tenarut, che ha inizio allo spartiacque del Hanada el-Homra, e con un lungo corso, nel cui fondo abbonda l'acqua, scende verso il bacino dell'erg sud-algerino. Nella sua parte terminale si trovano allineate diverse oasi (Matres, Derg, Tgutta, Tfelfelt). La vegetazione del fondo è ben inferiore però a quella degli uidian della Ghibla.
Di minore importanza quanto a lunghezza e ampiezza di fondo e di bacino sono gli uidian che scendono direttamente verso il Mediterraneo attraverso la Gefara e attraverso il Misuratino.
Il corso più importante fra questi che raggiunge la costa, è l'uadi Megenin che con le sue improvvise piene mise in passato talvolta in pericolo i sobborghi di Tripoli. Anche l'uadi el-Hira, l'uadi el-Ramla, ecc., hanno un corso abbastanza lungo. Nella parte occidentale della Gefara raramente gli uidian riescono ad aprirsi una strada attraverso la steppa di questa zona.
Nel Misuratino vi sono corsi di uidian più brevi che nella Gefara, ma con maggiore quantità di acqua; qualcuno è addirittura perenne per almeno qualche tratto del corso (uadi Caam).
In Tripolitania non vi sono laghi, ma vi sono invece molte sebche di varia ampiezza, con acqua salmastra talvolta in grande quantità.
Una grande sebca (vera laguna costiera di estensione molto rilevante) si trova sul litorale occidentale della Gran Sirte, fra il Misuratino, la Ghibla e la Sirtica. Questa laguna, una delle più vaste di tutta l'Africa settentrionale, prende il nome dalla principale oasi e dall'abitato che si trova nella sua parte settentrionale, Tauorga. Essa ha una lunghezza di circa 100 km. e una larghezza che varia fra i 15 e i 30 km. Alimentata dalle pre-ipitazioni atmosferiche e dall'apporto abbastanza considerevole, sebbene subalveo, dei tre grandi uidian Sofeggin, Zemzem e Bei el-Chebir, d'inverno durante il periodo delle piogge è invasa dalle acque per buona parte. D'estate invece si prosciuga quasi completamente presentando grandi estensioni di fanghiglie gecche e screpolate. Fra la laguna e il mare vi è una sottilissima striscia di territorio bassa e sabbiosa che talvolta viene interrotta (quando il livello dell'acqua nella sebca aumenta a dismisura) e la laguna si scarica quindi direttamente al mare.
Sebche molto più piccole si trovano sia lungo il litorale della Gefara sia in quello della Sirtica, sia infine sulla parte interna dell'altipiano dove essendovi ampie conche chiuse da ogni lato, le acque nella stagione piovosa si accumulano in piccoli pantani più o meno estesi.
Nel complesso quindi l'acqua che circola alla superficie in Tripolitania è limitata ai pochi uidian fra il Gebel e il Misuratino e alle sorgenti più o meno numerose che dànno talvolta origine a qualche cascatella. Per la valorizzazione agricola tali risorse hanno importanza del tutto trascurabile; viene invece utilizzata abbondantemente la falda freatica superficiale e quella più o meno profonda.
Vegetazione e flora. - Risentono profondamente dell'aridità del clima: la vegetazione perciò non può essere fitta, anche perché il territorio è in gran parte desertico e si distingue in hamada (deserto roccioso), serir (deserto sassoso) e edeien (deserto di dune). Nei luoghi depressi, dove affiorano le acque, si costituiscono le oasi e si sviluppa una certa vegetazione.
In vicinanza della costa però, per la maggior quantità di precipitazioni atmosferiche, per l'umidità dell'ambiente e per l'abbondanza delle acque del sottosuolo, il rivestimento vegetale aumenta e si ha un territorio a steppa con cespugli e qualche rarissimo albero d'alto fusto. La zona costiera costituisce il margine meridionale della vasta regione mediterranea e presenta grandi affinità di flora con le regioni vicine e specialmente con l'Italia meridionale e la Sicilia. Però le forme endemiche sono in piccolissimo numero.
L'elemento nettamente africano che predomina è la palma da datteri che dà al paesaggio una fisionomia caratteristica e costituisce l'unico elemento forestale tripolitano nella costituzione delle oasi. In gran parte del territorio della Tripolitania predomina la steppa con vegetazione xerofila costituita da Asphodelus microcarpus, Urginea scilla, Artemisia variabilis, Thymelaea, Imperata cylindrica, Retama retam, Aristida pungens, Pituranthos tortuosus, Artemisia herba alba, Calycotome intermedia, Anthyllis Henoniana; abbondantissima è la Stipa tenacissima che fornisce lo sparto, mentre è assai meno frequente il Lygeum spartum. La maggiore o minore abbondanza di alcune di queste piante determina nella steppa un diverso aspetto: per diversi gradi di transizione si passa da un lato alla steppa alofila, dall'altro alle formazioni desertiche.
La steppa alofila, si sviluppa nei terreni salmastri e salati, intorno alle sebche e alle mellahe e in essa crescono Salsola tetragona, Haloxylon Schmittianum e articulatum, Nitraria tridentata, Limoniastrum Guyonianum e monopetalum, Traganum nudatum, Suaeda fruticosa, varie specie di Frankenia.
Nei terreni coltivati a cereali e sottoposti a un periodo più o meno lungo di riposo vi è una più densa vegetazione fatta d'erbe annuali con qualche specie dominante: papaveri, Matthiola, Adonis microcarpus, Chrysanthemum coronarium, Calendula Aegyptiaca, Anthemis glareola, Medicago, ecc.: invece sull'altipiano a confine della zona marittima nei campicelli d'orzo a riposo si sviluppa una ricca vegetazione d'Artemisia herba alba con elementi desertici come: Marrubium deserti, Notoceras canariensis, Cladanthus arabicus, ecc.
Nella Gefara il tappeto erboso della steppa è più folto, perché è ricca di oasi con palmeti, oliveti, alberi da frutto e varie coltivazioni irrigue e asciutte.
La Tripolitania manca completamente di boschi, se si eccettuino i palmeti delle oasi: vi è una macchia rada e poco alberata fra le vaste coltivazioni di olivi, fichi, carrubi o intramezzata da ampie estensioni di alfa.
Quanto alla vegetazione steppica si deve tener presente che il suo tappeto vegetale non è continuo, ma essa si presenta in formazione aperta, cioè con tratti nudi di terreno interposti. Il suo manto è costituito in prevalenza d'erbe annuali o da germogli annuali di piante perenni che si sviluppano all'epoca delle piogge; solo allora si ha la sensazione del rivestimento erboso, mentre nella maggior parte dell'anno il territorio è secco, brullo e arso.
Fauna. - Nella fauna della Tripolitania vi sono compresi elementi non differenti da quelli delle altre terre del bacino Mediterraneo. Le affinità maggiori la fauna tripolitana le ha con quella del Sahara algerino e tunisino più che con le terre cirenaiche la cui fauna è più tipicamente mediterranea mentre elementi della regione etiopica si notano in quella tripolitana. Il Deserto Sirtico segna il limite faunistico fra i due paesi libici. Caratteristica della fauna tripolitana è la sua natura eremica per i carnivori.
Fra i Mammiferi citeremo il fennec dalle lunghe orecchie, frequente a Gadames e a Socna, la iena, la zorilla, lo sciacallo, frequente lungo la costa. I Roditori annoverano l'istrice, frequente nel Garian, la lepre e alcuni topi del genere Jaculus, detti topi delle piramidi o topi saltatori. Tra gli Ungulati citeremo alcune gazzelle, antilopi quali l'antilope dal naso macchiato frequente nel Fezzan. La fauna ornitologica nella zona costiera e nelle oasi d'inverno include la maggior parte delle specie nostrali di passo, principalmente quaglie e tortore. Fra le specie sedentarie noteremo: allodole, pernici, cappellacce, ecc. Interessante è la fauna erpetologica che include varie specie di testuggini, di gechi, lo stellione nordafricano, lo scinco, varî gongili, molte lucertole, il grosso uromastice dalla coda spinosa, varani, alcune specie di serpenti tra i quali velenosi la vipera dagli occhiali, il ceraste viperino e il ceraste cornuto. Varie le specie di Anfibî e di Pesci d'acqua dolce. Ricca è la fauna entomologica, particolarmente di forme desertiche e di steppa. Tra i Coleotteri prevalgono infatti i tenebrionidi, fra gli Ortotteri gli acrididi. Ricca è la fauna degli Aracnidi tra i quali notevoli i Solifughi. Frequenti vi sono anche gli scorpioni. Ricca è la malacofauna terrestre particolarmente interessante per le numerose forme che possono resistere alla siccità.
Condizioni demografiche. - Fino al 1931 non si poterono avere per la Tripolitania che cifre approssimative sull'ammontare della popolazione complessiva; infatti solo nel 1927 si cominciò a istituire presso il municipio di Tripoli il primo registro per la popolazione italiana, straniera e israelitica. Ai tempi della colonizzazione romana nella parte settentrionale del paese doveva esservi una popolazione abbastanza densa, non superiore però, numericamente, a quella esistente tuttora. Tale popolazione, in prosperoso aumento nei primi secoli dell'era cristiana, dovette nei secoli successivi subire una stasi a causa della diminuita potenza colonizzatrice dell'impero romano; poi le invasioni arabe impoverirono enormemente il paese trasformando completamente il sistema di vita precedente, e si ebbe una forte decadenza demografica. Dal sec. VI al XIX le condizioni demografiche mutarono di ben poco, con alti e bassi che continuarono fino all'occupazione italiana della Libia e nei primi periodi di essa. Tale decadenza non dipese però da mancata o ridotta potenza demografica di prolificazione (infatti sempre altissimo è stato il coefficiente di natalità) ma dall'emigrazione e soprattutto dall'enorme mortalità (specialmente infantile). Nel complesso la popolazione totale, invece di crescere numericamente attraverso i secoli, come in tutte le altre parti dell'Africa settentrionale, in Tripolitania è rimasta sempre press'a poco stazionaria.
Inoltre la popolazione, che al tempo dei Romani era senza dubbio sparsa, si divise dopo l'invasione araba in due gruppi accentrati in pochi villaggi e città; il gruppo arabo nei centri costieri, il gruppo berbero nei villaggi del Gebel. Tripoli divenne la città più importante, mentre altre città furono completamente distrutte e abbandonate (Sabratha e Leptis). Tutto il restante territorio passò sotto il completo predominio della popolazione nomade.
Il governo turco fece ben poco per ovviare a tale inconveniente demografico, sebbene vi fosse l'esempio della colonizzazione fatta da altre potenze in paesi vicini dell'Africa settentrionale: il governo italiano dovette così affrontare il problema dall'inizio.
Secondo il censimento 1931 la Tripolitania ha una popolazione complessiva di circa 515.000 ab. (escluso naturalmente il Fezzan e la Giofra). Poiché la superficie, entro i limiti già descritti, è di 299.000 kmq., la densità risulta quindi di 1,3/4 ab. per kmq. Oltre 4/5 di tutta la popolazione, cioè circa 450.000 ab., vivono nella parte più settentrionale composta dalla Gefara, dal Misuratino e dal Gebel. Gl'Italiani e gli stranieri sono complessivamente circa 35.000.
La popolazione indigena è in tutto di circa 480.000 ab., di cui circa 119.000 Berberi, 149.000 Arabo-Berberi, 164.000 Arabi e 21 .000 Ebrei; oltre a ciò vi sono 25.000 Cologhli e circa 3000 Negri.
Di tutta la popolazione indigena, 352.000 ab. sono stabili e hanno residenza fissa, 130.000 sono seminomadi o nomadi. Gli Arabi sono sparsi un po' dappertutto sul territorio, ma specialmente lungo tutta la costa della Tripolitania, i Berberi prevalgono invece sul Gebel e in qualche oasi dell'interno. Gli Ebrei sono riuniti in piccoli nuclei compatti staccati completamente dall'elemento musulmano; di solito occupano un quartiere nei centri abitati più importanti. A Misurata ancor oggi sono numerosi i Cologhli.
Etnologia. - La popolazione indigena della Tripolitania è composta nella sua assoluta maggioranza da Berberi, Arabo-Berberi e Arabi (v. Condizioni demografiche).
I Berberi sono i discendenti dell'antichissima popolazione autoctona; derivano dai ceppi dei Branes e dei Madghis. Al primo gruppo appartengono i discendenti delle tribù Hauuara e Sanhagia, al secondo appartengono i Zenata, i Nefusa, i Lauata. Essi non hanno subito molto profondamente le influenze arabe, tanto che molti gruppi berberi della Tripolitania hanno mantenuto intatta la lingua tradizionale, pur essendo musulmani, appartengono allo scisma ibadita (nel Gebel Nefusa, a Zuara, a Socna, nel territorio percorso dai Tuareg Azgher). Sebbene dalle statistiche risulti che il numero dei Berberi è molto inferiore a quello degli Arabi e degli Arabo-Berberi, tuttavia il fondo della popolazione è ancor oggi berbero. I gruppi più puri sono localizzati tutti nella parte più occidentale della Tripolitania, sia nella Gefara, sia nel Gebel, sia nella parte più interna della Tripolitania.
Tutto il restante territorio è oggi abitato dagli Arabi e dagli AraboBerberi. I primi sono i discendenti dei gruppi dei Beni Hilal e Beni Suleim che invasero la Tripolitania intorno al 1000 d. C. I secondi risultano da miscugli fra elementi arabi e berberi. Poche tracce rimasero dei Beni Hilal, perché questo gruppo si spostò definitivamente nel Magreb centrale e occidentale; dei Beni Suleim vi sono invece in Tripolitania numerosi gruppi discendenti dalle tribù Debbab e Zegb.
Gli altri elementi della popolazione indigena sono costituiti dai Cologhli (incroci fra giannizzeri europei e asiatici con donne indigene), localizzati nei centri della costa e in special modo nella cittadina e nell'oasi di Misurata, e dagli Ebrei rifugiati sulle coste della Tripolitania fino dal sec. III a. C., dalla Palestina e, in seguito, dalla Spagna e dalle Baleari per l'espulsione dei semiti da quei paesi (sec. XV). Vi sono inoltre in Tripolitania Negri sudanesi, in origine schiavi poi liberati, che vivono nei centri costieri. Maltesi, Cretesi e Greci fanno parte della popolazione straniera; oggi il loro numero è molto esiguo; sono localizzati in Tripoli e Homs nella quasi loro totalità.
Gl'Italiani che vivono oggi in Tripolitania sono oltre trentamila, elemento importante quindi anche numericamente. Essi provengono da tutte le regioni dell'Italia e anche dalla Tunisia; in special modo però dalle regioni meridionali della penisola e dalla Sicilia.
I Berberi e gli Arabi sono in gran parte agricoltori e pastori, gli Ebrei commercianti, gl'Italiani agricoltori, commercianti e impiegati.
La lingua parlata in Tripolitania è l'araba, tuttavia vengono usati comunemente varî dialetti magrebini, fra cui più importante di tutti il dialetto della città di Tripoli (trabelsi) che viene compreso, se non parlato, da tutte le popolazioni della regione. I gruppi etnici più puri dei Berberi parlano ancora dialetti berberi, ma sono rari i gruppi che non sanno o non capiscono l'arabo.
Quasi tutta la popolazione araba e arabo-berbera della costa comprende e comincia a parlare l'italiano, specialmente gli elementi più giovani che hanno imparato l'italiano nelle scuole. Solo nei villaggi più interni e specialmente nei gruppi nomadi e seminomadi la lingua italiana è compresa con difficoltà. Gli Ebrei, i Maltesi e i Greci hanno sempre parlato l'italiano o per lo meno dialetti italiani.
Tutti gl'indigeni della Tripolitania, siano essi Berberi, Arabo-berberi, Arabi o Cologhli praticano la religione musulmana, tuttavia, mentre gli Arabi e buona parte degli Arabo-Berberi appartengono al rito malechita, i Berberi puri appartengono alla setta ibadita, come i Berberi della Tunisia e dell'Algeria. Le divergenze di dottrina sono parecchie, più che altro però adatte ai temperamenti dei due gruppi etnici che le professano. Sebbene i mezzi per lo sviluppo di costruzioni a scopo religioso siano esigui (ora quasi dappertutto è il governo italiano che somministra tali mezzi), tuttavia le popolazioni raramente trascurano le pratiche di culto e rimangono fedeli alla loro religione, assolutamente refrattarie a ogni analisi critica. Gl'israeliti professano la loro religione tenacemente in antagonismo assoluto con i musulmani che disprezzano e sono da essi non solo disprezzati, ma anche, in molti centri dell'interno, tenuti in condizioni d'inferiorità. Ai trentamila e più Italiani di religione cattolica, si devono aggiungere piccoli gruppi, per ora molto esigui, d'indigeni che hanno abbracciato la religione cattolica e un piccolo gruppetto di ortodossi (Greci). Insignificante è il numero dei protestanti.
L'insediamento umano. - a) Forma dell'abitazione. Lungo tutta la costa dove la popolazione è sedentaria predomina il tipo caratteristico di abitazione araba, sia cittadina, sia rurale. L'abitazione araba cittadina è quadrangolare, formata da un complesso di locali che hanno un cortile centrale col quale comunicano e solamente da quello ricevono luce e aria. Quasi sempre a un solo piano e sempre con un solo ingresso dall'esterno la casa araba ha nella sua parte superiore ampie terrazze e nell'interno del cortile spesso anche il pozzo. In alcuni centri più importanti e specialmente a Tripoli si hanno costruzioni abbellite da ballatoi di legno, decorazioni di maiolica, ecc. Le abitazioni di Maltesi, Greci, ecc., si accostano al tipo mediterraneo, a più piani, senza cortile, con terrazza superiore. Le moderne costruzioni italiane di palazzi, ecc., a Tripoli e nei centri abitati principali seguono naturalmente i principî dell'architettura italiana e le usanze prettamente italiane, tuttavia le direttive generali cercano di rispettare il più possibile il carattere folcloristico locale, spesso ispirandosi a ornamentazioni di stile orientale (ad es., il palazzo del governatore generale, ecc.). L'insediamento rurale è sempre del tipo arabo, ma l'abitazione, pur essendo quadrangolare, è costruita molto più rozzamente col materiale più economico e più a portata di mano (fanghiglia, legno di palma a Tauorga, ecc.) e fornita di alcuni annessi per le colture, magazzino, ecc. Non sempre esiste il cortile interno, spesso anzi esso è esterno, cintato da un muretto o anche da una sola palizzata. I locali coperti, due o tre, hanno una piccola terrazza.
Nella parte più interna della Tripolitania, a cominciare dal ciglione del Gebel, l'abitazione rurale ha caratteristiche differenti da quelle costiere, senza dubbio a causa delle tradizioni berbere della popolazione. In questo tipo berbero il cortile interno assume un'importanza molto maggiore, diventa un vero recinto chiuso da mura, presso le quali, staccati gli uni dagli altri, sono costruiti varî locali. Essi, chiusi verso l'esterno sono quasi delle appendici e servono per dormire, per magazzino, ecc. Nel cortile, che è il vero ambiente di vita dell'abitazione vi è divisorio per gli animali, forno, ecc. Raramente si ha la terrazza, in molti villaggi esiste il tetto a vòlta a botte (Mizda, ecc.). Le costruzioni vengono generalmente fatte con pietrisco cementato spesso con gesso.
In molti centri berberi esistono grandi castelli, costruiti sia nel centro del paese sia anche isolati fuori del gruppo di abitazioni, che servivano in passato come deposito riserve viveri comune a tutti gli abitanti e come roccaforte per la difesa da attacchi e scorrerie di nomadi. Ancora attualmente vengono usati come magazzini; ogni famiglia del villaggio ha il suo loculo chiuso a chiave.
Un carattere speciale ha l'abitazione di Gadames, che consiste in una costruzione a più piani con terrazza superiore e locale di soggiorno interno coperto. La casa è divisa in tre parti, usate differentemente: la parte inferiore (pianterreno) quale deposito viveri, la parte mediana (primo piano) per soggiorno di tutta la famiglia, la parte superiore (secondo piano e terrazza) per soggiorno del solo elemento femminile.
Il fenomeno delle abitazioni trogloditiche della Tripolitania si ha generalmente sul ciglione del Gebel, a causa specialmente del caratteristico tipo di terreno che si presta a tale genere di costruzione. L'abitazione sotterranea, usata dalla popolazione berbera e da quella araba, ha il solo scopo di mitigare gli sbalzi di temperatura fra il giorno e la notte e fra inverno ed estate, e si presenta utile in modo speciale durante l'inverno, che all'altezza di 700-800 m. s. m. è spesso rigido. Poiché la costruzione comporta una spesa rilevante, costituisce un vero lusso, specialmente se lo scavo è ampio e ben fatto.
A Garian l'abitazione trogloditica è costituita da un cortile alla superficie del suolo da cui parte un corridoio sotterraneo discendente che giunge con una curva alla base di uno scavo quadrangolare (invaso) della profondità media di 6-9 metri e di una superficie di circa 80 mq. Intorno alla base di tale pozzo si aprono gl'ingressi a piccoli locali di forma generalmente oblunga che servono per dormire, ecc. Il cortile esterno serve da recinto per gli animali, ma talvolta v'è una grotta sotterranea per essi, a lato del corridoio discendente. Tale tipo di abitazione predomina in tutto il Gebel centrale e rispecchia il tipo di costruzione araba, naturalmente adatta al carattere sotterraneo.
A Nalut, l'abitazione trogloditica ha l'invaso centrale molto più piccolo del tipo descritto per Garian, spesso coperto, con corridoio molto più breve e cortile esterno cintato solamente da un basso muretto di fanghiglia che ha lo scopo d'impedire lo scolo delle acque del terreno circostante nell'abitazione. Alto tipo di abitazione trogloditica è dato da un cortile semiscavato nel terreno e da locali scavati lateralmente a questo nella parte più alta. Talvolta un portico, scavato anch'esso, serve da cortile coperto dell'abitazione. Queste abitazioni rispecchiano a un dipresso il tipo dell'abitazione berbera sopra descritta.
Altri tipi ancora sono dati da locali scavati nel terreno che ricevono luce per un ingresso laterale sul ciglione stesso del Gebel, in modo che tutto si riduce a una semplice grotta.
Nel Gebel orientale vi sono abitazioni semisotterranee; si tratta in genere di uno o due locali, costruiti con fanghiglia mista a fogliame, rami, ecc., a forma di capanna, parte dei quali sono scavati nel terreno. Un recinto di rovi limita alla meglio il cortile per gli animali.
I seminomadi e i nomadi, che vivono nella Gefara, nella Ghibla, nella Sirtica usano la tenda di forma rettangolare (tipo arabo), di lana o pelo di cammello d'inverno, di stracci d'estate; i nomadi delle oasi interne occidentali vivono generalmente in capanne circolari a tetto conico o emisferico.
b) Forma dei centri abitati. - La popolazione sedentaria della costa vive accentrata o sparsa nelle oasi che hanno un insediamento umano molto denso. Mentre gli Arabi preferiscono l'insediamento sparso nell'oasi, i Berberi amano l'insediamento compatto in centri più o meno vasti (es., Zuara e sua oasi).
La popolazione del Gebel vive tutta accentrata in villaggi con abitazioni vicine o addossate le une alle altre; più all'interno ancora si ha un'esagerazione del fenomeno, cioè costruzione unica del villaggio con alte mura esterne e con strade addirittura coperte (es., Gadames).
La forma del villaggio arabo comporta in genere strade diritte intersecantisi le une con le altre ad angoli vivi; il villaggio berbero tende invece a uno sviluppo radiale con strade irregolari, contorte, che si uniscono in una piazza centrale e fra loro terminano con angoli smussati e rotondeggianti.
A differenza dei villaggi arabi della costa che hanno subito un'evoluzione lineare, sempre rimanendo fissi in una determinata località, i villaggi berberi del Gebel hanno subito trasformazioni talvolta profonde, spesso cambiando posizione, sebbene in un raggio non molto grande, a causa generalmente delle continue lotte che i Berberi hanno dovuto sostenere contro Arabi e nomadi. Negli ultimi tempi la parte più recente e densamente popolata dei villaggi del Gebel è costituita da abitazioni trogloditiche.
Usi e costumi. - Gli usi e costumi della popolazione sono quelli orientali semitici; fra le popolazioni musulmane e israelitiche vi sono alcune varianti. La nascita ha poca importanza, specialmente se il nato è di sesso femminile. Il bambino viene ben presto abbandonato a sé stesso (sui 4 anni) salvo il nutrimento e la casa. Nelle campagne e nel predeserto comincia ben presto a guadagnarsi la vita portando al pascolo il gregge, in città s'industria a fare piccoli servizî. Importante è la cerimonia della circoncisione e più ancora quella del matrimonio, con varianti sia fra gli usi arabi e quelli ebraici, sia fra quelli della popolazione cittadina, rurale e pastorale. Un importante istituto è quello del pellegrinaggio alla Mecca; la morte di un individuo comporta quasi sempre un cerimoniale molto semplice.
Riguardo alle vesti, l'arabo della città porta un giubboncino, un panciotto e un paio di calzoni aderenti; sotto il panciotto una camicia, sopra un baracano di seta d'estate, di lana o il burnus d'inverno. L'araba cittadina porta una tunica stretta alla vita da una cintura, un paio di larghi pantaloni, un panciotto ricamato e un baracano di seta. L'indigeno agricoltore e pastore porta un camicione con sopra un ampio baracano di lana, la donna una tunica con cintura e un quadrangolo di tela a colori che viene drappeggiato in diversi modi. L'ebreo veste in modo poco dissimile, caratteristica è una zimarra generalmente nera, che viene portata in luogo del baracano. La donna veste anch'essa come l'araba, ma a differenza di questa, quando esce, lascia scoperto tutto il viso.
Centri abitati. - Solo Tripoli ha l'aspetto di città ampia e monumentale; gli altri centri della Tripolitania, pur avendo talvolta una popolazione rilevante, hanno al massimo l'aspetto di grossa borgata. Tripoli con quasi 100.000 ab., è la più importante città e il porto maggiore della Libia e una delle principali di tutto il litorale mediterraneo dell'Africa. Si può dire che tutta la vita della Tripolitania è concentrata o dipende direttamente da questa città (v. tripoli). L'importanza di Misurata (v.), il centro più notevole della Tripolitania, dopo Tripoli, dipende da due condizioni, l'essere un grande mercato sia per i prodotti agricoli sia per quelli dell'artigianato, molto fiorente, ed avere a poca distanza un porto, Misurata Marina. Zuara è il terzo centro abitato riguardo alla popolazione ed è l'unico centro berbero della costa tripolitana. Ha importanza sia perché vi si accentrano tutte le attività della parte più occidentale della Gefara tripolina sia perché è l'abitato più grosso presso la frontiera tunisina. A oriente del paese si sta sviluppando il centro europeo che così viene a trovarsi presso la stazione ferroviaria, fra l'abitato indigeno e Zuara Marina, piccolo porto locale.
Homs (v.) è il quarto centro della costa tripolina; più di Misurata e Zuara ha l'aspetto di cittadina linda e pulita. Ha importanza sia per il piccolo porto di cui è munito, sia per la sua vicinanza a Leptis Magna (v.).
Tutti gli altri centri abitati della parte costiera della Tripolitania hanno importanza molto inferiore di quelli già accennati: vanno tuttavia ricordati Zliten e Zauia, nelle oasi omonime, importanti per l'agricoltura indigena, Azizia e Castel Benito per la colonizzazione agraria europea.
Sul Gebel vi sono numerosissimi centri abitati compatti costruiti lungo il margine superiore di esso. Il più importante villaggio è senza dubbio Garian, collegato da ottima strada asfaltata e da servizio ferroviario a Tripoli. Esso è anche il principale mercato per i prodotti del Gebel. Nel suoi pressi è stata iniziata la coltura del tabacco con famiglie coloniche italiane. A differenza della costa ove presso i centri abitati vi sono oasi di palme, qui si hanno invece colture di olivi. Iefren, Giado, Cabao e specialmente Nalut sono i più importanti centri del Gebel occidentale. La popolazione di questi villaggi è berbera; in tutti vi sono anche piccole comunità di Ebrei. Nalut, presso il confine della Tunisia, ha grande importanza specialmente per la strada che lo unisce a Tripoli e per quella che per Sinauen raggiunge Gadames, meta del grande turismo sahariano. Tarhuna e Cussabat sono i centri principali del Gebel orientale; il primo ha importanza in quanto mercato, il secondo in quanto è centro della principale zona olearia della Tripolitania.
Nell'interno, hanno importanza i centri della zona delle oasi interne occidentali e cioè: Sinauen, Derg e Gadames, poi Mizda e Beni Ulid nella Ghibla.
Sinauen e Derg sono località di appoggio nella lunga strada fra Nalut e Gadames: quest'ultima ha grande interesse turistico per le sue caratteristiche di grosso villaggio sahariano che vanta antichissime tradizioni. Mizda è il centro abitato più importante dell'alto bacino del Sofeggin e mercato per le popolazioni seminomadi e nomadi di questa regione. Lo stesso si può dire di Beni Ulid, per il basso bacino del Sofeggin.
La Giofra e il Fezzan, che fino alla fine del 1934 facevano parte della Tripolitania, oggi costituiscono parte integrante del Territorio militare del Sud (v. giofra; fezzan).
Condizioni economiche. - La Tripolitania ha risorse naturali molto limitate in tutti i sensi. Quale base del sistema economico sta l'agricoltura, in secondo luogo vi è la pastorizia. L'agricoltura però ha un duplice aspetto, l'agricoltura indigena e quella colonizzatrice: fra le due vi è naturalmente un'enorme differenza di sistemi, di scopi e di risultati.
L'agricoltura indigena utilizza nel modo tradizionale le principali risorse d'acqua che si trovano nella colonia, sia sulla costa, sia sul Gebel e all'interno. Sulla costa si ha quindi la coltura irrigua (suani "giardini irrigui") nelle oasi, dove si utilizza la falda freatica superficiale per mezzo di pozzi e dove le principali colture arboree sono date dalla palma, da alberi da frutto (primizie) e da olivi, mentre abbondante è anche la coltura erbacea orticola e la coltura dell'erba medica, del frumento e dell'orzo. Quest'ultimo però è seminato generalmente nella steppa della Gefara dai seminomadi e nomadi la cui attività principale è l'allevamento del bestiame ovino. Per estrarre l'acqua dai pozzi delle oasi costiere vengono impiegati sia bovini sia asini.
Sul Gebel, dove non vi è più falda freatica superficiale si hanno il giardino asciutto cintato (genane) e l'uliveto specializzato (gaba); la coltura è limitata a specie arboree: anzitutto l'olivo, poi il fico, il mandorlo, ecc. Anche sul Gebel, nelle valli più umide, vi è la coltura del frumento e dell'orzo.
Nelle zone di steppa si ha l'allevamento principalmente di ovini. La pecora indigena è adattata alle condizioni della steppa della Tripolitania in quanto è resistentissima alla fame, alla sete e all'asprezza del clima. Allevamenti scelti e molto pregiati per le qualità di ovini e per il buon prodotto si hanno nella Sirtica. L'allevamento dei cammelli è molto esiguo; a Gadames i nomadi Tuaregh fanno allevamento di cammelli da corsa, adatti per le truppe cammellate dei presidî delle regioni sahariane della Libia.
La colonizzazione agraria della Tripolitania data dall'occupazione italiana. Nei primi anni e specialmente durante la guerra mondiale l'opera di colonizzazione non poté svilupparsi come avrebbe dovuto; un forte impulso alla colonizzazione si ebbe solo col 1922, anno in cui si cominciò a indemaniare i territorî incolti per estensioni molto rilevanti e a distribuirli a concessionarî per la messa in valore.
Vennero considerati suscettibili di colonizzazione in grande stile i territorî della Gefara e del Misuratino; la Gefara venne divisa in tre parti: orientale, centrale e occidentale e vennero distribuiti a concessionarî estese zone specialmente nella parte orientale e centrale di essa. In queste sorsero ben presto villaggi nuovi, mentre anno per anno veniva esteso il terreno messo a coltura. Poiché la coltura di cereali e in genere di essenze erbacee porta con sé un'alea grandissima per la grande incertezza delle precipitazioni e non potendosi usare sistemi d'irrigazione economici, la colonizzazione agricola s'indirizzò specialmente verso la coltura arborea che dà buoni risultati (vite, alberi da frutto, in genere primizie).
Due scopi ha la colonizzazione italiana in Tripolitania, uno è dato dalla colonizzazione demografica per cui viene facilitata l'emigrazione di coltivatori nella colonia e l'altro dallo sfruttamento di tutte le risorse economiche possibili della regione, che ha dimostrato di potere, convenientemente indirizzata, raggiungere per lo meno lo stato di evoluzione del sahel tunisino.
Sul Gebel sono stati messi a coltura estesi tratti a tabacco e vi è stato inviato un buon numero di agricoltori.
L'industria indigena è basata quasi completamente sull'artigianato. La tessitura della lana locale, della seta e del cotone per tappeti, baracani, ecc., costituisce l'attività industriale principale. Essa si svolge con telai primitivi che vengono stimati, in tutto, a parecchie migliaia. I tappeti, che provengono in gran parte dal Misuratino e che hanno un caratteristico disegno, vengono quasi completamente esportati. Uno sviluppo rilevante, ma con carattere quasi del tutto interno, hanno i lavori fatti con lo sparto, le foglie di palma (stuoie) e anche i molti, varî lavori in cuoio (calzature di varie forme e vario uso, borse, ecc.). Una certa importanza hanno anche i lavori d'oreficeria, d'argenteria, avorio, ottone e rame. Ai tessuti si dedicano in genere solo gli Arabi; all'oreficeria, argenteria e avorio gli Ebrei.
L'industria sorta o sviluppata e perfezionata dopo l'occupazione italiana ha un'importanza assai relativa, limitata allo sfruttamento delle poche risorse locali. Moderni oleifici si sono man mano sostituiti a quelli indigeni, poco redditizî, nell'estrazione dell'olio di oliva, così pure nuove distillerie estraggono alcool e acquavite dai datteri. Interessante è anche la produzione di birra, per cui viene utilizzato l'orzo locale, e l'industria della conceria. Poca importanza ha l'industria meccanica (un centinaio di operai); sviluppati invece i saponifici, mulini, pastifici, fabbriche di ghiaccio e di acque gassose, l'industria edilizia, le fabbriche di mattonelle, l'industria tipografica, qualche impresa per la perforazione di pozzi e l'industria delle acque profumate.
L'industria della pesca è abbastanza attiva, importante è quella del tonno con circa 20 tonnare, in cui sono investite parecchie diecine di milioni, poi quella delle spugne, esercitata ora quasi esclusivamente da navi italiane e poche tunisine. La pesca del pesce comune è molto ridotta, così pure l'industria per la confezione in scatola.
Le manifatture tabacchi di Tripoli costituiscono oggi l'industria principale della colonia; in esse vengono confezionati prodotti di lusso per esportazione e prodotti speciali per il consumo locale.
L'industria mineraria non esiste se si eccettua il notevole sviluppo della produzione di sale della salina di Tripoli (el-Mellaha). Si sono trovati in colonia giacimenti di ferro, zolfo, fosfati, manganese, pirite, lignite, ecc., ma il tenore del minerale è troppo basso per poter essere sfruttato convenientemente. Tuttavia le ricerche continuano.
Sul Gebel orientale e in taluni punti della Gefara cresce spontanea l'alfa, graminacea che viene esportata in gran parte all'estero per la fabbricazione di cellulosa. Nella colonia v'è un'organizzazione speciale che si occupa della raccolta, della pressatura e della sua esportazione. Altre piante spontanee che vengono utilizzate in modo analogo sono lo sparto e la henna.
Queste ultime attività sono però più commerciali che industriali. Il commercio è limitato oggi, per la Tripolitania, al traffico marittimo di esportazione e importazione. Il movimento attraverso le frontiere terrestri è molto esiguo e assolutamente trascurabile dopo che il commercio carovaniero transahariano si è spostato dal retroterra libico a quello tunisino, algerino, ecc. Per via di terra non si ha che un movimento di esportazione di ovini (transitorio) verso la Cirenaica, e uno di importazione (di transito) di natron dal Fezzan. Verso questa regione vengono inoltrati varî prodotti, ma in quantità molto piccole.
Il movimento di esportazione per via di mare, oltre che dei prodotti già accennati dell'alfa, dello sparto e della henna, è composto anche di sale marino, di tonno, tappeti, spugne, lane, pelli, manteca, stuoie, ecc.
Il movimento d'importazione è invece costituito da una grande varietà di merci. Vi sono alcuni paesi che hanno l'esclusività di esportazione in Tripolitania di determinati prodotti, così ad esempio la Cina vi esporta il tè, il Brasile il caffè, ecc.
Fra importazioni ed esportazioni vi è una forte differenza a beneficio delle importazioni che sono molto superiori. L'Italia è al primo posto sia nell'importazione sia nell'esportazione; Tunisia, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Cina, ecc., sono altri paesi con cui la Tripolitania fa un commercio molto attivo, specialmente d'importazione. Tutto il movimento avviene attraverso la dogana di Tripoli; per limitate operazioni attraverso le dogane di Homs, Misurata Marina, ecc.
Comunicazioni. - La Tripolitania ha oggi un'ottima rete stradale che unisce a Tripoli tutti i centri più importanti della regione. La principale arteria è la grande litoranea libica, tutta a fondo artificiale e asfaltata, dal confine tunisino fino a Bengasi (interna in corrispondenza alla sebca di Tavorga); essa è allacciata, a ovest, alla rete tunisina e, sul percorso Tripoli-Tunisi, è effettuato un regolare servizio automobilistico bisettimanale. Anche il collegamento, attraverso il Gebel cirenaico e la Marmarica, con l'Egitto è aperto al traffico automobilistico. Verso l'interno tre grandi arterie con fondo stradale, parte artificiale e parte naturale, convenientemente adattato, portano l'una al Garian e poi, per Ciado, Iefren e Nalut a Gadames, la seconda a Brak nel Fezzan, la terza a Socna nella Giofra, da cui poi si prosegue per Sebha, Gat, Gianet. Servizî automobilistici pubblici provvedono al collegamento della costa con il Fezzan.
Le ferrovie della Tripolitania, dopo aver avuto un rapido sviluppo, subito dopo l'occupazione italiana, sono rimaste per la concorrenza delle strade a un punto stazionario, limitandosi a due linee, una verso il litorale occidentale e una verso il Gebel. Lo scartamento ridotto e il modesto traffico non consigliano uno sviluppo ulteriore. Le comunicazioni marittime sono date da linee settimanali e quindicinali assai frequentate tra l'Italia e Tripoli (via Napoli-Siracusa-Malta e via Napoli-Palermo), altre mettono in comunicazione Tripoli con Tunisi e Bengasi. Le comunicazioni aeree, consistenti nelle linee Roma-Tripoli e Tripoli-Tobruch, ebbero un ottimo risultato tanto che vi sono servizî settimanali e trisettimanali; in determinati periodi dell'anno si hanno anche partenze e arrivi giornalieri per l'Italia.
Il movimento passeggeri di tutti i varî mezzi di trasporto suddetti è rilevante e in rapido sviluppo; il turismo italiano e straniero si va infatti dirigendo senza sforzo verso la Tripolitania, che oggi vanta attrattive molto interessanti, sia dal punto di vista archeologico e folcloristico, sia da quello economico (fiera di Tripoli), e ha attrezzatura alberghiera più che confortevole in tutti i principali centri abitati.
I servizî postali, telegrafici, telefonici, radiotelegrafici, coprono di una fitta rete tutta la colonia. Servizî automobilistici uniscono periodicamente i centri più importanti dell'interno e collegano alla Tripolitania anche i principali centri della Giofra e del Fezzan.
Ordinamento Politico-amministrativo. - Prima della occupazione italiana la Tripolitania faceva parte integrante del vilāyet di Tripoli che dipendeva direttamente dal governo turco. Dopo la nostra occupazione fece parte del nuovo governo italiano della Libia, che comprendeva anche la Cirenaica. In un secondo tempo si ebbe lo sdoppiamento del governo unico in due colonie distinte: Tripolitania e Cirenaica (v. libia). Nell'ultimo decennio si ebbero la legge organica del luglio 1927 e il regio decreto del gennaio 1929, in seguito ai quali il governo delle due colonie libiche veniva retto da un solo governatore sia per la Tripolitania sia per la Cirenaica, mentre per quest'ultima veniva nominato un vicegovernatore.
Con il più recente ordinamento (aprile 1937) la colonia unificata della Libia è retta da un governatore generale con residenza a Tripoli; un segretario generale e un comandante delle truppe gli dipendono direttamente. Due corpi consultivi sono istituiti a lato del governo, cioè il consiglio di governo, costituito dalle principali autorità della colonia, e la consulta generale costituita da alti funzionarî italiani e indigeni.
Ogni provincia si divide in circondarî, residenze e distretti. I capoluoghi di provincia e gli altri centri principali sono costituiti in municipî con podestà e consulta municipale. Le popolazioni nomadi e seminomadi sono divise in tribù e sottotribù con capi designati secondo le consuetudini locali, nominati dal commissario generale del commissariato.
La giustizia civile e penale è amministrata in base ad apposito ordinamento giudiziario (1928) che prevede arbitri conciliatori, tribunale di commissariato, tribunale civile e penale, corte d'appello. Per la popolazione indigena (cittadini italiani libici) esistono per di più tribunali sciaraitici (musulmani) e rabbinici (israelitici), che giudicano in questioni esculsivamente di statuti personali, diritto di famiglia, pratiche religiose nonché diritto di successione (per i soli musulmani). A Tripoli esiste anche un tribunale sciaraitico superiore che giudica in seconda istanza sulle sentenze del cadi.
A Tripoli ha sede un vicariato apostolico (vescovato). Chiese e parrocchie sorgono in tutti i centri con popolazione metropolitana di qualche importanza. (V. tavv. LIX-LXIV).
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Vedi inoltre gli articoli delle seguenti riviste: Governo della Cirenaica, Bollettino geografico, Bengasi; Governo della Tripolitania, Bollettino geografico, Tripoli; id. e della Cirenaica, ibid., ivi; e poi ancora: Tripolitania, ivi; Rassegna economica delle colonie, Roma; L'Africa italiana, Napoli; Rivista delle colonie, Roma; Bollettino della Società geografica italiana, ivi; L'agricoltura coloniale, Firenze; L'Universo, ivi; le vie d'Italia e Le vie d'Italia e del mondo, Milano; L'Italia coloniale, Roma; Rivista d'Oriente, Napoli; L'Afrique française, Parigi; La quinzaine coloniale, ivi; Atti del I Congresso di studi coloniali, Firenze 1931; Atti del II Congresso di studi coloniali, ivi 1936.
Per la cartografia, vedi: Istituto geografico militare, Tripoli, scala 1 : 25.000, in 4 fogli, Firenze 1912; id., Carta della Tripolitania, scala 1 : 100.000, in 14 fogli, ivi 1932; id., ibid., scala 1 : 100.000, in 6 fogli pubblicati e 4 in pubblicazione, Firenze 1932; Governo della Tripolitania, Carta dimostrativa della Tripolitania, scala 1 : 400.000, Tripoli 1934; id., ibid., scala 1 : 1.000.000 in 6 fogli, ivi 1934.
Storia.
La regione fu abitata già in età preistorica, come testimoniano selci di facies capsiana e neolitiche rinvenute in varie località, e soprattutto presso le rive dell'uadi Ramla. I Fenici vi fondarono i primi emporî di Leptis e di Sabratha sul principio del primo millennio a. C.; alla fine del sec. VI i Greci tentarono prendervi stanza, stabilendovi una colonia alla foce del Cinyps, ma furono presto cacciati dai Cartaginesi. Nell'impero di Cartagine la regione, detta degli Emporî (v.), ebbe probabilmente una certa autonomia amministrativa; tra la seconda e la terza guerra punica passò al regno numida, sotto il quale rimase fino alla sua fine, nel 46 a. C. Entrata nella dominazione romana, fece parte dell'Africa proconsolare; la regione interna tuttavia, dove continuo incombeva il pericolo delle popolazioni del Sud, e dove lungo la cresta del Gebel fu tra la fine del sec. II e i primi decennî del terzo stabilita la linea di difesa, che prese poi il nome di limes Tripolitanus, era sotto l'autorità del legato di Numidia. Circa l'età ora ricordata viene in uso il nome di regio Tripolitana per designare il paese fra la Grande e la Piccola Sirte: fu questa dapprima una regione procuratoria per l'amministrazione dei beni imperiali; con Diocleziano ebbe governo di provincia autonoma, sotto un praeses per l'amministrazione civile e un dux per il comando militare.
Fra il 363 e il 366 fu gravemente danneggiata dalle invasioni degli Austuriani; occupata dai Vandali dopo il 455, fu pressoché abbandonata a sé stessa e alle popolazioni berbere, via via assurte a maggiore potenza: al tempo del re Trasamondo, fra il 484 e il 496, queste popolazioni, condotte da un tale Cabaon, inflissero ai Vandali una fiera sconfitta. Già prima, nel 468, il tentativo fatto da Eraclio di riconquistare la regione all'impero aveva fallito per l'insuccesso dell'azione condotta contro Cartagine. Nel secolo seguente invece, prima ancora che Belisario sbarcasse nella Bizacena, un tale Pudenzio era riuscito a cacciarne i Vandali. Sotto il governo di Bisanzio la regione godette di un breve rifiorimento, peraltro limitato quasi esclusivamente alla zona costiera; nell'interno sempre più potenti divenivano le tribù berbere, fra cui principalmente quelle dei Luata, degli Zenata, dei Nefusa, delle quali abbiamo menzione nel poemetto la Giovanneide di Corippo.
Le fonti arabe riferiscono all'anno 22 dell'ègira (30 novembre 642-18 novembre 643) la prima invasione della Tripolitania. I Musulmani, appena conquistato l'Egitto condussero spedizioni in Cirenaica e in Tripolitania, s'impadronirono di Tripoli nel 643 d. C., togliendola ai Bizantini, presero contemporaneamente la vicina Sabratha (Ṣabrah) e fecero incursioni anche nell'interno. Queste spedizioni non portarono per allora allo stabile assoggettamento del territorio; successive spedizioni musulmane, come quelle guidate da ‛Oqbah ibn Nāfi‛, tra il 669 e il 675, assicurarono il dominio arabo sulla costa tripolitana ed estesero la conquista alla Ifriqīyah propriamente detta (Tripolitania occidentale e Tunisia) e, fuggevolmente, fino al Marocco. Ma bastò che nel 685 un capo dei Berberi Barānis, di nome Kusailah, sconfiggesse ‛Oqbah a Tehūdah (nell'odierna Algeria) perché tutta l'Africa settentrionale fino alla Cirenaica tornasse in mano dei Berberi. Dopo una lunga guerra, in cui i Berberi furono guidati da una donna, detta la Kāhinah (in arabo "l'indovina" o "la sacerdotessa"), gli Arabi ripresero il territorio perduto (703-704), toccarono ancora l'Atlantico e passarono anche lo Stretto di Gibilterra, invadendo la Spagna.
Da allora la Tripolitania restò sotto la signoria dei califfi omayyadi di Damasco e poi dei califfi ‛abbāsidi di Baghdād per tramite dei governatori che avevano sede ad al-Qairawān (nella Tunisia). Le località più importanti erano tenute da presidî militari (giund) arabi; la popolazione locale berbera in parte si ritraeva nell'interno e in parte gradatamente accoglieva la religione e la lingua dei conquistatori arabi musulmani. Va però notato che tra i Berberi si diffusero di preferenza le dottrine della setta musulmana khārigita degli Ibāḍiti (o Abaditi secondo la pronunzia africana), portatevi dagli stessi Arabi dopo il 700. Queste dottrine si propagarono specialmente tra i Berberi Nefūsah della montagna (Gebel) omonima, a sud-ovest di Tripoli. Differenze di razza e divergenze religiose misero continuamente i Berberi della Tripolitania contro i poco numerosi dominatori. Le lotte furono particolarmente aspre tra gli anni 750 e 770 ed ebbero per teatro la regione fra Tripoli e la montagna dei Nefūsah, estendendosi anche alla Tunisia e all'Algeria dove si sollevavano altri Ibāḍiti (i Ṣufriti, v.). Verso il 778 d. C. si può dire che le velleità d'indipendenza dei Berberi fossero fiaccate, benché nuovi disordini a Tripoli avvenissero nell'812 e nell'836. A dare tranquillità e stabilità al dominio arabo e a placare i contrasti religiosi, valsero l'energia e la savia politica dei governatori (emiri) aghlabiti, che fondarono ad al-Qairawān una dinastia (800-909 d. C.). Tripoli dipese da questi emiri, i quali mantenevano relazioni di nominale dipendenza dai califfi di Baghdād; poi fu sottomessa dagli ‛Ubaiditi o Fatimiti, che stabilirono nell'Africa settentrionale (capitale al-Mahdiyyah nella Tunisia) un regno indipendente e, allorché (972) questi si trasferirono in Egitto, fu per qualche tempo obbediente ai loro luogotenenti zīridi o zairidi; poi (999-1143) ebbe una propria dinastia berbera musulmana detta dei Banū Khạzūn. Durante il governo di questi si compì un avvenimento importante, che influì su tutta la regione tripolina e ne modificò sensibilmente le condizioni etniche e politiche: l'invasione delle tribù arabe Banū Hilāl e Banū Sulaim, venute dall'Alto Egitto per istigazione del governo fatimita, ch'era venuto in contrasto con gli emiri zīridi dell'Ifrīqiyah. Queste tribù beduine, specialmente i Banū Sulaim, si stanziarono in numero considerevole nella Cirenaica e nella Tripolitania e poi nelle regioni interne e nelle città della costa, ed accelerarono il processo di arabizzamento del paese a scapito dei Berberi sia sedentarî sia nomadi; cosicché resistettero e resistono ancora poche isole linguistiche berbere a Zuara (Zuwārah) e nel Gebel Nefūsah, alle quali fu baluardo contro l'assorbimento linguistico il fatto di essere seguaci dell'eresia ibāḍita. D'altra parte occorre notare che l'arabizzamento della lingua e dei costumi non ha trasformato radicalmente il fondo antropologico libico (berbero), mantenutosi nella Tripolitania in notevole proporzione.
Gli Arabi invasori del sec. XI si posero al servizio dei sovrani locali e combatterono dal Marocco alla Cirenaica senza riuscire a fondare regni con dinastie proprie (fuorché i Banū Giāmi‛ a Gābes per breve tempo); essi mantennero l'ordinamento in tribù sotto i loro capi (shaikh), e talora in confederazioni di tribù, e vissero lungo la costa e nell'interno, in molti luoghi assoggettando le popolazioni berbere.
La storia degli avvenimenti nell'interno del paese in quei tempi non ci è ben nota; dobbiamo accontentarci di seguire le vicende del capoluogo, Tripoli, dove la signoria dei Banū Khazrūn fu troncata nel 1146 dalla conquista dei Normanni, che si mantennero nella città fino al 1158. Cacciati i Normanni, i Tripolini si misero sotto il governo dei Banū Maṭrūḥ, una famiglia cittadina, e riconobbero la sovranità degli Almohadi, che nel 524 eg., 1130 d. C., avevano fondato un nuovo regno nell'Africa settentrionale. Durante il dominio degli Almohadi (terminato nel 667 eg., 1269 d. C.) un avventuriero di nome Qarāqūsh (armeno o curdo o, più probabilmente, turco), ch'era al servizio di Saladino in Egitto, invase la Cirenaica e la Tripolitania, ottenne l'aiuto di tribù beduine arabe stanziate da un secolo nel paese e occupò (verso il 1185) la città di Tripoli. Alleatosi con un altro avventuriero maiorchino, ‛Alī ibn Isḥāq dei Banū Ghāniyah, e, morto lui, con suo fratello Yaḥyà al-Mayūrqī, devastò la Tripolitania e la Tunisia meridionale, poi venne in contrasto con il suo alleato, fuggì nel Fezzan e fu ucciso a Waddān nel 609 eg. (1212-1213 d. C.). Da lui sembra venga il nome del villaggio di Qarqaresh (pron. Gargàresc) a ovest di Tripoli. La Tripolitania fu ancora agitata per alcuni anni dalle scorrerie di Yaḥyà al-Mayūrqī e poi definitivamente sottomessa agli Almohadi, i quali però affidarono il governo della Tripolitania e della Tunisia alla famiglia dei Ḥafṣidi, residenti a Tunisi. Per più di due secoli la Tripolitania dipese dai Ḥafṣidi di Tunisi, che fondarono una dinastia e mandarono regolarmente a Tripoli i loro governatori. Va però osservato che la sovranità dei Ḥafṣidi non andava oltre la città di Tripoli e le immediate vicinanze; dalle notizie di un viaggiatore tunisino, at-Tīgiānī, che visitò Tripoli nel 1306-1307 e seguì la costa fino quasi a Lebdah, risulta che sulla fascia costiera della Tripolitania vivevano indipendenti le tribù arabe; nuclei di Berberi sedentarî erano da loro taglieggiati e sottoposti a tributo; anche la via del pellegrinaggio era poco sicura; presso Zuara i predoni arabi usavano assaltare i pellegrini e i viandanti e venderli come schiavi ai cristiani. Predominavano fra le tribù beduine i gruppi al-Maḥāmīd dalla Tunisia al Gebel Nefūsah, gli al-Giawārī intorno e a sud di Tripoli, gli Awlād Sālim nella zona orientale verso la Sirte e la Cirenaica. I tre gruppi discendevano dai Banū Dabbāb, un ramo dei Banū Sulaim sopra menzionati.
A Tripoli stessa il dominio ḥafṣida non fu ininterrotto; nel 1324 vi acquistarono una relativa autonomia i Banū Thābit (o Banū ‛Ammār), che si mantennero al potere fino al 1400 circa; va ricordato che nel 1355 la città fu tenuta per alcuni mesi dal genovese Filippo Doria e che nel 1393 per breve tempo vi fu riconosciuta la sovranità dei re aragonesi di Sicilia. I sovrani ḥafṣidi nel periodo di maggiore potenza riuscirono a far valere la loro autorità su Tripoli e sulla regione costiera; più volte i sovrani stessi o loro luogotenenti condussero spedizioni armate fino alla regione sirtica. Con la decadenza dei Ḥafṣidi, dalla seconda metà del sec. XV, il territorio interno della Tripolitania e la stessa città di Tripoli sfuggirono al loro dominio; a Tripoli governarono shaikh nominati dalla popolazione locale; in tutto il paese andò allora crescendo l'influenza di pii uomini e santoni locali (come lo shaikh ‛Abd as-Salām al-Asmar, fondatore della confraternita as-Salāmiyyah, vissuto a Zliten tra il 1481 e il 1574) o provenienti da fuori, specialmente dal Marocco (come lo shaikh Aḥmad az-Zarrūq, morto a Misurata nel 1494) e si diffuse il marabuttismo esplicantesi nel ravvivamento del sentimento religioso, anche attraverso pratiche non rigidamente ortodosse, e nella formazione di nuovi raggruppamenti etnici (tribù marabutiche). Nello stesso tempo cominciarono le prime relazioni tra l'Africa settentrionale e i Turchi ottomani, per mezzo di corsari turchi e levantini che frequentavano i porti della Barberia. Probabilmente Tripoli sarebbe presto caduta in potere dei Turchi, se contemporaneamente non si fosse iniziato il movimento di conquista degli Spagnoli nell'Africa settentrionale.
Gli Spagnoli conquistarono Tripoli il 25 luglio 1510 e nel 1530 la cedettero insieme con Malta ai Cavalieri di San Giovanni espulsi da Rodi. I Cavalieri, come gli Spagnoli, non ebbero in loro potere che la città murata e il castello; Tagiura (Tāgiūrā'), 12 km. a est di Tripoli, era in mano dei Tripolini ribelli e dei loro ausiliari turchi; nel 1551 una flotta turca prese la città, che passò sotto il dominio ottomano. Si succedettero allora a Tripoli governatori turchi mandati dalla Porta di Costantinopoli; alcuni, ad esempio Dorghūt, fecero sentire la loro autorità anche nell'interno e mantennero alle dipendenze di Tripoli un largo tratto della costa occidentale fino a Gerba e a Gābes; altri ebbero scarso potere sia nella città sia fuori; nel 1588-1590 un santone originario del Marocco, tale Yaḥyà ibn Yaḥyà as-Suwaidī, si proclamò mahdi (v.) e capeggiò una rivolta contro i Turchi, cercando aiuti anche a Malta; fu preso dai Turchi e ucciso. A Tripoli vigeva allora un regime militare costituito dai Giannizzeri, dai loro discendenti (Cologhli), dalle reclute di avventurieri e marinai continuamente forniti dall'Anatolia e dalle Isole dell'Egeo e da rilevante numero di rinnegati cristiani. Questa milizia presto ebbe il sopravvento sui Pascià mandati dalla Porta a governare la provincia (detta ōgiāq in turco); i loro capi, da loro stessi nominati, chiamati dāy, attendevano all'amministrazione del tesoro, alla distribuzione del soldo e all'assegnazione del ricavato dalle prede fatte sul mare; l'autorità del pascià era per lo più ridotta a nulla. Alcuni di questi dāy acquistarono maggiore potere, si ressero a lungo e ottennero il riconoscimento della Porta e l'investitura del governo: così Mohammed Pascià (1633-1649) e 'Othmān Pascià (1649-1672), ambedue originarî di Chio e soprannominati perciò Sāqizlī (Sāqiz è il nome turco di Chio).
Durante questo primo periodo del dominio ottomano a Tripoli (1551-1835) la città visse del bottino dei corsari e di scarse relazioni commerciali con gli stati d'Europa, rese possibili da accordi e tregue ripetutamente violate e ricomposte dopo bombardamenti. Con l'interno vi furono relazioni saltuarie; i governatori più energici e potenti sottomisero i paesi della costa e alcune località dell'interno; il Fezzan fu sottoposto a tributo alla fine del sec. XVI; ma i sovrani locali del Fezzan più volte si rivoltarono costringendo i Turchi a condurre difficili spedizioni contro di loro. Anche la Cirenaica, da secoli completamente staccata dalla Tripolitania, fu ricondotta nell'orbita politica di Tripoli sotto Moḥammed Pascià e ‛Othmān Pascià; Bengasi fu occupata verso il 1635. La sovranità turca su Tripoli e la Tripolitania si mantenne solo nominalmente durante i 124 gnni di governo dei Caramanli; essa fu ristabilita direttamente nel 1835 con l'arrivo a Tripoli di una spedizione agli ordini di Muṣṭafà Negīb Pascià. I Turchi ripresero allora da capo la conquista della Tripolitania e non si arrestarono a Tripoli, ma estesero gradatamente l'occupazione all'interno, superando grandi difficoltà. Nell'interno della Tripolitania si erano formati due principali aggruppamenti politici: gli al-Maḥāmīd a ovest e gli Awlād Sulaimān a est; i primi comandavano le vie per il Gebel e per Gadames; i secondi controllavano le comunicazioni con la Cirenaica e il Fezzan; il governo turco, con l'appoggio delle proprie truppe e delle milizie indigene della popolazione costiera eliminò gradatamente le più forti resistenze; ‛Abd el-Gelīl, capo degli Awlād Sulaimān, fu ucciso nel 1842 e con la sua scomparsa restò aperta la via del Fezzan; nel 1858 restò ucciso Ghūmah, capo degli al-Maḥāmīd. In seguito, la sovranità turca si estese nei territorî periferici: a Ghāt dal 1875, nel Tībestī dal 1879 (occupazione rinnovata nel 1906); il confine verso la Tunisia fu delimitato nel 1910.
Va ricordato, per l'importanza che ebbe anche per la Tripolitania, lo stabilirsi in Cirenaica della confraternita dei Senussi.
La Tripolitania costituiva un vilāyet dell'Impero ottomano, governato da un wālī e suddiviso in quattro sangiaccati o mutasarrifati. L'Italia era riuscita nel 1882-1887 a far riconoscere dagli alleati della Triplice i suoi interessi in quella regione e nella Cirenaica e nel 1902 ottenne anche il riconoscimento della Francia e dell'Inghilterra; nel settembre del 1911 si decise a intervenire, data l'ostilità dei Turchi verso ogni iniziativa di pacifica penetrazione. Il 5 ottobre 1911 avvenne lo sbarco a Tripoli delle prime truppe italiane. La guerra italo-turca che ne seguì terminò con il trattato di Ouchy del 17 ottobre 1912; la Turchia rinunciò alla Tripolitania e alla Cirenaica, pur senza riconoscere nel trattato la sovranità italiana sul paese. Le operazioni di conquista nell'interno durarono fino al 1913. V. anche: berberi; caramanli; fezzan; tripoli.
Bibl.: Età romana: S. Aurigemma, Notizie archeologiche sulla Tripolitania, in Notizie arch. Min. colonie, I (1915), p. 35 segg.; P. Romanelli, L'origine del nome "Tripolitania", in Rend. Pont. Accad. di arch., IX (1933); id., Le sedi episcopali della Tripolitania antica, ibid., IV (1926); id., Le colonie italiane: Monumenti e scavi, Roma 1930; R. Bartoccini, Le antichità della Tripolitania, in Aegyptus, VII (1926), p. 49 segg.; v. inoltre, Notizie arch. Min. colonie; Africa italiana; Rivista della Tripolitania-Libya, passim. - Per il periodo successivo, v. la bibl. della voce tripoli.
La Tripolitania durante e dopo la guerra mondiale. - Già alla vigilia della guerra, la situazione politico-militare della Tripolitania era poco tranquillante. La conquista del vasto territorio e in particolar modo del lontano Fezzan, era stata compiuta con molta spiegabile fretta e senza un'adeguata preparazione politica. In tutta la colonia covavano i germi della rivolta e continuamente si doveva procedere ad azioni repressive. La situazione si andò aggravando allo scoppio della conflagrazione mondiale e quando la Turchia, entrata in guerra a fianco degl'Imperi Centrali, proclamò la guerra santa. Nel novembre del 1914 il colonnello Miani dovette ordinare il ripiegamento di tutti i presidî su Misurata, ove egli giunse il 25 dicembre dopo aver sostenuto numerosi combattimenti.
Poiché il governo della colonia non credette di prendere provvedimenti di energica reazione, tanto che ordinò il ritiro di quasi tutti gli altri presidî, l'occupazione alla fine del 1914 si ridusse a pochi punti della costa e alla regione di Tripoli.
Ai primi del 1915 il comando di Tripoli tentò di riprendere il dominio della situazione ordinando la rioccupazione di Gadames e predisponendo due grandi operazioni di polizia a sud di Mizda e Orfella (colonna Gianninazzi) e nella Ghibla e nella Sirte (colonna Miani). Gadames venne rioccupata il 6 febbraio, mentre le due colonne Gianninazzi e Miani scontratesi con forze ribelli - la prima a Chormet el Chaddamia e all'Uadi Marsit (5-6 aprile) e la seconda a Gasr Bu-Hadi (28 aprile) - dovettero sospendere la loro azione per la defezione delle bande indigene. Le conseguenze di queste due tragiche azioni non tardarono a manifestarsi: Tarhuna e Orfella venivano assediate dai ribelli, mentre in tutto il Gebel si estendeva la rivolta. Diversi vani tentativi furono fatti per liberare il presidio di Tarhuna; il quale il 18 giugno tentò un'audace sortita, ma senza risultato, poiché fu completamente distrutto. Il presidio di Beni Ulid, rimasto accerchiato, fu costretto ad arrendersi.
Il 1° gennaio del 1916 l'occupazione italiana era così ridotta alle basi di Tripoli e di Homs, alle quali poi si aggiunse Zuara. Per tutto il 1916 la situazione rimase invariata e si ebbero solamente i vittoriosi combattimenti sostenuti dalla colonna del gen. Latini a Gelida e al-Agelat (16-17 gennaio), dalla colonna del generale Cassinis a el-Agelat (6 aprile) e il fortunoso raid del gen. Cassinis da Zuara a Tripoli (4-11 settembre). Nessun avvenimento importante si ebbe nel 1917 e nel 1918.
Conclusasi vittoriosamente la guerra contro l'Austria, s'inviarono in colonia numerosi rinforzi, ma dopo varie trattative si giunse a un compromesso, nel quale fu compresa la concessione ai ribelli della cittadinanza italiana e di un parlamento, nonché l'esclusione dell'obbligo di leva e altri benefici. I capi arabi furono anche autorizzati a mantenere campi armati, mentre vennero costituiti speciali "posti di collegamento" negli ex-presidî italiani di Zauia, Zanzur, Misurata, Azizia, Sirte, Tarhuna, Garian, Riaina, Nalut, Beni Ulid. La maggior parte delle forze metropolitane distaccate in colonia venne rimpatriata.
Nel settembre del 1919 venne proclamato lo statuto libico, che la mentalità degli Arabi interpretò come manifestazione di debolezza. E le conseguenze non tardarono a manifestarsi. Nel 1920 uno dei principali capi arabi, Ramadan Sceteui, si rivoltò imponendo agl'Italiani lo sgombro dei posti di Nalut e Riaina. Il governo di Tripoli vi aggiunse, da parte sua, anche lo sgombero di Misurata (28 marzo). Nel maggio i ribelli occuparono Sirte e nel giugno el Garian. Alla fine del 1920 vennero ritirati diversi presidî italiani e nel marzo successivo si riaccendeva, nel Gebel, la lotta fra gli Arabi e i Berberi amici dell'Italia. Per un momento il governo della colonia riuscì ad arginare l'avanzata degli Arabi nella Gefara di Zauia e nel Gebel di Iefren (maggio 1921), ma poi decise di astenersi da ogni ulteriore intervento. Alla fine del 1921 il potere effettivo degl'Italiani era così nuovamente ridotto a Tripoli, a Homs e alla fascia costiera da Zanzur a Zuara.
Nell'interno, il vero dominatore era un cosiddetto "Comitato delle riforme" presieduto da Hamed bey el-Mraied, capo dei Tarhuna, che svolgeva attivissima azione a Roma tendendo ad ottenere la nomina di un emiro che avrebbe dovuto governare la colonia a nome dell'Italia. L'emirato fu poi effettivamente affidato al saied Mohammed Idris capo della Senussia. Erano questi i frutti di una politica eccessivamente remissiva. Ma quando venne destinato a reggere la colonia il governatore Volpi, questi - per rialzare il prestigio italiano - ordinò dapprima la rioccupazione di Misurata Marina (26 gennaio 1922) poi lo sblocco di Zauia e Azizia e infine un'offensiva a sud di Zuara.
L'attuazione della prima parte (fig. 1) si svolse con abile manovra per linee interne prima contro gli Arabi concentrati intorno a Zauia (16-21 aprile), poi contro quelli di Azizia (29-30 aprile): colonne Couture (poi Pizzari), Graziani, Belly, Gallina e Imoda. Raggiunto il primo obiettivo, s'iniziò la seconda parte del piano, con i gruppi Pizzari, Graziani, Gallina e Belly (fig. 2). Il compito principale era affidato alla colonna Graziani che, muovendo da Zuara, batté gli Arabi a el-Giosc (12 giugno) e il 18 a es-Slamat, occupò il 19 Giado e pochi giorni dopo Cabao e Nalut. Liberato così il Sud zuarino iniziò l'avanzata verso est, e battuti nuovamente gli Arabi a Umm el-Gersan occupava il 21 ottobre Iefren, riunendosi il 31, a Tagma, alla colonna Pizzari.
Ristabilita la situazione anche nella zona di Iefren, il governatore decise di non dar tregua ai ribelli e occupare subito il Garian. Parteciparono all'azione i gruppi Graziani, Pizzari e di Azizia. L'azione si svolse nei giorni 15 e 16 novembre; il 17 la colonna Graziani entrava a el-Garian concludendo vittoriosamente questo ciclo di operazioni, mentre in Italia saliva al potere il governo fascista, il quale decise di dare ancora maggiore impulso all'energica azione del Volpi.
A questo scopo venne eseguita un'ardita scorreria di un distaccamento contro il capo dei Tarhuna, Ahmed el-Mraied, che fu costretto a sgombrare l'importante nodo carovaniero di Sidi-es-Saiiah. Seguirono poi i preparativi per l'occupazione del territorio dei Tarhuna nel quale i ribelli occupavano le seguenti importanti posizioni: Sidi Bu. Argub, Sidi el-Gilani, Muagen Dogman e Sidi Bu Escia, l'Uadi el-Uif a sbarramento della carovaniera GarianTarhuna, le zone costiere fra Tagiura e Homs e tra Homs e Misurata.
Il governo della colonia decise di far convergere su Tarhuna due colonne partenti da Tripoli (Msellata) e dal Garian (Gebel) che con largo movimento aggirante avrebbero dovuto piombare su Tarhuna da nord-est e da sud-ovest; una terza colonna avrebbe attaccato direttamente da ovest partendo da Azizia (fig. 3). Compiti delle tre colonne: la colonna della Msellata (colonnello Pizzari) doveva effettuare la marcia iniziale; la colonna del Gebel (colonnello Graziani) doveva convergere dal Garian sull'Uadi e -Uif; la colonna della Gefara (tenente colonnello Belly) doveva attaccare frontalmente per l'Uadi Milga. All'alba del 29 gennaio 1923 la colonna della Msellata partita da Tagiura raggiungeva Gasr Garabulli e respingeva nuclei di cavalleria tarhuna che l'avevano assalita sul fianco destro e un attacco di ribelli a Gasr Garabulli. Il giorno 30 la colonna occupava Gasr Gefara. La colonna della Msellata proseguiva poi la sua marcia e, occupata Fondugh el-Allus dopo violento combattimento, riusciva a effettuare il collegamento con le forze mobili del presidio di Homs e ad occupare el-Gusbat. Il 31 gennaio la colonna della Gefara piombava di sorpresa su Sidi Bu Argub e lo occupava. Il 2 febbraio attaccava violentemente le posizioni nemiche e s'impadroniva di Sidi el-Gilani e di Sidi el-Uled.
Intanto anche la colonna del Gebel muoveva da el Garian e nello stesso 2 febbraio disperdeva i ribelli che occupavano le cisterne di Magleb el-Me; il giorno 3, dopo aver disfatto una grossa "mehalla", penetrava a Bir el-Uaar e se ne impadroniva.
Ma frattanto l'avversario aveva occupato le forti posizioni di Gasr el-Hagera, che sbarravano la via di accesso a Tarhuna. Ma la colonna del Gebel riuscì a sloggiarne subito il nemico e iniziò quindi una rapida manovra per accerchiare Tarhuna.
Mentre i capi di Tarhuna si affrettavano a sgombrare le posizioni dello sbocco dell'Uadi Milga ripiegando precipitosamente su Tarhuna, il comando delle nostre truppe ordinava alle colonne della Msellata e del Gebel di concorrere risolutamente all'occupazione di quella località. La mattina del 6 la colonna della Msellata mosse da el-Gusbat e raggiungeva Gasr-el-Dauun. A sua volta la colonna Graziani riprendeva la marcia e raggiungeva Tarhuna. Così alle ore 18 del 6 febbraio il tricolore sventolava di nuovo sull'alto del castello.
Dopo la rioccupazione del massiccio di Tarhuna, i comandi procedettero alla sistemazione politico-militare dell'importante zona, effettuando il disarmo delle popolazioni. Ma, risoluto a proseguire le operazioni nella regione orientale, il governo della colonia emanava il 20 febbraio l'ordine per la nuova audace operazione (fig. 4).
Mentre il gruppo della Msellata doveva dirigersi celermente su Zliten da ovest, il gruppo del Gebel aveva il compito di puntare su Zliten da sud. Il 21 febbraio la colonna Pizzari mosse contro le posizioni nemiche di Ras el-Mammam e Ras el-Gattar sull'Uadi Hasnun. A el-Hammam, posizione che domina completamente tutto il sistema difensivo della piazza di Homs, i ribelli (circa 800) furono costretti alla fuga. Intanto il grosso della colonna raggiungeva Suk el-Chmis, mentre il gruppo del Gebel effettuava la marcia da Tarhuna e raggiungeva Gasr el-Dauun. Il giorno 22 il gruppo Pizzari riprese l'avanzata e giunse a Sidi Saleh dopo aver battuto i ribelli. La colonna del Gebel, partita da Gasr el-Dauun, dopo aver battuto forze ribelli nella stretta di Bir Bu Summit, giungeva a Ras el-Gattar che occupava essendo ormai stata fiaccata definitivamente la fiera resistenza avversaria. Il 23 la colonna Pizzari occupava Zliten, mentre quella di Graziani s'impadroniva delle alture di Mager. L'avanzata generale venne ripresa il giorno 25 e alla sera del 26 l'avanguardia della colonna Pizzari entrava in Misurata. Contemporaneamente la colonna Graziani raggiungeva Bir Rabbud e il mattino successivo Bir Fallagia.
Ma le gravi disfatte non avevano indotto l'avversario alla rinuncia dei suoi propositi di rivincita. Forti "mehalla" furono segnalate dagli informatori nel Sud misuratino e il primo marzo una colonna italiana forte di 1300 fucili, 200 cavalieri e 2 pezzi mosse da Misurata su Tauorga. Altro campo nemico fu segnalato il 3 marzo a Bir Tagemut e il 4 una colonna leggiera vi si diresse da Tauorga e, benché inferiore di numero travolse il nemico, segnando così la definitiva pacificazione del Misuratino.
I ribelli diedero nuovi segni di attività nella regione tripolina verso la seconda quindicina di agosto; e per distruggerli definitivamente il governo ordinò un'immediata azione, cui parteciparono le colonne Mezzetti, Marghinotti e Gallina. La colonna Mezzetti mosse il 9 settembre 1923 da el-Garian e unitasi al presidio di Tarhuna, all'Uadi el-Uif batté un grosso nucleo ribelle, e quindi proseguendo per Gasr Dauun la colonna giunse a el-Gusbat il 14 settembre. Il gruppo Marghinotti frattanto, muovendo da Zliten, aveva spazzato i ribelli dalla zona del Gebel el-Gattar e congiuntosi a quello Mezzetti proseguiva il rastrellamento di tutta la vasta zona. Contemporaneamente il gruppo Gallina procedeva energicamente al rastrellamento della zona a sud del Gebel el-Gattar.
Altre azioni nelle zone del Garian, dei Tarhuna e degli Orfella diedero luogo, nell'ottobre, ai combattimenti del Gebel Msid, di Gasr el-Agubia, di Sidi Zli, di Bir Sarraint, di Bir Sidi Surur, dell'Uadi Gazal. In queste operazioni le perdite italiane ammontarono a 204 morti, 474 feriti, 3 dispersi, mentre i ribelli ebbero 1300 morti.
Verso il Gebel di Nalut, il vecchio capo tuaregh Sultan Ahmud attaccava il 17 novembre il posto di Ulad Mahmud e un nuovo attacco veniva sferrato il 3 dicembre contro Nalut; ma i due tentativi fallirono e i ribelli furono distrutti. Dopo questo brillante successo (che ristabilì il prestigio italiano nella zona occidentale) si procedette alla rioccupazione del territorio degli Orfella (fig. 5). Per marciare contro il capo di questi, Abd en-Nebi Belcher, vennero costituiti i seguenti gruppi: Gebel, Orientale, Mariotti, Malta, Volpini e Galliani. Il gruppo principale, l'orientale, da Misurata doveva puntare sull'Uadi Nfed, e assalire Beni Ulid da sud-est; l'altro gruppo del Gebel doveva dirigersi su Beni Ulid da Tarhuna; la colonna Malta doveva, da el-Garian, puntare su Scemech. I gruppi minori, infine, dovevano impegnare i ribelli della regione occidentale e battere la zona orientale alle spalle dei gruppi principali.
Le operazioni si svolsero in due periodi: marce e combattimenti del gruppo orientale da Misurata a Sedada (15-22 dicembre); marce e combattimenti dei gruppi: orientale, da Sedada; del Gebel, da Tarhuna; del Garian, da Bir Gan (Garian). Nel primo periodo il gruppo orientale portandosi da Misurata a Sedada il 22 dicembre piombava improvvisamente sul campo ribelle di Sedada. Nel secondo periodo, non avendo Abd en-Nebi accettato le proposte del governo, il gruppo del Gebel (Graziani) mosse da Tarhuna e giunse il 25 a Graret Darbuch ove il generale Graziani assunse il comando di tutte le truppe operanti. Il 26 marciava su Gasr Galabun. Contemporaneamente la colonna Malta partita da el-Garian raggiungeva Bir Tarsin il 26. Il 27 dicembre il gruppo orientale da Gasr Mimun attaccava l'avversario sull'Uadi Gobbin; mentre il gruppo del Gebel veniva attaccato violentemente fin sotto le mura di Beni Ulid. Il valore degl'italiani ebbe il sopravvento. La colonna Malta, partita il 27 da Gasr Tininai, giunse a Scemech.
Rioccupata la Tripolitania settentrionale, vennero iniziate trattative politiche con le popolazioni della Ghibla sud-occidentale e, ai primi di febbraio 1924 una colonna italiana occupava Sinauen e Gadames. Nei mesi successivi altre azioni si conclusero con l'occupazione delle regioni di Gadames e di Misda, e ben presto vennero allacciate relazioni politiche ed economiche con le popolazioni di Ghat, del Fezzan e con i Tuaregh e gli Zintan.
A completare l'opera di riconquista delle regioni settentrionali della colonia, iniziata il 22 gennaio 1922, mancava ancora la rioccupazione della Sirtim, dove si erano rifugiati quasi tutti i notabili e capi di Tarhuna, di Orfella, di Misurata e della Ghibla. L'azione militare fu preceduta da un'opportuna preparazione politica che attirò all'Italia molti fuorusciti di Misurata e degli Orfella. Rimase a Sirte solo Ibrahim Sceteui con circa 2000 persone.
Nel novembre 1924 le forze italiane furono a Bir Abd el-Rauaaf. I ribelli erano dislocati nelle vicinanze di Sirte, a Gasr Bur Hadi. Il 23 la colonna entrava a Sirte. Il giorno stesso il colonnello Mezzetti mosse da Sirte su Gasr Bu Hadi piombando sull'accampamento dei ribelli che, sorpresi, si salvarono con la fuga.
Era così completata la rioccupazione della Tripolitania settentrionale fino alla linea Sirte-Beni Ulid-Misda-Gadames che venne suddivisa in tre zone: zona dei commissariati civili; zona orientale coi territorî di Zliten, Misurata, Tauorga e Sirte; zona del Sud comprendente le regioni da Gadames a Tarhuna e la Ghibla dal Hammada a Beni Ulid. Di quest'ultima zona, a carattere prettamente militare, ebbe il comando il generale Graziani. Nel luglio 1925 il conte Volpi venne sostituito dal generale De Bono nel governo della colonia. Fino a tutto il 1927 non si ebbero avvenimenti militari importanti, ma si andavano metodicamente preparando le nuove operazioni per la riconquista del Fezzan.
Per non ricadere negli errori del 1915, era necessario prima assicurare i fianchi e le spalle, disperdendo i nuclei ribelli che si annidavano ancora nella Ghibla e nella Sirtica. Si ebbe così nel primo semestre del 1928 una serie di operazioni dirette dal generale Cicconetti, note come "operazioni del 29° parallelo", che si effettuarono in tre tempi:
1° tempo (dal 3 gennaio 1928 al 5 febbraio): vi presero parte i gruppi Graziani, Pintor e La Viola. Con l'occupazione di Bu Ngem, della Zauia di en-Nufilia e di Merduma fu conquistato l'assoluto dominio della costa orientale assicurando la sutura costiera fra Tripolitania e Cirenaica.
2° tempo (9 febbraio-18 marzo): vi parteciparono, al comando del generale Graziani, i gruppi Gallina, Pintor, di S. A. R. il Duca delle Puglie e Mariotti. Partite da Bu Ngem, occupate tutte le oasi meridionali, Augila, Gialo, Marada, Zella, Cufra e Socna, battuti i ribelli nel duro combattimento di Tagrift (25 febbraio), le truppe rientravano a Nufilia dopo un faticoso raid di oltre 2000 km.
3° tempo (4-30 maggio): vi parteciparono, agli ordini del generale Mezzetti, i gruppi Garelli, Moramarco, Lorenzini, Simone e Malta. Le operazioni consisterono nel rastrellamento di tutto il territorio compreso tra Nufilia, Zella, Mrada e Agheila e tra Sirte, Zella e Medda, che portò alla completa sottomissione delle tribù dei Mogarba. Al termine delle operazioni del 29° parallelo si rese ancora necessaria un'opera di polizia nella Ghibla, le cui popolazioni davano segni di irrequietezza. Sconfitti a Gheriat (15 luglio) e a Bir el Afre (31 ottobre) i ribelli vennero definitivamente ricacciati verso il sud.
Nel gennaio 1929 assumeva il governo della Colonia il Maresciallo Badoglio, proprio quando Hamed Sef en-Nasser, uno dei principali capi ribelli, concentrate numerose forze nello Sciati, minacciava di dar esecuzione all'ardito progetto d'invadere la Ghibla a diretta minaccia del Gebel. Battuti il 17 aprile a Caf el-Metchia, il 22 a Umm Melah e nelle giornate del 25, 26 e 27 maggio nella regione dello Sciueref, i ribelli si dovettero ritirare in direzione di Brach nel Fezzan. Proceduto quindi al disarmo delle popolazioni della Ghibla, il nuovo governatore poté in tutta sicurezza dare inizio alla spedizione del Fezzan.
Le notizie che si avevano del nemico indicavano la presenza di due masse ribelli: una orientale tra Uan, Barch e Sebhai e una occidentale verso Edri. Concetto fondamentale del piano strategico del Badoglio (fig. 6) era di agire inizialmente con una massa principale lungo la direttrice Sciueref-Brach-Sebha incuneandosi così fra le masse ribelli; agire quindi da Barch e da Sebha verso oriente o verso occidente, secondo la situazione del momento.
Le operazioni vennero imperniate sull'azione di tre colonne: colonna centrale dello Sciueref (S. A. R. il duca delle Puglie): doveva penetrare rapidamente nello Sciati, occupare Brach, sistemarsi una base provvisoria di operazioni e inviare quindi distaccamenti agli sbocchi meridionali del Gebel Soda incontro alla colonna orientale; colonna occidentale (Moramarco): doveva in un primo momento rimanere concentrata a Derg in attesa di muovere su Edri e Ubari, per concorrere, se necessario, alle operazioni nella rambla occidentale; colonna orientale (Cubeddu): doveva da Hon portarsi a Brach non appena la colonna centrale l'avesse occupata.
Ultimato il concentramento delle forze e dei mezzi il 25 novembre il generale Graziani assumeva il comando di tutte le truppe. Il 28 la colonna centrale iniziava l'avanzata ed entrava il 5 dicembre a Brach, ove veniva raggiunta il 9 dalla colonna orientale. Il giorno 14 veniva occupata Sebha. Il 4 gennaio, a protezione del fianco destro della colonna centrale, partì da Derg la colonna occidentale che giunse il 31 a Edri. Da Sebha il generale Graziani decise di portarsi contro la massa orientale ribelle che, dislocata tra Zuila e Umm el-Araneb, poteva minacciare la nostra linea di comunicazione tra Hon e Sebha. Partita il 6 gennaio 1930, la colonna giunse il 9 a Umm el-Araneb, da dove, saputo che i ribelli al comando di Sef-en Nasser, si erano ritirati verso l'oasi di Uau-el-Kebir, il generale Graziani inviò contro di loro una colonna, composta da truppe sahariane. Il 13 i ribelli venivano battuti e dispersi. Il 21 gennaio la colonna centrale occupava Murzuch, il 26 Gatrum, il 28 Ubari - dove il 1° febbraio venne raggiunta dalla colonna occidentale - e il 15 febbraio Gat. Contemporaneamente la colonna occidentale occupava, il 10, Serdeles e il 14, Tachiomet. Il 25 marzo in un aspro combattimento a Ras-el-Han, Sef-en-Nasser veniva ucciso. A completare la conquista del Fezzan, venne raggiunto alla fine di marzo Tummo all'estremità meridionale della colonia.
La Tripolitania era così interamente riconquistata e si concludeva degnamente un glorioso ciclo storico delle imprese coloniali italiane.