TRISCELE (τρισκελής, trisceles)
"Che ha tre gambe", come indica l'etimologia; con questo nome (e con quello di triquetra, sottinteso figura, meno proprio, perché significante "triangolare"), viene designata una figurazione simbolica, alquanto diffusa nell'area artistica greca, consistente in tre gambe piegate nello stesso senso, disposte su un piano orizzontale in moto circolare. Al centro si trova spesso una testa femminile o un gorgonèion; talora vi sono alette ai piedi.
La t. è di origine probabilmente orientale e va intesa come simbolo del sole, o della luna (Holm), e del loro moto apparente. Compare su monete del VI-V sec. a. C. di Egina, Fliunte, Derrones, Aspendo, Milo e della confederazione Licia e del V-IV di Neandria e Ierapitna, nonché sulle monete di colonie italiche, come Metaponto e Napoli. Si trovano in questo periodo delle varianti, come la diskelès e la tetraskelès, quest'ultima è molto simile alla svastica (v.), il che costituisce un altro motivo per cercare a oriente l'origine della triscele.
In Sicilia la t. si trova molte volte. Ci si è chiesti se voglia fin dall'inizio simboleggiare la forma dell'isola. Al riguardo si è osservato che la prima comparsa avviene sotto la forma di emissioni siracusane del 317-310 a. C., prima cioè che avesse vita l'effimera formazione politica pansicula di Agatocle. Anzi, nell'epoca in cui Gerone, sotto la protezione romana, regnava sull'isola finalmente unita, la t. sarà assente anche dalla monetazione siracusana, per ricomparire, sotto la dominazione romana, ormai certo emblema della Trinacria (v. ad esempio la moneta. di M. Claudio Marcello, il conquistatore di Siracusa, dietro al ritratto del quale c'è la t.). Lo Hill congetturò che fosse il sigillo privato di Agatocle, trasferito in un secondo tempo sulle monete. Lo Holm a sua volta ha pensato ad un influsso cartaginese. Comunque, la ricomparsa della t. in epoca romana su monete di colonie sud-occidentali non può essere messa in rapporto causale- almeno se non a prezzo di un'ipotesi arbitraria- con il più accentuato influsso cartaginese. Sta di fatto che la t. col gorgonèion al centro divenne l'emblema della Sicilia, emblema rimasto tale anche nell'epoca moderna. Su un denario della gens Alliena del 47 a. C. l'eroe eponimo Trinakros, figlio di Posidone, è raffigurato con la gamba poggiata su una prua mentre regge nella destra la triscele. Ceramiche del VII-VI sec. a. C. ora rinvenute, di fabbrica gelese, ripropongono la possibilità di un più remoto inizio del valore geografico di questo simbolo. Nessun vaso d'importazione, rodia corinzia o insulare, presenta finora tale raffigurazione in Sicilia ed è da notare che essa è raffigurata sui vasi gelesi in forma notevolmente naturalistica.
Oltre alle rappresentazioni monetali della t. - alcune delle quali in coni di notevole bellezza (v. ad esempio un denario siracusano del 336-317, Giesecke, Sicilia numismatica, tav. XIX, n. 13), ne esistono diverse altre. Si ricordino: un'anfora panatenaica del Museo Nazionale di Napoli (Heydeman, n. 3383) nella quale la t. è effigiata su uno scudo (episema); un mosaico di Ostia raffigurante le province dell'Impero (la Sicilia, a differenza delle altre regioni, che sono personificate, è simboleggiata da una t. con la testa di Gorgone nel mezzo). Da notare che in una pittura murale di Pompei, oggi perduta, l'isola era raffigurata quale una donna con la t. sul capo, come su un altro mosaico ostiense del II sec. d. C. nelle Terme della Trinacria.
Bibl.: A. Holm, Gesch. Sizil., III, Lipsia 1898, p. 680; G. F. Hill, Coins of Ancient Sicily, Westminster 1903; G. Becatti, Scavi di Ostia, IV, Mosaici e pavimenti marmorei, Roma 1961, n. 68, tav. CXXXIII. E. de Miro, in Kokalos, VIII, 1962, p. 132; P. Orlandini, in Cronache di Archeologia e St. d. Arte, 3, 1964 (Roma 1966), p. 13 ss.