TRITONE (Τρίτων, Triton)
È una figura molto popolare nella religione e nella mitologia degli antichi Greci, i quali lo concepivano nell'aspetto di un uomo terminante, nella parte inferiore, in una coda di pesce. Per quanto sulla concezione greca di questo essere favoloso possano avere influito modelli orientali, non si può disconoscere a Tr. un'origine greca. Ricordato per la prima volta da Esiodo, Tr. appartiene alla famiglia di quegli esseri marini, che i Greci ora temevano come agitatori di tempeste ora invocavano come benevoli protettori della navigazione e della pesca: quella famiglia che comprendeva anche Nereo con la schiera delle Nereidi e l'antico vecchio marino (ἅλιος γέρων), il quale a poco a poco impallidì con l'affermarsi delle figure di Nereo e di Tr. Il nome stesso di Tr., strettamente collegato a quello della dea marina Anfitrite, sembra contenga in sé il concetto del mare perennemente instabile. Considerato in origine come una figura per sé stante, Tr. divenne in seguito figlio di Posidone. E come Posidone fu considerato padre di Tr., così era abbastanza naturale che la regina del mare, Anfitrite, fosse, almeno dalla maggioranza dei mitografi, reputata sua madre. Ma Tr. riceveva esso pure il suo culto, il quale sembra fosse particolarmente sentito nell'Attica e nella Beozia (soprattutto a Tanagra). Di santuarî veri e proprî dedicati a Tr. non ci è, almeno finora, pervenuto il ricordo; ma si sa di altari eretti in suo onore e di preghiere rivoltegli. In particolare i Greci amavano ricordare il suo intervento nella leggenda degli Argonauti, dove però bisogna osservare che il santuario attribuito a Tr. sulle sponde della libica palude Tritonia doveva essere, almeno in origine, di un dio libico più o meno affine al greco Tr. Tritone fu messo dagli antichi in rapporto anche con Atena; ma si tratta di un accostamento fittizio, dovuto palesemente al fatto che Atena possedeva, fra gli altri suoi epiteti, quello di Τριτογένεια. Divenuto Tr. una figura secondaria rispetto a Posidone, la sua personalità venne sempre più a indebolirsi, specie quando (forse nel sec. IV a. C., forse prima) poeti, mitografi e artisti cominciarono a moltiplicare la sua effigie in una serie sempre più numerosa di fratelli, i Tritoni.
Il Tritone si vede rappresentato in lotta con Eracle sopra uno dei frontoni arcaici dell'Acropoli di Atene, pervenutoci frammentario, nonché su altri monumenti di scultura (fregio del tempio di Asso) e di pittura vascolare, pure di età arcaici.
Gli originali greci, ai quali si richiamano certe repliche di età ellenistico-romana, non risalgono più indietro della metà circa del sec. IV a. C. In questo periodo la figura risulta profondamente umanizzata e ingentilita. Il problema artistico di fondere con naturalezza le due parti, umana e ferina, è assolto egregiamente in opere di scultura, dove a un torso perfettamente umano e di aspetto giovanile e fiorente, si inseriscono, al posto delle gambe, due appendici serpentiformi, attorte in spire flessuose. La creazione del tipo iconografico può essere fatta risalire a Scopa, autore di un celebre gruppo statuario di Tritoni e Nereidi.
In talune di codeste figure il carattere marino è accentuato dal trattamento dei capelli, lunghi e abbioccolati, nonché, talvolta, dalle pinne che si disegnano aderenti lungo il tronco. Attributi comuni del Tritone sono il remo, portato a spalla, e, più di frequente, la conchiglia tortile, o rombo, soffiando nella quale i Tritoni producevano i muggiti delle onde. Non di rado il giovine Tritone è rappresentato in compagnia di una Nereide portata seduta sul dorso, o comunque appoggiata alla sua persona.
Bibl.: F. R. Dressler, Triton und die Tritonen in der Litteratur und Kunst der Griechen und Römer, I-II, Progr., Wurzen 1892-3; K. Kuruniotis, Herakles mit Halios Geron u. Triton auf werken der älteren griech. Kunst, diss. di Monaco 1893; Dressler, in Roscher, Lexikon der griech. u. röm. Mythologie, V, col. 1150 segg.; A. Boulanger, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, s. v. Triton; U. v. Wilamowitz-Moellendorff, Der Glaube der Hellenen, I, Berlino 1931, p. 222; L. Morpurgo, La rappresentazione figurata di Virbio, in Ausonia, IV (1909), pp. 109-127.