CARACCIOLO, Troiano
Nacque verso la metà del sec. XV, primogenito di Giovanni, duca di Melfi, e di Sveva Sanseverino.
Quando, nel 1487, il padre fu condannato a morte per aver partecipato alla congiura ordita dai baroni contro Ferdinando I d'Aragona, subì la confisca dei beni, che in seguito gli furono dal sovrano in parte restituiti. Sotto l'incalzare della minaccia francese, Alfonso II gli confermò il feudo di Forenza (Potenza) con il titolo di conte e lo sollecitò ad unirsi alle forze regie per far fronte all'invasione. Il C. fu invece uno dei primi che resero omaggio a Carlo VIII al suo ingresso a Napoli (22 febbr. 1495) e dal sovrano francese ottenne, oltre alla conferma di Forenza, anche il ducato di Melfi. Quando però Ferrandino sbarcò a Napoli, avviato alla riconquista del Regno, il C. andò ad accoglierlo in nome dei gentiluomini di Capuana e sotto la bandiera aragonese poco più di un mese dopo fu ferito combattendo a Castelnuovo. Dopo essere stato costantemente in campo con il re, aver preso parte a consigli di guerra (20 apr. 1496) e a fatti d'arme (Sulmona, 1º giugno), il C. era ancora in Abruzzo con Ferrandino quando questi si ammalò. Accompagnatolo a Napoli il 5 ottobre, due giorni dopo il C. assistette con gran dolore alla morte del sovrano. Egli rilevò quindi Federico a Gaeta e gli recò l'invito ufficiale dei baroni ad assumere la corona. Nell'ottobre dell'anno 1497 il C., che, all'incoronazione di Federico a Capua aveva avuto l'onore di reggere la briglia della cavalcatura regia, contribuì con le sue truppe alla spedizione del sovrano contro il principe di Salerno. Nell'agosto dell'anno successivo egli, che nel maggio aveva tenuto a battesimo un figlio di Federico e nel giugno aveva ricevuto dal sovrano il titolo di principe di Melfi e la carica di gran siniscalco, la conferma del ducato di Ascoli e del comitato di Avellino, fu inviato in Puglia per provvedere convenientemente contro il diffondersi di una epidemia di peste. Con la nuova calata dei Francesi, il C., che nel febbraio del 1500 aveva ingrandito i suoi possedimenti con l'acquisto di alcune terre in Lucania, fu di nuovo uno dei primi - provocando nel luglio 1501 amare previsioni sul suo avvenire da parte di re Federico - a pronunciarsi in favore dei Francesi. Dopo l'occupazione di Napoli da parte di costoro, il C., messosi al loro servizio, prese attiva parte alle operazioni militari e partecipò, sotto gli ordini del duca di Nemours, alla campagna in Puglia, condotta non più contro le fragili forze aragonesi, ma contro quelle spagnole, che culminò con la battaglia di Cerignola (28 apr. 1503). In essa il C., che era stato insignito dell'Ordine di S. Michele e aveva avuto dai Francesi la conferma dello Stato, comandò assieme al principe di Salerno la seconda squadra dell'esercito francese. Il C. e il Sanseverino, dopo aver compiuto una prima carica, che fruttò loro la conquista di quattro cannoni, ebbero la consapevolezza dell'impossibilità di un felice esito dell'impresa, ma il viceré - che avrebbe trovato la morte nello scontro - non volle o non poté evitare di combattere. Ferito tre volte, il C. si mise in salvo a Melfi, fuggì poi a Venezia e quindi in Francia.
Nel gennaio del 1504 era a Lione, dove si adoperava per una soluzione della precaria situazione degli esuli napoletani. Quando, dopo il trattato del 1505, grazie al quale egli ebbe restituiti Melfi, Atella e altre terre, Ferdinando il Cattolico venne nel 1506 a Napoli, il C., dopo essere giunto in Catalogna al seguito di Germana di Foix, ritornò in patria assieme al sovrano spagnolo. Nei disordini che travagliarono Napoli nel 1510, quando nella città si ingenerò il sospetto dell'introduzione dell'Inquisizione al modo spagnolo, il C. prese posizione contro un tale provvedimento e partecipò alla processione che il 28 ottobre, dopo l'accordo concluso pochi giorni prima nel capitolo di S. Lorenzo fra tutte le categorie sociali, sfilò dalla cattedrale alla chiesa dell'Annunziata, cui tre anni prima il C. aveva fatto dono di un dipinto raffigurante S. Anna, ritenuto miracoloso e traslato con grande solennità. Nel 1511 egli, che l'anno precedente aveva visto cadere una sua ventilata candidatura come condottiero delle milizie fiorentine, restituì, rompendo così tutti gli antichi legami con la Francia il collare di S. Michele.
Intanto un cambiamento radicale si era prodotto nella vita del C., che, ritiratosi nel palazzo di Leonessa, vicino Melfi da uomo d'arme si era andato trasformando in uomo di studi e mecenate. A lui, infatti, l'umanista Tristano Caracciolo, che insieme con il figlio Giovanni aveva avuto in dono dal C. il feudo di Fontana Fura, vicino a Barletta, dedicò la Vita Serzannis Caraccioli (in Opuscoli..., in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXII, 1, a cura di G. Paladino pp. 19-40); a lui e al figlio Giovanni Andrea Matteo Acquaviva - suo consuocero - dedicò la traduzione in latino del De virtute morali di Plutarco (edita poi a Napoli nel 1526); Pietro Gravina gli dedicò un epigramma (Poematum libri..., Napoli 1532, p. 12).
Il suddetto Giovanni fu l'unico figlio maschio che il C., che si unì in seconde nozze con Antonia Caldora, ebbe, oltre a tre figlie, dalla prima moglie, Ippolita Sanseverino, sposata nel 1485.
Morì a Melfi il 16 maggio 1520.
Fonti e Bibl.: I giornali di G. Passero, a cura di M. M. Vecchioni, Napoli 1785, pp. 83, 109, 120, 136, 147, 151, 282; Cronica di notar Giacomo, a cura di P. Garzilli, Napoli 1845, pp. 110, 222, 226 s., 239, 290, 306, 329; M. Sanuto, Diarii, I, Venezia 1879; III, ibid. 1880; IV, ibid.; V, ibid. 1991; XI, ibid. 1884, ad Indices; Chroniques de Louis XII, a cura di J. d'Auton, II, Paris 1893, pp. 151, 193, 280; Regis Ferdinandi Primi instruct. liber..., a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, pp. 7, 125, 145, 164, 289, 303 ss., 421; Ph. de Commynes, Memories, a cura di J. Calmette, III, Paris 1925, p. 97; N. Cortese, Feudi e feudatari napoletani..., Napoli 1931, pp. 13, 20; Regesto della cancell. aragonese di Napoli, a cura di J. Mazzoleni, Napoli 1951, p. 96; N. Machiavelli, Legazioni e commissarie, a cura di S. Bertelli, III, Milano 1964, pp. 1351, 1417; L. Volpicella, Federico d'Aragona, Napoli 1908, pp. 39 s., 44, 54, 63 s.; P. Pieri, La guerra franco-spagnuola nel Mezzogiorno, in Arch. stor. per le prov. napol., n. s., XXXIII (1952), pp. 55 s.; G. Vitale, L'umanista Tristano Caracciolo ed i principi di Melfi,ibid., s. 3, II (1962), pp. 343 s., 346. 348, 355 s., 358-60, 362, 365-68; F. Fabris, La geneal. della famiglia Caracciolo, a cura di A. Caracciolo, Napoli 1966, tavv. XLI bis, XLV bis 1.