TROIANO de Regno
TROIANO de Regno. – Non si hanno notizie precise sulla data di nascita, sulla famiglia e sul luogo d’origine di questo domenicano e inquisitore.
La denominazione attestata può far pensare che fosse originario del Regno di Sicilia, dove principalmente operò nel corso della sua vita. Proveniva in realtà probabilmente dal Beneventano: tra i vari frati presenti come testimoni a una donazione fatta il 28 giugno 1251 da Manfredi Lancia al vescovo di Orvieto (il domenicano Costantino dei Medici), compare infatti un Troiano, proveniente proprio da quel territorio (Codice diplomatico..., a cura di L. Fumi, 1884, p. 196, n. 301). Neppure si conosce la data del suo ingresso nell’Ordine e se abbia svolto anche un regolare percorso di studi al suo interno. Doveva essere comunque dotato di buona cultura, acquisita probabilmente nello Studio del convento napoletano di S. Domenico Maggiore di Napoli, dato che al processo di canonizzazione di s. Tommaso d’Aquino Bartolomeo di Capua, logoteta e protonotario del Regno, lo ricorda fra i «viros religiosos magnae scientiae, auctoritatis et reverentiae» incontrati nel convento napoletano (Fontes vitae S. Thomae..., a cura di M.-H. Laurent, 1912-1937, IV, p. 371).
Nel capitolo della Provincia romana, svoltosi ad Anagni nel 1252, Troiano fu eletto socio del ‘diffinitore’ fra Sinibaldo de Alma per il successivo Capitolo generale, che però non si svolse a causa della morte del generale ‘Giovanni ’di Wildeshausen. Poco dopo, nel 1254, comparve come priore del convento di Barletta nel documento con il quale Innocenzo IV confermò l’elezione di Goffredo di Massafra a vescovo di Lecce.
Il documento è rogato a S. Domenico Maggiore di Napoli, alla presenza oltre che di Troiano, definito appunto priore barlettano, dei frati Bartolomeno, eletto vescovo di Patti, Nicola Paglia da Giovinazzo, Tommaso da Lentini, Gregorio di Lucca, Lorenzo di Scala (Documenti tratti dai Registri Vaticani..., a cura di D. Vendola, 1940, pp. 238 s., n. 311).
L’anno successivo Troiano passò verosimilmente ad altro incarico. Nel 1255, al capitolo provinciale svoltosi a Napoli, fu punito a pane e acqua per tre giorni per aver violato quanto disposto dall’Ordine sull’uso del denaro, che doveva essere tenuto in deposito communi, mentre egli aveva probabilmente preso decisioni senza consultarsi con gli altri frati. Il capitolo stabilì infatti che «item iniungimus fr. Troyano, pro eo quod multas mutationes indebitas et irrationabiles fecit in vicaria sua, et debita multa contraxit absque causa legitima et fratrum consilio, et questum fecit fieri in terminis conv. Tranensis, 3 dies in pane et aqua» (Acta capitulorum provincialum Provinciae Romanae, a cura di T. Kaeppeli - A. Dondaine, 1941, p. 18).
La vicaria di cui si parla è probabilmente quella della Provincia romana, ove Troiano operò in sostituzione temporanea del provinciale Giovanni Colonna, diventato arcivescovo di Messina, anche se non è da escudere un riferimento alla carica di procuratore generale dell’Ordine presso la Curia romana. Troiano era stato infatti il primo a ricoprire tale incarico, nominato dallo stesso Umberto di Romans.
Da questa carica si dimise tuttavia già nel 1257 con un memoriale al capitolo generale di Firenze, in cui espresse una serie di raccomandazioni e preoccupazioni circa la carica di procuratore presso la Curia pontificia, che lasciano trasparire i motivi delle dimissioni (Acta capitulorum generalium Ordinis Praedicatorum, a cura di B.M. Reichert, 1898, p. 89; anche in Fontana, 1666, p. 463).
Nel memoriale, dopo aver chiesto (supplico) di essere sostituito a causa dei propri difetti e manchevolezze, raccomandava ai frati di spiegare minuziosamente i motivi per i quali si rivolgevano al procuratore generale, indicando la provincia, la diocesi e la città alla quale appartenevano e, se era necessario richiedere anche l’intervento dei giudici o degli esecutori, di nominarli espressamente; nel caso di lettere inviate al papa o ai cardinali, consigliava di informare il procuratore affinché potesse seguire con più attenzione le richieste formulate. Il motivo che spinse Troiano a dimettersi fu probabilmente un altro: affermò, infatti, di aver contratto molti debiti in moneta durante l’esercizio della sua carica, essendo stato costretto ad anticipare i soldi necessari al disbrigo delle pratiche, dato che solo ad affare concluso i frati inviavano il denaro, che per giunta non di rado si perdeva lungo il tragitto. Si raccomandava, infine, alle preghiere dei confratelli.
Quello di Troiano con il denaro era stato sempre un rapporto difficile, come emerso anche dal capitolo napoletano del 1255: ne avvertiva costante bisogno e lo utilizzava con disinvoltura. Ai vertici dell’Ordine, tuttavia, questa volta il suo comportamento non destò preoccupazione, se nel 1260 fu eletto priore della Provincia romana e nel 1262 partecipò in tale veste al capitolo generale di Bologna.
Con l’arrivo degli Angioini nel Regno di Sicilia Troiano, insieme ad altri frati del suo Ordine, si mise al servizio della Corona che, in accordo con il Papato, a partire dalla discesa di Corradino di Svevia nel Regno (1268) diede avvio a una più efficace opera di contrasto alla dissidenza religiosa. Tra il 1268 e il 1272 è attestato in una ventina di documenti emanati da Carlo d’Angiò, il quale, rispettoso com’era delle prerogative del pontefice, cui spettava la nomina degli inquisitori, lo definisce sempre «a Sancta Romana Ecclesia constitutus» (I registri della Cancelleria angioina ricostruiti..., 1950-2010, III, p. 241, nn. 725-726, IV, p. 16, nn. 104-105).
Il processo d’istituzionalizzazione dell’officium inquisitoriale avviato a partire dal pontificato di Innocenzo IV, che con la Cum super inquisitione (8 giugno 1254) aveva diviso l’Italia in otto province, sei delle quali affidate ai minori e due (Lombardia e Regno di Sicilia) ai domenicani, si incrociava con l’azione repressiva della monarchia, di cui fra Troiano fu un solerte interprete. Il domenicano, assistito dalla sua familia (un altro frate, suo socio, da un notaio e da altre tre persone), aveva giurisdizione su tutto il Regno, ma in particolare su Principato, Terra di Lavoro, Molise e Abruzzo. Fin dal 1269 il re consentì a lui e al suo seguito di portare le armi e ordinò ripetutamente ai suoi funzionari di pagare un augustale al giorno a Troiano e alla sua familia, affinché potesse svolgere i suoi compiti con efficacia e affrontare le relative spese.
Lo svolgimento dell’ufficio di inquisitore garantì a Troiano molta notorietà, se il 27 dicembre 1269 Bernardo I Aiglerio, abate di Montecassino, nel dare il suo assenso alla fondazione di un convento dei frati predicatori a San Germano (odierna Cassino), all’interno del Regno di Sicilia, affermò di operare «ob honorem Dei et venerabilis viri fratris Thomasii de Aquino et religiosi viri fratris Troiani de eodem Praedicatorum ordine» (Fontes vitae S. Thomae..., cit., p. 571).
Dopo il dicembre del 1272 non si hanno più notizie di Troiano, per cui è probabile che sia morto nei mesi successivi.
Fonti e Bibl.: Codice diplomatico della città di Orvieto, a cura di L. Fumi, Firenze 1884, p. 196, n. 301; L. Amabile, Il Santo Officio della Inquisizione in Napoli. Narrazione con molti documenti inediti, Città di Castello 1892, pp. 50-59; Acta capitulorum generalium Ordinis Praedicatorum, I, ab anno 1220 usque ad annum 1303, a cura di B.M. Reichert, Roma 1898, p. 89; J-M. Caccia, Chronique du couvent des precheurs d’Orvieto, Roma 1907, p. 61; Fontes vitae S. Thomae Aquinatis, a cura di M.-H. Laurent, Saint Maximin 1912-1937, IV, p. 371, VI, p. 571; Documenti tratti dai Registri Vaticani da Innocenzo III a Nicola IV, a cura di D. Vendola, Trani 1940, pp. 238 s., n. 311; Acta capitulorum provincialium Provinciae Romanae, a cura di T. Kaeppeli - A. Dondaine, Roma 1941, pp. 14, 18. Per i documenti della cancelleria angioina: C. Minieri Riccio, Saggio di Codice diplomatico formato sulle antiche scritture dell’Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1878, I, p. 54, n. 51, p. 55, n. 53, p. 58, n. 58, p. 64, n. 64; G.M. Monti, Nuovi documenti sulla Inquisizione nel Regno di Sicilia da Carlo I a Roberto, in Archivio storico per le province napoletane, LIX (1934), pp. 158-161; I registri della Cancelleria angioina ricostruiti da Riccardo Filangieri con la collaborazione degli archivisti napoletani, I-L, Napoli 1950-2010, I, 1950, p. 204 n. 73; III, 1951, p. 241 nn. 725 e 726, p. 255 n. 804, p. 258 n. 820; IV, 1951, p. 16. nn. 104-105, p. 20 nn. 120-121, p. 143 n. 954, p. 210 n. 15; V, 1951, p. 61 n. 268, p. 112 nn. 58 e 59, p. 152 n. 228; VII, 1953, p. 290 n. 91; IX, 1954, p. 63 n. 27, p. 292 n. 19; XV, 1961, p. 62 n. 10.
T. Valle, Breve compendio de gli più illustri padri nella santità della vita, dignità, uffici e lettere ch’hà prodotto la provincia del Regno di Napoli dell’Ordine de Predicatori, Napoli 1651, pp. 31 s.; V.M. Fontana, Sacrum theatrum Dominicanum, Romae 1666, pp. 462 s., 601; Id., De Romana Provincia Ordinis praedicatorum, Romae 1670, p. 33; T.P. Masetti, Monumenta et antiquitates veteris disciplinae Ordinis Praedicatorum, Romae 1864, I, pp. 219-221; I. Taurisano, Hierarchia Ordinis praedicatorum, Romae 1916, p. 84; Id., Discepoli e biografi di S. Tommaso: note storico-critiche, in S. Tommaso d’Aquino: Miscellanea storico-artistica, Roma 1924, p. 122; H.Ch. Scheeben, Accessiones ad Historiam Romanae Provinciae saeculo XIII, in Archivum Fratrum Praedicatorum, IV (1934), pp. 102-109, 132 s.; G. Cioffari, Storia dei domenicani in Puglia (1221-1350), Bari 1986, p. 44; Id. - M. Miele, Storia dei Domenicani in Italia meridionale, Napoli-Bari 1993, pp. 31, 48 s., 64-66, 71, 73 s.; R. Di Meglio, Ordini mendicanti, monarchia e dinamiche politico-sociali nella Napoli dei secoli XIII-XV, Raleigh 2013, p. 113.