MORMILE, Troiano
– Nacque a Napoli nel 1449, da Carlo, appartenente a una famiglia del patriziato cittadino iscritta al Seggio di Portanova.
Come altri suoi avi che agli inizi del Quattrocento avevano militato al servizio dei sovrani angioini, allora insediati sul trono di Napoli, acquisì titoli e onori grazie al valore nelle armi. Tra l’autunno del 1480 e l’estate dell’anno successivo, per conto del re Ferdinando I (Ferrante) d’Aragona raccolse a sue spese un contingente di cavalleria col quale seguì Alfonso d'Aragona duca di Calabria nella guerra contro i turchi che avevano occupato Otranto, riportandone un'importante vittoria, oltre che la fama di una eroica tenzone con il nemico. Da allora, rimase sempre legato da vincoli di fedeltà politica alla Casa aragonese e, in seguito, a quella degli Asburgo di Spagna, considerandola erede della prima.
Nel 1495 fu tra quanti sostennero il ritorno degli Aragonesi sul trono di Napoli, che l’anno prima era stato conquistato da Carlo VIII di Francia. Fu, quindi, tra quanti acclamarono Ferdinando II re di Napoli, quando questi sbarcò nel porto della città il 7 luglio di quell’anno, dopo che il re dei francesi e il restante del suo esercito avevano cominciato a ritirarsi oltre i confini del Regno, sospinti dalla pressione congiunta della lega antifrancese e del sostegno attivo dei sovrani spagnoli.
Nel corso della successiva guerra franco-spagnola per il predominio su Napoli, che avrebbe determinato il passaggio del Mezzogiorno d’Italia alla Spagna, Mormile, in continuità con i suoi trascorsi filoaragonesi, si schierò con Ferdinando il Cattolico, mettendosi agli ordini dell’esercito che questi aveva inviato in Italia. Al comando del gran capitano Consalvo di Cordova combatté, il 28 aprile 1503, nella battaglia di Cerignola contro le truppe di Louis d'Armagnac, duca di Nemours; ad agosto, agli ordini di Iñigo d'Avalos, marchese del Vasto, partecipò all’assedio del castello di Salerno occupato dai francesi; e a dicembre di quello stesso anno fu di nuovo al fianco del gran capitano nella battaglia lungo il fiume Garigliano. Per i meriti acquisiti sui campi di battaglia, a coronamento di un curriculum militare di tutto rispetto, il nuovo sovrano, in visita a Napoli tra la fine del 1506 e i primi mesi del 1507, investì Mormile del contado di Lauria, requisito ai Sanseverino accusati di fellonia.
Militò ancora per l’esercito di Ferdinando il Cattolico nella guerra che questi combatté in Lombardia contro i francesi nel 1512. Nel 1518 completò il suo cursus honorum ottenendo la nomina di governatore in locum delle province di Principato Citra e Basilicata, dove fu chiamato a contrastare il banditismo e ristabilire il controllo regio sul territorio. L’incarico, che tenne per qualche anno, giungeva a coronamento di un lungo, oltre che glorioso, servizio nella milizia, consolidando così, anche dal punto di vista politico, la posizione e il prestigio maturati fino ad allora. Ebbe poi un ulteriore riconoscimento nel 1520, quando risultò tra i sei componenti la speciale commissione incaricata dal Parlamento del Regno di compilare la raccolta di ‘capitoli di grazie’ da sottoporre all’approvazione di Carlo V, nel frattempo succeduto sul trono di Napoli a suo nonno il Cattolico, come contropartita del donativo di 300.000 ducati reclamato dalla Corona. Le richieste avanzate dalla Deputazione nominata dal Parlamento, finalizzate perlopiù a ottenere un'esplicita conferma dei privilegi e immunità acquisiti dal baronaggio sotto la precedente dinastia aragonese e soprattutto durante la turbolenta fase delle guerre franco-spagnole, furono solo in parte accolte nelle decretazioni approvate dal sovrano a Worms il 29 marzo 1521. Fu quello, anzi, il segnale d’avvio di una nuova fase dei rapporti politici tra i ceti, la città e il potere regio, inaugurata dal giovane imperatore con una forte discontinuità rispetto alla tradizione aragonese di cui proprio Mormile era stato autorevole portavoce.
Coerente fino all’ultimo con la sua lunga militanza filoaragonese, Mormile ne raccolse in parte anche l’eredità degli orientamenti religiosi, conformandosi alle ultime scelte degli esponenti di quella dinastia. Nel 1530 istituì, infatti, un cospicuo legato a favore dei benedettini di S. Severino, a Napoli, verso i quali si era già mostrato munifico benefattore il re Alfonso II.
I lavori per la costruzione di una nuova chiesa, l’attuale basilica superiore, progettata in collegamento con gli edifici conventuali, avevano subito un'interruzione a causa della estinzione di quella dinastia e del suo patronage. Furono ripresi, nel 1537, grazie al lascito di Mormile, che in questo modo si assicurò una degna sepoltura all’interno di quella chiesa, preferendola alla chiesa di S. Maria di Portanova, dove si trovavano le tombe del padre e del fratello Giovanni, morto nel 1483 in giovane età.
Morì centenario, con ogni probabilità a Napoli, il 20 ottobre 1549.
Nel 1630, il discendente Francesco, che, da poco insignito del titolo di duca di Campochiaro, stava raggiungendo i vertici nelle magistrature del Regno, fece porre una lapide in onore dell'avo all’interno della cappella di patronato della famiglia in S. Severino, vieppiù esaltandone le imprese e il valore nelle armi. L’epigrafe, in cui erano riportate le molte, valorose, azioni di guerra di Mormile, amplificate dalla notizia, peraltro piuttosto dubbia, di una sua partecipazione alla famosa disfida di Barletta tra i 13 cavalieri italiani che, il 12 febbraio 1503, si scontrarono in duello con altrettanti cavalieri francesi, ne delineava un ritratto di eroico guerriero da allora consegnato ai posteri anche nella cospicua pubblicistica che ne seguì.
Fonti e Bibl.: Napoli, Raccolta privata Gambini de Vera d'Aragona, Albero genealogico Mormile; P. De Stefano, Descrittione dei luoghi sacri della città di Napoli (Napoli, R. Amato, 1560), a cura di S. D’Ovidio - A. Rullo, Napoli 2007 [1], pp. 16v-17r, 86v; F. Campanile, L’armi overo insegne de’ Nobili, Napoli 1610, p. 143; C. D’Engenio, Napoli sacra, Napoli 1623, p. 320; G.C. Capaccio, Il Forestiero, Napoli 1634, p. 734; C. De Lellis, Supplimento alla Napoli sacra, Napoli 1654, p. 163; B. Aldimari, Memorie historiche di diverse famiglie nobili, così napoletane, come forestiere, Napoli 1691, p. 112; P.E. Imbriani, Intorno a T. M., in Il progresso delle scienze, lettere e arti, 1844, n. 33, pp. 58-84; Id., Intorno a T. M. - seconde cure - epistola a Scipione Volpicella,' ibid., 1845, n. 37, pp. 125-145; B. Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d’Italia, VI, Napoli 1883, p. 120; G. D’Agostino, Parlamento e società nel Regno di Napoli. Secoli XV-XVII, Napoli 1979, p. 208; G. Intorcia, Magistrature del Regno di Napoli. Analisi prosopografica. Secoli XVI-XVIII, Napoli 1987, p. 85; F. Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale. Il Sud angioino e aragonese, Roma 1998, p. 152.