troncamento
Il troncamento è, nell’accezione più ampia, un fenomeno fonologico che consiste nella cancellazione di segmenti o sillabe finali di parola, che può verificarsi in condizioni fonologiche varie; sono, infatti, talvolta definite tronche forme come mo’ < modo, fra < frate, pie’ < piede, ad es. in a mo’ di giustificaione, fra Giovanni, pie’ di pagina.
Nel suo significato più specifico e più frequente, però, il termine si riferisce alla cancellazione di una vocale /e/ o /o/ atona finale preceduta da una consonante sonorante (l, r, n, m), davanti a parola iniziante per consonante (ad es., in mangiar bene, dottor Paoli), ed è questo il tipo di fenomeno qui trattato.
Nella ➔ lingua d’oggi il troncamento non presenta le caratteristiche di un fenomeno puramente fonologico. Se, infatti, il contesto segmentale appena descritto è la condizione fondamentale per il verificarsi di questo processo, il fenomeno non si applica sistematicamente in tutti i casi in cui tale contesto viene a crearsi, ma è invece favorito, o obbligatorio, in certe parole o classi di parole e improbabile, o impossibile, in altre.
La categoria lessicale in cui il troncamento si presenta più diffusamente è quella del verbo (anche in funzione di ausiliare; ➔ verbi; ➔ ausiliari, verbi). Tra una forma verbale e la parola successiva il troncamento può verificarsi, purché le due parole siano strutturalmente vicine, e quindi appartengano allo stesso gruppo intonativo (➔ pronuncia; ➔ prosodia). Questo è il caso, ad es., di parlar chiaro, vuol fare, andiam bene, venivan tutti. Non c’è cancellazione invece in *deve partir – se non sbaglio – domani, in cui se inizia un nuovo gruppo intonativo costituito dalla frase parentetica (cfr. Nespor 1993). Benché presenti una certa sistematicità nei verbi, il troncamento non appare ugualmente probabile in tutte le forme dei paradigmi (ad es., andaron tutti, venivan tutti, ma *venner tutti, *venisser tutti).
Il fenomeno è invece scarsamente diffuso nelle regioni centromeridionali, in cui compare comunemente solo in espressioni cristallizzate nell’uso, come vuol dire, si suol dire, ma è per il resto piuttosto raro e da molti percepito come caratteristica di un parlato ricercato.
Nelle classi di parole diverse dal verbo, l’esistenza di forme con troncamento è fortemente condizionata da fattori lessicali (solo alcune parole vi sono coinvolte) e fraseologici (si applica solo se le parole sono collocate all’interno di determinate locuzioni).
Alcune forme con troncamento, prevalentemente nominali e sempre al singolare, compaiono in locuzioni fisse, come a man bassa, ad onor del vero, ragion per cui, fil di ferro, mal di (testa, pancia, ecc.), in cui la forma con cancellazione vocalica è la più frequente o l’unica possibile (ad es., nella maggior parte delle varietà d’italiano male di testa non è comune), mentre sono escluse nelle altre collocazioni (ad es.,*man sinistra, *fil di cotone, ecc.). Rientra in questa tipologia fuor (ad es., fuor di metafora), in cui la cancellazione riguarda una preposizione e colpisce, piuttosto eccezionalmente, una /i/ finale.
Il troncamento non ha uguale diffusione nelle diverse varietà di italiano. È infatti caratteristico dell’italiano parlato in regioni settentrionali e centrali, tra le quali la Toscana. Nel toscano il fenomeno non riguarda le forme di prima persona plurale che, almeno nel ➔ registro meno formale, sono normalmente sostituite dalle costruzioni con si (ad es., nella varietà di Firenze, ci si va domani è molto più comune di ci andiamo domani, mentre è generalmente impossibile *ci andiam domani); inoltre, è raro nell’➔infinito (in cui, nella varietà più vicina al dialetto, prevale la forma con assimilazione della consonante, per cui, ad es., venire tutti oppure vení [tː]utti ma non venir tutti).
Nel caso dei titoli e di ➔ appellativi come signor, professor, dottor, la forma priva di vocale finale, a differenza dei casi precedenti, non forma locuzioni fisse, ma richiede che la parola successiva sia un nome proprio; in questi casi il troncamento è obbligatorio: dottor Rossi, non *un dottor bravo. Questo fenomeno non si presenta però nelle varietà dell’estremo meridione, in cui è comune la forma piena: dottore Rizzo, professore Grasso (➔ siciliani, calabresi e salentini, dialetti). Fa parte di questa classe suor, in cui la cancellazione colpisce una /a/.
Se nell’italiano contemporaneo il troncamento, soprattutto per le categorie lessicali diverse dal verbo, è fortemente dipendente da fattori morfologici e lessicali, è possibile che in fasi precedenti della storia il fenomeno avesse una più chiara motivazione fonologica e una maggiore regolarità. Questo è il quadro che emerge dal corpus dei testi toscani in prosa del XIV secolo che fanno parte del TLIO (Tesoro della lingua italiana delle origini), nei quali si trovano, in contesti non cristallizzati, numerose forme con cancellazione finale prima di consonante, appartenenti a verbi, nomi e altre categorie: vapor, cener, volentier, diavol, fratel, disposizion, quistion, ecc. Nel toscano attuale, pur essendo fortemente lessicalizzato, il fenomeno coinvolge un maggior numero di forme rispetto allo standard, ad es. è question di fortuna, ha ragion lui, è un affar di nulla, pan coll’olio, ier sera, fuor di casa, vien («vieni»); e, in vari contesti, nemmen.
Viene talvolta incluso nella fenomenologia del troncamento il caso dei determinanti e aggettivi prenominali un/uno, quel/quello, bel/bello, buon/buono. Le condizioni che regolano la distribuzione di queste forme sono però diverse da quelle descritte in precedenza: la forma piena prima di consonante è infatti in questi casi del tutto esclusa (*uno bambino, *quello bambino, ecc.). Ci troviamo in effetti di fronte a un’alternanza tra forme prenominali ridotte e forme postnominali piene (bel bambino/bambino bello), la stessa che in san/santo, gran/grande (per quanto grande sia possibile anche prima dei nomi); in questi ultimi due casi, però, la cancellazione non riguarda la sola vocale ma colpisce l’intera sillaba finale.
TLIO 1997- = Tesoro della lingua italiana delle origini, diretto da Pietro G. Beltrami (http://tlio.ovi.cnr.it/TLIO/).
Nespor, Marina (1993), Fonologia, Bologna, il Mulino.