Troni
Hanno un'importanza particolare nella dottrina dantesca dei cori angelici, perché nel Convivio sono assegnati al cielo di Venere, promotore dell'amore in terra, e nel Paradiso sono ritenuti specchi della giustizia divina (cfr. S. Pasquazi, All'eterno dal tempo, Firenze 1972, 573-576).
Nel Convivio i T., quanto a nobilitade, sono ritenuti l'ordine angelico superiore solo ad Angeli e ad Arcangeli, perché sono assegnati al posto più alto dell'infima gerarchia (II V 6), secondo i Moralium libri (XXXII 48; Patrol. Lat. LXXVI 665) di s. Gregorio Magno. Anch'essi influiscono sugli uomini, appartenendo a l'ultima gerarchia, la quale, più propinqua, a noi porge de li doni che essa riceve (Cv II V 8). Potissima ragione de la loro speculazione è la somma e ferventissima caritade de lo Spirito Santo (§§ 7-8), molto verosimilmente nelle relazioni con sé stesso (v. ANGELO: Gli Angeli e la Trinità). Ragionevole è credere che li movitori del cielo... di Venere siano li Troni; li quali, naturali de l'amore del Santo Spirito, fanno la loro operazione, connaturale ad essi, cioè lo movimento di quello cielo, pieno d'amore, dal quale prende la forma del detto cielo uno ardore virtuoso per lo quale le anime di qua giuso s'accendono ad amore, secondo la loro disposizione (§ 13). I T. motori sono tre o quattro, perché il terzo cielo ha tre movimenti propri, oltre quello diurno impresso dal Primo Mobile (§§ 15-18), secondo Alfragano, Liber aggregationis scientiae stellarum 14 (ediz. a c. di R. Campani, Città di Castello 1910, 121-122, 124-125). A questi movitori (Cv II V 18, VI 1) D. indirizza la canzone Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete (Cv II). Perciò sono T. le gentili creature che, per mezzo del loro cielo, infondono in D. l'amore per la Donna gentile (vv. 4-6; II 1-5, VI 3-7).
Nel Paradiso i T. sono posti sotto i Cherubini (XXVIII 103-105), secondo la classificazione dello pseudo Dionigi l'Aeropagita (v. GERARCHIA ANGELICA); godono di un grado di visione beatifica, di amore e di beatitudine celeste inferiore solo ai Serafini e ai Cherubini (vv. 37-45 e 70-78). Sono modello del settimo cielo, cioè di Saturno (vv. 46-78), e gl'infondono lo moto e la virtù (II 127-131). Se il poema non rifiuta la teoria del Convivio sul numero dei motori celesti, anche i T. motori di Saturno dovrebbero essere tre o quattro, perché pure il settimo cielo ha tre movimenti propri oltre il diurno, secondo Alfragano (op. cit., pp. 121-122 e 124-125).
Alcuni scolastici, seguendo lo pseudo Dionigi, accentuavano le doti dei cori angelici, perciò preferivano vedere i T. come gli angeli in cui Dio poneva la sua ‛ sede ' riempiendoli della sua csienza e della sua grazia (per es., s. Tommaso Sum. theol. I 108 5 ad 6; 6c e ad 2); altri invece, seguendo s. Gregorio, accentuavano gli uffici (v. GERARCHIA ANGELICA: Motivo della distinzione dei cori), pertanto preferivano vedere i T. come la ‛ sede ' giudiziaria da cui Dio manifestava i suoi giudizi ed esercitava la sua giustizia (cfr. per es. Pietro Lombardo Sent. II 9 2, ediz. Quaracchi 1971, I 371: s. Bonaventura Sermones de sanctis angelis, I, ediz. Quaracchi, IX 610b-611a). D. sembra riferirsi alla prima tendenza quando dice i T. del divino aspetto (Pd XXVIII 104), ossia sedi della presenza divina (cfr. Mn III XV 7; Pd XXXII 64); invece si riallaccia alla seconda tendenza quando li ritiene il coro che manifesta ai beati di ogni categoria i giudizi divini (Pd IX 61-62; cfr. pure XIX 28-30).
Dopo G. Rosalba, Nota sul verso 105 del XXVIII del " Paradiso ", in " Rassegna critica lett. ital. " XI (1906) 49-65 e 199-216, è da ritenersi che D. non intende esporre il motivo per il quale si chiaman Troni del divino aspetto quando afferma: per che 'l primo ternaro terminonno (Pd XXVIII 104-105), ma dice solo che i T. chiudono la suprema gerarchia scendendo dall'alto in basso; secondo lo svolgimento del pensiero, il v. 104 deve scambiarsi di posto con il v. 105 (cfr. A. Mellone, La dottrina di D.A. sulla prima creazione, Nocera Sup. 1950, 34-35, n. 3).