TRONO
Nel presente articolo vengono considerati come t. tutti quei seggi che, distinguendosi spesso per fasto di esecuzione, esprimono di solito o rappresentano l'autorità della persona cui sono destinati, e conferiscono comunque a chi li occupa una particolare dignità; loro caratteristica comune è l'intento celebrativo.
1. - Asia Anteriore. In ambiente asiatico il t. è prerogativa di divinità e di regnanti, le cui statue erano spesso collocate nei templi come offerte votive. Il t. assume ben presto un valore simbolico, che si conserverà sino nei tempi più tardi: documenti della III dinastia di Ur attestano l'usanza di offrire un t. ad una divinità ed anche di sacrificare ad esso; nei testi il t. è spesso menzionato in senso metaforico, ad indicare l'autorità, il potere del dio e del re, che in esso trovano immediata espressione.
Usuale complemento del t. è uno sgabello, su cui il personaggio assiso poggia i piedi. I numerosi documenti a noi noti si possono ricondurre abbastanza agevolmente a pochi tipi fondamentali.
In Mesopotamia i t. più antichi sono dei semplici sedili con basso schienale: li troviamo, tra l'altro, su un rilievo con scena di banchetto del periodo di Mesilim (circa 2600 a. C.); su un rilievo della I dinastia di Ur (entrambi da Khafāgiah) e su numerosi sigilli dell'epoca. Su uno dei due Stendardi di Ur le gambe anteriori del seggio sono in forma di zampe bovine, mentre su un rilievo della III dinastia di Ur al Louvre lo schienale è più decisamente sviluppato. Molto spesso però il t. è una semplice scranna, presumibilmente formata da una solida intelaiatura di legno: lo troviamo su numerosi sigilli con la scena della presentazione di un devoto, di solito il re, alla divinità in t., ed anche nelle pitture del palazzo di Mari. A partire dalla III dinastia di Ur la scranna può essere coperta da un vello o da un drappo. Una statua in diorite trovata a Susa rappresenta Manishtusu di Akkad assiso su un rozzo sgabello formato da traverse cilindriche di legno disposte orizzontalmente e legate assieme. Un'altra variante ha i lati decorati con figure di leoni in rilievo: la troviamo in una statua elamita ed in sigilli neosumerici.
La stele di Hammurabi (XVIII sec. a. C.) mostra un nuovo tipo di t., attestato con certezza a partire dalla III dinastia di Ur: la divinità siede su una scranna, i cui lati hanno assunto la forma della fronte di un tempio. Questo t.-tempio è molto frequente sui kudurru cassiti, dove ricorre quasi sempre associato all'animale attributo della divinità: talvolta il dio è rappresentato semplicemente dalla tiara con corna; in alcuni casi il t. è lasciato vuoto.
Spesso la divinità, in t. o stante, è portata da esseri fantastici o reali connessi all'aria ed al mondo astrale; anche il t. di Yahweh è portato da ζῷα, da cherubini (Ezech., i, 4 ss.; x, 1). Il t. assume così un proprio valore cosmologico.
Dall'Urartu ci sono pervenute numerose figurine in bronzo, disperse in varî musei, che sono state riunite ipoteticamente a formare un t. con braccioli e alto schienale, il cui piano è sostenuto da varie file di figure; in sostanza si tratta del tipo già noto da varî rilievi neoassiri: su un t. simile siede Sennacherib di fronte a Lachish assediata, e Tiglatpileser III nelle pitture di Tell Ahmar (v.). La stessa forma hanno pure i t. delle divinità. L'idea di far sopportare il piano del t. da figure, in cui è evidente l'intento celebrativo, di elevazione, si trova già nel rilievo di Nabuapal-iddin, che deriva da un più antico originale cassita.
L'unica statua di monarca assiro in t. a noi nota è quella di Salmanassar III: il re siede su un semplice blocco cubico senza schienale.
La tecnica assira di rivestire in metallo un'anima di legno è accolta anche nell'arte della Persia achemènide: un rilievo in Persepoli rappresenta Dario su un t. di questo tipo, sotto un sontuoso baldacchino; il t. è posto su un podio, il cui piano è sorretto da figure simboleggianti i popoli dell'impero. Lo stesso sostegno, ma senza il t., appare anche sulla facciata delle tombe reali.
Il t. dei re sassanidi è una κλίνη allungata, le cui gambe sono di solito in forma di animali connessi al mondo astrale: aquila, grifone, leone o cavallo alato. Il re siede appoggiandosi alla spada, con alla sua sinistra una pila di cuscini, sotto un baldacchino emisferico, il cui significato cosmologico è sottolineato dal crescente lunare. Su un piatto d'argento all'Ermitage un personaggio, re o divinità, siede sul baldacchino; questo t. straordinario, simbolo di signoria cosmica, è provvisto di ruote e tirato da quattro zebù, animali di carattere astrale. Già Erodoto ricorda, nell'esercito di Serse, il carro-trono vuoto di Ahura-Mazdāh, tirato da otto cavalli bianchi; anche il trono di Yahweh, tirato da ζῷα o cherubini, è provvisto di ruote (Daniele, vii, 9; Ezech., i, 15), forse proprio a imitazione di quello persiano.
Nell'arte monumentale hittita, che rappresenta di preferenza personaggi stanti, le figure in t. sono piuttosto rare: si possono citare i rilievi di Alaça Hüyük, dove il t. è un semplice seggio, provvisto a volte di basso schienale. Nella glittica ricorrono invece quasi tutti i tipi noti dalla coeva arte mesopotanica. Nell'arte neohittita del I millennio a. C. conosciamo rappresentazioni a tutto tondo di personaggi in t.: una figura femminile da Tell Halaf siede su una semplice scranna, mentre il t. di una divinità maschile barbata da Karkamis, che poggia su due leoni accovacciati, è fornito di un ampio schienale concavo e ricurvo. In un rilievo da Zincirli il re Barrakib siede su un alto t. senza schienale, decorato con protomi di toro, con i piedi in forma di pigna e le gambe unite da una traversa con doppie volute: l'originale doveva essere in legno con rivestimento in metallo; un rivestimento in bronzo, molto simile a quello del rilievo, è stato trovato a Nimrud. Sempre dall'ambiente neohittita sono note varie stele funerarie, in cui è rappresentato il defunto in t. al banchetto funebre.
In una tomba a tumulo a Gordion, in Frigia, si sono trovati resti di un t. in legno, databile verso la fine dell'VIII sec., decorato ad intaglio con motivi geometrici: dato il precario stato di conservazione, una ricostruzione è per ora problematica. Sempre in Frigia, varî seggi ricavati dalla viva roccia, spesso su una base a più gradini, offrono un altro esempio del valore simbolico e cultuale del t. vuoto.
In ambiente fenicio già nel II millennio si trovano t. direttamente ispirati a modelli egiziani: su una stele da Rās Shamrah le gambe del t. con schienale, su cui siede il dio El, hanno assunto naturalisticamente la forma di zampe anteriori e posteriori di leone. Un altro tipo di t., con schienale incurvato all'indietro a spirale e unito ai braccioli da una curva continua, ha i lati formati da due sfingi alate, a differenza dell'analogo tipo egiziano: lo troviamo sul sarcofago di Ahiram da Biblo e su un avorio da Megiddo (Yahweh. siede tra i cherubini: Exod., xxv, 22; 1 Sam., iv, 4). Le sfingi saranno poi riferite ad Astartè, identificata in seguito con Afrodite: in età imperiale il t. di Afrodite a Baalbek è fiancheggiato da sfingi.
Tra gli avorî da Nimrud, databili al IX-VIII sec. e attribuiti dal Barnett all'arte fenicia, si trova un altro t. di tipo egiziano, cubico e con un breve schienale coperto da un cuscino; nel cubo è inserito un pannello che può portare il segno ankh. Su una pisside da Nimrud attribuibile all'arte siriana una divinità femminile siede su un t. con alto schienale concavo, forse di fibre di palma intrecciate, come certi t. su rilievi palmireni di età imperiale. È possibile che almeno alcuni dei numerosi avorî fenici e siriani a noi noti facessero parte della decorazione di t.: si ricordi il t. d'avorio di Salomone (I Re, x, 18 ss.).
2. - Egitto. La stessa parola indica in Egitto il t. e la dea Iside (is.t) che, secondo un'ipotesi di K. Sethe, ne sarebbe la personificazione; di fatto, la dea è rappresentata di solito con un t. sul capo.
Il t. dei faraoni e delle divinità è un semplice cubo, con uno schienale molto basso coperto da un cuscino ricadente all'indietro. Questo tipo, attestato per la prima volta sulla testa di mazza del Re Scorpione, si conserva invariato sino in età romana (per esempio nei rilievi del tempio di File). I lati possono essere decorati con simboli e figure; caratteristico è un rettangolo risparmiato nella parte posteriore in basso, che porta spesso l'ankh o il segno dell'unione di Alto e Basso Egitto, mentre il resto della superficie è coperto da un motivo a squame (per esempio rilievi del tempio di Sethos I ad Abido). Il t. di Khasekhem (II dinastia) e di Djoser (III dinastia) è una semplice seggiola con gambe tozze e basso schienale. Un'elegante sedia in legno della regina Hetep-hares I (IV dinastia) è già provvista di braccioli sostenuti dal segno dell'unione.
Sino dall'età predinastica le gambe dei mobili assumono spesso la forma di zampe di toro e, a partire dall'Antico Regno, di zampe di leone. In numerosi rilievi funerarî il defunto siede al banchetto funebre su una sedia con le gambe anteriori e posteriori modellate naturalisticamente in forma di zampe anteriori e posteriori di animale, e fornita a volte di un corto schienale: il tipo si conserva praticamente inalterato dall'Antico Regno (per esempio rilievo di Ra ῾ḥotpe a Londra) sino in età ellenistica (stele 22136 del Cairo).
Una statua al Cairo rappresenta Khephren su un t. con alto schienale e, ai lati, il segno dell'unione tra le gambe in forma di zampe di leone. Nel Medio Regno conosciamo sedie con schienale inclinato all'indietro e sorretto da sostegni verticali (rilievo 20232 del Cairo); nel Nuovo Regno lo schienale termina in alto in una spirale (per esempio il t. di legno dalla tomba di Yuaa e Thuiu), mentre ai braccioli sono applicate figure di animali. La tomba di Tutankhamon ce ne ha conservato un esemplare in legno, riccamente decorato con incrostazioni in avorio, pasta vitrea, metalli e pietre preziose, mentre altri t. di fastosa esecuzione sono raffigurati nelle pitture della tomba di Ramesses III. Lo spazio tra le gambe è occupato da figure di prigionieri o dal segno dell'unione di Alto e Basso Egitto, con ovvio riferimento al faraone. Di questo tipo è anche il seggio della portantina di Ḥaremhab nel rilievo rupestre di Silsileh.
3. - Ambiente cretese-miceneo. Le figure sedute nell'arte preellenica non sono numerose e il loro significato rimane spesso oscuro; anche un coerente ordinamento tipologico del materiale è piuttosto problematico.
Un sedile con alto schienale è attestato già da una statuetta cicladica rappresentante un suonatore di lyra, e da un sigillo del Minoico Antico III.
Il solo tipo che si possa identificare con sicurezza è dato dal t. in alabastro con alto schienale del palazzo di Cnosso, derivato chiaramente da un prototipo in legno con gambe riunite da traverse; un seggio analogo in tufo, ma senza schienale, è stato trovato a Katsabà ed è raffigurato su sigilli e su un manico di specchio in avorio da Micene. Parti di t. d'avorio vengono da Tebe.
Un sigillo d'oro da Tirinto ci mostra un altro tipo di t., con alto schienale e gambe incrociate, simile nella sua struttura ad una sedia dalla tomba di Tutankhamon. Ad Enkomi, in Cipro, si è trovato un t. in bronzo, su cui sedeva una. figurina di divinità: il t., databile nel XII-XI sec., è semplice e robusto, con alto schienale, gambe a sezione rettangolare e sgabello per i piedi.
In tombe del Tardo Elladico III si sono trovati in tutto il mondo miceneo, tranne che a Creta, dei piccoli t. in argilla, di solito con tre gambe e schienale: è incerto se su tutti fosse posta una figurina. Il tipo a tre gambe, forse condizionato da particolari esigenze di carattere rituale, non sembra trovare riscontro nella vita reale (si veda però un cratere da Cipro al Louvre).
In alcune tavolette della classe Ta di Pilo (707, 708, 714), scritte in Lineare B, sono elencati dei t. (to-no); decorati con pasta vitrea, pietre e metalli preziosi.
4. - Grecia. La parola greca ϑρόνος non ha l'odierno valore specializzato: essa indica genericamente un seggio di parata con alta spalliera (Athen., v, 192 e f), ma può anche indicare una sedia con schienale, identificata di solito con il κλισμός (Plat., Prot., 315 c; il fabbricante di sedie è detto ϑρονοποιός in Poll., vii, 182). Da un punto di vista tipologico si possono considerare come t. anche i seggi di fastosa esecuzione che si vedono in scene di vita quotidiana; loro usuale complemento è lo sgabello per i piedi (ϑρῆνυς).
Lo scettro, non il t., sembra essere stato prerogativa dei re: ai Basilidi di Efeso viene riconosciuto il diritto di conservare Scettro e manto di porpora (Strab., xiv, 1, 3 = C 633); perciò è probabilmente sotto influenza orientale che, nei tragici, il t. diviene simbolo del potere regale (Aesch., Choeph., 572, 975; Soph., Oed. Col., 425, 448; Antig., 166). Nell'epica non solo re e nobili siedono su t. (Hom., Il., xxiv, 515; Od., vii, 95), ma anche l'ospite di riguardo (Hom., Od., iv, 51; vii, 162) o l'aedo (Hom., Od., viii, 65). Naturalmente esso è il seggio degli dèi, e particolarmente di Zeus (Hom., Il., viii, 442). Sul t. siedono pure sacerdoti (Herod., v, 72), agonoteti, e questa forma assumono a volte i seggi della proedria. Esso diventerà prerogativa del monarca appena in età ellenistica, e sotto influenza orientale (Plut., Vita Alex., 37, 4).
Sebbene le statue di culto rappresentino divinità sedute, presumibilmente in t., già in età arcaica (Strab., xiii, 1, 41 = C 601; Paus., vii, 5, 9), il tipo viene stabilito canonicamente appena in età classica da Fidia, con la statua crisoelefantina di Zeus in Olimpia.
Un problema complesso è costituito dal ricorrente simbolismo del t. vuoto. Ad Argo si conservava il t. di Danao (Paus., ii, 19, 5); una statua stante di Apollo si ergeva su un t. monumentale in Amicle (v.: una statua, simile a questa, di Apollo Pythaeus, a Thornax: Paus., iii, 10, 8); ad Ainos, in Tracia, un'erma di Hermes Perpheràios, attribuita ad Epeios, poggiava egualmente su un trono. La tradizione ci conserva inoltre il ricordo di templi in cui non si trovavano immagini di culto (Paus., ix, 25, 4; x, 33, 11). A Creta, Thera, Chalke, in Arcadia ed in Asia Minore si sono trovati dei seggi scavati nella roccia; di essi alcuni sono riferibili sicuramente a divinità, mentre altri sono da ricollegarsi al culto di eroi (per esempio, il t. di Pelope sul Sipilo). In questo contesto si può ricordare che nel 318 a. C. a Cyinda, in Caria, Eumene di Cardia, adducendo a pretesto un sogno, fece allestire per il defunto Alessandro un t. d'oro, sul quale erano deposti scettro e corona regali: davanti ad esso gli ufficiali deliberavano, dopo aver bruciato incenso ed effettuato la προσκύνησις (Diod., xviii, 60 s.; Polyaen., iv, 8, 2; Plut., Vita Eum., 13, 3 s.; Nep., Eum., 7). Almeno nell'Egitto tolemaico il culto del monarca sembra organizzarsi attorno al t.: nella grande πομτή del 275-4 (Callix., in Athen., v, 202 b) vengono portati in processione varî t., tra cui uno con la corona di Tolemeo I Sotere; ad Adule, in Etiopia, le esecuzioni capitali avevano luogo davanti ad un t. vuoto (Cosm. Indicopl., 108 d).
Nei casi ora considerati il t. è concepito come il seggio di una divinità invisibile, alla quale è spesso riferito da attributi; su di esso la divinità può manifestarsi nella sua epifania (si pensi a questo proposito al titolo di ᾿Επιϕανής, assunto da tanti monarchi ellenistici, specie dai Seleucidi). D'altra parte il t. vuoto sembra ricollegarsi al culto della colonna (Mellink): la statua di Apollo in Amicle e l'erma in Ainos sono dei pilastri, e una colonna è scolpita sullo schienale di un t. cretese. Nelle teossenie si apprestano dei t. per alcune divinità, anche maschili (Zeus nell'antro Ideo: Porphyr., Vita Pyth., 17; Cibele e Attis in Atene: I. G., ii, 624 = ii-iii2, 1328), e questo a differenza del rito romano, dove il t. era riservato solo alle divinità femminili (sellisternium). Nel rito d'iniziazione dei Coribanti gli iniziati danzavano intorno al neofita seduto in t. (ϑρόνωσις: Plat., Euthyd., 277 d); ϑρονισμοὶ μητρῷοι era il titolo di un'opera orfica.
Il t. o, genericamente, il seggio ha pure un valore specificamente funerario: su di esso siede il defunto in numerosi rilievi (i più noti sono quelli arcaici di Sparta); tre t. erano posti sulla tomba di Pitteo in Trezene (Paus., ii, 31, 3). Altri t. sono stati trovati in tombe a camera in Macedonia ed in Eretria: le ceneri del defunto venivano deposte sul sedile, o il seggio stesso fungeva da urna (καϑέδρα era il nome del banchetto funebre: Phot., s. v., e dei giorni di lutto: Esych., s. v.).
I t. del mondo greco si possono ricondurre a quattro tipi fondamentali: a) con gambe in forma di zampe di animale; b) con gambe a sezione quadrangolare; c) con gambe tornite; d) massiccio, con la parte posteriore arrotondata o squadrata, schienale a contorno ricurvo e parte anteriore sagomata in forma di zampe di animale. Il seggio è normalmente reso più comodo da cuscini.
a) Il tipo, diffuso specie nel VI e nei primi anni del V sec., deriva probabilmente da modelli egiziani. Il t. con gambe anteriori e posteriori in forma di zampe anteriori e posteriori di animale è noto quasi esclusivamente dai rilievi funerarî spartani (per esempio rilievo da Chrysapha). Normalmente solo i piedi assumono forma di piedi di animale; lo schienale, coronato a volte da motivi vegetali, può essere alto o basso; i montanti della spalliera sono spesso incurvati all'indietro e terminano in una protome di cigno: il t. di Zeus su un vaso del Pittore Affettato, che ha le gambe riunite da una traversa su cui poggia una figura di leone, è provvisto di uno schienale di questo tipo. In un rilievo della Tomba delle Arpie lo schienale è inclinato, mentre i braccioli sono sorretti da un tritone. Un t. con gambe in forma di zampe di animale appare ancora in un rilievo del Monumento delle Nereidi di Xanthos.
b) Il tipo attestato già nel Tardo Geometrico da una statuetta fittile trovata a Kallithea, conosce larga popolarità a partire dal V sec. e si conserva sino in età romana. Nel VI sec. lo schienale assume le forme già note dal tipo precedente. I t. di Zeus e di Hera sul Vaso François hanno semplici braccioli ed alti schienali terminanti rispettivamente in una voluta ed in una protome di cigno; a metà altezza delle gambe sono intagliate due doppie volute contrapposte da cui spuntano due palmette: si tratta di un motivo che avrà vita molto lunga. Che queste volute fossero in realtà sul lato anteriore delle gambe, e non di fianco (come appaiono anche sul t. di Zeus in un frontone in pòros dell'Acropoli), lo mostra la dea seduta in Berlino; questa stessa statua presenta un'altra caratteristica, attestata appena nel V sec.: le gambe sono coronate da doppie volute che ricordano un capitello ionico.
Su un vaso di Myson al Louvre, Creso siede su un t. di questo tipo, ma senza schienale. A partire dal V sec. le forme, sinora semplici e architettoniche, divengono sempre più complicate e sovraccariche di ornamenti. Un fastoso t. di marmo con schienale alto e dritto e braccioli sostenuti da sfingi è stato trovato a Palatitsa in Macedonia, in una tomba a camera databile nel III sec. a. C.
c) Mobili con gambe a sezione circolare e variamente profilate sono noti soprattutto dall'Asia Anteriore. In Grecia possiamo forse riconoscere un t. con gambe tornite su un cratere geometrico con scena di pròthesis a New York. Col t. di Zeus nel fregio del Tesoro dei Sifni è già costituito un tipo che avrà lunga vita: le gambe presentano un contorno biconcavo con un ingrossamento a metà altezza. La stessa forma ha pure il t. di Zeus nel fregio orientale del Partenone; in entrambi i casi i braccioli sono sostenuti da figurine di esseri mitici.
A partire dal IV sec. anche questo tipo è soggetto a numerose variazioni: le forme, pur conservando la loro semplicità, sono accentuate all'eccesso, oppure vengono sovraccaricate di ornamenti. Un buon esempio di questa tendenza barocca è dato da alcune stele funerarie ellenistiche da Thasos in cui, tra i varî elementi che costituiscono le gambe del t., sono inserite anche delle figurine di sfingi.
d) Il tipo sembra una creazione ellenistica; nessun esemplare noto può essere sicuramente datato prima del 300 a. C. Una divinità in un rilievo tardo-ellenistico al museo di Monaco siede su un t. massiccio particolarmente elaborato, la cui parte anteriore è costituita da una sfinge a testa di ariete. Questa forma assumono spesso i seggi dei poeti (statua al Museo Ny Carlsberg), ma soprattutto i t. in pietra delle proedrie (teatro di Atene, t. del sacerdote di Dioniso) e i seggi onorarî, di cui abbiamo esempî in un t. a Broomhall ed in un t. ateniese noto da varie repliche. Geneticamente connesso al tipo a) è il κλισμός (la cathedra dei Latini), a semplici gambe arcuate all'infuori, di uso comune nella vita quotidiana. Nel corso del V sec. la spalliera viene incurvata orizzontalmente, in modo da accogliere più comodamente il dorso. Sul κλισμός siedono abitualmente i defunti sulle stele funerarie. Poiché sui vasi a figure rosse questo è regolarmente il seggio dei maestri, bisogna probabilmente identificarlo col ϑρόνος di un passo di Platone (Prot., 315 c); nell'ellenismo è seggio abituale di filosofi e letterati: un buon esempio è dato dalla statua di Posidippo, con la larga traversa dello schienale fortemente incurvata e prolungata quasi ad abbracciare il corpo.
5. - Etruria. In Etruria si ritrovano sostanzialmente i tipi già noti dall'arte greca. L'unica forma originale è una sedia massiccia, a pianta circolare o rettangolare, con schienale a contorno arcuato e incurvato orizzontalmente in modo da formare anche i braccioli.
Su t. di questa forma, in bronzo o terracotta, sono deposte le urne cinerarie nel territorio chiusino; altri seggi, destinati probabilmente al defunto nel banchetto funebre, sono ricavati nel tufo in varie tombe di Cerveteri (per esempio Tomba degli Scudi e delle Sedie). Il tipo sembra limitato all'età arcaica; la più tarda Sedia Corsini, che ne presenta una sontuosa versione monumentale in marmo, può essere considerata, anche per i temi dei suoi rilievi, come un'opera arcaizzante.
6. - Roma. Il t. (solium); era anticamente il seggio dei re (Serv., in Verg., Aen., i, 506). Con l'avvento della Repubblica esso scompare come insegna di potere, e gli alti magistrati siedono sulla sella curulis. Il solium si conserva però nella vita privata: su di esso siede il pater familias quando riceve i suoi clienti (Cic., De leg., i, 3, 10; De orat., iii, 133). Con l'avvento del principato, all'imperatore viene riconosciuto l'uso della sella curulis e del subsellium tribunicium; il seggio riservato all'imperatore si distingue per la sua ricca decorazione (di solito è dorato: sella aurea, δίϕρος ἐπιχρυσος) e già sotto Caligola si manifesta la tendenza ad isolarlò (Cass. Dio, lix, 26, 3) collocandolo su un alto podio (suggestus, tribunal, βῆμα). Anche se certi documenti rappresentano l'imperatore in t. (cammeo di Augusto a Vienna, Gemma Augustea), nell'iconografia ufficiale delle monete, nei primi secoli della nostra èra, il t. è riservato solo all'imperatore defunto, in quanto divus, e all'imperatrice, sia ancora in vita, sia defunta.
Parlando di Pertinace e dei Severi, Erodiano usa il termine ϑρόνος per indicare il seggio dell'imperatore (i, 8, 4; ii, 3, 3; iii, 8, 6; iv, 5, 1); poiché Cassio Dione, trattando lo stesso periodo storico, usa il termine δίϕρος ἐπιχρυσος (lxxii, 17, 4) 0 βασιλικός (lxxiv, 3, 3), è difficile precisare se il solium abbia sostituito la sella già nella prima metà del III sec.; certo è che, a partire da Costantino, l'immagine dell'imperatore in t. è accolta nell'iconografia ufficiale delle monete. Una statua acefala in porfido al museo di Alessandria è probabilmente la più antica rappresentazione monumentale di un imperatore in t. (Diocleziano o Costantino?). Nel corso del IV sec. il t. diviene anche il seggio degli alti funzionarî imperiali. Con la cristianizzazione dell'Impero i vescovi sono assimilati ai dignitarî di stato, ed anche la cattedra, su cui il vescovo siede nella sua funzione di maestro (Isid., Orig., xx, 11, 9; in greco ϑρόνος, Euseb., Hist. eccl., vi, 29, 4) come già i retori ed i filosofi (Sen., De brev. vit., 10, 1), diventa un trono.
Il significato funerario del t. e, genericamente, del seggio è accolto anche nella tradizione cristiana: la iconografia del martire in t. nell'arte medievale e, nella liturgia, la stessa festa del Natale Petri de cathedra risalgono all'usanza del banchetto funebre.
Di solito il t. è posto entro una cornice architettonica o sotto un baldacchino (Coripp., In laud. Iust., 3, 191 ss.) che, per la sua copertura emisferica, assume un valore cosmologico: questo stesso simbolismo cosmico ci è noto dalle descrizioni di una cenatio della Domus Aurea (v. roma) di Nerone, e della sala del t. di Cosroe II (Migne, Patrologia Latina, 123, p. 356), coperta da una cupola stellata messa in movimento mediante ingegnosi meccanismi. Lo stesso intento di glorificazione può far trasformare la parte superiore della spalliera in un frontone: l'esempio più antico è dato da una pittura pompeiana rappresentante la Magna Mater.
Il complesso simbolismo del t. - e del seggio vuoto è noto anche al mondo romano: già Cesare ottenne un pulvinar ed una sella aurea nel teatro (Suet., Caes., 76; Cass. Dio, xliv, 6, 3); la sella fu esposta ancora in seguito per il defunto Cesare proclamato divus (Cass. Dio, xlv, 6, 5). Lo stesso onore ebbero poi i divi ed anche, dopo la morte, varî membri della famiglia imperiale: sappiamo che il sellisternium era proprio del culto dell'imperatore (Tert., Ad nat., 1, 10, 29). Questo diritto non rimase ristretto al principe defunto: già Caligola fece venerare con la προσκύνησις il suo seggio vuoto dal Senato (Cass. Dio, lix, 24, 4) e Commodo, come Hercules Romanus, fece esporre nei teatri dei seggi dorati, sui quali erano deposti la λεοντῆ e la clava (Cass. Dio, lxxii, 17, 4). La sella viene infine sostituita dal t.: Settimio Severo fece esporre in teatro, in onore di Pertinace, tre t. dorati (Cass. Dio, lxxiv, 4, 1); la moltiplicazione dei seggi trova riscontro nella moltiplicazione delle statue del principe. L'omaggio ai t. vuoto dell'imperatore si conserverà sino in età bizantina.
Il simbolismo del t. vuoto è attestato ancora da un rilievo rappresentante il frontone del tempio della Magna Mater sul Palatino: vi si riconosce il seggio della dea coperto con un drappo. Pure questa tradizione è accolta nel patrimonio iconografico dell'arte paleocristiana, nella ἑτοιμασία τοῦ ϑρόνου, il t. divino vuoto, coperto con un drappo, su cui si erge la Croce. Nel Concilio ecumenico di Efeso e nel secondo Concilio di Nicea al posto della presidenza era collocato un t. con la Sacra Scrittura.
L'espressione più compiuta del significato cosmologico del t. è data dal seggio fornito di ruote e trainato o portato da esseri mitici o reali (per esempio carro di Zeus Theòs a Dura Europos), secondo un'antica tradizione di origine orientale; pure questo tema è accolto dall'iconografia cristiana, che interpreterà gli animali come simboli degli Evangelisti.
Da un punto di vista formale il t. romano riprende, variando, contaminando ed indulgendo ad un fastoso gusto decorativo, i tipi b)-d) del t. greco, ma senza una vera evoluzione. L'unica forma nuova, attestata a partire dal III sec. e connessa al tipo d), è un seggio di fibra intrecciata, a pianta circolare o rettangolare, con alto schienale a profilo ricurvo, che si prolunga spesso a formare i braccioli. Di questo tipo sono il t. di Maria su sarcofago di Adelphia in Siracusa e la cattedra del gran sacerdote Caifa in una miniatura del Codex Purpureus di Rossano.
Monumenti considerati. - 1. Asia Anteriore. - Rilievo con scena di banchetto: H. Frankfort, Sculpture of the Third Mill. b. C. from Tell Asmar and Khafajah, Chicago 1939, tav. 107. Rilievo con figura di divinità: id., More Sculpture from the Diyala Region, Chicago 1943, tav. 64. A. Stendardo di Ur: C. L. Woolley, Ur Excavations, II, The Royal Cemetery, Oxford 1934, tavv. 90-93. - Rilievo al Louvre: E. Strommenger, Fünf Jahrtausende Mesopotamien, Monaco 1962, tav. 129. - Sigilli: H. Frankfort, Cylinder Seals, Londra 1939; A. Moortgat, Vorderasiatische Rollsiegel, Berlino 1940. - Pitture di Mari: A. Parrot, Mission arch. de Mari II: 2, Parigi 1958, tav. 17. - Statua di Manishtusu: Baghdad. Mitt., I, 1960, tav. 11. - Statua elamita: Mém. Dél. en Perse, XIV, 1913, tav. 4. Stele di Hammurabi: E.A.A., I, fig. 1195. - Kudurru: C. W. King, Babylonian Boundary Stones, Londra 1912. - T. urarteo: R. D. Barnett, in Iraq, XII, 1950, p. 43, fig. 22. - T. di Sennacherib: A. Peterson, Palace of Sinacherib, L'Aia 1915; tavv. 74-76. - T. di Tiglatpileser III: F. Thureau-Dangin, M. Dunand, Til Barsib, Parigi 1936, tav. 49. - Rilievo di Nabu-apal-iddin: C. W. King, op. cit., tav. 98. - Statua di Salmanassar III: W. Andrae, Das wiedererstandene Assur, Lipsia 1938, tav. 4. - Rilievo di Dario: E. F. Schmidt, Persepolis, Chicago 1953, tavv. 77, 98, 99. - Tomba di Dario: F. Sarre, E. Herzfeld, Iranische Felsreliefs, Berlino 1910, tav. 4. - Piatto all'Ermitage: H. P. L'Orange, Studies on the Iconography of Cosmic Kingship in the Ancient World, Oslo 1953, fig. 19. - Rilievi di Alaça Hüyük: H. Th. Bossert, Altanatolien, Berlino 1942, figg. 503, 513, 516. - Statua da Tell Halaf: M. von Oppenheim, Tell Halaf, III, Berlino 1955, tav. 1. - Statua da KarkamiŞ. C. L. Woolley, Carchemish, II, Oxford 1921, tav. B 25. - Rilievo di Barrakib: F. von Luschan, Ausgrabungen in Sendschirli IV, Berlino 1911, tav. 60. - Rivestimento di t. da Nimrud: H. Schäfer-W. Andrae, Die Kunst des alten Orients, Berlino 1925, p. 511. - Stele funeraria hittita: E. Akurgal, Späthethitische Bildkunst, Ankara 1949, p. 121 ss., tav. 42 a. - T. in legno da Gordion: Am. Journ. Arch., LXI, 1957, tav. 96. - T. rupestri: E. Akurgal, Phrygische Kunst, Ankara 1955, p. 96 ss., fig. 55; id., Die Kunst Anatoliens, Berlino 1961, p. 110 ss., fig. 74. - Stele da Rās Shamrah: Syria, XVIII, 1937, tav. 17. - Sarcofago di Aḥiram: P. Montet, Byblos et l'Egypte, Parigi 1929, tav. 131. - Avorio da Megiddo: G. Loud, The Megiddo Ivories, in Or. Inst. Publ., 52, 1939, tav. 4, 2. - T. di Afrodite: Syria, X, 1929, tav. 83. - Avorî da Nimrud: R. D. Barnett, A Catalogue of the Nimrud Ivories in the British Museum, Londra 1957, tavv. 8 C 48, 16, 17. Rilievo palmireno: Syria, XIV, 1933, tav. 21.
2. Egitto. - Mazza del Re Scorpione: J. E. Quibell, Hierakonpolis I, Londra 1900, tav. 26 B. - Rilievi di File: H. Schäfer-W. Andrae, op. cit., p. 438. - Rilievi di Abido: J. Capart, Abydos, Le temple de Séti Ier, Bruxelles 1912, tav. 14. - Statua di Djoser: W. S. Smith, A History of Egyptian Sculpture and Painting in the Old Kingdom, Oxford 19492, tav. 2 c. - Sedia di Hetep-hares I: G. A. Reisner, A History of the Giza Necropolis II, Cambridge Mass. 1955, tav. 15 a-c. - Rilievo di Ra῾ḥotpe: W. S. Smith, op. cit., tav. 33 a. - Stele 22136 del Cairo: A. Kamal, Stèles ptol. et rom., in Cat. gen. du Musée du Caïre, tav. 38,2 2136. - Statua di Khephren: F. Borchardt, Statuen und Statuetten von Königen und Privatleuten im Museum von Kairo, ibid., tav. 4, 14. - Rilievo 20232 del Cairo: H. O. Lange-H. Schäfer, Grab- und Denksteine des mittleren Reiches im Museum von Kairo, ibid., tav. 18, 20232. - T. dalla tomba di Yuaa e Thuiu: J. E. Quibell, Tomb of Yuaa and Thuiu, ibid., tav. 35, 51112. - T. dalla tomba di Tutankhamon: H. Carter-A. C. Mace, Tutench-Amun, I, Lipsia 19243, tavv. 48 B. 50. - Tomba di Ramesses III: P. d'Avennes, Histoire de l'art égyptien d'après les monuments, II, Parigi 1878, tav. V, 16. - Rilievo di Ḥaremhab: W. Wreszinski, Atlas zur altägyptischen Kulturgeschichte, II, Lipsia 1935, tav. 162.
3. Ambiente cretese-miceneo. - Statuetta cicladica: E.A.A. II, fig. 800. - Sigillo del Minoico Antico III: A. Evans, The Palace of Minos, IV, 2, Londra 1935, fig. 464. - T. nel palazzo di Cnosso: id., op. cit., IV, 2, fig. 889. - T. da Katsabà: Κρητικά Χρονικά, V, 1951, p. 385 s., figg. 22-23. - Manico di specchio: ᾿Εϕ. ᾿Αρχ., 1888, tav. 8, 3. - Anello da Tirinto: A. Evans, op. cit., IV, 2, fig. 385. - T. da Enkomi: C. F. A. Schaeffer, Enkomi-Alasia, Parigi 1952, tavv. 72-75. - T. in argilla: The Aegean and the Near East, Studies Presented to H. Goldman, New York 1956, tavv. 14-15. - Cratere al Louvre: Bull. Corr. Hell., XXXI, 1907, p. 232, figg. 10-12.
4. Grecia. - a) Rilievo da Chrysapha: Brunn-Bruckmann, Denkmäler, 227 a. - Tomba delle Arpie: id., ibid., 146 a. - Vaso del Pittore Affettato: E. Langlotz, Griech. Vasen in Würzburg, Monaco 1932, tav. 37, 177; J. D. Beazley, Black-fig., 1956, p. 239, 6. - Tomba delle Nereidi: Brunn-Bruckmann, op. cit., 217 b. - b) Coppa geometrica: Ath. Mitt., 1893, p. 113, fig. 10. - Statuetta di Kallithea: in Bull. Corr. Hell., LXXXVII, 1963, p. 414 ss. Vaso Fançois: Furtwängler-Reichhold, tavv. 11-12; J. D. Beazley, op. cit., p. 76, 1. - Frontone dell'Acropoli: R. Heberdey, Altattische Porosskulptur, Vienna 1919, tav. 1. - Dea di Berlino: Ant. Denkmäler, III, tavv. 37-44. - Vaso di Myson: Furtwängler-Reichhold, tav. 113; J. D. Beazley, Red-fig., p. 171, 47. - T. da Palatitsa: Bull. Corr. Hell., LXIII, 1939, p. 316 ss., fig. 31. - c) Cratere in New York: Am. Journ. Arch., XIX, 1915, tav. 17. - Tesoro dei Sifnî: Fouilles de Delphes, IV, 2, Parigi 1928, tav. f. t. 9. - Fregio del Partenone: A. H. Smith, The Sculptures of the Parthenon, Londra 1910, tav. 31. - Stele funerarie da Thasos: Bull. Corr. Hell., LXXVIII, 1954, tavv. 11-12. - d) Statua al Museo Ny Carlsberg: K. Schefold, Die Bildnisse der antiken Dichter Redner und Denker, Basilea 1943, p. 139. Rilievo a Monaco: Röm. Mitt., LIV, 1939, tav. 11. - T. del sacerdote di Dioniso: Mèlanges Holleaux, Parigi 1913, tavv. 8-10. - T. a Broomhall: Journ. Hell. Stud., LXVII, 1947, tav. 6 a. - T. al Museo dell'Acropoli: Am. Journ. Arch., LVIII, 1954, tav. 47. - Κλισμός: statua di Posidippo: Brunn-Bruckmann, op. cit., p. 494.
5. Etruria. - Sedia Corsini: Mon. Ant. Lincei, XXIV, 1916, 401 ss., tavv. 1-8, con elenco di t. dello stesso tipo.
6. Roma. - Cammeo a Vienna: F. Eichler-E. Kris, Die Kameen im Kunsthistorischen Museum, Vienna 1927, tav. 3. - Gemma Augustea: F. Eichler-E. Kris, op. cit., tav. 4. - Statua in Alessandria: P. Graindor, Bustes et statues-portraits de l'Egypte gréco-romaine, Il Cairo 1937, tav. 22 a. - Pittura pompeiana: V. Spinazzola, Pompei alla luce degli scavi di via dell'Abbondanza, Roma 1953, fig. 250, tav. 14. - Rilievo con frontone del tempio della Magna Mater: M. Cagiano de Azevedo, Le antichità di Villa Medici, Roma 1951, tav. 4. - Pittura di Zeus Theòs a Dura: M. I. Rostovtzeff, F. E. Brown, C. B. Welles, The Excavations at Dura Europos, Preliminary Report of the Seventh and Eighth Season of Work 1933-34 and 1934-35, New Haven 1939, fig. 50. - Sarcofago di Adelphia: G. Bovini, I sarcofagi paleocristiani, Città del Vaticano 1949, fig. 233. - Codex Purpureus di Rossano: W. Neuss, Die Kunst der alten Christen, Augsburg 1926, fig. 170.
Bibl.: Per un'informazione di carattere generale si consultino: V. Chapot, in Dict. Ant., V, p. 278 ss., s. v. Thronus; A. Köpper-C. Breuer, Geschichte des Möbels, Berlino 1904; H. Möbius, Über Form u. Bedeutung des sitzenden Gestalt in d. Kunst des Orients u. der Griechen, in Ath. Mitt., XLI, 1916 (1927), p. 119 ss.; G. M. A. Richter, Ancient Forniture, Oxford 1926; A. Hug, in Pauly-Wissowa, IV A, 1931, c. 398 ss., s. v. Stuhl; id., ibid., VI A, 1936, c. 613-18, s. v. Θρόνος; K. Galling, in Biblisches Reallexikon, Handb. z. Alten Testament, I, Tubinga 1937, s. v. Thron. - 1. Asia Anteriore: E. Akurgal, Späthethitische Bildkunst, Ankara 1949, p. 89 s. T. rupestri: id., Phrygische Kunst, Ankara 1955, p. 96 ss. Valore simbolico del t.: H. Danthine, L'imagerie des trônes vides et des trônes porteurs de symboles dans le Proche Orient ancien, in Mélanges syriens offert à R. Dussaud, II, Parigi 1939, p. 857 ss. Sulle ziqqurat: Th. Dombart, Der Sakralturm, Monaco 1920. - 2. Egitto: L. Klebs, Die Reliefs und Malereien des Neuen Reiches, 9. Abhandlung der Heidelberger Akad. d. Wiss., Heidelberg 1934, p. 143 s. Simbolismo del t.: K. Sethe, Urgeschichte und Älteste Religion der Ägypter, Lipsia 1930, p. 85, § 102. - 3. Ambiente cretese-miceneo; N. Platon, Μινωικοὶ ϑρόνοι, in Κρητικὰ Χρονικά, V, 1951, p. 385 ss.; M. Ventris, Mycenaean Furniture on the Pylos Tablets, in Eranos, LIII, 1955, p. 109 ss.; R. Higgins, The Archaeological Background to the Furniture Tablets from Pylos, in Bull. of the Inst. of Class. Stud. of the Univ. of London, III, 1956, p. 39 ss.; D. H. Gray, Linear B and Archaeology, in Bull. of the Inst. of Class. Stud. of the Univ. of London, VI, 1959, p. 47 ss.; G. E. Mylonas, Seated and Multiple Mycenaean Figurines, in The Aegean and the Near East, Studies Presented to H. Goldman, New York 1956, p. 110 ss. - 4. Grecia; E. Saglio, in Dict. Ant., I, 2, p. 970 ss., s. v. Cathedra; E. Fiechter, in Jahrbuch, XXXIII, 1918, p. 176, nota 1. Sui nomi dei varî tipi di sedia: K. W. Pritchett, in Hesperia, XXV, 1956, p. 213 ss. Sul t. nel culto: K. Meuli, in Phyllobolia für P. von der Mühll, Basilea 1946, p. 197 s.; H. Herter, Zum bildlosen Kultus der Alten, in Rheinischen Museum, LXXIV, 1925, p. 164 ss. Sul suo valore funerario: K. G. Vollmoeller, Griechische Kammergräber mit Totenbetten, Bonn 1901; id., Über zwei euboische Kammergräber mit Totenbetten, in Ath. Mitt., XXVI, 1901, p. 333 ss. Sulla ϑρόνωσις: A. D. Nock, in Journ. Hell. Stud., XLVI, 1926, p. 47 s.; id., A Cabiric Rite, in Am. Journ. Arch., XLV, 1941, p. 577 ss.; J. Bousquet, Callimaque, Hérodôte et le trône de l'Hermès de Samothrace, in Mélanges Picard, I, Parigi 1949, p. 105 ss. Sul t. nelle monarchie ellenistiche: M. Launey, Recherches sur les armées hellénistiques, II, Parigi 1950, p. 855 s. Sui t. rupestri si veda, tra l'altro: L. Savignoni-G. De Sanctis, in Mon. Ant. Lincei, XI, 1901, p. 364 ss. (Creta); H. Lattermann-F. Hiller von Gärtringen, in Ath. Mitt., XL, 1915, p. 75 ss. (Arcadia); C. Humann, Die Tantalosburg am Sipylos, in Ath. Mitt., XIII, 1888, p. 22 ss. - 5. Etruria: P. Ducati, La sedia Corsini, in Mon. Ant. Lincei, XXIV, 1916, p. 401 ss. - 6. Roma: A. Hug, in Pauly-Wissowa, III A, 1929, c. 929 ss., s. v. Solium; V. Chapot, in Dict. Ant., VI, p. 1391, s. v. Solium. Sul t. nell'Impero: A. Alföldi, Die Ausgestaltung des monarchischen Zeremonielles am römischen Kaiserhof, in Röm. Mitt., XLIX, 1934, p. 1 ss.; id., Insignen und Tracht des römischen Kaisers, ibid., L, 1935, p. 1 ss. Sul simbolismo del t. vuoto: S. Eitrem, Trône et sceptre, in From the Collections of the Ny Carlsberg Glyptothek, 3, 1942, p. 189 ss.; J. Colin, in Rev. Arch., 6e série, XXV, 1946, p. 168 ss.; P. Hommel, Studien zu den römischen Figurengiebeln der Kaiserzeit, Berlino 1954, p. 34. Sul problema delle relazioni tra t. imperiale e cattedra episcopale: H. Leclercq, in Dict. Arch. Chrét., III, p. 19 ss., s. v. Chaire; H. B. Instinsky, Bischofsstuhl und Kaiserthron, Monaco 1955; E. Stommel, Bischofsstuhl und hoher Thron, in Jahrbuch für Antike und Christentum, I, 1958, p. 52 ss. Sul t. nel culto cristiano: A. Grabar, Le trône des martyrs, in Cahiers Arch., VI, 1952, p. 31 ss. Sulla ἐτοιμασία: H. Leclercq, in Dict. Arch. Chrét., V, p. 671, s. v. Etimasie. Per il trapasso dall'antichità al Medioevo: P. E. Schramm, Herrschaftaszeichen und Staatssymbolik (Schriften der Monumenta Germaniae historica, XIII) Stoccarda 1954-56, I, p. 316 ss.; III, p. 689 ss. - In generale si consultino ancora: sul valore funerario del t.: Th. Klauser, Die Kathedra im Totenkult der heidnischen und christlichen Antike (Liturgiegeschichtliche Forschungen, 9) Münster in Westfalia 1927. - Sul problema del simbolismo del t. vuoto: W. Reichel, Über vorhellenische Götterculte, Vienna 1897 (recensioni: H. Schmidt, in Berliner Philologische Wochenschrift, XVIII, 1898, p. 942 ss.; H. von Fritze, in Rheinisches Museum, LV, 1900, p. 588 ss.); M. T. Mellink, Hyakinthos, Utrecht 1943, p. 145 ss.; Ch. Picard, Le trône vide d'Alexandre dans la cérémonie de Cyinda et le culte du trône vide à travers le monde gréco-romain, in Cahiers Arch., VII, 1954, p. 1 ss. - Sul significato della sella curulis vuota: J. W. Salomonson, A Roman Relief in Copenhagen with Chair, Sceptre and Wreath and its Historical Associations, in Bull. van de Vereeniging tot Bevordering der Kennis van de Antieke Beschaving, XXX, 1955, p. 1 ss. Per una sintesi sul simbolismo cosmologico del t. si consultino ancora: A. Alföldi, Die Geschichte des Throntabernakels, in La nouvelle Clio, I-II, 1949-50, p. 537 ss.; H. P. L'Orange, Studies on the Iconography of Cosmic Kingship in the Ancient World, Oslo 1953.
(F. Canciani)
7. - India e Asia orientale. - Inteso come simbolo di regalità umana e divina, il t. fu anche in India, sin dall'antichità, connesso con significati cosmogonici e teogonici. Concepito come un equivalente dell'altare o della pietra sacrificale, fu ritenuto un'espressione simbolica del centro dell'universo e del luogo da cui emanava l'ordine e la legge.
Le prime rappresentazioni di t. risalgono al II sec. a. C. e figurano sulle opere più antiche dell'iconografia buddista: sulle sculture dei monumenti rupestri di Bhaja e sui bassorilievi dei santuarî di Bharhut, Sanchi e Jaggayapeta; l'immagine del Buddha non era ancora ritratta in forme umane, la divinità era a volte rappresentata simbolicamente mediante un t. vuoto.
In origine il t. si presenta sia in forma di altare che di seggio: ha quattro piedi, ma manca di spalliera e di appoggiatoi. Questi elementi ulteriori sono invece introdotti nei t. raffigurati sulle sculture del I sec. a. C. dei santuarî di Bodhgaya e di Sanchi. Successivamente, verso il I-II sec. d. C., a Mathurā, Amarāvatī, e poi nel Gandhāra, si diffondono tipi di t. decorati da motivi ornamentali e soprattutto da figure di animali reali e mitici, come elefanti e leoni unicorni. L'immagine del leone- che rappresenta indubbiamente un elemento figurativo di ispirazione iranica, o comunque asiatico-occidentale- è inserita spesso nella decorazione del t.; ed un tipo particolare di seggio, dai piedi formati da leoni, costituisce il cosiddetto "trono del leone" (simhāsana), che è simbolo di regalità suprema. Adottato dal buddismo nell'iconografia più tarda, esso forma, insieme al "trono del loto" (padmāsana), uno dei seggi più tipici delle immagini del Buddha nell'arte cinese e giapponese.
Bibl.: J. Auboyer, Le trône et son symbolisme dans l'Indie Ancienne, Parigi 1949.
(A. Tamburello)