Vedi TROPAEUM TRAIANI dell'anno: 1966 - 1973 - 1997
TROPAEUM TRAIANI
Città romana presso l'attuale villaggio di Adamklissi nella Dobrugia meridionale (Romania), all'incrocio delle strade Marcianopolis-Noviodunum e Tomi-Durostorum-Nicopolis ad Istrum, quindi in una posizione che dominava le principali vie di penetrazione transdanubiana verso i Balcani. La località è nota innanzitutto per il grande monumento trionfale eretto dall'imperatore Traiano nel 109 d. C. per commemorare una grande vittoria contro i Daci. Il nome del monumento, Tropaeum Traiani, venne dato anche alla città che lo stesso imperatore fondò in immediata vicinanza (v. più avanti, 2).
1. - Il monumento, oggetto di vivissime controversie dal punto di vista storico ed artistico- alcune risolte, altre tuttora in corso di discussione- consisteva in una poderosa mole cilindrica in opera cementizia (posante su una gradinata pure circolare) rivestita da più filari di blocchi di pietra calcarea e ornata da un fregio ricco e complesso nonché da un parapetto merlato. Il tetto conico di tale mole, ricoperto da tegole di pietra, di forma squamata (delle quali solo una è giunta sino a noi), aveva al vertice uno slanciato piedistallo sul quale posava il colossale trofeo. L'altezza totale- secondo i calcoli dei tentativi di ricostruzione finora pubblicati- sembra essere stata di m 32, il diametro di m 30. Nel corso dei secoli, a un momento imprecisabile, il monumento è andato in rovina e i blocchi di rivestimento vennero in parte riutilizzati nei villaggi e nei cimiteri circostanti. Solo in epoca moderna (fine sec. XIX) l'archeologo romeno Gr. Tocilescu effettuò sul posto più campagne di scavo, in seguito alle quali trasportò a Bucarest la decorazione scultorea figurata. Sul posto, accanto al nucleo cementizio spoglio del suo rivestimento, ma di dimensioni tuttora imponenti, rimasero molti elementi secondarî della decorazione. Oggi si sta trasportando di nuovo tutto il materiale ad Adamklissi, per un'esposizione sistematica di tutta la decorazione scolpita- in base a ricerche tuttora in corso- in un museo che sorgerà presso il nucleo del trofeo.
È stato il Tocilescu, in collaborazione con O. Benndorf e G. Niemann, a dare l'editio princeps del singolare monumento e a presentare il primo tentativo di restituzione di questo trofeo, ben lontano dai canoni classici dal punto di vista della concezione architettonica, della sintassi decorativa e delle forme d'arte.
Nonostante la chiara presentazione di Tocilescu-Benndorf-Niemann, nonostante il prezioso sussidio dell'iscrizione traianea trovata in situ, la sconcertante novità della decorazione figurata (in un'epoca ancora ignara dei valori dell'arte provinciale) provocò una serie di gravi controversie intorno all'epoca di costruzione del monumento; e all'infuori di qualche. studioso (F. Studnickza, R. Paribeni, T. Antonescu) rimasto fedele alla cronologia traianea proposta dai primi editori, le ipotesi e le teorie cominciarono a oscillare in modo veramente allarmante, tra l'epoca di Augusto (A. Furtwängler) e quella di Costantino o addirittura di Valente (N. Iorga) con una preferenza (Cichorius, più tardi S. Ferri, R. Vulpe) nell'ammettere due periodi struttivi: una fase iniziale d'età traianea e un successivo rifacimento dell'epoca di Costantino il Grande.
Il recente studio di F. Bobu Florescu, partendo dall'esame attento e diretto dei grandiosi resti del trofeo e di tutto il materiale, già messo in luce da scavi e ricerche, col sussidio d'una complessa serie di analisi chimiche della calce del nucleo, sembra aver confermato l'unità di costruzione del monumento e la sua datazione in epoca traianea; eliminando una delle ipotesi più tenaci e ingombranti- quella di due periodi struttivi ben distinti, a distanza di circa due secoli. D'altra parte alla stessa conclusione cronologica era arrivato indipendentemente, in base ad un'acuta analisi storica della dedica di Traiano, anche G. Ch. Picard nel suo lavoro sui trofei romani. Inoltre il Florescu, con pazienti ricerche e periegesi nei villaggi circostanti, è riuscito a scoprire 18 blocchi del fregio inferiore con racemo d'acanto, 4 blocchi di quello superiore con palmette, 9 dei pilastri intercalati tra le metope, un pilastro del piedistallo esagonale del trofeo: il che ha permesso un nuovo tentativo di restituzione grafica del trofeo il quale, pur servendosi di quello Tocilescu-Niemann del 1895 e, in parte, di quello del Furtwängler, è del tutto nuovo per quanto riguarda il parapetto merlato del gran corpo cilindrico e, in parte, dei due corpi esagonali sostenenti il trofeo. Dobbiamo però osservare che non esistono ancora elementi validi per stabilire la successione delle metope e che la parte superiore del monumento- tetto e trofeo- rimane tuttora ipotetica.
Nel suo lavoro il Florescu, tutto teso al suo studio ricostruttivo (v. specialmente 2a edizione) non ha neppure tentato di metter in rapporto le sue conclusioni cronologiche con lo studio storico-artistico della decorazione figurata che costituisce uno dei più grandiosi complessi di arte provinciale romana. Mentre i fregi a carattere ornamentale- tralcio d'acanto, perle ed astragali, palmette e volute a corda- non fanno che ripetere, sia pure con un accento personale, vecchi motivi presi da repertori di modelli diffusi in tutto il mondo antico, la decorazione figurata di metope e merli che ci conserva la fedele narrazione d'una battaglia tra Romani e barbari, è di un'assoluta novità, nella sua patetica e cruda immediatezza. E tale decorazione non può essere valutata alla luce di vecchi schemi del bello e del brutto di tradizione winckelmanniana, ma per quello che è: espressione viva e diretta d'arte popolare (quasi totalmente indipendente dai prototipi classici del rilievo storico romano), di carattere essenzialmente artigiano, che preannunzia quel linguaggio formale che troverà la sua larga diffusione nell'arte del III secolo. I corpi inanimati dei caduti- morti o morenti- che si adattano a riempire gli spazi vuoti delle metope (n. iv-vi, xvii, xx, xxii, xxiv, xxx-xxxi, xxxiv-xxxviii), la mancanza di prospettiva e di profondità del rilievo stesso, costituiscono veramente una rottura con i principî dell'arte classica; e pur senza voler dare alle sculture del trofeo il valore cronologico assoluto di un momento cruciale nell'evoluzione dell'arte romana- sulla linea di separazione tra le forme "classiche" e quelle tarde- possiamo cogliere in esse la spontanea tendenza alla prospettiva ribaltata, all'uso della figura umana quale elemento decorativo inorganico, che saranno aspetti dominanti dell'arte tardo-antica, quando la corrente popolare giungerà sul monumento ufficiale, quale riflesso della profonda crisi economico-sociale del tempo (v. romana, arte).
Un problema ancora ben lungi dall'esser risolto è quello più strettamente storico: cioè per quale vittoria traianea sia stato elevato il colossale trofeo. Essendo difficile ammettere che Traiano abbia voluto commemorare le sue due guerre daciche in un punto così lontano dal teatro delle operazioni, alcuni storici hanno pensato a una grande battaglia tra l'esercito romano, comandato personalmente da Traiano, e le forze daco-sàrmate inviate da Decebalo (v.) nel tentativo fallito di compiere una manovra di diversione contro le province orientali dell'Impero Romano. Di tale supposta battaglia (102 d. C.?), di cui la tradizione storica avrebbe perduto il ricordo, il trofeo sarebbe l'unico documento.
A circa 200 m dal trofeo lo scavo del Tocilescu mise in luce i resti di un grande, altare funerario di forma rettangolare elevato su cinque gradini, il quale, nella sua parte anteriore, portava un'iscrizione- giunta a noi gravemente frammentaria- con i nomi dei soldati romani morti in un combattimento- [in honorem et] memoriam fortis[simorum virorum qui pugnantes] pro republica morte occub[uerunt....]. Anche questo altare-cenotafio è oggetto di controversie: secondo alcuni (Tocilescu) contemporaneo al trofeo, secondo altri (Cichorius, recentemente E. Dorutiu)- per diversità di materiale struttivo, per le unità militari menzionate nell'iscrizione- anteriore di qualche decennio, elevato cioè a commemorare i morti delle dure lotte sostenute da Domiziano in queste contrade, nell'86-87 dell'èra volgare.
Bibl.: Per il trofeo: C. W. Wutzer, Reise in den Orient Europa's, I, Eberfeld 1860; E. Petersen, Sul monumento di Adamklissi, in Röm. Mitt., XI, 1890, p. 302 ss.; Gr. Tocilescu, O. Benndorf, G. Niemann, Das Monument von Adamklissi. Tropaeum Traiani, Vienna 1895; A. Furtwängler, Das Tropaion von Adamklissi u. die provincial-röm. Kunst, in Abhandl. d. K. bayerisch. Akad. d. Wissensch., I. Cl., III, Abhandl., vol. XXII, Monaco 1903; F. Studniczka, Tropaeum Traiani, Ein Beitrag zur Kunstgeschichte der Kaiserzeit, Lipsia 1904; G. Cichorius, Die römischen Denkmäler in der Dobrudscha: ein Erklärungsversuch, Berlino 1904; T. Antonescu, Le Trophée d'Adamclissi, Iassi 1905; A. Bauer, Herkunft der Bastarnen, in Sitzungsber. d. Wiener Akad., Philos.-histor. Kl. (2. Abhandl.), vol. 185, 1918; F. Drexel, Altes und Neues vom Tropaeum Traiani, in Neue Jahrbücher klass. Altertum, Gesch. u. Lit., XLIX-L, 1922, n. 1-2; A. Schober, Zur Entstehung und Bedeutung der Provinzialrömischen Kunst, in Österr. Jahresh., XXVI, 1930; V. Parvan, Getica, Bucarest 1926, p. 122 ss.; R. Paribeni, Optimus princeps, Messina 1926, p. 327; S. Ferri, Nuovi documenti relativi al Trofeo di Traiano nella Mesia Inferiore, in Ann. della R. Scuola Normale Sup. di Pisa, II, 1933, p. 369 ss.; id., Arte romana sul Danubio, Milano 1933, p. 372 ss.; R. Vulpe, Histoire ancienne de la Dobroudja, Bucarest 1938, pp. 143-155; G. Picard, Les trophées romains, Parigi 1957, p. 392; Fl. Bobu Florescu, Monumental de la Adamklissi Tropaeum Traiani, Bucarest 1959; 2 ediz. 1961 (riveduta e arricchita di molte illustrazioni, con bibliogr. completa). Per l'altare funerario: Gr. Tocilescu, Fouilles et recherches en Roumanie, 1901, p. 63 ss., p. 69 (fig. 13, restituzione ideale dell'altare); G. Cichorius, op. cit., p. 20; E. Dorutiu, Some Observations on the Military Funeral Altar of Adamclisi, in Dacia, N. S., V, 1961, p. 345 ss.; A. Frova, L'arte di Roma e del mondo romano, Torino 1961; R. Vulpe, Les Germains du Trophée de Trajan à Adamclissi, in Archaeologia, XIV, 1963, p. 49 ss.
(G. Bordenache)
2. - La città di T., fondata principaimente coi veterani di Traiano, si sviluppò fino a meritare il rango di municipium, formalmente ottenuto sotto i Severi. Durante il regno di Marco Aurelio il suo territorio fu devastato dall'invasione dei Costoboci, come risulta da un'iscrizione rinvenuta nei dintorni (C.I.L., iii, 14, 21412: Daizus Comozoi interfectus a Costabocis). Danni ancor più gravi subì di certo al tempo delle invasioni carpogotiche del III secolo. Gli imperatori Licimo e Costantino, intorno all'anno 316, fecero costruire le forti mura di cinta della città, ciò che viene attestato anche da un'epigrafe monumentale rinvenuta durante gli scavi del Tocilescu (C.I.L., iii, 13734: ad confirmandam limitis tutelam etiam Tropaeensium civitas auspicato a fundamentis feliciter opere constructa est). Una replica costantiniana, in proporzioni ridotte, del trofeo che coronava il monumento vicino, venne elevata presso la porta principale della città, a guisa di emblema. La città continuò a svilupparsi ulteriormente, diventando un centro militare, economico e religioso di prima importanza. Oltre i resti delle poderose mura costantiniane, con due porte e numerose torri ovali, e oltre il lastricato della via principalis, sono state messe in luce le vestigia di un acquedotto extra muros e, nel circuito della città, le fondamenta di ben sei basiliche, delle quali soltanto una- la basilica forensis è di carattere profano: la basilica marmorea, a tre navate, con abside, nartece ed atrio e, vicino, il battistero, costruita nel IV sec. e restaurata in seguito per ben tre volte; la "basilica semplice", presso la porta orientale, la "basilica-cisterna", eretta nel V sec. sulle mura di una vecchia cisterna trasformata in cripta, e la "basilica bizantina" o "a doppio transetto", anch'essa con cripta, tre navate ed abside. Fuori le mura vennero scoperte le rovine di una piccola cappella presso un cimitero (basilica coemeterialis). La città, insieme a tutti i principali centri non costieri della Scizia, venne assalita dagli Avari nell'anno 587 e definitivamente distrutta. Nel XV sec., quando i Turchi occupavano il paese, il trofeo doveva trovarsi ancora al suo posto, al vertice della mole. Solo il monumento trionfale rimase in piedi. Solo così si spiegherebbe il nome moderno della località, Adamklissi, che vuol dire in turco "la chiesa dell'uomo".
Bibl.: V. Pârvan, Cetatea Tropaeum, in Buletinul Comisiunii monumentelor istorice, 1911, pp. 163-191; R. Vulpe, Histoire ancienne de la Dobroudja, Bucarest 1938, passim.
(R. Vulpe)