TROPISMI (dal gr. τρέπομαι "mi volgo"; fr. tropismes; sp. tropismos; ted. Tropismen; ingl. tropisms)
La parola fu adottata, sembra, per la prima volta da J. Sachs (v.), il noto botanico, per indicare la tendenza, propria a molte piante, di orientarsi in un dato modo sotto l'azione d'uno stimolo esterno. Un esempio comunissimo è dato dal girasole. Se si colloca una piantina entro una stanza illuminata da una finestra, tenendola dinnanzi a questa, se ne vedranno, dopo un certo tempo, gli steli inclinarsi verso la luce. A questi movimenti indotti dalla luce si dà il nome di fototropismo (più particolarmente di eliotropismo se la sorgente luminosa è il sole).
Altro caso di tropismo si presenta nello svilupparsi d'una piantina dal seme: il fusticino si drizza e cresce in su, mentre la radichetta si volge in basso; l'uno e l'altra secondo la verticale. Si può, con buone ragioni, attribuire la direzione nella quale crescono queste due parti della piantina all'effetto della gravità e affermare che la radichetta manifesta un geotropismo (o barotropismo) positivo, volgendosi cioè verso il centro della terra, e il fusticino un geotropismo negativo, allontanandosene. La tendenza dei micelî di certi funghi e di alcuni plasmodî, quali il fiore di Vallonea, "fleur de tan" dei Francesi (Aethalium septicum), a crescere verso l'umidità rappresenta un caso d'idrotropismo.
A dar ragione di tali movimenti delle piante, si sono invocate, a volta a volta, differenze di turgore, o di accrescimento della parte esposta all'azione dello stimolo, rispetto alla parte opposta; o anche alla formazione, sotto l'azione dello stimolo, di particolari "sostanze di accrescimento" da parte della pianta, che avrebbero una lontana analogia con gli ormoni degli organismi animali; o, perfino, una "sensibilità" propria dei tessuti della pianta e la diffusione dell'effetto dello stimolo attraverso speciali conduttori, paragonabili ai nervi degli animali. Movimenti di orientazione simili, verso la sorgente d'uno stimolo, si sono constatati in varî animali sedentarî o fissi (colonie idroidi, vermi tubicoli, ecc.).
Secondo la natura dello stimolo si possono distinguere, oltre al fototropismo, al geotropismo e all'idrotropismo, ora accennati, un chemiotropismo, provocato dall'azione di sostanze chimiche che si diffondono da un centro; un reotropismo, dovuto all'azione d'una corrente d'acqua, un tigmotropismo o stereotropismo, effetto di stimoli di contatto (avvolgimento di fusti volubili, viticci, aderenza di radici aeree ai sostegni, ecc.), un galvanotropismo, prodotto dal passaggio d'una corrente galvanica attraverso l'acqua in cui vivono alcuni organismi, e altri ancora. Il tropismo si dice positivo, quando l'organismo si volge verso la sorgente dello stimolo; negativo, quando si volge dalla parte opposta.
Quando lo stimolo agisce sopra organismi che si possono spostare attivamente, allora, più propriamente, si parla di tattismi o tassie (geotassi, fototassi, eliotattismo, chemotassi, ecc.), distinguendoli, analogamente, in positivi e negativi; onde si hanno, p. es., esseri "attratti dalla luce" ed esseri lucifughi. Tuttavia la parola "tropismo" è più generalmente usata per tutti i varî casi.
A questi varî tropismi e tattismi si può spesso riferire il comportamento di molti esseri viventi nella loro vita naturale, che poi è stato più volte, soprattutto negli ultimi decennî, e da varî osservatori, analizzato con opportuni esperimenti.
Le reazioni avvengono allo stesso modo, tanto negli animali e nelle piante inferiori (protozoi e protofite) quanto negli organismi superiori o più complessi; solo che negli animali provvisti di sistema nervoso, organi di senso e organi di moto, si esplicano con un meccanismo più complicato, sotto forma di "atti riflessi", dovuti alle particolari disposizioni del sistema nervoso, che stabiliscono le relazioni fra gli organi di senso e quelli di moto. Anche per le piante superiori, c'è chi ammette l'esistenza di tessuti conduttori paragonabili ai nervi. Daremo ora qualche esempio dei varî tropismi.
Geotropismo. - Oltre quello già citato delle piantine germinanti, se ne incontrano molti esempî, tanto nel regno vegetale quanto in quello animale. Fra gl'infusorî, i Parameci presentano un caso interessante di tale tropismo. Se si mettono, in un certo numero, in un lungo tubo pieno d'acqua e si tiene il tubo verticalmente, si vedranno in breve, tutti affollarsi in alto presso la superficie dell'acqua. Si era interpretata questa migrazione come un caso di chemiotropismo, o più precisamente di "aerotropismo", ammettendo nei Parameci una tendenza a portarsi nell'acqua più ossigenata, ma si è dovuto poi riconoscere che si tratta di geotropismo negativo; e che la gravità agisce sulle particelle contenute nei vacuoli alimentari.
I fototropismi sono diffusissimi fra le piante e gli animali e sono stati, a preferenza, oggetto di numerose indagini, che hanno rivelato non soltanto che vi sono esseri positivamente fototropici, cioè che, normalmente, accorrono verso la luce, e altri negativamente fototropici, i quali fuggono la luce; ma anche che il fototropismo può essere positivo per una data intensità di luce, e negativo per una diversa. Così si spiegano le migrazioni batimetriche di molti organismi planctonici (v. plancton), che salgono verso la superficie nelle ore crepuscolari e durante la notte, e, quando la luce solare fa sentire il suo effetto, scendono a diverse profondità. La pesca con le "lampare" utilizza un fototropismo positivo di alcune specie di pesci. Diverso è risultato anche l'effetto delle varie specie di luce; poco o punto efficaci si sono rivelate le radiazioni a onde più lunghe (luce rossa e gialla); il massimo di attività è stato constatato in alcuni esperimenti per quelle di λ = 535 μμ. Alcuni esseri (le formiche, per es.) sono sensibili ai raggi ultravioletti.
Il tigmotropismo o stereotropismo o aptotropismo, cui già s'è accennato, si manifesta evidentissimo nelle piante rampicanti, che si attaccano ai sostegni per mezzo di fusti volubili, viticci, o radici aeree, e s'incontra nel regno animale sotto varie forme. I lombrichi presentano un bell'esempio di tigmotropismo associato con un fototropismo negativo (per luce piuttosto intensa). La luce del sole fa rientrare i lombrichi sotterra; essi scavano rapidamente la loro buca finché tutto il corpo sia sottratto alla luce, e al tempo stesso si trovi uniformemente a contatto in tutta la sua superficie con le pareti del tubo. Casi simili di tigmotropismo s'incontrano in molti altri anellidi tubicoli.
Un reotropismo classico è quello dei pesci anadromi, per esempio, dei Salmoni riproduttori, che ostinatamente risalgono i fiumi per andare a deporre e fecondare le uova nelle fredde acque delle scaturigini.
L'anemotropismo, paragonabile al reotropismo, si ha in alcuni organismi che si orientano contro la direzione del vento (zanzare, mosche, ecc.).
Un galvanotropismo molto spiccato manifestano gl'infusorî (ciliati) che, se una corrente continua attraversa l'acqua in cui si trovano, accorrono verso il polo negativo; laddove, invece, i flagellati sogliono affollarsi verso quello positivo. È dubbio tuttavia se si tratti proprio di galvanotropismo, o non piuttosto di chemiotropismo dovuto al liberarsi dei cationi e degli anioni per effetto dell'elettrolisi.
I varî chemiotropismi hanno grandissima importanza nella vita di quasi tutti gli organismi e può ben dirsi che ne regolino le funzioni alimentari e riproduttive. La ricerca dell'alimento per mezzo dell'odorato, o di qualche cosa che ne fa le veci, o, negli animali acquatici, di organi, paragonabili forse ai nostri organi del gusto, può ascriversi a uno dei più comuni ed evidenti casi di chemiotropismo; ed è soprattutto mirabile la spesso rigorosa specificità dello stimolo determinante: specificità che poi ritroviamo in alto grado nei casi di chemiotropismo nella vita sessuale.
L'avvicinamento dei sessi, l'attrazione degli spermî da parte delle uova, sia nel regno vegetale sia in quello animale, si possono ben riferire a chemiotropismi, effetti di stimoli dovuti a particolari sostanze che si diffondono nell'aria o nell'acqua, paragonabili ai nostri odori. La sensibilità a siffatti stimoli è spesso veramente prodigiosa; è ben noto il fatto che, mettendo una farfalla notturna femmina entro una scatola chiusa, tenuta in una stanza con la finestra chiusa, si vedono spesso accorrere i maschi che vengono a dar di cozzo contro i vetri; avvertiti a notevole distanza dall'"odore" emanato da ghiandole che si trovano nei segmenti posteriori dell'addome della femmina. Se questi segmenti si asportano, i maschi vi accorrono anche se la femmina non c'è. Ma se ai maschi si mozzano le antenne, essi perdono la facoltà di sentire l'"odore". Nelle antenne si trovano gli organi ricettori capaci di ricevere quello stimolo e trasmetterne l'effetto ai centri nervosi e, attraverso questi, ai muscoli delle ali. Simili lenocinî amorosi, largamente diffusi in quasi tutti gli animali, sono caratterizzati dalla loro specificità, alla quale si deve la difficoltà o anche l'impossibilità di accoppiamenti fra individui di specie diversa. Specificità che si manifesta poi fin negli elementi germinali e impedisce di solito, in natura, le fecondazioni di uova da spermî estranei quando la fecondazione avviene nell'acqua.
Altri chemiotropismi conducono alla deposizione delle uova delle femmine in luoghi adatti alla nutrizione e al benessere della futura prole.
I tropismi possono talora "ingannare" e riuscire fatali; così la farfalla va a bruciarsi nella fiamma, gli uccelli migratori cadono a centinaia battendo contro i fari; la mosca carnaria va a deporre le uova su pezzi di grasso impregnati di succo di carne o sopra piante fetide, dove le future larve moriranno d'inedia. È anche interessante l'azione simultanea di due o più tropismi, i quali possono inibirsi reciprocamente oppure cooperare nell'effetto. Le larve cipridiformi della sacculina, p. es., si fissano ai peli del granchio soltanto di notte; la luce inibisce il chemiotropismo. I bruchi d'una tignuola (Myelois cribrella), quando sono maturi, escono dai capolini delle carduacee, di cui hanno mangiato i ricettacoli, e penetrano nel fusto per impuparsi, ma soltanto sotto una luce intensa. Il Kellog, scoperchiando un'arnia e facendovi così penetrare la luce dall'alto, impedì la sciamatura e il volo nuziale. In altri casi, come in quello già menzionato dei lombrichi, due diversi tropismi possono associarsi per determinare lo stesso effetto.
Questi varî tropismi, o meglio tattismi, in cui la reazione provocata dallo stimolo si manifesta con lo spostamento dell'animale secondo una data direzione, sono stati anche riuniti sotto la denominazione comune di topotattismi, e contrapposti ai fobotattismi (phobotaxis), che rappresentano invece semplici reazioni motorie senza direzione, determinate da variazione dell'intensità dello stimolo, dovute a quella che è stata ben definita come "sensibilità differenziale". Esempio, il ritirarsi rapido entro i tubi di alcuni vermi tubicoli al passaggio d'un'ombra, che subitamente attenui l'intensità della luce. Reazioni delle piante presso a poco dello stesso tipo sono le nastie (v.).
Sotto il nome di "teoria dei tropismi" si è molto diffusa in biologia, e per varî anni è stata da parecchi naturalisti accolta con favore, un'ipotesi elaborata da Jaques Loeb (v.). Secondo questa teoria molti, se non tutti, i movimenti degli esseri viventi sono movimenti coatti, dovuti agli effetti dei varî stimoli e alla particolare disposizione degli organi ricettori (di senso) e di quelli effettori (di moto) nei singoli organismi. Un esempio di questo modo d'interpretare i movimenti locomotorî d'un animale ci è dato dallo stesso Loeb con la ben nota tendenza delle farfalle a correre verso una fiamma luminosa, tendenza che spesso riesce loro fatale. Ecco come il Loeb descrive questo fenomeno. La farfalla è un animale a perfetta simmetria bilaterale; tanto i suoi organi di senso, occhi, antenne ecc., o, per usare il termine più adatto e meno compromettente, gli organi ricettori (degli stimoli), quanto il sistema nervoso e i muscoli, organi effettori, sono simmetricamente disposti rispetto al piano mediano verticale (nella posizione naturale del corpo) che passa per l'asse longitudinale. Fra i ricettori e gli effettori il sistema nervoso stabilisce predisposte comunicazioni per effetto delle quali uno stimolo ricevuto dall'adatto ricettore nel nostro caso l'occhio, attraverso i centri nervosi (cervello), a cui è condotto, sotto forma di flusso nerveo, l'effetto della stimolazione da nervi centripeti, e i nervi centrifughi che conducono il flusso nerveo ai muscoli delle ali, ne determina la contrazione e così la farfalla è costretta a volare. Se la luce colpisce i due occhi con pari intensità, se, cioè, l'asse del corpo della farfalla è situato nella direzione dei raggi luminosi e il capo rivolto verso la luce, il flusso nerveo si diffonderà con pari intensità ai due lati e le due ali si muoveranno con lo stesso ritmo e la stessa energia e la farfalla volerà necessariamente verso la luce, essendo dotata di fototropismo positivo. Se, invece, il capo della farfalla si trova orientato obliquamente rispetto alla direzione dei raggi luminosi, questi colpiranno con diversa intensità gli occhi, e l'occhio del lato meglio illuminato provocherà una più energica contrazione dei muscoli alari del proprio lato e per conseguenza si determinerà un momento di rotazione del corpo che ne rimetterà l'asse nella direzione dei raggi luminosi; raggiunta questa posizione, l'effetto dello stimolo luminoso sarà identico nei due occhi e si ritornerà al caso precedente. Così si spiega perché la farfalla è obbligata a correre verso la fiamma.
Applicando lo stesso ragionamento all'effetto di altri stimoli, paragonabile sempre all'azione di linee di forza emananti da un centro, si è creduto poter concludere, in base a opportuni esperimenti (e molti ne sono stati fatti negli ultimi decennî), che gli animali sono mossi come da tanti fili, che li tirano in qua e in là, e debbono irrevocabilmente obbedire agli stimoli di varia natura che i loro organi ricettori sono fatti per ricevere trasmettendone l'effetto ai muscoli. Essi sono automi (come voleva Cartesio) a movimenti obbligati, determinati dalla propria organizzazione (cioè dalla disposizione dei loro organi) e dalla qualità, intensità e direzione d'incidenza degli stimoli che continuamente li sollecitano.
Questa teoria dei tropismi permette, con ingegnose analisi, di ridurre tutta la varia vita d'un animale a una più o meno complicata "catena di reazioni", e, più precisamente, di "riflessi" quando si tratti di animali provvisti di sistema nervoso; reazioni che si succedono e completano reciprocamente facendo compiere all'animale gli atti che di solito riescono a conservare la vita individuale e quella della specie. Si renderebbero così inutili le discutibili interpretazioni antropomorfiche con le quali si attribuiscono agli esseri, anche i più umili, una volontà, una facoltà di scelta e altre facoltà psichiche difficilmente dimostrabili. Ma se si esamina il modo di agire e di condursi di molti animali, anche fra quelli che hanno una vita di relazione poverissima, ridotta a poche reazioni, i quali più sembrano limitati a puri automatismi, s'incontrano non poche difficoltà nel voler ridurre tutta la loro attività agli effetti di stimoli esterni. Molte e gravi obiezioni sono state fatte e si fanno a questa teoria, che sembra, ogni giorno più, eccessivamente semplicista. E, innanzi tutto, non può negarsi dagli stessi più ferventi sostenitori della teoria, che in molti casi il segno d'un tropismo cambia secondo le condizioni fisiologiche dell'organismo.
Che se poi si passa ad esaminare fatti più complessi della vita di certi insetti, quali la costruzione di nidi, l'approvvigionamento di questi per la futura prole, le relazioni fra i varî membri d'una società di formiche, di termiti e simili, la teoria dei tropismi diventa sempre meno soddisfacente. D'altra parte si è molto esagerato nel descrivere le traiettorie delle farfalle verso la fiamma e d'altri animali, le quali sono ben lungi dall'essere così perfettamente rettilinee e a direzione obbligata come vorrebbe la teoria.
A misura poi che si sale la "scala zoologica" e ci si vuol render conto delle varie gesta degli animali di più complessa ed elevata organizzazione, con una vita di relazione più ricca e più estesa, le difficoltà aumentano e sempre più vanno manifestandosi, sia pure rudimentalmente, una spontaneità e una intenzionalità degli atti. E si acuisce sempre più il dissidio fra gli ortodossi dell'obiettivismo, che condannano ogni tentativo di riconoscimento di facoltà simili alle umane negli animali, e coloro che vogliono vedere nelle facoltà psichiche differenze di grado, non di natura, in tutti gli esseri viventi, dall'uomo agl'infimi.
A contrasto con la teoria dei tropismi, un'altra ne è stata proposta dallo zoologo americano H. S. Jennings per "spiegare" il comportamento degli animali inferiori, soprattutto degl'infusorî, sotto il nome di "prova ed errore" (trial and error). Ad illustrarla valga quest'esempio. Se in una goccia d'acqua, dove sono diffusi molti Parameci, si fa gorgogliare, attraverso la punta d'una pipetta, un po' d'anidride carbonica, si vedranno (sotto la lente del microscopio) i Parameci raccogliersi intorno al punto di dove il gas vien fuori, e, a misura ch'esso va diffondendosi nell'acqua, disporsi a formare un cerchio che va man mano allargandosi. I Parameci restano imprigionati come in un cerchio magico, dal quale non possono più uscire. Si vedono nuotare in tutte le direzioni, ma, non appena toccano il limite esterno, o quello interno del loro cerchio, arretrano, si rigirano e cambiano direzione per andare a urtare poi di nuovo a uno dei passi "vietati" e ripetere la stessa manovra. Si ammette che i Parameci sono positivamente chemiotropici per una data debole concentrazione di CO2 e negativamente per una maggiore o minore; e così, col diffondersi dell'anidride carbonica, essi sono automaticamente sospinti nella zona della concentrazione da loro "preferita". Secondo lo Jennings, si tratterebbe per questi infusorî di continue "prove" per cercare un'uscita e di continui "errori" che li fanno tornare indietro.
Oltre alla difficoltà di estendere siffatta interpretazione ad altri casi molto diversi e più complessi, non s'intende che cosa voglia significare una prova, un tentativo, o un errore da parte di un essere incapace di giudizio; ché, se si deve ammettere che il Paramecio possegga questa facoltà, dovrà rinunziarsi a dichiararlo incosciente e a negargli ogni potere di scelta.
Purtroppo, come si vede, siamo ancora ben lungi dal poterci dar ragione del modo di condursi e di regolarsi (del behaviour, come dicono gl'Inglesi, con parola divenuta oramai d'uso comune anche in altre lingue) degli animali inferiori, se vogliamo ridurli a puri automi. È tuttavia necessario tener conto di particolari facoltà intimamente legate alla costituzione specifica di ciascun essere, se se ne vogliono descrivere completamente le azioni e si deve abbandonare il proposito di voler ridurre i molteplici atti, che spesso sembrano così perfettamente adatti al conseguimento d'uno scopo, a semplici reazioni obbligate a stimoli esterni, quasi che gli animali fossero tante macchinette mosse da forze esterne. I tropismi sono innegabili e ben dimostrati sperimentalmente, ma una "teoria dei tropismi" finora non si ha.
Bibl.: J. Loeb, Die Tropismen, in Winterstein, Handb. d. vergl. Physiol., 1912; id., Fisiol. e psicol. comparata, trad. di F. Raffaele, Palermo [1912]; A. Kühn, Die Orientierung der Tiere im Raum, Jena 1919; M. Rose, La question des Tropismes, Parigi 1929; S. Kostyschew e F. A. F. C. Went, Lehrb. d. Pflanzenphysiologie, II, Berlino 1931; F. Rawitscher, Der Geotropismus der Pflanzen, Jena 1932; H. Fitting, Reizerscheinungen der Pflanzen, in Handwört. d. Naturwissensch., 2a ed., VIII, Jena 1933, p. 353; R. Dettler, Reizbarkeit tierischer Gewebe, ibid., p. 329; F. Tempelmann, Tierpsychologie, ibid., IX, p. 1082.
Patologia e terapia. - Un significato particolare assai importante ha il concetto di tropismo in patologia e in terapia.
A) Molti germi, in quanto allo stato parassitario assai spesso si fissano e svolgono la loro azione patogena specifica in determinati organi o tessuti, si dicono dotati di "tropismo" per detti organi o tessuti. Così per gli Schizomiceti si parla del tropismo, del bacillo di Eberth per le placche di Peyer nell'intestino, del bacillo del tetano per la sostanza nervosa, del diplococco per il polmone, ecc. Nel campo degli ultravirus, i cosiddetti virus filtrabili, il tropismo ha tale importanza da essere assunto come criterio di classificazione (E. Centanni). Si parla così di virus dermotropi (vaiuolo, vaccino, herpes, afta epizootica, epitelioma contagioso dei polli, ecc.), di v. neurotropi (rabbia, encefalite epidemica, poliomielite anteriore acuta, ecc.), di v. organotropi (tracoma, parotite epidemica, leucemia dei polli, agalassia contagiosa, ecc.), ecc. Non ha avuto ancora soluzione definitiva la vexata quaestio se per l'infezione sifilitica debbano ammettersi due distinte entità patogene: un virus dermotropo, con manifestazioni prevalentemente a carico della cute e delle mucose, e un virus neurotropo responsabile delle lesioni terziarie più gravi del sistema nervoso, quali la tabe e la paralisi progressiva. Pertanto già da tempo nella classificazione degli agenti patogeni è apparsa possibile una più sottile differenziazione fra entità delle singole specie, in rapporto a un nuovo criterio biologico, quello del tropismo. Gli Americani chiamano questa ulteriore discriminazione "dissociazione microbica". Ciò è avvenuto tipicamente per i paratifi, gli streptococchi, i pneumococchi, i protei, ecc. Si deve a M. Rosenow il concetto che i germi o le loro tossine possano essere avviati a un tessuto piuttosto che a un altro in virtù di uno speciale tropismo dimostrabile sperimentalmente. Secondo detto autore vi sono delle "infezioni focali" di determinati organi (denti, tonsille, seni paranasali, prostata, utero, ecc.) dalle quali possono penetrare in circolo i germi e, secondo il loro tropismo elettivo nei singoli tessuti, svolgervi determinati processi infiammatorî. Di più, le ricerche sperimentali più recenti sembrano portare alla conclusione che alcuni germi patogeni in seguito a passaggio in colture in vivo o in particolari terreni artificiali di coltura possano assumere tropismo per determinati organi. In Italia questo argomento è stato particolare oggetto di studio dalla scuola di C. Frugoni. Così s'è potuto dimostrare che molto spesso ceppi di streptococchi che non hanno nessun particolare tropismo per le articolazioni e perciò sono detti "non artrofili", divengono squisitamente "artrofili" dopo essere stati coltivati con passaggi successivi nelle articolazioni. D'altra parte l'artrotropismo spontaneo o sperimentalmente acquisito scompare dopo il passaggio del germe in coltura nel tessuto muscolare. M. Lusena ha dimostrato l'"oculotropismo" di streptococchi di varia provenienza, ciò che spiega come si possano avere guarigioni di malattie oculari di origine streptococcica (iriti, iridocicliti, cheratiti, ecc.) dopo ablazione di parti di organi lontani, sede dei cosiddetti foci d'infezione. Assai recentemente (1935) questo argomento nelle premesse teoriche e nella valutazione sperimentale è stato ripreso da T. Maestro (in Boll. d'Oculist., XIV, 9, p. 1251), il quale ha concluso che nel 58% dei casi studiati il passaggio attraverso occhi in vivo di streptococchi "non oculofili" conferisce a questi ultimi uno spiccato oculotropismo.
B) Il concetto di "tropismo" ha inoltre importanza basale nella modernissima chemoterapia (v.) la quale, sperimentando su numerose serie di corpi organici ottenuti sinteticamente (cfr. i notissimi "606", "914" nella serie degli arsenobenzoli) si studia di preparare sostanze parassiticide che abbiano la massima azione parassitotropa e la minima azione organotropa, tendendo alla realizzazione del rimedio ideale che deve danneggiare al massimo il parassita e al minimo i tessuti dell'organismo che lo contengono.