trovatore
In Cv IV IX, dopo aver ricordato che solo quelle sono nostre operazioni che subiacciono a la ragione e a la volontade (§ 4), D. distingue tra operazioni che la nostra [ragione] considera ne l'atto de la volontade (§ 7), cioè nelle quali la ragione si esprime mediante un atto di volontà, e altre che la ragione solamente considera, e non fa né può fare (§ 5) perché sono conseguenti ai principi intrinseci delle cose; di queste operazioni non fattori propriamente, ma li trovatori semo (§ 6): sono queste le attività che l'uomo può considerare e trovare, ma non produrre e fare, in quanto altri [cioè Dio] le ordinò (§ 7).
L'antitesi tra fattori e trovatori chiarisce bene il valore semantico del vocabolo: di tutti gli eventi naturali e sovrannaturali nonché delle matematiche, l'uomo infatti non è, a voler usare un linguaggio proprio, il " fattore ", cioè l'autore, ma solo lo " scopritore ", in quanto a lui, mediante la ragione, è solo concesso di studiarne e di scoprirne le modalità.
Quale calco del provenzale trobador il vocabolo ricorre in Vn III 9 per indicare chi si dedica all'arte di ‛ trovare ', cioè di " comporre in rima ", e, più esattamente, i poeti in volgare: Pensando io a ciò che m'era apparuto, propuosi di farlo sentire a molti li quali erano famosi trovatori in quello tempo.
Per ogni problema relativo ai rapporti tra D. e la cultura trobadorica, come pure per il giudizio da lui dato della lingua dei trovatori, v. OC.