TRYSA (oggi Giölbashi)
Abitato licio fortificato, posto sull'altipiano che si stende tra la costa meridionale dell'Asia Minore e il basso corso del Dembre Çay (l'antico Myros), ad oriente del villaggio turco Giölbashi. Lo rese noto la scoperta del suo heròon (866 m sul livello del mare) avvenuta il 20 dicembre 1841 ad opera del geografo tedesco Julius August Schönborn (1801-1857). I diarî di questo vennero riassunti e pubblicati da C. Ritter (Erdkunde Asiens, xix, p. 1136 ss.); nel 1857 A. Michaelis mettendo lo heròon in relazione con il monumento delle Nereidi in Xanthos (v.) richiamò l'attenzione degli archeologi.
T. fu scoperta per la seconda volta il 17 aprile 1881 da O. Benndorf. Due spedizioni austriache (1882-83) visitarono quindi la località e trasportarono nel Kunsthistorisches Museum di Vienna il fregio a rilievo dello heròon e alcuni altri oggetti ritrovati.
L'antico nome, che nessun documento letterario ha tramandato, è stato stabilito dalla spedizione austriaca in base a quattro iscrizioni: Τρυσέων ὁ δῆμος.
Gli avanzi dell'insediamento sono scarsi: cinta poligonale con piccola porta, cronologicamente anteriore allo heròon; un piccolo tempio dorico; muri di case e cisterne. I ritrovamenti (tomba a pilastro, scarsi frammenti di vasi attici a figure nere) attestano che l'insediamento risale al sec. VI a. C. I monumenti sepolcrali più importanti (heròon e sarcofagi) risalgono al 400 a. C. o giù di lì. L'età romana non ha lasciato tracce importanti, tuttavia monete, una piccola cappella con abside e alcuni sepolcri attestano che la località fu abitata in età bizantina.
Dalle iscrizioni si apprende che vi fioriva il culto di Zeus Eleuthèrios e di Helios; le iscrizioni sono tutte greche, parte decreti onorari, parte iscrizioni funebri, tra cui una firma di un artista ῾Ερμακότας (v. hermakotas).
I monumenti più importanti sono quelli sepolcrali, che dal sec. VI a. C. (tomba a pilastro) vanno sino all'età ellenistica; cippi cilindrici più tardi, con figure e iscrizioni rivelano la decadenza della località (Heroon, p. 27, figg. 12 e 13).
Monumenti funebri. - Il più antico tra questi è una tomba a pilastro di circa 4 m di altezza del tipo noto a Xanthos e in Licia; consta di zoccolo, pilastro e camera sepolcrale, intorno alla quale corre un fregio a figure (fatiscente): a) cinque guerrieri; b) cinque o sei uomini; c) cavalieri. Risale probabilmente alla seconda metà del sec. VI a. C.; è affine e quasi contemporaneo al sepolcro a pilastro di Isinda-Belenidi. - Rilievi rupestri: stele con un cane a rilievo, scolpiti nella rupe, faccia alla valle. - Sepolcro rupestre del tipo licio consueto, rappresentante la facciata di una casa, a S-O, sotto il muro di cinta della rocca (Heroon, pp. 25 e 241, purtroppo non riprodotto).
Edifici sepolcrali riproducenti la struttura a travi lignee, a forma di casa; cinque esemplari, di cui uno probabilmente a due piani. Come di consueto la camera sepolcrale riproduce la casa d'abitazione in legno.
Più numerosi dei sepolcri a forma di casa sono i sarcofagi con coperchio ad arco acuto, anch'essi tipici della Licia. Nella Relazione preliminare (1882, p. 182) si parla di "più di trenta sarcofagi colossali in calcare" di questo tipo, per lo più ancora ritti sui loro basamenti a due o tre gradini, ma in gran parte frantumati (Heroon, p. 214). Due di essi avevano una decorazione plastica: uno, attualmente a Vienna, misura m 4,88 d'altezza; sulla vòlta del coperchio tra travetti a protome leonina ha quadrighe con due personaggi; dal lato in cui si trovano le iscrizioni i cavalli sono raccolti, pronti allo slancio, dall'altra in pieno galoppo, anche i conduttori differiscono tra di loro. Sui lati minori, due uomini barbati, seduti di fronte. Sempre sui lati minori nell'architrave è scolpita una coppia seduta; sull'architrave delle fronti, tre letti, su ognuno due uomini, servi e musicanti, affini alla scena con un banchetto nell'edificio interno sul lato sud-orientale dello heròon e probabilmente dello stesso periodo. L'iscrizione Δερείμιος καὶ Αἰσχύλον τῶν Πάρνοι (Heroon, fig. 174) si riferisce quasi certamente a un reimpiego.
Il sarcofago, che ora si trova a Istanbul, è di età più recente. Il fregio presenta entro stretti campi, delimitati da gorgonèia in aggetto, dei leoni in bassorilievo, sopra di essi una quadriga fra due corone. Sul retro si vedono due teste taurine, sui lati minori protomi leonine sporgenti, in uno dei campi delfini e altri pesci, nell'altro cornucopie. Sull'architrave del lato maggiore appare un rilievo non interpretato: numerose figure tra uomini che cavalcano uccelli e cavalli; un mascherone orna i lati minori. A T. rimangono sarcofagi decorati in modo più semplice: uno ha un busto nel lato minore del coperchio, un altro ha una tabula ansata sul lato principale, un altro ancora un campo vuoto incavato.
Il grande heròon. - Lo heròon era posto sul pendio nord-orientale della montagna, e destinato ai componenti di una dinastia locale. Artisticamente i fregi di T. sono inferiori al monumento delle Nereidi a Xanthos. L'aspetto assunto attuaimente è determinato dal materiale scadente usato, un calcare locale (mentre a Xanthos fu usato marmo), assai rovinato dalle intemperie, particolarmente sui lati più esposti: la parete esterna meridionale e interna settentrionale; la superficie si è mantenuta solo in pochi punti (Ovest, A 7).
Il fregio dello heròon è evidentemente opera di scultori vaganti, gli manca un principio direttivo e un progetto unitario. L'esecutore si sarà indubbiamente ispirato al già esistente monumento delle Nereidi, sepolcro del dinasta di Xanthos, capoluogo della regione. A T. gli scultori disponevano di una superficie di circa 210 m di estensione per un doppio fregio rispetto ai 122 m di Xanthos, ma non diedero prova di particolari capacità nell'esecuzione delle rappresentazioni scelte ed eseguite in Licia, usarono però di modelli greci- probabilmente una specie di album- nel trattare i temi di carattere mitologico.
Colpisce il fatto che sul lato in cui è praticato l'ingresso il fregio inferiore (centauromachia) tocca lo stipite sinistro della porta, mentre dalla parte opposta il fregio che rappresenta uno sbarco con relativa battaglia inizia a una certa distanza dalla porta. Mentre il fregio superiore termina all'angolo della muraglia, quello superiore (battaglia intorno a Tebe) s'interrompe prima del blocco posto all'angolo (v. Eichler, pp. 15; 49, tavv. 2-3 A).
Le pareti meridionale e occidentale presentando una altezza uniforme o quasi dei filari di blocchi si prestavano a una decorazione di fregi a rilievo. Effettivamente le migliori composizioni sono quelle sul lato meridionale costruito con lunghi blocchi squadrati; qui gli scultori sono rimasti fedeli ai loro modelli, mentre nelle scene con l'uccisione dei Proci e con la caccia al cinghiale calidonio, sul lato interno della parete d'ingresso, i motivi sono trattati in modo prolisso ed i vuoti sono stati riempiti da figure senza nesso con l'insieme (v. E. Loewy, in Festschrift Th. Gomperz, 1902, pp. 422 ss.). Il fregio della parete occidentale, costruita in buone pietre squadrate, non è una composizione meditata e legata, sebbene la città assediata, che vi è rappresentata su una duplice serie del fregio, sia fiancheggiata da scene di battaglie. La disposizione però dei tre settori è asimmetrica, la battaglia campale occupa quasi metà della parete. Tra battaglia e città vi è un'evidente cesura (A 7), mentre a destra l'amazzonomachia (A 12, B 13) aderisce strettamente alla scena dei fuggenti da un lato e dall'altro, A 12, con una figura non identificata, dando l'impressione che sia mancato lo spazio richiesto dal modello originale (cfr. Eichler, p. 28). La parte settentrionale dell'insieme, con filari sensibilmente più bassi dell'occidentale, e che vanno abbassandosi verso l'angolo N-E, rivela chiaramente la mancanza di un progetto unitario. Il ratto delle Leucippidi disposto su le due serie del fregio, non termina in modo simmetrico, dando inoltre l'impressione che a partire dalla sezione B 6 i vuoti siano stati riempiti con figure estranee all'azione. In alto (A 10-20) seguono scene di caccia, le cui singole figure sono prevalentemente adattate alla misura dei blocchi in pietra; sotto (B 10-22), sono rappresentate in maniera analoga scene di Centauri, senza nesso mitologico. La caccia fa parte del consueto repertorio dei monumenti licî. Le centauromachie, spezzettate e stiracchiate in singole scene lungo il fregio inferiore della parete orientale, che va elevandosi nuovamente, sono meri riempitivi. Si sente la mancanza di un piano unitario anche nella parete orientale, andata in gran parte distrutta: nel fregio superiore sono rappresentate le gesta di Perseo e di Teseo, la scena con l'avventura di Scirone sconfina nel fregio inferiore (Eichler, cit. in bibl., Ostwand, pp. 57 ss.). Nell'angolo S-E era inserita una costruzione lignea destinata al culto dei defunti, ripartita da una parete divisoria; vi si vedono le consuete scene licie di banchetti e di danze (v. il fregio della cella di Xanthos e gli architravi dei sarcofagi), però disposte più in basso di quanto non lo sia il fregio esterno.
Tra l'edificio dedicato al culto e la porta, alla consueta altezza, tre scene che, in un certo senso, vanno interpretate come lo stemma del sepolto: quadriga, ratto, Bellerofonte con la Chimera; evidentemente Bellerofonte era considerato come il mitico progenitore della stirpe licia (cfr. a Tlos e nel sepolcro di Merehi).
La decorazione della porta associa in modo caratteristico per l'arte licia motivi di diversa provenienza: i danzatori con kalathiskos degli stipiti ripetono, con figure maschili, i tipi delle danzatrici attiche; li ritroviamo tanto sui sarcofagi quanto nello heròon stesso (Heroon, Atlas, tav. xxix, i) e anche a Xanthos. Di tipo ciprofenicio sono i nani, tipo Bes, nel listello della porta interna; proprio in essi si rivela l'incapacità dello scultore di riprodurre elementi estranei. Altrettanto si dica delle figure del defunto, proprie all'arte licia, sotto le protomi di tori alati- custodi del sepolcro- autentico motivo orientale rappresentato in forma greca.
Oltre che nella porta, si possono rilevare riflessi di arte persiana nel doppio registro dei fregi che sono collegati fra loro da navi, mura, torri della città sulla parete occidentale, dagli edifici nel ratto delle Leucippidi sulla parete settentrionale, e nella scena di Scirone sulla parte orientale; altro segno si rileva nella tendenza a rappresentare figure in file parallele, particolarmente evidente nella scena cittadina della parete occidentale, ma anche nella rappresentazione dello sbarco con relativa battaglia, nella caccia al cinghiale calidonio (B 4), nei retrocedenti del blocco n. 2 con centauri della parete orientale (cfr. il fregio sullo zoccolo minore e quello nella peristasi a Xanthos, il rilievo sulla base del pilastro con iscrizione [in Demargne, op. cit. in bibl., i, tav. 32], il fregio con combattimento della tomba Payava). Anche l'accentuazione dei personaggi principali con maggiori dimensioni (Penelope nel fregio dei Proci), la ripetuta raffigurazione del "galoppo allungato" accanto all'andatura "trattenuta", propria dell'arte greca, sono concessioni fatte al gusto orientale. Spesso, nei sarcofagi licî si vedono contemporaneamente rappresentate le due andature (caccia sulla parete settentrionale A; centauromachia, parete meridionale B 3).
Ci troviamo di fronte ad uno stile composito provinciale, derivato da modelli di arte greca, appartenenti a età diverse, privo di tratti originali; si noti anche l'uso ripetuto di tipi statuarî. Derivano da un prototipo comune tanto la caccia alla pantera (parete N A 11-12) quanto il gruppo centrale rappresentato sul lato maggiore del sarcofago del Satrapo; nella caccia mancano gli abiti persiani. Rivelano forte influsso attico l'amazzonomachia della parete occidentale, il cui eroe attico Teseo viene sostituito da Bellerofonte, il progenitore dei Lici, i combattimenti singolari, tipo a metopa, della battaglia campale sulla parte occidentale, il fregio esterno e Adrasto fuggente nel fregio tebano. Riecheggia i modi delle composizioni classiche, nei frontoni, il movimento che si irraggia dal centro verso la periferia, tanto nella scena dello sbarco quanto in quella della caccia calidonia, mentre elementi più tardi ispirano i panneggiamenti molto mossi della koinè greca della fine del sec. V (caccia al cinghiale calidonio). Si nota in tutto il complesso l'uso di ottimi modelli greci, ma anche di altri decisamente provinciali, con frequente ripetizione di tipi affini (esempî su tutti e quattro i lati).
Si riscontra un ampio uso della pittura, specie negli edifici dell'assedio (parete O) e del ratto delle Leucippidi (parete N). Si notino anche le quinte formate da rupi (parete occidentale A ii, B 13; parete settentrionale B 9, parete orientale 7 e 15) simili a quelle dei rilievi attici intorno all'anno 400 (Pythodoros, Eleusi; rilievo del cavaliere a Villa Albani).
Riassumendo, ci troviamo qui di fronte ad un'arte che risale alla fine del sec. V a. C., assolutamente dipendente dall'arte greca; i temi sono dettati dal committente licio, per la sua tomba; la mancanza di originalità è confermata dalla ripetizione dei temi, anche se poi concepiti ispirandosi a modelli differenti: amazzonomachia sulla parete esterna e orientale, centauri sulla parete esterna meridionale B, settentrionale B e orientale B; sbarco armato sulla parete esterna meridionale e occidentale; caccia sulla parete interna meridionale e settentrionale A, ratto di fanciulle accanto alla porta, nell'interno (A 8) e a N (Leucippidi).
Sono stati ritrovati entro il peribolo scarsi avanzi di almeno due sculture a tutto tondo: una testa leonina, ali e frammenti di panneggiamenti piuttosto mossi, alcune dita, avanzi di sculture in calcare e terrecotte a carattere architettonico (Heroon, p. 30). Gli avanzi di un sarcofago con rilievi sui quattro lati e di un architrave con scene di combattimento su due lati stanno a dimostrare che, oltre al vero e proprio sepolcro, vi erano altre tombe sistemate entro il peribolo.
Bibl.: O. Benndorf, Vorläufiger Bericht, in Arch.-epigraph. Mitt., VI, 1882, p. 157 ss., specie pp. 167-228; O. Benndorf- G. Niemann, Das Heroon von Gjölbaschi-Trysa, (Sonderdruck aus dem Jahrbuch d. Kunsthistorischen Sammlungen), Vienna 1889 (= Jahrb. d. kunsthist. Sammlungen, IX, XI, XII, 1889-1892); C. Praschniker, Zu den Friesen des Heroons von Gjölbaschi-Trysa, in Österr. Jahreshefte, XXVIII, 1933, pp. 1-140; F. Eichler, Die Reliefs des Heroon von Gjölbaschi-Trysa, Vienna 1950, p. 75, in bibl. fino al 1947; inoltre G. Lippold, Die griechische Plastik, in Handbuch, Monaco 1950, p. 209 s.; G. Kreiner, in Istanbuler Mitt., VII, 1957, p. 3, tav. 1-3; I. Kleemann, Der Satrapen-Sarkophag aus Sidon, in Istanbuler Forschungen, XX, Berlino 1958, passim. Tombe a pilastro: E. Petersen-F. v. Luschan, Reisen in Lykien usw., in Reisen im südwestl. Kleinasien, II, Vienna 1899, p. 13, fig. 9; E. Akurgal, Griechische Reliefs des VI. Jahrhunderts aus Lykien. Schriften zur Kunst des Altertums, III, Berlino 1941, p. 98 s. Per l'arte licia: G. Rodenwaldt, Griechische Reliefs in Lykien, in Sitzb. preuss. Akademie, Phil.-hist. Kl., 1933, XXVII; id., Reisen im südwestlichen Kleinasien, Vienna 1884- 1889; F. Eichler, Die Ostwand des Heroons von Trysa, in Anz. Öst. Akad., 84, 1947, pp. 55-72; P. Demargne, Fouilles de Xanthos, I, Les Piliers funéraires, Parigi 1958.