TUBERCOLOSI (dal lat. tuberculum "tubercolo")
Malattia infettiva e contagiosa, così denominata dalla caratteristica alterazione (il tubercolo elementare), prodotta, nei tessuti dell'organismo umano e animale, dal bacillo specifico del processo morboso.
Cenni storici. - Nota alla civiltà indiana, della malattia si rintraccia qualche incerta notizia in alcuni testi persiani e cinesi. È dubbio se gli Egizî ne abbiano avuta conoscenza. Fu descritta, invece, nelle sue manifestazioni più classiche, e perfino nella possibilità del contagio, dai medici dell'epoca greca e romana (Ippocrate, Areteo di Cappadocia, Galeno, Plinio e Celso). La scuola araba, nel Medioevo, con a capo Avicenna, accettò le concezioni d'Ippocrate e di Galeno. Un particolare studio della tisi polmonare venne fatto, all'incirca in quello stesso periodo, in Italia, dalla scuola salernitana. Nel Rinascimento, G. Fracastoro scrisse pagine mirabili sulla tubercolosi, precorrendo l'era batteriologica con la dottrina della trasmissione del contagio mercé piccolissimi corpuscoli, ch'egli chiamò seminaria contagionum. Nel sec. XVIII ebbero inizio gli studî anatomopatologici, per opera di F. Silvio, A. V. Valsalva, G. B. Morgagni, W. Stark, Th. Reid, M. Baillie, ecc. Nel sec. XIX ulteriori progressi s'ottennero per opera di G. L. Bayle e di R.-Th. Laënnec. Il primo affermò la specificità del tubercolo. Il secondo dimostrò chiaramente l'unicità della materia tubercolare e ammise che le varie forme della tisi rappresentino soltanto differenze di evoluzione di un unico processo. Fu il creatore della dottrina dell'ascoltazione, di cui fece uso per lo studio clinico della malattia. Con le ricerche di patologia cellulare di R. Virchow e di altri autori tedeschi, alla concezione unitaria del Laënnec veniva opposta ancora quella dualistica, secondo la quale la tisi poteva essere dovuta, da una parte, ai tubercoli, nel senso di Laënnec, dall'altra ai processi di caseosi, quali prodotti di trasformazione dell'infiammazione catarrale o essudativa. Ma la dottrina del Laënnec veniva suffragata da J.-A. Villemin. Nella seduta del 5 dicembre 1865, presso l'Accademia di medicina di Parigi, il Villemin comunicava l'esito delle sue ricerche di trasmissione in serie, nei conigli, di materiale tubercolare, di diversa provenienza, affermando che la tubercolosi è un'affezione specifica, la cui causa risiede in un agente inoculabile. Questa scoperta fondamentale diede luogo a ricerche di controllo, in grande maggioranza favorevoli, fra le quali sono da annoverare quelle degl'italiani A. Verga e S. Biffi, G. Bizzozero, P. Mantegazza, L. Armanni, nonché quelle di J. F. Cohnheim. L' agente della malattia, il bacillo cioè della tubercolosi, venne infine identificato da R. Koch. Questa seconda fondamentale scoperta venne annunziata il 24 marzo 1882, alla Società fisiologica di Berlino e segnò l'era dei fecondi moderni sviluppi della tisiologia. Altri progressi, di decisiva importanza, vanno ancora segnalati. Nel campo diagnostico, l'applicazione dei raggi Röntgen, e, soprattutto, i perfezionamenti della tecnica radiografica, hanno consentito, in questi ultimi anni, acquisizioni profonde con vantaggi imprevisti. Nel campo terapeutico, i primi razionali tentativi risalgono alla metà del secolo scorso. H. Brehmer e poi P. Dettweiler applicarono, nel 1859, la cura igienico-dietetica e climatica, dimostrando l'utilità dei sanatorî. Ma la più grande conquista, nella cura della tubercolosi polmonare, si deve a C. Forlanini. Egli concepì (1882) e attuò (1888) l'applicazione del pneumotorace artificiale, gettando le basi di un metodo, universalmente riconosciuto il più efficace, dal quale trassero origine, quale necessaria filiazione, ulteriori applicazioni collassoterapiche.
Diffusione. - Le statistiche dimostrano che la tubercolosi, pure essendo diffusa su tutto il globo, v'è inegualmente distribuita. Essa è soprattutto frequente fra i popoli che da maggior tempo sono civilizzati, mentre le genti indigene dei paesi ove la civiltà non è ancora penetrata si possono considerare quasi indenni. Il primato spetta all'Europa, cui fanno seguito l'Asia, l'America e gli altri continenti. In alcune zone dell'Asia (e cioè in Siria, in Anatolia, in Armenia), le forme gravi della tubercolosi polmonare non sono frequenti. Invece nelle città delle stesse regioni prossime alla costa, la tubercolosi è comune. Per quanto riguarda l'Africa, è stato accertato che l'Egitto e le coste mediterranee sono state le zone per prime più esposte al contagio. Così ancora sono state invase l'Africa del Sud e le coste orientali e occidentali. I territorî centrali, e specialmente quelli del nord, sono ancora poco contaminati. In Oceania, in alcune zone della Malesia, la tubercolosi è ancora poco frequente. Per contro si possono citare numerosi esempî, i quali dimostrano l'enorme diffusione della malattia presso popolazioni vergini, venute in contatto con il virus, portato, attraverso le correnti commerciali, da popoli contaminati. Volendo accennare a qualcuno di codesti esempî, ricordiamo che, nell'America Meridionale, nelle regioni meridionali della Patagonia e fino all'istmo di Panama, in seguito alla colonizzazione europea, le popolazioni indigene sono state decimate dalla tubercolosi. Così dicasi per gli Indiani dell'America Settentrionale, per gl'indigeni della Tasmania, Nuova Zelanda, Nuova Caledonia, Nuove Ebridi e di tutte le Isole della Polinesia, di recente colonizzate. Infine si citano epidemie fra gruppi umani non contaminati, che sono stati trasportati in territorî civilizzati o comunque infetti. Tale è il caso delle truppe senegalesi trasportate in Francia durante la guerra mondiale; degli Ottentotti fatti emigrare dal sud-est dell'Africa nel Camerun, degl'indigeni delle Isole Marchesi trasportati per ragioni di lavoro sulla costa occidentale dell'America Meridionale, ecc. In Europa la diffusione è dappertutto, se si eccettua forse qualche territorio nei pressi del Volga, ed è maggiore nelle agglomerazioni urbane. Non sono affatto esenti neppure le popolazioni rurali e specialmente quelle che hanno rapporti con i grandi centri abitati.
In base alle statistiche del 1930, la mortalità per tubercolosi (riferita a 100.000 ab.), è stata di 46 in Danimarca e di 201 in Polonia. Fra questi due dati estremi sta una serie progressiva di cifre che, rispettivamente, si riferiscono alle seguenti nazioni: Paesi Bassi, Lussemburgo, Scozia, Inghilterra, Italia, Svizzera, Irlanda, Spagna, Norvegia, Cecoslovacchia, Francia, Romania, Grecia, Estonia, Ungheria, Portogallo. In Italia la tubercolosi è disseminata dappertutto; prevale in Sardegna e presenta, nel continente, frequenza decrescente, procedendo dalle regioni settentrionali a quelle meridionali. Essa è in regressione, dal 1925 in poi, come conseguenza diretta della vasta legislazione antitubercolare sviluppata dal regime fascista.
Patologia generale. - Il virus tubercolare. - L'agente dell'infezione umana, il bacillo di Koch, appartiene alla classe degli Schizomycetes, all'ordine degli Actinomycetales, alla famiglia delle Mycobacteriaceae, al genere Mycobacterium, di cui si distinguono diverse specie, e, precisamente, il Mycobacterium tuberculosis varietà hominis e bovis, e i Mycobacteria avium, piscium, ranae, tropidonatum, chelonei. Codeste specie hanno in comune, con quella della tubercolosi umana, alcuni caratteri morfologici, tintoriali, colturali, oltre alla capacità di produrre processi infiammatorî di vario ordine nei tessuti in cui si localizzano. (V. tav. a colori alla voce batterio).
Micobatterio tubercolare varietà umana; proprietà morfologiche. - Si presenta come un bastoncino esile, frequentemente incurvato a un'estremità, di lunghezza variabile fra 1,5-4 μ, del diametro di 0,3-0,5 μ, immobile. Nei varî prodotti patologici, di cui il più frequente è l'espettorato, i germi si trovano isolati, oppure riuniti in gruppi, sotto forma di catene longitudinali di 2-3 elementi, di coppie o di fascetti con i singoli elementi disposti parallelamente o più o meno irregolarmente. Talvolta, nel corpo del germe, all'osservazione a fresco, al microscopio, si contano da 2 a 6 corpicciuoli più chiari, splendenti, di forma ovalare e a contorno netto, erroneamente interpretati in un primo tempo come spore. Nello strato esterno, o esoplasma, si trovano più abbondantemente depositate varie sostanze del gruppo dei lipoidi, quali acidi grassi, fosfatidi, colesterina e cere. A codeste sostanze, e più specialmente alle cere, vengono attribuite due proprietà caratteristiche del germe: l'alcool-acido-resistenza, ossia la proprietà di ritenere, con molta tenacia, le sostanze coloranti di cui è stato impregnato, anche in presenza di decoloranti energici, quali gli acidi minerali e l'alcool etilico, e la resistenza all'antiformina. Questa sostanza antisettica discioglie i tessuti molli animali e quasi tutti i germi comuni, mentre, in determinate diluizioni, rispetta appunto l'integrità morfologica, la vitalità e la virulenza del germe tubercolare.
Esistono altre forme, oltre a quella più comune. Nelle vecchie colture, sono stati trovati esemplari a guisa di filamenti allungati, terminanti con un rigonfiamento a clava. La forma granulare è stata descritta da S. Mircoli e da H. Much. Secondo quest'ultimo autore i granuli sono già contenuti nel bacillo di Koch (è presumibile che siano identificabili con i corpicciuoli più avanti descritti), ma non sono messi in evidenza dai comuni metodi tintoriali. In questa forma la parte alcool-acido-resistente è scomparsa del tutto o quasi, oppure ha perduto la sua proprietà caratteristica; rimangono solo i granuli, disposti com'erano nel bacillo, in modo da offrire l'aspetto globale di un bastoncino granuloso; talvolta, invece, i granuli sono riuniti in piccoli gruppi o in cumuli irregolari. Essi sono colorabili con il metodo di Gram modificato da Much.
Si discute ancora oggi sul significato biologico di queste forme. Da alcuni autori si ritiene che esse siano manifestazioni regressive, da altri, invece, che si tratti di forme diverse del ciclo di sviluppo del germe. Esso, nello stato parassitario, assumerebbe la forma bacillare, mentre, in condizioni più vicine a quelle della vita saprofitica, ripresenterebbe le forme originarie proprie dell'Actinomyces. Per le forme di Mircoli-Much, quest'ultimo autore sostiene che i granuli siano capaci di vita autonoma e di moltiplicarsi come tali, infine di dare luogo a nuove generazioni di bacilli alcool-acido-resistenti, mentre altri autori ritengono indecisa la questione, se i granuli debbano considerarsi come una forma particolare del virus tubercolare o come il prodotto della disgregazione del corpo bacillare (E. Veratti). Sempre secondo Much, la forma granulare si troverebbe tutte le volte in cui sussistessero particolari condizioni dei poteri di difesa locali e generali dell'organismo ospite e determinerebbe affezioni specifiche a decorso lento e benigno.
Proprietà tintoriali. - L'esame, per mezzo del microscopio, si compie su materiale patologico diverso, opportunamente raccolto e preparato: urine, feci, liquido cefalo-rachidiano, pus di ascessi o di ulcerazioni, essudati delle diverse sierose e cavità articolari e, soprattutto, sull'espettorato. La ricerca è principalmente fondata sulle proprietà anzidette dell'alcool-acido-resistenza e della resistenza all'antiformina.
I metodi di colorazione proposti sono moltissimi; quello più comunemente usato è il metodo di Ziehl-Neelsen: il materiale, disteso su vetrino portaoggetti e fissato alla fiamma o all'alcool, si ricopre con soluzione fenicata di fucsina basica e si riscalda fino ai primi vapori, per circa 2′; asportata la soluzione colorante, si tratta con acido solforico diluito al 20% per circa 20 secondi; si lava con alcool a 60° fino a che il preparato sia bene decolorato, poi con acqua; si tratta, per la colorazione di contrasto, con una soluzione acquosa di blu di metilene e s'asciuga. All'esame i bacilli di Koch appaiono colorati in rosso, gli altri germi e gli elementi cellulari in blu (v. batterio). Se questo metodo riesce negativo, è utile di procedere all'arricchimento del materiale in esame. A questo scopo sono stati consigliati svariati metodi, in buona parte fondati sull'impiego di sostanze alcaline, per disciogliere le sostanze organiche che servono di veicolo al germe. Fra i più usati è il metodo di Uhlenhuth e Xylander. Il materiale in esame, e specialmente l'espettorato, si omogeneizza sbattendone una parte con quattro di antiformina diluita al 20%; si versa in un bicchiere conico e si pone in termostato per 2-3 ore; si centrifuga; si striscia il sedimento con l'aggiunta di una piccola parte dell'espettorato non trattato all'antiformina per attaccarlo bene al vetrino, si fissa e si colora col metodo di Ziehl-Neelsen. Con tale procedimento si può distinguere il bacillo della tubercolosi da altri bacilli alcool-acido-resistenti o pseudo-tubercolari (bacilli della lebbra, dello smegma, del cerume, bacilli contenuti nel latte e nel burro, nelle graminacee, nello sterco, nella terra, acquatili, ecc.), che si possono talvolta differenziare con la stessa colorazione di Ziehl-Neelsen, intensificando il trattamento con l'acido solforico, e, soprattutto, con l'alcool.
Su alcuni dei materiali patologici ricordati possono occorrere speciali metodi d'indagine; così dicasi per le feci, per gli essudati, per il pus di ascessi o di ulcerazioni e anche per il sangue circolante. Le forme granulari di Much vengono messe in evidenza con diversi procedimenti proposti dallo stesso Much, quali modifiche del metodo di Gram. Non è però sempre possibile identificarle, poiché è facile confonderle con granuli di altra provenienza, morfologicamente all'incirca identici. È stato anche consigliato l'esame all'ultramicroscopio dei preparati molto'scarsi di bacilli, per facilitarne la ricerca.
Mezzi di coltura. Inoculazione sperimentale. - Vi si ricorre quando i mezzi di colorazione non riescano a dimostrare la presenza del germe specifico o quando si voglia differenziare con sicurezza il carattere più o meno patogeno del germe in osservazione.
I terreni su cui il bacillo può essere coltivato sono liquidi o solidi. Quelli liquidi hanno per base il brodo di carne, la soluzione di peptone, varî sali minerali; quelli solidi sono costituiti di agar, di siero o di uovo coagulato o di patate. A questi terreni, specialmente a quelli solidi, s'aggiungono sostanze che inibiscono la possibile gemmazione dei germi concomitanti; esse sono date da varî colori di anilina in soluzioni acquose. In tale modo, e con diversi allestimenti di mezzi colturali, è stato possibile ottenere una grande sensibilità e sicurezza agli effetti dello sviluppo dei bacilli e raggiungere risultati positivi altrettanto frequenti, ma più precoci, della stessa prova sperimentale sugli animali. S'è potuto altresì ottenere il riconoscimento delle diverse specie di micobatterio; si sono potuti individuare gli stipiti più intensamente patogeni da quelli quasi apatogeni della stessa specie (dissociazione dei germi). S'è visto ancora che germi della stessa specie possono presentare una diversa proprietà di utilizzazione delle sostanze che favoriscono lo sviluppo (carbonio, idrogeno, azoto, ossigeno, zolfo, fosforo, potassio, magnesio); essi cioè non sono costanti nei loro quozienti metabolici e possono quindi svilupparsi più o meno rapidamente e rigogliosamente, secondo le variazioni quantitative delle sostanze stesse in ciascun terreno (variabilità dei germi). Citiamo, fra i terreni liquidi, il brodo peptonato e glicerinato al 5% (utile specialmente per la preparazione della tubercolina), i varî terreni sintetici, fra cui quello di Sauton e, fra i solidi, quelli all'uovo, fra cui i terreni di Petroff, di Petragnani e quello misto di Loewenstein, usato dall'autore specialmente per le colture del sangue circolante.
Il bacillo di Koch è aerobio obbligato; sui mezzi liquidi prolifera solo alla superficie sotto forma di pellicole, mentre, al fondo degli stessi mezzi, si mantiene in vita, ma cessa di moltiplicarsi; cessa del tutto di svilupparsi al di sotto di 30° e al di sopra di 42°; l'optimum di temperatura per ottenere un regolare sviluppo delle colture è fra 37°-38°. Il bacillo tubercolare, quindi, non può svilupparsi nell'ambiente esterno e deve considerarsi come un parassita obbligato degli animali a temperatura costante.
All'inoculazione sperimentale si ricorre sia per studiare il potere patogeno del micobatterio in esame, sia per differenziare le varie specie e ancora per identificare con maggiore sicurezza il germe allo studio.
I materiali liquidi possono essere inoculati direttamente; il materiale denso e purulento non s'adatta all'inoculazione diretta e richiede una preventiva elaborazione. I metodi dell'inoculazione sono varî; quelli preferiti sono: la scarificazione percutanea, l'iniezione intracutanea e sottocutanea, l'endoperitoneale, l'endovenosa, l'endocardiaca, l'orbitale nelle sue diverse tecniche, e, con particolari accorgimenti, l'endotracheale. Gli animali di piccola taglia che si prestano bene sono: la cavia, il coniglio, il topo e il pollo. Essi presentano diversa ricettività verso il bacillo di Koch. La cavia è particolarmente sensibile alla varietà umana, il coniglio invece è meno sensibile mentre lo è spiccatamente per la varietà bovina. Il pollo è più sensibile al bacillo aviario; il topo e il coniglio sono anche ricettivi al germe aviario; questo è invece apatogeno per la cavia e per il cane. Il topo è pure abbastanza ricettivo per il bacillo della tubercolosi umana; meno lo è invece il gatto. Per gli animali di taglia più grossa va ricordato che la varietà umana è meno patogena per i bovini, gli ovini, i suini, i cani, mentre presenta grande virulenza per le scimmie. Fra i diversi ceppi di tipo umano possono osservarsi notevoli differenze di virulenza nelle prove sperimentali. È verosimile che ciò avvenga anche nell'uomo, il che può spiegare una parte del problema patogenetico dei tipi delle lesioni tubercolari umane, nei riguardi e dei caratteri anatomici e di quelli evolutivi.
Prodotti tossici. Tubercolina. - Nei substrati di coltura e nel protoplasma dei bacilli sono contenuti prodotti tossici. Si opina che, anche nei tessuti viventi, germi tubercolari mettano in libertà sostanze dotate di azione tossica, capaci di esercitare effetti diversi, per es., flogogeni, necrotizzanti, ecc. e che esse non siano identiche a quelle che s'ottengono artificialmente.
S'è tentato d'estrarre, con mezzi chimici, i veleni contenuti nel corpo dei bacilli. J. Auclair e L. Paris, adoperando diversi liquidi estrattori, hanno ottenuto, in un primo gruppo, tossine solubili, formate di albumose, albumine e globuline ad azione biologica mal conosciuta; in un secondo gruppo, lipoidi formati da acidi grassi, lecitine, alcaloidi, grassi neutri, colesterina, cere, ad azione locale caseificante o sclerotizzante, secondo le sostanze ottenute con i diversi liquidi estrattori (alcool, etere, cloroformio); in un terzo gruppo tossine protoplasmatiche, formate da paranucleo-albumine, ad azione locale, con produzione di nodosità e granulazioni, o ad azione generale con congestioni, turbe ematopoietiche, cachessia. H. Much e G. Deycke, facendo agire sul bacillo un acido debole, ottennero due componenti, di cui una solubile in acqua; l'altra insolubile; scomposero poi quest'ultima, con diversi solventi, in tre porzioni formate rispettivamente da albuminoidi, lipoidi e grassi. Chiamarono codeste componenti antigeni parziali o partigeni e sostennero anche un'originale concezione sull'impiego di essi a scopo immunizzante.
Il prodotto al quale s'attribuiscono tutte le proprietà delle tossine che agiscono sull'uomo o sull'animale tubercolotico, sia di quelle idrosolubili ottenute nelle colture in mezzo liquido, sia di quelle che s'è cercato di estrarre in varî modi dai corpi bacillari, e nel quale verosimilmente sono tutte identificabili, è la tubercolina. Fu preparata dallo stesso Koch, poco dopo la scoperta del bacillo tubercolare. È il prodotto dell'evaporazione a bagnomaria di una coltura in brodo glicerinato e peptonato di 6-8 settimane, sterilizzata a 120° per 30 minuti, ridotta a circa 1/10 del volume primitivo e filtrata attraverso candele di Chamberland. S'ottiene, in tal modo, un liquido brunastro, sciropposo, di odore aromatico, detto tubercolina bruta o vecchia tubercolina di Koch, contenente proteine, albumose, triptofano, un corpo analogo all'indolo, sali minerali. Koch stesso cercò di purificare la tubercolina bruta allo scopo di eliminare l'azione nociva esercitata da alcune sostanze proprie dei terreni di coltura, diluendola in acqua distillata e poscia agitandola in alcool a 95°, senza ottenere grandi vantaggi. Numerose tubercoline sono state ottenute; esse in seguito, con diversi procedimenti, dai varî autori sono state dette nuove tubercoline. Diremo più oltre dell'impiego della tubercolina a scopo diagnostico e terapeutico.
Micobatterio tubercolare, varietà bovina. - È più corto e più tozzo di quello umano; la lunghezza non supera all'incirca 1 μ; è non uniformemente colorabile, spesso clavato e granuloso, più cromogeno della varietà umana. Si sviluppa, nei terreni di coltura, più lentamente; in quelli liquidi alcalinizza il substrato dopo alcune settimane; è più virulento, come già si disse, nel coniglio; è l'agente ordinario, oltreché della tubercolosi dei bovini, di quella degli animali domestici; può esserlo di alcune tubercolosi umane.
Virus tubercolare filtrabile. - A. Fontès, nel 1910, facendo esperienze sui granuli di Much, asserì l'esistenza di elementi del virus tubercolare estremamente minuscoli e perciò invisibili al microscopio, capaci d'attraversare le candele di Chamberland L 2 e L 3. L'argomento fu preso in considerazione solo nel 1923 da autori francesi e poi studiato anche in Italia (G. Verdina, O. Casagrandi, S. Cramarossa, G. Sanarelli, V. Puntoni, G. Petragnani, E. Veratti, L. Manfredi, ecc.), e altrove. Iniettando, sotto cute o nel peritoneo della cavia, il filtrato di svariati materiali tubercolari, s'ottengono alterazioni a tipo iperplastico delle ghiandole linfatiche, specialmente del gruppo tracheo-bronchiale, senza tubercoli, con reperto di bacilli alcool-acido-resistenti assente o abbastanza scarso; in questo secondo caso insieme con granuli, isolati o a gruppi, alcool-acido-resistenti. Se le ghiandole, dopo triturazione, vengono iniettate sotto la cute di altre cavie, s'ottiene ancora l'infiammazione ghiandolare; praticando poi diversi passaggi in serie in detti animali, s'arriva alla riproduzione delle tipiche lesioni tubercolari, e in esse si mettono in evidenza numerosi tipici bacilli tubercolari. Il virus dunque, ad azione patogena iniziale lieve, nei passaggi in serie negli animali di laboratorio, diventa più virulento e, infine, tubercoligeno. Alcuni autori però non avrebbero ottenuto codesti risultati, sicché si discute ancora sull'esistenza del virus tubercolare filtrabile e sul valore dei metodi di tecnica impiegati per svelarlo. Anche i risultati positivi sono variamente interpretati; si discute cioè se il virus risulti di frammenti dovuti alla disgregazione del germe normale o dei granuli contenuti nel corpo bacillare, infine, se veramente si tratti di una forma filtrabile dello stesso bacillo, riproducente una fase invisibile, poco conosciuta, del suo ciclo di sviluppo. Sembra comunque che vi siano elementi più a favore che a sfavore della dottrina. Di essa già si tenta, sia pure in forma d'ipotesi, di fare applicazione nei problemi etio-patogenetici e cioè in quelli della tisiogenesi e nella stessa clinica della tubercolosi.
Il virus tubercolare nell'ambiente; il contagio tubercolare. - Nell'ambiente esterno i micobatterî tubercolari possono vivere a lungo. Resistono pochissimo alla luce solare diretta; di più alla luce diffusa; anche le radiazioni ultraviolette hanno una potente azione battericida e così i raggi Röntgen. Il freddo secco, la stessa aria liquida non distruggono la vitalità, né la virulenza del bacillo tubercolare. L'azione del caldo è diversa, secondo che si tratti di ambiente secco o di ambiente umido. Nel primo caso s'ammette che, a cominciare da 80°, la vitalità decresca rapidamente e tanto più, quanto più la temperatura sia elevata o l'esposizione prolungata. Nel secondo caso, le esperienze hanno provato che, nelle emulsioni ottenute dalle colture, la vitalità è sicuramente distrutta dopo un'esposizione di 12 ore a 50°, progressivamente per un minor numero di ore a temperature più alte, fino ad avere lo stesso effetto per l'esposizione di un minuto primo a 95°.
Se il bacillo è contenuto entro particelle di sputo essiccato, può sopportare, anche per un'ora, la temperatura di 100° all'aria secca. Codesta resistenza dipende anche dall'influenza di diversi fattori, che eventualmente siano concomitanti, oltre al grado dell'essiccamento, e cioè non solo dalla temperatura, ma anche dall'intensità della luce, dallo spessore del materiale contenente i germi, ecc. Si può ritenere, in generale, che uno sputo essiccato, al riparo dai raggi solari, può contenere germi virulenti ancora dopo tre mesi. Nelle polveri degli uffici, dei luoghi pubblici, delle vie, i bacilli non sopravviverebbero oltre il decimo giorno. Lo stesso s'ammette per i germi depositati sui fogli dei libri o sui vestiti.
La concorrenza vitale dei germi della putrefazione aerobica e anaerobica non vince presto la vitalità del bacillo tubercolare. Nei cadaveri di tubercolotici, già sotterrati da 167 giorni, esso fu trovato virulento. Può sopravvivere per mesi nelle acque di fogna e nelle fosse settiche. Nel fango rimane virulento per più di quattro mesi, e nella terra di giardino per più di sette mesi. Soggiace all'azione battericida di diversi agenti chimici. V'è su questo argomento un'estesa serie di lavori, con i quali sono state studiate le azioni delle singole sostanze chimiche, a diverse concentrazioni, e quelle di sostanze associate; così ancora l'influenza di alcuni gas come l'ozono e anche delle correnti elettriche. Dal complesso di codesti studî sono state tratte norme fondamentali per la profilassi a mezzo della disinfezione. Ma più che a combattere il virus tubercolare con mezzi chimici, gli sforzi della profilassi debbono mirare a combattere la diffusione del germe, evitando che esso possa propagarsi dalle sorgenti di produzione, a mezzo del contagio. Sorgenti principali del virus sono l'uomo e gli animali ammalati di tubercolosi. Per le razze umane è fondamentale il contagio interumano. Negli organi respiratorî dell'uomo tubercolotico i bacilli si moltiplicano senza tregua, talora anche a miliardi. Quotidianamente emessi, in quantità variabili, a mezzo dell'espettorato, pervengono, attraverso i multipli contatti ambientali, nell'uomo sano e vi determinano dapprima l'infezione, poi, eventualmente, la malattia. I contatti più favorevoli sono quelli che avvengono in famiglia, quando vi siano uno o più infermi di tubercolosi e si svolgono più specialmente a danno dei bambini. Da tempo è stata notata la frequenza relativamente grande della tubercolosi fra i bambini conviventi con i genitori tubercolotici; s'è visto anche che la madre è infettiva più del padre e che, se i coniugi sono entrambi ammalati, la proporzione dei bambini contaminati si eleva ancora. Il contagio sarà tanto più fatale quanto più il contatto del piccolo con il parente proiettore di bacilli sarà stato intimo e continuo. Volendo segnalare un indice di pericolosità del contagio secondo il grado di parentela del bambino con l'infermo, s'avrebbe il seguente ordine crescente, secondo che i familiari siano: i domestici, i nonni, i fratelli nati prima, il padre, le sorelle nate prima, infine la madre. I nonni affetti da catarro bronchiale, che si crede di natura banale, sono, a volte, gl'ignorati seminatori del contagio. Il pericolo è generalmente molto grande per tutti i bambini, data la facilità con cui essi possono infettarsi. Per i neonati s'è visto che bastano anche pochi giorni, se la contaminazione ha luogo con la madre tubercolotica.
Le vie del contagio sono assicurate dal bacio, dalle goccioline bacillifere di espettorato emesse con la tosse; dalle manine che, imbrattate di materiale infetto, specialmente di espettorato deposto sul pavimento, vengono portate alla bocca; dalla respirazione di polveri contenenti sputo bacillifero essiccato, ecc. La realtà del contagio è dimostrata dal fatto che, se si riesce ad allontanare i neonati dalle proprie famiglie infette, e a portarli in ambiente sano, essi crescono in grandissima maggioranza sani. Quando il bambino esce dal focolaio familiare, può, nell'ambiente, soggiacere ad altre contaminazioni che, tuttavia, hanno importanza minore per riguardo a quella che spetta al contagio familiare. Nei giardini pubblici, sulle piazze, sulle vie, negli alberghi, nei ristoranti, nei caffè, nelle vetture pubbliche di trasporto, ovunque siano stati tubercolotici che abbiano emesso espettorato bacillifero, può trovarsi materiale infettante, che, in diversi modi, e, soprattutto, per mezzo delle polveri contenenti particelle di espettorato disseccato, può pervenire all'individuo sano e contaminarlo. Il contagio a scuola può variare di frequenza secondo i casi; esso è da tenere in giusto conto. Il contagio di origine animale principalmente è dato dall'ingestione del latte crudo o male sterilizzato di vacche tubercolotiche. I bacilli passano nel latte quando le vacche presentino lesioni tubercolari delle mammelle; negli animali affetti da tubercolosi generalizzata, le mammelle risultano lese in proporzione variabile dal 25 al 50% dei casi. Il pericolo può aumentare per il fatto che il latte proveniente da un solo animale ammalato può infettare, per mescolanza, il latte proveniente da diversi animali sani. S'è anche discusso se le vacche tubercolotiche, ma con mammelle apparentemente sane, lascino diffondere i bacilli nel latte e s'è ammesso che ciò possa avvenire, ma soltanto in qualche caso. L'intensità del contagio varia in rapporto della frequenza percentuale di animali tubercolotici, che, com'è noto, è variabile da un paese all'altro. Il latte di capra e quello di asina praticamente non offrono alcun pericolo. Anche i derivati del latte possono essere veicolo di contagio. L'esame del burro, fatto da diversi autori a questo scopo, ha dimostrato una percentuale di campioni infetti variabile secondo i paesi. Nelle creme è possibile trovare un maggior numero di germi, poiché questi facilmente aderiscono ai globuli butirrosi del latte. I formaggi possono rimanere infetti per settimane e anche per mesi. Per quanto riguarda le carni, è stato osservato che esse non contengono bacilli tubercolari a meno che appartengano ad animali infetti da tubercolosi generalizzata, con presenza di bacilli nel sangue. Più facilmente infettati, invece, sono i ganglî linfatici che risiedono negl'interstizî muscolari.
L'importanza del contagio bovino è però assai ridotta, rispetto a quella del contagio umano. Se R. Koch ebbe il torto di negare la contagiosità della tubercolosi bovina, E. A. v. Behring cadde nell'eccesso contrario sostenendo che i bambini diventano tubercolotici solo bevendo il latte di vacche tubercolotiche. Molti studî si sono fatti intorno a quest'argomento e si sono avute anche relazioni da apposite commissioni nominate da varî governi. Allo stato attuale la questione risulta conclusa in questo senso, che v'è una proporzione all'incirca variabile, secondo i paesi, dal 5% al 20% di tubercolosi infantile di origine bovina; che essa predilige le linfoghiandole, e specialmente quelle mesenteriche, per penetrazione attraverso la via intestinale, e inoltre le ossa, le articolazioni, mentre raramente è in causa per le lesioni polmonari; infine che, a mano a mano che si ricerca in bambini sempre più grandi, il bacillo della tubercolosi bovina diviene sempre più raro e che è rarissimo nell'adulto. Recentemente è stata richiamata l'attenzione sulla possibilità di contagio a mezzo di animali domestici affetti da tubercolosi, principalmente del cane e del gatto.
Le vie d'ingresso del virus tubercolare nell'organismo umano. - L'ovulo assai raramente s'infetta e, quando ciò avviene, perde le sue proprietà germinative e non arriva a maturazione. La possibilità che il germe specifico pervenga all'ovulo sano per mezzo dello sperma fecondante, dato da padre tubercolotico, specialmente affetto da lesioni genitali, è molto dubbia. Dopo che s'è stabilita la circolazione placentare, è possibile la trasmissione del virus dalla madre al feto. Essa può avvenire quando la madre sia affetta da tubercolosi polmonare grave o da tubercolosi generalizzata, comunque quando abbia presenza di bacilli specifici nel sangue circolante. Si determinano allora lesioni tubercolari, a volte non visibili macroscopicamente, della placenta; in queste condizioni, l'organo, che allo stato fisiologico è impermeabile ai germi, può diventare invece permeabile. Codesto meccanismo di trasmissione è tuttavia raro. È più frequente, invece, la contaminazione al momento del parto, sempreché la madre sia bacillemica. Le contrazioni uterine violente producono effrazioni della placenta e favoriscono il passaggio diretto del sangue materno nei vasi fetali lacerati. Il destino del prodotto del concepimento, nei casi d'infezione durante la vita endouterina, è quasi sempre segnato, poiché i processi tubercolari che ne derivano determinano o la morte del feto nell'utero o il parto prematuro o la morte del neonato dopo poche settimane. Tuttavia qualche autore (P. v. Baumgarten), ha ammesso la possibilità che il germe, trasmesso attraverso la placenta, se in scarso numero o se incontra resistenza nel terreno organico, rimanga nei tessuti linfatici fino a che una causa occasionale favorisca lo sviluppo della malattia. Questa dottrina, detta della "latenza del germe", ha suscitato numerose e varie obiezioni.
Tutti questi dati depongono a favore del contagio post-natale e servono di base alla moderna tisiogenesi, secondo cui si deve ammettere, in generale, che non si nasce tubercolotici, ma che si può diventare tali dopo la nascita.
Solo i recenti orientamenti sulla trasmissibilità del virus filtrabile, se confermati da ulteriori e decisive ricerche, potrebbero correggere queste fondamentali concezioni. A. Calmette, con ricerche sperimentali sulla cavia gestante, ha visto che l'ultravirus, se inoculato nel peritoneo, può attraversare la placenta integra, infettando il prodotto del concepimento e dando luogo a particolari manifestazioni sintomatiche dopo la nascita. Trasferendo queste osservazioni alla patologia umana, egli ha ritenuto che al nato da madre tubercolotica possa essere trasmesso, nella maggioranza dei casi, il virus filtrabile. Esso potrebbe dar luogo a manifestazioni tossiche, sotto forma di cachessia, senza le comuni lesioni specifiche, che uccidono il neonato in poche settimane, ovvero potrebbe trasformarsi in bacillo tubercolare di attenuata virulenza, che, in dati casi, potrebbe creare una particolare resistenza dell'organismo contro la stessa infezione tubercolare comune.
Nella vita extrauterina, le vie d'ingresso del virus tubercolare nell'organismo umano sono molteplici, ma non tutte di uguale importanza. Il fatto che le lesioni polmonari esistono spesso, mentre qualsiasi altra lesione apparente può essere esclusa, ha autorizzato a ritenere la penetrazione del virus per la via respiratoria come la più immediata e la più frequente. Esistono numerose ricerche sperimentali, le quali dimostrano la possibilità dell'infezione polmonare con bacilli (sospesi in liquidi), o con prodotti patologici disseccati fatti pervenire per inalazione nelle vie respiratorie. Questa teoria ha trovato opposizione in A. Calmette. Quest'autore ha fatto notare che le vie respiratorie sono fornite, in tutta la loro estensione, di complessi sistemi difensivi per cui la penetrazione diretta delle polveri e dei germi virulenti fino agli alveoli diventa quasi impossibile, a meno che i germi siano straordinariamente abbondanti nell'aria inalata; ciò che solo sperimentalmente si può ottenere. S'è risposto che non occorrono che pochissimi bacilli per tubercolizzare un bambino e che sia pure singoli bacilli possono, quasi sempre, arrivare fino agli alveoli e assicurarvi l'infezione.
La penetrazione per via digerente è stata ritenuta da A. Calmette come la più importante. Egli, riferendosi alle ricerche di precedenti studiosi, ha istituito tutta una serie di esperienze, confermate poi da alcuni autori, negate da qualche altro, con le quali ha dimostrato che i bacilli tubercolari attraversano facilmente la mucosa intestinale, soprattutto durante la digestione delle sostanze grasse. La permeabilità del tubo digerente va aumentando a partire dal duodeno fino all'estremità dell'intestino tenue; decresce invece di là dalla valvola di Bahuino fino all'ampolla rettale. Il materiale infettante, pervenuto alla bocca, supera la barriera gastrica, poiché i bacilli non vengono intaccati dal succo gastrico, e raggiunge l'intestino. Quivi, se il virus è molto ricco (infezione massiva), si determinano lesioni sulla mucosa, dalle quali i germi procedono verso le vie linfatiche addominali; se il virus, invece, è scarso, attraversa la mucosa senza lasciare alcuna traccia del suo passaggio. Pervenuti nelle linfoghiandole mesenteriche, i germi possono spingersi oltre nel torrente linfatico, e, poi, sanguigno, giungendo fino al parenchima polmonare, ove possono stabilire lesioni specifiche. Questa dottrina è oggi accolta nel senso che, pure restando come via principale di penetrazione quella aerea, la via intestinale può servire subordinatamente e specialmente nei casi in cui si sviluppi la tubercolosi addominale.
Altre vie, di minore importanza, si debbono ancora considerare. Così dicasi per la penetrazione attraverso le mucose delle cavità facciali, specialmente attraverso le tonsille, l'anello linfatico del Waldeyer, le vegetazioni adenoidi; attraverso i denti cariati e, perfino, attraverso l'orecchio medio. Una discussione che da tempo è all'ordine del giorno è quella che riguarda l'ulteriore destino dei germi a porta d'entrata naso-bucco-faringea; se cioè essi si fermino nelle catene linfatiche cervicali, dando luogo eventualmente a linfoadeniti locali o se possano procedere fino alle stazioni linfatiche peri-tracheo-bronchiali. Recenti indagini sperimentali (G. Costantini e altri autori), avrebbero confermato quest'ultima possibilità. La penetrazione attraverso la cute è stata particolarmente valutata da autori italiani (A. Campani, ecc.), con l'appoggio d'indagini sperimentali. In complesso si può ritenere che, pure essendovi vie principali di penetrazione, questa è possibile per qualsiasi punto della superficie esterna del corpo e attraverso gli organi comunicanti con l'esterno.
Il terreno organico nei rapporti col virus tubercolare. La reattività dell'organismo umano rispetto al virus tubercolare e la malattia tubercolare. - Attraverso le diverse vie d'ingresso, con modalità che, in parte, ancora dovremo illustrare, i bacilli pervengono nel sistema linfatico dell'organismo umano, fino allora non contaminato, e vi subiscono diverso destino. Se sono poco numerosi o poco violenti, può accadere che siano distrutti, già nel tragitto fino al primo ganglio linfatico, per opera dei leucociti polimorfonucleati che li inglobano, oppure, nel ganglio stesso, per l'azione fagocitaria delle cellule del reticolo (istiociti). Può accadere che dai fagociti non siano distrutti, ma vengano convogliati verso organi dai quali possono, in date contingenze, per quanto non frequenti, essere eliminati verso l'esterno (fegato e vie biliari, stomaco e intestino, forse anche reni, ecc.); infine che sopravvivano nelle stesse vie linfatiche, senza dar luogo ad alterazioni. Se i bacilli sono numerosi o se sono dotati di un certo grado di virulenza, permangono e si diffondono nelle vie linfatiche, possono anche diffondersi, successivamente, per via sanguigna e indovarsi in altri tessuti. Negli organi linfatici, e anche in altri tessuti, sebbene molto meno frequentemente, possono produrre alterazioni circoscritte di entità trascurabile; infine possono, non appena arrivati, oppure dopo un periodo di tempo più o meno lungo, produrre alterazioni patologiche più o meno estese e gravi a carattere diffusivo. Nei primi casi si dice che s'è prodotta l'infezione tubercolare; negli ultimi si dice che ha luogo la malattia tubercolare.
L'infezione tubercolare induce, sia nell'uomo e sia negli animali, modificazioni notevoli nel modo di reagire (allergia di C. Pirquet), verso i bacilli tubercolari viventi e i loro prodotti di disgregazione. Tali modificazioni si presentano sotto il duplice aspetto di aumento della sensibilità (ipersensibilità) e di variazioni più o meno evidenti della resistenza verso nuove infezioni o reinfezioni (immunità detta acquisita per distinguerla da quella naturale che si riferisce principalmente alle specie e alle razze animali ed è ereditaria).
Codeste due proprietà biologiche sono abbastanza complesse, ancora oscure e non bene definite nei loro reciproci rapporti. Secondo gli autori, i quali ritengono che l'ipersensibilità vada distinta dall'immunità, la denominazione di allergia è stata riservata soltanto a quella. Più numerosa, invece, è la schiera di autori i quali comprendono in essa l'una e l'altra. L'opinione oggi prevalente è quella che ritiene l'ipersensibilità legata all'immunità (P. H. Römer, F. Hamburger, H. Selter, ecc.), senza che tuttavia rappresenti l'immunità; essa dunque viene considerata come una manifestazione rivelatrice dell'immunità. Fra gli autori italiani, F. Micheli, con la sua scuola, ha sostenuto lo stretto parallelismo esistente fra i due fenomeni biologici.
A base di codesti fenomeni stanno le fondamentali osservazioni di R. Koch. L'iniezione di una certa dose di bacilli tubercolari viventi nel sottocutaneo di cavie sane, determina, nel sito dell'iniezione, dopo 10-14 giorni, la formazione di un'ulcerazione cronica. A essa fanno seguito l'infezione delle linfoghiandole regionali e, infine, la generalizzazione delle lesioni. Se, invece, le cavie sono state infettate, 4-6 settimane prima, con piccole dosi degli stessi bacilli, l'iniezione, fatta come si disse sopra, determina localmente violenta infiammazione con necrosi, cui fa seguito, dopo eliminata l'escara, un'ulcerazione che guarisce rapidamente senza interessamento delle linfoghiandole regionali. È questo il fenomeno di Koch. La seconda osservazione dello stesso autore, si riassume nella seguente proposizione: "cavie tubercolotiche vengono uccise dall'iniezione di piccole dosi di bacilli tubercolari morti, e, precisamente, a seconda della dose adoperata, dopo 6-48 ore".
Ipersensibilità tubercolinica. - La vecchia tubercolina di Koch, se iniettata in cavia sana, anche a dosi di 1-2 cc., non produce fatti morbosi. Se iniettata in cavia tubercolotica, a dosi minime, agisce come le piccole dosi di bacilli morti di cui avanti si disse. La stessa tubercolina, se viene iniettata alla dose di 1/10, 1/100 e anche di 1/1000 di milligrammo sottocute nell'uomo, dà luogo a una reazione termica e generale, se esso è infetto di tubercolosi; non dà reazione se è indenne. La reazione che è divenuta classica, in questa indagine, è quella cutanea di C. Pirquet.
Per mezzo di un vaccinostilo si praticano tre scarificazioni, distanti fra loro qualche centimetro, sulla faccia antero-esterna del braccio, interessanti leggermente il derma. Su due di esse si depone e si distende una goccia di tubercolina diluita al quarto in glicerina sterilizzata; la terza scarificazione serve di controllo. Se la reazione è positiva, all'incirca dopo 10 ore, in corrispondenza delle scarificazioni impregnate di tubercolina, comincia a formarsi una papula, che può raggiungere, dopo 24 ore, dimensioni diverse e può essere edematosa ai bordi o circondata da punti emorragici e da piccolissime vescicole. Alla palpazione è dura. Essa, dopo 4-8 giorni, è sostituita da una fine crosta, che non lascia cicatrice.
Altre reazioni del genere furono ottenute con altri procedimenti sulla cute stessa (metodo transcutaneo di Moro, intradermoreazione di Mantoux, reazione lungo il tragitto dell'ago o Stichreaktion di Escherich e Hamburger, endodermoreazione di Trambusti), o sulle mucose (oftalmoreazione di Wolff-Eisner-Calmette, rinoreazione, uretro- e vaginoreazione). L'ipersensibilità tubercolinica, oltre alla reazione generale e termica e a quella locale, dà luogo ancora, nell'individuo affetto da processi tubercolari in atto, alla reazione congestizia e infiammatoria a livello del focolaio o dei focolai tubercolari. Le reazioni sono specifiche e vengono impiegate per svelare sia l'infezione tubercolare, sia anche l'esistenza della malattia, quando si tratti di focolai poco attivi, clinicamente poco dimostrabili. Sul meccanismo d'azione della tubercolina s'è molto discusso ma non è qui il luogo di esporre le diverse teorie formulate di volta in volta dai varî autori.
Immunità. - Che gli animali sensibili abbiano un certo grado di resistenza contro le reinfezioni, è provato da numerosi dati sperimentali. L'esistenza nell'organismo di una colonia di bacilli tubercolari, il cui ricambio nutritivo e la cui moltiplicazione siano ridotti al minimo, così che il numero dei germi non aumenti eccessivamente e la tossiemia non dia luogo ad alterazioni locali dei tessuti, né ad azioni a distanza, conferisce all'organismo poteri di resistenza. S'è visto poi che la resistenza si può ottenere quando l'infezione si sia prodotta con bacilli omologhi (vale a dire della varietà corrispondente alle specie animali, per cui essi sono patogeni). A codesti germi si dà il nome di antigeni. La resistenza dura tanto quanto l'infezione. Si tratta di immunità da infezione, che differisce sostanzialmente da quella che si produce in altre malattie infettive a etiologia nota o ignota, quali il tifo, il vaiuolo, la scarlattina, ecc.
La scuola di E. Maragliano, in Italia, ha invece ammesso che è possibile immunizzare gli animali con bacilli tubercolari uccisi in vario modo o con materiali a funzione antigene da essi derivati. Sembra tuttavia che la resistenza così conferita sia irregolare, incostante, di grado assai minore di quella prodotta con bacilli vivi, e di breve durata (F. Micheli). Quale sia il meccanismo dell'immunità per la tubercolosi e a quali elementi si debba attribuire è ancora da chiarire. L'introduzione nell'organismo animale di bacilli di Koch nelle condizioni già prospettate, provoca azioni fermentative da parte di ogni elemento cellulare, la formazione e l'immissione in circolo di sostanze antagoniste generalmente designate col nome di anticorpi. Nell'uomo codesta produzione di anticorpi e fermenti è stata dimostrata da E. Maragliano. Il rapporto inverso fra antigeni da una parte e anticorpi e fermenti dall'altra, nelle sue diverse gradazioni, starebbe a indicare il variare del grado d'immunità e nello stato di salute e in quello di malattia (Maragliano e sua scuola). A sviluppare tale variabilità concorre, fondamentalmente, la reattività del terreno organico individuale.
L'intensità dell'allergia, per rapporto ai poteri di reattività organica individuale e alla quantità e virulenza dei germi infettanti, fa distinguere gl'individui in: iperergici, allergici, ipoergici e anergici. Questi uuimi possono risultare sprovvisti di sensibilità e di resistenza specifica perché indenni da infezione tubercolare (anergia positiva), o per non averla mai conseguita o perché essa s'è completamente estinta. Possono, invece, essere ugualmente privi (anergia negativa), per siderazione dei poteri di difesa dovuta alla gravità stessa della malattia o ad altre condizioni patologiche.
Tubercolosi primaria e dell'adulto; rapporti. - Dal momento della nascita si può ritenere che il bambino sia esposto a contrarre l'infezione tubercolare; questa può avvenire anche più tardi, nella prima, nella seconda infanzia, nell'adolescenza, e, perfino, nell'età adulta. Tuttavia codeste possibilità, mentre sono massime nell'infanzia e nell'adolescenza, diventano sempre più limitate in epoche posteriori. I metodi d'indagine con le reazioni tubercoliniche hanno grande importanza in questo campo, poiché servono a fare stabilire l'epoca in cui un organismo è stato contaminato. S'è potuto, adoperando le reazioni tubercoliniche, in serie sistematiche, in varî gruppi di bambini, stabilire le curve dell'infezione tubercolare. Con esse s'è visto che, in generale, all'età di 2 anni v'è all'incirca il 10% di fanciulli poveri infettati e che v'è progressione fino all'età di 14-16 anni, in cui si raggiunge la cifra del 99% (F. Hamburger). Codesti dati sono stati dappertutto confermati, per quanto con differenze numeriche rilevanti, spiegabili in ragione della varia sensibilità alle reazioni impiegate e dei diversi aggruppamenti e strati sociali presi in esame. S'è visto così che, nelle famiglie dove convivono tubercolotici, si ha il maggiore numero di reazioni tubercoliniche nei bambini ancora in apparenza sani.
Non è sempre agevole il riconoscere il momento esatto in cui il piccolo s'è contagiato. Generalmente passa un periodo di tempo fra l'epoca del contagio e l'epoca in cui si manifestano le reazioni tubercoliniche positive. Codesto periodo è detto preallergico o antiallergico e va da qualche giorno a qualche mese; in media varia da 3 a 5 settimane. V'è poi un periodo di tempo intercedente fra il momento dell'infezione e quello delle manifestazioni cliniche detto periodo di latenza. Codesto periodo può essere più o meno lungo oppure può protrarsi indefinitamente. Ci riferiamo per ora ai casi in cui la malattia non si sviluppa e l'inoculazione primaria segue le sue varie tappe nella mutezza dei sintomi e sotto la parvenza di benessere completo o quasi completo. Queste evenienze sono fra le più frequenti, se si considera che l'infezione tubercolare è quasi ubiquitaria, nei paesi civili, nell'epoca infantile o nell'adolescenza, mentre la malattia tubercolare ha una percentuale di sviluppo proporzionalmente di molto inferiore.
D'ordinario la prima localizzazione dell'infezione tubercolare si trova nei polmoni. Il virus tubercolare, pervenuto nella profondità delle vie aeree, produce un nodulo nel parenchima polmonare, detto focolaio primario; da esso si propaga in direzione centripeta, attraverso le vie linfatiche, per insediarsi nelle linfoghiandole regionali dell'ilo polmonare. L'insieme di queste alterazioni forma il cosiddetto complesso primario. Il focolaio primario può completamente guarire, mentre le linfoghiandole regionali rimangono, per lo più infette e costituiscono un serbatoio quasi perenne di bacilli tubercolari. Alcuni autori ammettono che, a volte, il passaggio del bacillo tubercolare attraverso il parenchima polmonare abbia luogo senza produzione di lesione locale; in tale caso solo le linfoghiandole regionali permangono infette; altri poi ammettono (come abbiamo visto), che le linfoghiandole ilari possano essere infettate per altre vie, senza alcun tramite polmonare.
Una localizzazione primaria extrapolmonare molto meno frequente è quella intestinale; essa apparterrebbe di più alla tubercolosi primaria tardiva. È costituita da una lesione a livello dell'ultima porzione dell'ileo, con interessamento delle corrispondenti ghiandole linfatiche mesenteriche.
Il complesso primario è l'alterazione fondamentale da cui dipende, per una parte considerevole, lo sviluppo della tubercolosi nelle più diverse forme. Da esso può trarre origine, quando che sia nell'età infantile e in quella adulta, l'ulteriore diffusione intra- ed extrapolmonare per via linfoematogena. È questa la dottrina della reinfezione endogena, la quale stabilisce una netta interdipendenza fra la tubercolosi infantile e quella dell'adulto, secondo la concezione di Behring, P. H. Römer, K. E. Ranke, ecc. Codesta dottrina ha trovato completa opposizione in quella di L. Aschoff e della sua scuola, secondo cui ogni focolaio di reinfezione deve essere considerato di origine esogena.
Fra queste opposte concezioni, notevole e prolungata è stata la discussione, anche in tempi recenti. In conclusione si può ritenere che, tra i fatti estremi sostenuti dalle due dottrine, altri ve ne sono intermedî, che dimostrerebbero la possibilità della diversa genesi di alcune forme di tubercolosi e che se l'importanza della reinfezione endogena s'è imposta largamente nel campo della patologia, non si può del tutto svalutare quella della reinfezione esogena, riconfermata da recenti osservazioni soprattutto cliniche. Una dottrina formulata in questi ultimi tempi è quella di F. Redeker e S. v. Gräft, secondo cui alla superinfezione esogena sarebbe assegnata un'azione di stimolo, attivatrice sui vecchi focolai tubercolari, oltre a quella di produrre, per sé stessa, nuove localizzazioni.
La malattia tubercolare, quale prodotto di reinfezione, sia endogena sia esogena, ha un diverso comportamento rispetto a quella susseguente alla prima infezione. In quest'ultimo caso sono più frequenti le forme acute e generalizzate, nel primo le forme più o meno circoscritte e a decorso cronico, più o meno evolutivo. Ciò in quanto, nell'età infantile, non s'è costituita o s'è appena iniziata la difesa immunbiologica dell'organismo, mentre, nell'età susseguente, essa si sarebbe potuta completamente sviluppare. Codesta distinzione deve tuttavia essere considerata come assai schematica, molte potendo essere le varianti delle caratteristiche anatomiche ed evolutive dei processi tubercolari nell'un caso e nell'altro, per particolari condizioni create, nel singolo individuo, dall'interferenza fra quantità e virulenza dei germi e grado di capacità difensiva dell'organismo.
La disposizione dell'organismo umano alla malattia tubercolare. - Ogni stato morboso deve considerarsi come il risultato di codesta interferenza. La malattia si ha se le offese dell'agente infettivo prevalgono sulle difese del terreno organico; nel caso inverso lo stato morboso non si stabilisce. Come vi sono terreni resistenti, così vi sono terreni che più facilmente cedono all'azione dei germi, ossia predisposti ad ammalare. E ciò all'infuori delle azioni massive dei germi, assai rare ad avverarsi, alle quali nessun terreno organico può resistere. Le osservazioni cliniche sulle differenze talora notevoli di comportamento dell'infezione tubercolare in bambini esposti nello stesso ambiente, per una medesima durata di tempo e con le stesse modalità, e quelle sperimentali sulla varietà di decorso della tubercolosi negli animali, specialmente nei conigli, inoculati in grandi serie (B. Lange), appoggiano questa dottrina.
Trascurata per qualche tempo, nell'epoca in cui le scoperte della batteriologia in generale e del bacillo di Koch in particolare avevano orientato lo studio dei morbi infettivi e della tubercolosi unicamente verso l'etiologismo esterno, il problema della disposizione a dati gruppi di malattie e alla tubercolosi in particolare è stato rimesso in onore e giustamente valutato per opera di G. Baccelli, A. De Giovanni, E. Maragliano, N. Castellino, G. Viola e sua scuola (N. Pende, V. Fici, F. Schiassi, P. Benedetti, M. Barbara).
Le peculiari caratteristiche organiche della disposizione attingono a due ordini di fattori; ereditarî gli uni, acquisiti gli altri. Quelli ereditarî consistono nelle proprietà caratteristiche morfologiche e funzionali e in particolari atteggiamenti reattivi dei tessuti e del complesso organismo, che vengono trasmessi con il plasma germinativo, nell'atto della fecondazione; quelli acquisiti sono dovuti a modificazioni e adattamenti apportati da influenze di diversa natura alle proprietà ereditate, nel periodo della vita intrauterina e in quello della vita extrauterina.
Ne deriva che una particolare complessione corporea caratterizza, volta a volta, la disposizione a determinate malattie e quindi alla tubercolosi. Essa è la costituzione organica individuale, definita da N. Pende "la risultante morfologica, fisiologica e psicologica, variabile da individuo ad individuo, delle proprietà di tutti gli elementi cellulari ed umorali del corpo, nonché della loro combinazione in un tipo speciale di fabbrica corporea, in uno speciale stato cellulare avente un suo proprio equilibrio e rendimento funzionale, una data capacità di adattamento e maniera di reazione agli stimoli dell'ambiente". La costituzione, secondo la concezione dualistica delle scuole tedesche (F. Kraus, T. Brugsch, M. Pfaundler, O. Lubarsch, R. Rossle, ecc.), accettata in Italia da F. Micheli e dai suoi collaboratori (P. Mino, ecc.), è l'individualità risultante soltanto dalla massa ereditaria; invece secondo la dottrina propugnata da G. Viola, P. Rondoni, N. Pende, ecc., è l'individualità risultante e dai caratteri ereditarî o idiotipici e da quelli acquisiti o paratipici.
La disposizione alla tubercolosi, dipendente, anche per le sue caratteristiche di maggiore o minore intensità, dai fattori ereditarî, può essere modificata, definitivamente o transitoriamente, per aumento o per diminuzione dell'influenza variabile dei fattori acquisiti. Ciò avviene nella quasi totalità dei casi. Praticamente, dunque, non è facile scindere la disposizione ereditaria da quella acquisita e solo per ragioni di esposizione si possono considerare separatamente. Una disposizione ereditaria esiste, anche all'infuori di particolari architetture corporee, ed è provata da queste tre possibilità, constatate anche dall'esperienza clinica; cioè: 1. dalla morbilità e mortalità maggiori, all'infuori di particolari azioni contagianti, nei discendenti di genitori o di ascendenti tubercolotici; 2. dal ripetersi, nei discendenti, di forme tubercolari, che, per l'età in cui incominciano, per la localizzazione del processo morboso e per le caratteristiche di estensione e di evoluzione riproducono, in modo sorprendente, quelle che sono state osservate negli ascendenti; 3. dal fatto che, in famiglie flagellate dalla tubercolosi, non tutti i componenti s'ammalano, ma un numero esiguo resta indenne, come succede nella trasmissione di altri caratteri ereditarî.
Fra le architetture corporee vanno citate quelle abnormi conformazioni, per lo più legate ad abnormi sviluppi di un numero maggiore o minore di organi, determinate da influenze tossiche varie (saturnismo, alcoolismo, sifilide, tubercolosi, malaria, ecc.), comunque da influenze nocive esercitate o sulle cellule germinative (blastoftoria), o sull'embrione (embrioftoria). In questi casi si tratta di distrofie, malformazioni, anomalie organiche più o meno parziali, le quali, determinando abnormi correlazioni funzionali, favoriscono la debolezza generale dell'organismo, il difetto della difesa contro le azioni offensive dell'ambiente, specialmente contro quelle morbose, e, fra esse, contro la tubercolosi. Di codeste abnormi architetture ricordiamo: l'abito degenerativo o stato degenerativo di J. Bauer, lo stato ipoplastico di J. Bartel, alcuni infantilismi, nanismi, gigantismi, gli eunucoidismi, alcune microsomie o stati ipoplastici, ecc.
Una particolare struttura corporea, un'ectipia preformata in natura e quindi ereditaria, conosciuta fin dall'antichità, illustrata specie dalla scuola costituzionalistica italiana che fa capo ad A. De Giovanni, si distingue per i suoi rapporti con la tubercolosi.
Codesta ectipia morfologica è caratterizzata dallo stile longilineo del corpo, con prevalenza del valore degli arti sul valore del tronco, con eccedenza del torace sull'addome, eccedenza dell'addome inferiore sul superiore e prevalenza dei diametri trasversali sui sagittali (schiacciamento antero-posteriore del tronco), da un particolare aspetto morfologico del torace, unito talora a stenosi dell'apertura superiore per ipoplasia della prima cartilagine e a volte del primo anello costale, con prevalenza della vita di relazione su quella vegetativa, prevalenza eccito-catabolica nella funzionalità del sistema neuroendocrino, per cui si ha assimilazione di energia relativamente scarsa rispetto al consumo di essa, con conseguente cronica denutrizione. Codesta ectipia morfologico-costituzionale ha anche particolari caratteristiche neuropsicologiche, è detta abito longilineo o microsplancnico da G. Viola (in opposizione ai caratteri dell'ectipia brachilinea o megalosplancnica), e trova identità nella prima combinazione morfologica di A. De Giovanni e in altri tipi più o meno completamente descritti da altri autori. Gli studî statistici di G. Viola e V. Fici, confermati poi da dirette indagini di controllo e sorretti da osservazioni similari condotte su ectipie identificabili con quella già descritta (specialmente da autori stranieri), stabilirono la maggiore frequenza degl'individui dall'abito longilineo fra i tubercolotici, rispetto a quella che la stessa ectipia presenta nella popolazione sana e quindi la predisposizione dell'abito alla tubercolosi polmonare. Ciò per ragione di debolezza organica generale e locale (dovuta a particolari squilibrî morfologico-funzionali degli organi intratoracici). N. Pende, che studiò particolarmente le costellazioni ormoniche prevalenti nelle due ectipie umane fondamentali, trovò più predisposti alla tubercolosi gl'individui longilinei astenici e soprattutto le varietà iposurrenaliche e ipogenitali. Secondo lo stesso autore anche l'ectipia morfologica opposta (quella cioè brachilinea o megalosplancnica), può essere predisposta ove presenti ipoplasia del sistema arterioso, insufficiente sviluppo del sangue e predominio degli apparati linfatici, con struttura e attitudini funzionali immature.
La disposizione acquisita può dipendere da una serie numerosa di fattori. L'intimo meccanismo della loro azione non sempre è del tutto conosciuto, benché praticamente serva, per lo più, quale causa coadiuvante occasionale per rompere un equilibrio di difesa abbastanza labile e per favorire lo sviluppo della malattia, influenzandone anche le caratteristiche anatomiche e di evoluzione.
Volendo rapidamente catalogarli, notiamo che alcuni di codesti fattori hanno sede nello stesso organismo. Fra essi dobbiamo citare determinate condizioni fisiologiche, quali la pubertà, la mestruazione, la gravidanza, il puerperio, l'allattamento, particolari condizioni d'iponutrizione protratta (gli effetti della fame, come predisponenti alla tubercolosi, furono constatati durante la guerra mondiale). Altri fattori rientrano nella patologia; così si dice di alcune malattie infettive, quali il morbillo, il tifo, l'influenza (malattie anergizzanti), la pertosse, la sifilide e alcune infezioni esaurienti di lunga durata, come le sepsi croniche, la febbre ondulante, ecc. Fra le malattie del ricambio è da segnalare il diabete mellito, il quale agisce non solo perché determina una cronica iponutrizione, ma anche perché abbassa la capacità difensiva immunbiologica dell'organismo. Fra le malattie professionali, quelle ad azione locale, come le pneumoconiosi, specialmente da inalazione di polveri silicee, di metallo, ecc., agiscono per l'irritazione sulle vie bronchiali, per l'ostruzione dei linfatici e le conseguenti sclerosi. Altre malattie polmonari come le bronchiettasie, l'actinomicosi, la polmonite cronica, in certi casi il carcinoma e la sifilide, inoltre le affezioni delle vie aeree superiori, hanno azione predisponente.
Fra le intossicazioni, l'alcoolismo diminuisce i poteri di resistenza verso la tubercolosi, ma meno frequentemente di quanto finora sia stato ammesso. Strapazzi fisici e traumi psichici non vanno dimenticati.
Altri fattori sono ambientali: le condizioni antigieniche di vita, i raffreddamenti, ecc. È interessante ricordare i rapporti stagionali e meteorologici, con la maggiore frequenza delle disseminazioni ematogene e, specialmente, della meningite e con l'aggravamento di alcune lesioni tubercolari preesistenti. I traumi determinano la contusione del tessuto polmonare e il facile attecchimento, nella zona lesa e in quelle prossimiori, dei bacilli per contiguità, e, principalmente, per via linfoematogena.
Anatomia patologica. - Il bacillo tubercolare, in contatto con i tessuti dell'organismo, produce cinque tipi fondamentali di reazioni, e cioè le infiammazioni: proliferativa, essudativa, degenerativa e necrotica, sclerosante o cirrotica o indurativa, collaterale.
Infiammazione proliferativa. - La forma più tipica è rappresentata dal tubercolo elementare; esso è costituito da un nodulo rotondeggiante, della dimensione di un ventesimo di millimetro. Dalla confluenza di più tubercoli elementari risulta il cosiddetto tubercolo miliare, ben visibile a occhio nudo, come grano di miglio avente dimensioni variabili da ½ mm. a 2-3 mm., ora trasparente, ora opaco, ora d'aspetto fibroso. Istologicamente il tubercolo (v. infiammazione) è formato da un accumulo di grosse cellule rotondeggianti o poligonali, angolose, fornite, per lo più, di un nucleo rotondo e di uno o due nucleoli. Esse traggono origine dal sistema reticolo-istiocitario del tessuto ospite (cellule epitelioidi). Nel centro, talora anche in posizione eccentrica, si trova una grossa cellula (a volte anche più di una), il cui volume e la cui configurazione possono variare, fornita di prolungamenti protoplasmatici e di nuclei numerosi, disposti a corona o a semicerchio nella zona periferica della massa cellulare, più di rado eccentricamente nella massa stessa (cellula gigante di Langhans). Essa trae origine da una cellula epitelioide, per divisione amitotica, secondo alcuni autori anche o esclusivamente per divisione diretta del nucleo e per accrescimento del protoplasma; in alcuni casi per confluenza, in una massa sinciziale, di più cellule epitelioidi. Alla periferia dello strato di cellule epitelioidi, in un fitto alone di varia estensione, si trovano disposte cellule linfocitoidi, commiste con uno scarso numero di cellule mono- o polinucleate e con qualche cellula plasmatica. Agli elementi cellulari di quest'ultimo strato contribuiscono i linfociti pervenuti per migrazione o per diapedesi dai vasi sanguigni e forse anche da quelli linfatici e la proliferazione atipica delle cellule avventiziali o istiociti. Uno stroma o reticolo di sostegno è ben visibile in alcuni organi a ricca tessitura elastica (polmone). Con i metodi tintoriali si mettono in evidenza bacilli di Koch, sia dentro la cellula gigante, sia fra le cellule epitelioidi. Caratteristica è la mancanza di rete vascolare, a differenza di ogni altro tessuto di granulazione. Altra caratteristica è la caseificazione; di solito essa s'inizia nella cellula gigante e s'estende poi eccentricamente, coinvolgendo i due strati cellulari descritti, indi dilagando eventualmente nel tessuto di reazione connettivale circostante. Nell'evoluzione del tubercolo possono avvenire altre trasformazioni, come il rammollimento della sostanza caseosa in un materiale purisimile fino alla colliquazione del tessuto tubercolare; la calcificazione, preceduta dal prosciugamento della sostanza necrotizzata, che diviene come creta e poi si trasforma in blocchi calcarei (questa trasformazione può anche avvenire in tubercoli sclerosati); l'ossificazione del focolaio calcifico, sia totale sia parziale. La fibrosi è fra i processi più importanti di trasformazione. Essa s'inizia attorno al tubercolo per proliferazione delle cellule fisse del connettivo. Si forma così uno strato di tessuto fibrillare o fibroso che tende verso la sclerosi; il tubercolo che ne è circondato dicesi tubercolo fibro-caseoso. Codesta barriera connettivale può essere superata dalle metamorfosi degenerative del tubercolo; può invece opporre valida resistenza e contenere indefinitamente il tubercolo; infine può invadere il tessuto necrotizzato e sostituirlo, formando un'area cicatriziale dura (tubercolo sclerotico). Le trasformazioni calcifiche e fibrose del tubercolo si considerano come gradi diversi di guarigione, anche dal punto di vista anatomico. Tuttavia è dimostrato che, con grande frequenza, vengono racchiusi, nelle zone così trasformate, bacilli vivi più o meno virulenti, dai quali può essere provocata, in date contingenze, la rivivescenza dei vecchi focolai tubercolari e la produzione di nuovi.
Infiammazione essudativa. - L'infiammazione sierosa o sieroso-emorragica ha luogo a preferenza nelle sierose. Si nota la raccolta di liquido limpido o assai leggermente torbido, giallo-citrino o verdastro oppure rossastro o di tinta rossa più o meno intensa e variabile. A volte l'essudato può essere cotennoso, più o meno denso e tinto di sangue (essudazione fibrinoso-emorragica). I caratteri chimici dell'essudazione possono essere studiati con i metodi di laboratorio. L'infiammazione fibrinosa ha principalmente luogo nel polmone ed è accompagnata anche da processi proliferativi di diversa intensità, secondo che la flogosi abbia un decorso acuto, subacuto o cronico. La flogosi può interessare sezioni diverse del polmone, da pochi acini fino a un lobo intero. Si possono così avere processi di broncoalveolite, broncopolmonite, polmonite lobare. Codesti processi sono serviti da due principali forme di alterazioni istologiche, che vengono considerate come modalità morfologiche della stessa flogosi, la forma gelatinosa e la forma caseosa. La prima è la modalità meno grave. Si ha edema flogistico, con liquido denso, viscoso, vitreo, ricco di albumina, e quantità assai varia di fibrina negli alveoli; con scarsa proliferazione e desquamazione di epitelî; il materiale conferisce alle parti colpite l'aspetto gelatinoso, glabro, liscio. In date condizioni l'essudato può riassorbirsi, con restitutio ad integrum del tessuto polmonare. Più spesso però l'infiltrato gelatinoso si trasforma in caseoso. Questo non deve passare necessariamente per lo stadio d'infiltrazione gelatinosa; spesso, invece, insorge come tale. Il focolaio è di aspetto rosso pallido e non contiene aria; negli alveoli è raccolta fibrina in quantità ora abbondante, ora scarsa; si trovano inoltre pochi leucociti polimorfonucleati, qualche globulo rosso e molte cellule di particolare aspetto, dette antracofore. A questa prima fase della flogosi essudativa, che potrebbe anche del tutto riassorbirsi, segue quasi costantemente la necrosi caseosa, che colpisce, nello stesso tempo, l'essudato e lo stroma, oppure alcune parti dello stroma, distruggendone la tessitura. I focolai caseosi possono rammollirsi e svuotarsi per le vie aeree con il risultato di escavazioni ulcerose; possono estendersi e rapidamente escavarsi provocando alcuni quadri gravi della tubercolosi acuta; possono, se di dimensioni relativamente ridotte, essere circondati da un tessuto di sclerosi, che li incapsuli o anche li sostituisca, secondo i casi. L'infiammazione purulenta si svolge a preferenza nelle meningi e nelle sierose. Nell'essudato si notano linfociti misti a polimorfonucleati con prevalenza di questi ultimi. Le masse caseose facilmente si rammolliscono e si trasformano, per immigrazione leucocitaria dovuta, talora, all'intervento di comuni germi piogeni, in focolai purulenti. La raccolta, in alcuni tessuti come il polmone, può vuotarsi all'esterno o rimanere incapsulata; solidificarsi in una massa cretacea e poi calcificarsi.
Infiammazione degenerativa e necrotica. - Un'azione primitiva degenerativa e necrotica sulle cellule fu dimostrata da N. P. Tendeloo con l'osservazione clinica e sperimentale. Codesta alterazione si può constatare nell'epitelio alveolare e nelle cellule di parenchimi (fegato, tubuli contorti del rene, ecc.).
Infiammazione sclerosante, cirrotica o indurativa. - Può essere esponente primitivo dell'infiammazione tubercolare. Fin dall'inizio si forma un tessuto di granulazione ricco di capillari e di vasi sanguigni, nel quale si possono trovare scarsi tubercoli, gruppi di cellule epitelioidi o linfoidi o solo qualche cellula gigante. Sussegue una sclerosi più o meno densa che dà luogo all'indurimento fibroso o cirrosi, distruggendo e sostituendo progressivamente la tessitura dell'organo (tisi cirrotica). Nel tessuto polmonare invaso si producono formazioni tubulari rivestite di epitelio cubico, che sono considerate o come residui alveolari o bronchiolari con epitelio metaplasico o come tentativi di rigenerazione parenchimatosa. Sulle pleure si costituiscono ispessimenti notevoli, specie a carico della sierosa parietale. Quando l'ispessimento, in seguito a versamento, interessa anche notevolmente la pleura viscerale, il polmone può restare incapsulato senza ulteriore capacità di riespandersi (atelettasia polmonare).
Infiammazione collaterale. - È in rapporto con un focolaio tubercolare che è detto "nucleo di origine". Risulta di una serie di strati a mantello, più o meno regolarmente concentrici, continui o discontinui, di vario spessore. In essi la flogosi va mutando col procedere dal centro alla periferia, e cioè è caratterizzata successivamente dall'essudazione in prevalenza cellulare, fibrinosa, sierosa. S'ammette che il processo avvenga per azione di veleni tubercolari; codesto concetto è appoggiato dal fatto che si ha mancanza di bacilli tubercolari negli strati dell'infiammazione. Tuttavia, se bacilli tubercolari pervengono nelle zone infiammate, il carattere della flogosi viene modificato con la formazione di nuovi nuclei tubercolari e l'ampliamento delle zone collaterali. Non è necessario invocare l'azione combinata di altri batterî per spiegare l'infiammazione collaterale; se germi di altra natura sopraggiungono, l'architettura a strati è rotta dallo svolgimento dei nuovi processi essudativi, che può avere distribuzione diversa. L'infiammazione collaterale ha grande importanza diagnostica, poiché può svelare focolai tubercolari minimi, che altrimenti non sarebbero riconoscibili. Soprattutto è interessante per la diagnosi precoce della tubercolosi polmonare, specialmente dell'inizio della tubercolosi dell'adulto.
Per quanto (come s'è già visto) alcuni di codesti tipi di infiammazione prediligano determinati organi o tessuti, pure è da porre in rilievo che le lesioni specifiche risultano, in generale, dalla varia combinazione dei tipi stessi. Essa si manifesta, talora, fin dall'inizio della malattia, talaltra successivamente, durante il decorso. Nel polimorfismo delle alterazioni tubercolari può tuttavia notevolmente prevalere, a volte, qualcuno dei processi infiammatorî. È dimostrato che tutti gli organi e sistemi organici dell'uomo possono essere sede di tubercolosi, per quanto alcuni più frequentemente s'ammalino (in rapporto anche con le età dei singoli soggetti), e altri, invece, con minore frequenza.
Esistono tubercolosi generalizzate, le quali cioè invadono, a un tempo, o a tappe successive, tutti gli organi e tubercolosi localizzate.
Fra queste ultime, quelle di competenza per lo più medica interessano: il naso-faringe, la laringe, la trachea, i polmoni, le pleure, il mediastino, il cuore (pericardio, miocardio, endocardio) e i vasi (arterie e vene), il rene e l'uretere (in dati casi), la vescica, il tubo digerente (bocca, esofago, stomaco, intestino), il peritoneo, il fegato, il pancreas, la milza, il sistema nervoso centrale (meningi, encefalo, midollo spinale e sue meningi), e periferico (nervi), le capsule surrenali. La maggiore frequenza (con varianti in rapporto con l'età degl'infermi), s'osserva a carico dei polmoni, della laringe, delle pleure, del peritoneo, dell'intestino, delle meningi cerebrali, del rene.
La tubercolosi generalizzata si ritiene dovuta alla penetrazione, nel sangue venoso delle cave, di bacilli provenienti dalle ghiandole bronco-mediastiniche, meno frequentemente dalla diffusione ematogena diretta da un focolaio polmonare o extrapolmonare che abbia contratto rapporti con un vaso venoso o arterioso. Vi sono casi in cui la setticemia è lieve e non lascia tracce anatomopatologiche; casi gravissimi - ma rari - in cui tutti gli elementi dei parenchimi, cellule nobili e tessuto interstiziale, hanno tentato invano di contribuire a limitare l'infezione, poiché questa è stata così rapida e massiva, che il soggetto è morto senza avere potuto elaborare focolai di difesa, ma presentando lesioni solo infiammatorie o degenerative dei varî organi. Nel grado intermedio si hanno le forme miliariche.
In queste le lesioni fondamentali sono date da un seminio di tubercoli miliarici o granulazioni, tanto più esteso e uniforme quanto più s'è vicini all'infezione primaria (quindi nei bambini), mentre negli adulti e nei portatori di lesioni croniche è più o meno intenso nei diversi organi o può anche presentare distribuzioni soltanto regionali. Le granulazioni sono quasi sempre sviluppate e centrate attorno ai vasi; poiché in essi s'è costituito l'embolo bacillare, che ha determinato, con la reazione degli elementi cellulari prossimiori, l'origine dei tubercolo. Diremo oltre dell'aspetto del polmone. Nelle pleure le granulazioni sono più numerose sul foglietto viscerale e a livello dei cul di sacco; può essere presente scarsa quantità di essudato sieroso o emorragico. Nella laringe si ritrovano spesso al livello della glottide, verso la commessura anteriore, con edema concomitante delle zone ventricolari. Tutti i gruppi linfatici del mediastino sono aumentati di volume e congestionati con possibile estensione alle catene ganglionari cervicali o mesenteriche. La milza risulta aumentata di volume e congestionata; il fegato spesso in degenerazione grassa; i reni, aumentati di volume, presentano lesioni di nefrite acuta. Sulle meningi cerebrali, che hanno perduto la loro trasparenza, si trova essudato opalino; le granulazioni sono più specialmente disposte alla base e lungo le arterie silviane; lo strato cerebrale corticale è congestionato e presenta encefalite concomitante.
I polmoni dell'organismo umano sono il terreno più favorevole per il maggiore polimorfismo delle lesioni tubercolari. In generale s'ammette che i processi essudativi che in essi si sviluppano sono fra i più gravi, a evoluzione più o meno rapida, mentre quelli produttivi o proliferativi sono dotati di evoluzione più lenta e sono meno gravi. Le tubercolosi acute o subacute sono quasi sempre in grande prevalenza rappresentate dalle forme dell'infiammazione essudativa, cui spesso s'aggiunge l'infiammazione collaterale. Le tubercolosi polmonari croniche risultano invece più frequentemente dal complesso delle diverse infiammazioni, con prevalenza ora delle lesioni essudative (caseose), ora di quelle produttive (fibrose), e con variabili combinazioni di queste lesioni. Sia nelle tubercolosi acute e sia in quelle croniche (ma più frequentemente in queste ultime), sono presenti le caverne. Da esse traggono origine, per aspirazione e per trasporto lungo i bronchi, le disseminazioni, con formazioni, nell'ambito polmonare, di nuovi focolai più o meno numerosi, dovuti a nuovi processi di broncopolmonite. Altre disseminazioni, di tipo miliarico e a distribuzione strettamente regionale, possono aggiungersi a quelle avvenute per via canalicolare, o aver luogo indipendentemente da esse, segnando ulteriori diffusioni della malattia. Tutte le disseminazioni avvengono di solito a riprese, intercalate da periodi di tregua, e costituiscono le modalità patogenetiche della tubercolosi progressiva acuta o cronica nelle sue multiformi espressioni anatomo-patologiche. Il quadro conclamato della tubercolosi polmonare cronica è quello che offre il più complesso polimorfismo. Esso è costituito dal reperto dei varî tipi di caverne e da uno svariato intreccio di focolai infiammatorî in vario periodo di evoluzione, che caratterizzano la forma ulcero-caseosa e ulcero-fibro-caseosa. Esiste infine la forma nettamente cirrotica.
A questo quadro schematico facciamo brevemente seguire pochi particolari anatomo-patologici.
Nell'adenopatia tracheo-bronchiale si formano tumori ghiandolari di consistenza duro-elastica, nodosi e gibbosi, che specialmente sono ubicati a livello del bronco principale destro e della biforcazione bronchiale per il lobo superiore. Nelle linfoghiandole si sviluppa, in primo tempo, iperplasia semplice del tessuto linfoide, che può anche regredire; poi si formano numerosi piccoli noduli epitelioidi che confluiscono e caseificano. La concomitante periadenite reattiva o tubercolare salda le ghiandole, che si fondono in masse caseose più voluminose. Il rammollimento purulento vi produce escavazioni. Altre volte la caseificazione viene circoscritta da processi sclerotici, mentre la sostanza necrotizzata si cretifica e calcifica.
La tubercolosi miliarica assume quadri più totalitarî nei bambini, mentre, nei polmoni degli adulti, può presentare distribuzione segmentaria (come già si disse), sovrapposta anche a precedenti lesioni specifiche. Nelle forme più classiche il polmone risulta all'autopsia largamente disseminato di noduli miliari, più o meno diffusamente iperemico, e, spesso, più o meno enfisematoso. I noduli sono variabili in grandezza e in aspetto, con disposizione cranio-caudale, procedendo dai più grandi ai più piccoli. Istologicamente sono, secondo l'odierna prevalente concezione, di due tipi: l'uno produttivo, formato di aggregati di tubercoli elementari, l'altro, formato da noduli sub-acinosi di alveolite essudativa; l'edema perifocale, che circonda entrambi i tipi, è più esteso attorno a questi ultimi. I noduli submiliarici possono, a volte, riassorbirsi; quelli miliarici, se già non caseificati, sembra che possano riassorbirsi almeno in parte. Per contro la maggior parte dei noduli può guarire per trasformazione fibrosa e sclerosi, accompagnata o meno da calcificazione.
L'infiltrato precoce tipo Assmann-Redeker, forma il fulcro dell'odierna diagnosi precoce della tubercolosi dell'adulto (F. Micheli). Il focolaio, per lo più unico, ha sede, quasi sempre, nelle regioni sottoclavicolari. Ne è stata sostenuta l'origine esogena per uno scarso numero di infermi; quella endogena in prevalenza. In questo secondo caso è stata ammessa l'origine ematogena da lesioni intra od extrapolmonari, quella apicale per embolia bronchiale, quella ilare per diffusione linfatica retrograda del virus (avrebbe la maggiore frequenza secondo G. Costantini, L. Bernard, F. Cova, V. Lubich, N. Pende, ecc.), quella, infine, da riattivazione di antichi focolai per cause endogene o per stimolazione esercitata da una superinfezione esogena. La lesione è data essenzialmente da un focolaio circoscritto di pneumonite specifica, a tipo cioè di alveolite gelatinosa nelle forme più iniziali, suscettibile di completo riassorbimento, cui consegue, nelle forme evolutive, la caseificazione accompagnata da reazione circumfocale e il riassorbimento con formazione di caverne precoci. In questo secondo caso la guarigione può ancora avvenire per trasformazione fibrosa o per incapsulamento del focolaio caseoso.
Le caverne si formano (come si disse), nel decorso della tubercolosi polmonare cronica e anche di quella acuta. Esse traggono origine in presenza della peribronchite caseosa o di focolai di polmonite o di bronco-polmonite caseosa, per rammollimento del materiale caseoso e svuotamento del focolaio attraverso i bronchi. Un'altra patogenesi è stata riconosciuta nella necrobiosi del tessuto polmonare conseguente a obliterazione dei rami terminali delle arterie bronchiali (endoarterite obliterante) in zone interessate da processi di peribronchite (G. Viola). Hanno l'ubicazione più diversa, per quanto siano più frequenti nelle zone alte e posteriori polmonari e specialmente in quelle sottoclavicolari; dimensioni anch'esse variabili, da quelle miliariche a quelle occupanti un intiero lobo polmonare o anche più di un lobo (caverne giganti). Le caverne di recente formazione hanno pareti irregolari, costituite da tessuto polmonare in sfacelo, e forma più o meno anfrattuosa; non sono circondate da tessuto fibroso. Nella cavità si trovano sepimenti, travate, creste, fra varie concamerazioni dovute ai setti polmonari e ai vasi sclerosati in seguito a endoarterite obliterante. Sulle pareti o anche sulle travate si trovano piccole sacche aneurismatiche sul decorso di un ramo dell'arteria polmonare non interessato dal processo obliterante (aneurismi di Rassmussen), la cui rottura o lacerazione è causa di emottisi. Il contenuto delle caverne stesse è formato da materiale caseoso, rammollito, a volte emorragico, purulento o cancrenoso. Vanno distinte da codeste caverne quelle precoci in seguito a evoluzione dell'infiltrato precoce, che hanno forma rotonda od ovale, pareti sottili ed elastiche, costituite da uno strato sottile di tessuto di granulazione, con sparsa qualche cellula gigante. Le caverne più antiche sono quelle che raggiungono il maggior volume e più tendono alla forma rotondeggiante. Circondate da un alone fibroso, hanno parete ricoperta da tessuto di granulazione con tubercoli, se tendono a evolvere e a ingrandire; parete detersa, sclerotica, lucida, tendinea se permangono inattive. Alle volte vi persiste un processo suppurativo secondario dal quale scompaiono tubercoli e bacilli. All'infuori delle guarigioni per colassoterapia, sono stati descritti processi di guarigione spontanea delle caverne, con persistenza della cavità che diviene fibrosa e può rivestirsi di un epitelio proveniente dai bronchi limitrofi; processi di guarigione per ostruzione con tessuto fibroso cretaceo; per scomparsa e sostituzione con strie fibrose, o per altri meccanismi su cui ancora si discute. Altre forme di escavazione cavernosa si debbono alla dilatazione dei bronchi per infiltrazione e rammollimento delle pareti su dati segmenti (caverne bronchiettasiche). Facciamo appena cenno delle modificazioni anatomiche, che insorgono, sia nel parenchima polmonare, sia nelle pleure, in seguito all'applicazione del pneumatorace terapeutico artificiale; esse sono rappresentate da formazioni di tessuto sclerotico e costituiscono i processi più frequenti di guarigione, conseguenti alla collassoterapia.
Le lesioni elementari della tubercolosi intestinale si riportano a tre tipi: l'ulcerazione, la forma cicatriziale o ulcero-cicatriziale, quella ipertrofica.
L'ulcerazione ha sede per lo più a livello degli organi linfatici (follicoli, placche del Peyer); lenticolare, arrotondata, più spesso allungata, serpiginosa, è disposta talora in direzione longitudinale, più spesso a guisa di anello trasversalmente all'asse del tubo intestinale. Dove più ricco è il tessuto follicolare linfatico (attorno alla valvola ileo-cecale), le ulcerazioni s'estendono e confluiscono in vaste aree a contorni frastagliati. Alle ulcerazioni corrispondono le adenopatie mesenteriche infiltrate o caseificate. La forma cicatriziale o ulcero-cicatriziale riconosce due origini; ha luogo cioè o per cicatrizzazione più o meno completa dell'ulcerazione, oppure per sviluppo, in apparenza primitivo, d'una lesione in cui la tendenza fibrosa domina quella ulcerosa. Se la cicatrizzazione interessa un'ulcera disposta perpendicolarmente all'asse dell'intestino, occupante quasi tutta la circonferenza intestinale e profonda fino alla tunica fibrosa, si può avere stenosi cicatriziale; quando, invece, il cercine fibroso è incompleto, s'hanno valvole incomplete, che possono dare l'occlusione per spasmo intestinale segmentario collaterale. La forma ipertrofica è caratterizzata dall'ispessimento enorme di tutti gli strati intestinali; l'insieme forma un tessuto indurito, resistente al taglio, biancastro, con mucosa bernoccoluta, dall'aspetto neoplastiforme. Esso risulta dall'associazione di lesioni tubercolari e di lesioni da banale reazione infiammatoria dei tessuti della parete intestinale, specialmente della sottomucosa, della sierosa e sottosierosa. La stenosi intestinale è frequente, possibile l'occlusione completa. La sede principale è la regione ileo-cecale.
Radiologia. - Il sussidio delle indagini radiologiche non soltanto giova per la diagnosi delle malattie tubercolari, specialmente della tubercolosi polmonare, ma anche per l'attuazione e la condotta di fondamentali metodi terapeutici, quale il pneumotorace artificiale. Codeste indagini vanno considerate come un nuovo grande sviluppo della semeiologia, e restano comunque subordinate alla clinica.
L'esame radiologico si compone di due parti non sostituibili l'una con l'altra e da impiegare successivamente in ogni caso; l'esame cioè radioscopico e quello radiografico. Con la radioscopia si possono avere dati che si riferiscono all'anatomia quantitativa di alcuni organi e alla cinematica di quegli altri che sono dotati di particolari caratteristiche di mobilità; con la radiografia si ricercano elementi morfologici di dettaglio e sottili alterazioni anatomiche. Con la radioscopia non è possibile, per ragioni ottiche, il rilievo di codeste alterazioni e non si può ottenere che una rapida visione. Con la radiografia si hanno prove fotografiche stabili, che è possibile studiare in serie anche con ingrandimenti e conservare come utile documentazione iconografica. Sorpassando sull'esame radioscopico, diamo nozione di singoli tipi di immagini patologiche rilevabili nel radiogramma, avvertendo che, accanto ai quadri puri, formati cioè di un solo tipo di immagini, ricorrono più frequentemente quelli in cui domina il polimorfismo dovuto alle diverse combinazioni dei singoli tipi.
L'accentuazione delle strie che si dirigono dalla regione lesa verso l'ilo del polmone è dovuta alla replezione di vasi sanguigni, e, più probabilmente, di quelli linfatici (linfangioite reattiva), che può anche consentire la denominazione di peribronchite, usata da alcuni autori. Altre striature sono dovute a banderelle d'ispessimento pleurico. Quelle situate lungo gl'interlobi appaiono come lunghe ombre sottili, talora filiformi, più o meno rettilinee o arcuate.
A un secondo tipo d'immagini vanno ascritte le aree di opacità. Il nodulo ematogeno, dovuto all'aggruppamento di tubercoli, è visibile se ha un diametro non inferiore a mezzo millimetro (M. Lupo). È un'ombra rotonda, nettamente disegnata, di densità variabile. Quando è in periodo di riattivazione, il nodulo è circondato da un alone di tenue opacità, di vario spessore, dovuto all'infiammazione collaterale (alone perifocale). Il nodulo acinoso è dovuto a infiltrazione dell'acino. È un'ombra grossolanamente rotondeggiante, di densità variabile, di diametro un po' superiore a quello dell'acino polmonare, risultante dall'ombra acinosa e da quella data dall'infiltrazione perifocale. L'infiltrato precoce di AssmannRedeker si presenta come un'ombra grigiastra, per lo più rotondeggiante, a margini bene delimitabili, a volte alquanto sfumati, più intensa nel centro che alla periferia, spesso localizzata in tessuto polmonare sano. Di grandezza variabile da una moneta di 5 centesimi a una di 20 lire, l'ombra può essere, nel suo complesso, omogenea o finemente granulare, talvolta appena differenziabile dal tessuto circostante, talvolta assai densa. Al gruppo degl'infiltrati broncopneumonici e pneumonici appartengono ombre a contorni più o meno irregolari, più o meno dense, di varia estensione fino a un intero lobo polmonare. In questo caso l'ombra, abbastanza densa, può risultare delimitata da un margine netto in corrispondenza della linea interlobare, mentre gli altri margini hanno aspetto nodulare o festonato. Le opacità cicatriziali sono ombre per lo più molto intense, le quali possono presentare le dimensioni e forme più varie, in rapporto con l'estensione e il tipo delle lesioni tubercolari, di cui rappresentano gli esiti. I ganglî linfatici comunemente studiati si trovano nelle regioni ilari. Non visibili in condizioni normali, se sono infiltrati dànno ombre polimorfe, di volume variabile da quello di un cece fino a quello di un uovo e anche più. La densità aumenta se le ghiandole sono sclerosate e diventa tipicamente più netta se è intervenuta la calcificazione.
Il terzo tipo di immagini è dato dalle aree di trasparenza. A esse principalmente appartengono le caverne. Le microcaverne si trovano in prevalenza nella regione apicale e sottoclavicolare. Sono piccole aree di trasparenza, rotonde, circondate da un cercine poco denso eccentricamente sfumato in un alone grigio, con un diametro talora minimo (anche di 1 mm.), tal'altra maggiore. Il confluire di più microcaverne dà luogo alla formazione di piccole caverne di dimensioni più ampie (cavernule). Le caverne a mollica di pane o a nido d'ape sono formate da gruppi di microcaverne o di cavernule addossate fra loro sì da riprodurre il tipico aspetto col quale sono designate. La caverna anulare o precoce è un'area trasparente per lo più nettamente rotonda, del diametro di qualche centimetro o anche più ampia, circondata da un anello opaco a limiti interni netti, mentre i limiti esterni sono sfumati in un alone grigiastro; posta talora in campo polmonare sano è collegata con l'ilo da strie linfangioitiche. Infine le caverne polimorfe e policicliche sono grandi aree di trasparenza dovute all'ampliarsi di caverne minori. La forma può essere diversa; rotonda, ovoidale, ellittica, a bisaccia. Quelle policicliche presentano l'aspetto a più cerchi, posti l'uno dentro l'altro, in forma più o meno regolarmente concentrica, oppure irregolarmente intersecantisi. Le pareti possono variare di spessore. Nella cavità possono trovarsi materiali di colliquazione che, in posizione eretta, si dispongono nel fondo, formando un livello liquido. Altre aree di trasparenza possono ascriversi a pneumotoraci saccati, a bronchiettasie, a bolle di enfisema.
Nella tubercolosi polmonare codesti tipi di immagini concorrono agli aspetti radiologici delle singole forme (v. tavv. LXIX e LXX).
Ricordiamo ora i reperti delle lesioni intestinali. Nella tubercolosi ileo-cecale o cecale, il transito intestinale è caratterizzato dalla stasi ileale e dall'ipercinesia colica. La prima si limita alla parte terminale dell'ileo, la seconda si traduce con diminuzione del calibro del grosso intestino. L'ipercinesia determina la rapidità del transito nelle zone ammalate. Nella regione cecale il pasto opaco non rimane a contatto con le zone ulcerate; si determina pertanto un particolare aspetto radiologico per difetti di riempimento, detto segno di Stierlin. Inoltre, a livello delle zone ammalate, i contorni intestinali sono deformati; essi hanno l'aspetto di una lama dentellata oppure spezzettata. Le stenosi sono caratterizzate da particolari quadri radioscopici e radiografici.
Clinica. - Tubercolosi miliarica generalizzata. - L'inizio è preceduto da un periodo prodromico con disturbi vaghi, malessere più o meno fugace, cefalea di breve durata, alternative di sonnolenza e d'insonnia. Seguono altre manifestazioni tossiemiche generali (di cui faremo descrizione fra breve, occupandoci della tubercolosi polmonare), le quali sono rapidamente progressive, mentre la febbre presenta innalzamenti quotidiani preceduti da lievi brividi e cessa con sudazione.
Nella forma tifoide, il periodo di stato che fa seguito a quello prodromico, ci presenta l'ammalato del tutto somigliante a un tifoso: pallido, col naso affilato, con obnubilazione non completa della coscienza, con subdelirio durante il sonno. L'iperestesia dolorosa è talora spiccata. La cute può presentare eruzioni di herpes, esantemi a guisa di orticaria o simili alla roseola tifosa. Le linfoghiandole periferiche sono talora tumefatte. I dati obiettivi a carico dell'apparecchio respiratorio saranno accennati a proposito della forma localizzata. La frequenza del polso è aumentata, la tensione vascolare bassa. Esiste cianosi o subcianosi delle labbra e delle estremità. Le emorragie sono frequenti (epistassi, melena, ematuria, metrorragia, porpora); i disturbi della vista (amaurosi, emianopsia), rivelano localizzazioni coroidee. L'addome è alquanto meteorico, qualche volta invece retratto; la lingua bianca, la sete intensa, le turbe dell'appetito non costanti, la stipsi è più frequente della diarrea; il fegato e la milza sono aumentati di volume. Nell'urina è frequente una lieve albuminuria; si possono avere anche forti albuminurie con ematurie. La curva febbrile mantiene il tipo delle forme tubercolari gravi che descriveremo in seguito; nelle forme pioemiche presenta grandi oscillazioni precedute da brividi e seguite da sudore. Il decorso è talora progressivo, con morte in capo a cinque, sei settimane; a volte presenta periodi di remissione, con successivi aggravamenti e la morte avviene in fase finale asfittica, con fenomeni d'insufficienza cardiaca o con sincope cardiaca, talora con i segni del coma meningitico. La malattia va differenziata da alcune infezioni, più comunemente dall'infezione tifosa. Altre forme presentano sintomi localizzati, a carico di alcuni organi (miliariche localizzate). Le più degne d'interesse sono quelle polmonari e meningee.
Tubercolosi polmonare. - Sintomatologia generale. - Nelle varie forme della tubercolosi polmonare esistono sintomi, che si possono considerare comuni, per quanto variabili da caso a caso e da una forma all'altra e per quanto non necessariamente sempre presenti in ciascun ammalato. I più frequenti sono la tosse, l'espettorato, i dolori toracici, la dispnea, l'emottisi, i sintomi laringei, la febbre, i sintomi cutanei, le alterazioni dello stato generale.
Tosse. - È una delle manifestazioni più precoci e più costanti negli adulti, meno frequente e anche, a volte, del tutto assente nei bambini. All'inizio è spesso minima, insorge soltanto al mattino o sotto azione di cause stimolanti; per lo più secca, spesso anche abbastanza penosa. Con il progredire della malattia viene accompagnata da espettorazione e può risultare straordinariamente varia, in rapporto con le caratteristiche della forma morbosa e con la sensibilità riflessa del soggetto. La tosse attenuata si ha nelle forme lievi, abortive; si presenta come un semplice raschiamento al mattino, accompagnata da emissione di espettorato scarso, perlaceo, oppure sotto forma di tosse catarrale ordinaria. La tosse delle cinque ore fu così detta per la massima frequenza in codesta ora mattutina, in soggetti con tubercolosi evolutiva. La tosse emetizzante (R. Morton) avviene spesso dopo il pasto della sera; è accompagnata dal vomito degli alimenti ingeriti, oppure si manifesta durante la stessa ingestione senza vomito, ma con nausea. La tosse pertussoide è così detta perché rassomiglia a quella della pertosse, solo manca della ripresa sibilante propria di quest'ultima. La tosse da compressione è profonda, abbaiante, cavernosa. L' una e l'altra sono patognomoniche di un'adenopatia mediastinica comprimente il pneumogastrico e il nervo ricorrente nel primo caso, la trachea e i grossi bronchi nel secondo. La tosse dei soggetti portatori di caverne polmonari è quasi sempre accompagnata da espettorazione, ha luogo al mattino poiché le caverne si svuotano del contenuto raccolto durante la notte; viene facilmente provocata con il cambiamento di posizione.
Espettorato. - Esiste nella grande maggioranza dei casi. All'inizio della malattia è presente soltanto in piccole quantità; dapprima al mattino, poi anche verso sera e durante tutto il giorno, come anche durante la notte, e, specialmente, nelle prime ore mattutine; puramente mucoso, attaccaticcio, spumoso, in seguito diviene giallastro con striature di pus. Col formarsi delle caverne, risulta di masse muco-purulente omogenee, di forma arrotondata, nuotanti in un liquido sieroso d'apparenza salivare; ciascuna massa, posta su un piano, s'appiattisce e appare nummulare; se messa in acqua, cade al fondo essendo non aerata. Per quanto possano trarre origine anche in altre cavità, come le bronchiettasie, tuttavia gli sputi nummulari appartengono spesso alle caverne di recente formazione. Gli espettorati puriformi indicano caverne non più recenti nettamente costituite, vaste, a formazione piuttosto rapida. Essi formano al fondo della sputacchiera una specie di purea verdastra, omogenea, spesso circondata da un alone più o meno rosso, dovuto a sangue. Questo espettorato viene emesso in grande quantità al mattino, a volte perfino sotto forma di vomica. Altri tipi di espettorato si hanno, oltre quelli già illustrati, per la tubercolosi cronica comune. La quantità emessa nelle 24 ore viene misurata; ciò può dare un criterio utile per seguire il decorso della tubercolosi polmonare e per il giudizio di miglioramento o di guarigione.
Dolori toracici. - Sono frequenti, possono però mancare anche del tutto. Sono spesso localizzati nelle parti superiori toraciche; di regola avvertiti come dolori puntorî, dànno alle volte come un senso di compressione e di ferita. La provocazione del dolore alla pressione nelle regioni apicali ha dato luogo ad alcuni sintomi utili per la diagnosi della tubercolosi apicale. A volte i dolori vengono avvertiti anche nelle zone corrispondenti, specialmente in quelle alte, dell'emitorace non ammalato. Sono dovuti ad alterazioni locali pleuritiche, o a nevralgie, oppure a contrazioni muscolari segmentarie per riflessi partenti dall'organo ammalato (riflessi viscero-motorî), finalmente a iperestesie cutanee segmentarie nel senso di Head. Altri dolori localizzati alle inserzioni muscolari, specialmente in corrispondenza della base toracica, sono attribuiti al traumatismo della tosse.
Dispnea. - Si presenta con frequenza assai varia. Spesso trattasi di forme lievi, che si rendono più palesi con gli sforzi. Negli stadî avanzati della malattia può essere discretamente frequente. È notevole la dispnea che può insorgere nelle forme a decorso acuto e specie nella miliarica polmonare, per quanto anche in quest'ultima possa non essere molto apprezzabile. La dispnea è dovuta in parte alla limitazione della superficie respiratoria, in parte alla difficoltà dell'espansione respiratoria polmonare per perdita di elasticità dei polmoni, aderenze pleuriche, ecc., in parte può riconoscere un'origine nervosa centrale, per influenze tossiche.
Emottisi (v. anche XIII, p. 935). - È una delle manifestazioni più tipiche e più note. È presente circa nel 50% dei casi. Rara prima dei 15 anni, rarissima prima dei 7 anni, non s'osserva che eccezionalmente nella prima infanzia, mai nel lattante. È più frequente fra i 15 e i 50 anni, tuttavia nella tubercolosi senile è stata anche constatata, e nel sesso maschile più che nel femminile. Può essere facilitata da molteplici fattori coadiuvanti (sforzi funzionali esercitati a carico dell'apparecchio respiratorio; sforzi muscolari sia a carico del torace, sia generali; pasti abbondanti e turbe della digestione; stati emozionali; malattie infettive intercorrenti; traumi locali e generali; influenze climatiche e meteorologiche; azione di alcuni mezzi terapeutici, fisici e biologici, ecc.). È dovuta a fuoriuscita di sangue dai vasi contenuti nelle zone lese polmonari per meccanismi complessi, di cui fanno parte, da un lato le alterazioni anatomiche della parete dei vasi, dall'altro un insieme di fattori funzionali, che intervengono o separatamente o in varia combinazione, quali l'iperemia attiva o passiva, con le conseguenti variazioni della pressione vascolare, l'emodiscrasia, la fragilità vascolare, le variazioni biochimiche del sangue, ecc. Può manifestarsi improvvisamente in individui dall'apparenza sana e in perfetto benessere. Altre volte insorge in persone che già da qualche tempo presentavano sintomi funzionali sospetti, oppure ha luogo a malattia già conclamata e ne segnala le tappe evolutive. Preceduta a volte da sintomi prodromici, si manifesta con colpi di tosse e con bruciore o vellicamento alla faringe e alla laringe; a volte, senza questi sintomi, specialmente quando il sangue è scarso ed è commisto con l'espettorato. La quantità di sangue può variare dalle semplici striature commiste con saliva o con muco e da quella data da qualche sputo fino a qualche litro. Quando il sangue è abbondante può essere espulso a boccate, a fiotti, e perfino dalle narici, senza tosse o con scarsissima tosse e può dare l'impressione che sia vomitato. A volte può essere in parte deglutito e poi vomitato. Il colore può variare dal rosso vivo al rosso scuro e può anche essere scuro. La coagulabilità non sempre è totale. In alcuni casi l'emottisi decorre nella completa apiressia; altre volte, invece, è accompagnata da movimenti febbrili, che possono assumere tipi e caratteristiche diversi. Il decorso può essere vario; dai casi con un solo fatto emottoico, a quelli con emottisi ricorrenti a lunghissimi intervalli di tempo, a quelli con periodi più frequenti e ai frequentissimi. Le emottisi, tranne quelle cavernose, o da rottura di grossi vasi, quasi mai dànno luogo a esito fatale e finiscono con la completa cessazione. Possono produrre complicazioni nello stesso apparecchio respiratorio (broncopolmonite postemorragica, disseminazione micronodulare del processo specifico).
Sintomi laringei. - Una raucedine ostinata, senza apparenti lesioni laringee, può precedere o accompagnare l'inizio della tubercolosi polmonare. In seguito è frequente uno stato catarrale. Insorgendo lesioni specifiche a carico della laringe, come talora avviene a latere della tubercolosi polmonare, si possono constatare le diverse manifestazioni sintomatiche della malattia.
Febbre. - È uno dei sintomi generali più frequenti, per quanto esistano forme tubercolari a decorso afebbrile. La febbricola è frequente all'inizio della malattia e riveste il tipo vespertino, con innalzamento che non raggiunge i 38°, dura poche ore e poi, verso sera, decresce, a volte con lieve sudazione. Altre curve termiche, più brevi e con punte più basse, possono avere luogo circa alle dieci del mattino, e alle undici della sera. In questo periodo va notata, a volte, la labilità dell'equilibrio termico, vale a dire la facilità con cui si possono avere innalzamenti febbrili per perturbamenti o fatiche, di ordine fisico o psichico, imposti all'organismo. Nelle donne è stata osservata la febbricola premestruale e mestruale. La febbre etica è caratteristica delle forme gravi o gravissime. Presenta grandi oscillazioni fra la temperatura del mattino e quella della sera; dura, in qualche caso, poche ore, in altri tutto il giorno, lasciando libere solo le ore del mattino. Può essere preceduta da brividi intensi e cessare con sudazione profusa; viene inoltre accompagnata da fenomeni collaterali gravi riflettentisi sullo stato generale dell'organismo. Nelle forme acute (polmonite, broncopolmonite caseosa), la curva febbrile mantiene il tipo subcontinuo remittente, con punte su 39° nelle ore vespertine.
Nelle forme croniche comuni, la curva è nettamente remittente nelle ore mattutine e presenta elevazioni vespertine che possono raggiungere 38° e, talora, oscillare fra 38° e 39°. Le dette curve possono presentare numerose varianti. Il tipo inverso febbrile, piuttosto raro, è constatabile nelle forme gravi ed evolutive. I rilievi della temperatura, per lo studio delle curve febbrili, debbono essere eseguiti non meno di quattro volte durante il giorno. Solo la termometria rettale dà un'idea esatta della temperatura interna; quella boccale è la più in uso, per quanto possa presentare numerose cause di errore.
Sintomi cutanei. - La tendenza al sudore s'appalesa dopo sforzi minimi; dopo i pasti, in seguito a emozioni, ecc. Il sudore notturno è il più caratteristico e può presentare diverse variazioni, sia per riguardo all'intensità, sia per riguardo alle ore d'insorgenza. Il sudore abbondante e ripetuto ha odore acre, penetrante, dovuto a decomposizione di acidi grassi. Degno di nota, sebbene non molto frequente, è l'arrossamento dei pomelli, omologo al polmone leso, più manifesto durante le elevazioni termiche, dovuto a vaso-dilatazioni locali per azione riflessa. Piccole macchie giallastre o brunastre sulla fronte o sulle guance (chloasma phthisicorum), si manifestano a volte anche precocemente. In alcuni infermi si nota il colorito variante dal grigio bruno al nero bruno, specialmente delle zone cutanee più esposte, per insufficienza surrenale. Le piaghe da decubito e gli edemi sottocutanei appartengono alle forme gravi.
Alterazioni dello stato generale della nutrizione. Turbe gastro-intestinali. - La grande maggioranza dei tubercolotici presenta, nei periodi di attività della malattia, dimagramento. Vi sono tuttavia tubercolotici con forme poco attive (per lo più fibrose), i quali possono mantenere invariata la loro nutrizione. Nei brachilinei, se la tubercolosi è fibrosa, può persistere, di poco modificato, il buono stato della nutrizione o anche un certo grado di obesità. Il dimagramento ha grande valore diagnostico e prognostico, poiché esiste, per lo più, parallelismo fra la perdita di peso e il progresso del processo specifico. Viceversa non sempre esiste parallelismo fra gli aumenti di peso e il miglioramento locale delle lesioni. In soggetti di età non giovanile si possono sviluppare tubercolosi caratterizzate da uno stato cachettico il cui aspetto si può dire pseudo-cancerigno. Il deperimento organico è legato ad alterazioni varie del ricambio di natura tossica ed è favorito dai disturbi dispeptici gastro-intestinali, che spesso affiorano nella tubercolosi fin dall'inizio e possono divenire imponenti nelle forme gravi e terminali. Un sintomo primeggiante fra codesti disturbi è l'anoressia. Nelle forme gravi è caratteristica, a volte, la stranezza dei gusti nella scelta dei cibi. Un sintomo penoso è il vomito alimentare dopo un pasto abbondante, o dopo tosse, oppure il vomito mattutino, a digiuno. Talora esiste solo nausea che non ha esito in vomito. La diarrea può essere una manifestazione tossica delle forme gravi; a volte esiste stipsi.
Altre alterazioni. - Possono essere organiche o funzionali e ciò sia all'inizio sia nel decorso della malattia. Così dicasi per le alterazioni sanguigne (anemie, pseudoclorosi, pseudoleucemie, ecc.), per i disordini circolatorî (sintomi vasomotorî), per le turbe cardio-vascolari legate ad alterazioni cardiache, per le turbe mestruali nelle donne, per le turbe del sistema nervoso (sintomi nevrastenici, insonnia, sintomi isteroidi, turbe psichiche, ecc.).
Forme cliniche, decorso, esiti. - Le forme cliniche si distinguono (come già si è accennato a proposito dell'anatomia patologica), in acute e croniche. Una tale distinzione tuttavia dev'essere mantenuta in clinica solo per necessario schematismo. Esistono infatti forme le quali possono, secondo i casi, e con determinate varianti anatomiche, rientrare sia nel quadro della tubercolosi acuta o subacuta sia in quello della tubercolosi cronica. Inoltre è da notare che, molte volte, la tubercolosi polmonare cronica suole avere un inizio acuto; che, nel decorso della stessa, possono intercorrere fasi di riacutizzazione e che l'exitus può essere dato da una forma acuta. Illustriamo brevemente i principali quadri morbosi.
Il complesso primario si stabilisce e ha la sua evoluzione molte volte silenziosamente e con sintomi transitorî lievi di cui raramente si sospetta la vera natura. Se attorno a uno o a entrambi i componenti del complesso primario si sviluppa infiltrazione perifocale primaria, si possono avere sintomi generali di ordine tossico più o meno spiccati, ma può anche la sintomatologia restare muta. Se il focolaio primario subisce l'evoluzione tisiogena, il decorso è abitualmente grave e più o meno rapidamente si stabiliscono, nell'ambito polmonare, focolai broncopneumonici da aspirazione attraverso i bronchi, o da inondazione per svuotamento di ghiandole caseificate, cui s'associano noduli miliarici da disseminazione linfoematogena. L'esito, in questi casi, è la morte.
Molte volte tutto il complesso primario clinicamente guarisce. Ma, in tempo successivo, possono attorno a esso svilupparsi infiammazioni secondarie dette altrimenti epitubercolosi o paratubercolosi, di origine tubercolo-tossica, le quali possono interessare intere zone polmonari a partenza per lo più perilare, e sono caratterizzate da un netto reperto percussorio con scarsi fatti ascoltatorî e dalla tendenza alla regressione e alla guarigione, specialmente se sottoposte a opportune cure.
Le adenopatie tracheo-bronchiali. - In molti casi rimangono discrete e si rivelano radiologicamente; solo quando hanno raggiunto un dato volume presentano un proprio quadro clinico.
Fra i sintomi funzionali primeggia la tosse detta pertussoide; quella bitonale è meno frequente. Altre turbe, più rare a riscontrarsi, sono: la disfagia, la paralisi di una corda vocale per compressione del nervo ricorrente, lo stridore espiratorio, il turgore dei vasi del collo, la dispnea da sforzo, l'anisocoria con miosi o midriasi. La febbre è spesso presente. Molti sintomi obbiettivi sono stati descritti. Fra essi sono degni di menzione: alla percussione, l'ipofonesi sulla regione interscapolo-vertebrale e sui primi due o tre spazî intercostali in vicinanza dello sterno; all'ascoltazione la presenza, nelle zone indicate, di ronchi, fischi, gemiti, la diminuzione o la maggiore asprezza del respiro; inoltre la presenza di soffio bronchiale prevalentemente espiratorio, a volte lontano, anche tubario, nella regione interscapolo-vertebrale. Il segno di d'Espine è dato dall'ascoltazione di una parola ricca di sillabe sonore al di là della 7a vertebra cervicale (ove normalmente s'arresta), fino alla 5a dorsale. Il decorso della malattia può essere variamente protratto; la guarigione può seguire a cure opportune. Si possono manifestare infiltrazioni secondarie perilari anch'esse guaribili, disseminazioni linfoematogene e disseminazioni broncogene con esito in morte.
La forma miliarica può fare parte della tubercolosi generalizzata; può invece essere circoscritta ai polmoni, come già si disse. Nel primo caso esiste dispnea e s'osserva che questa, insieme con i fatti cianotici delle estremità, non è proporzionata al reperto obbiettivo toracico. Alla percussione, l'enfisema polmonare concomitante può non fare apprezzare riduzione di suono; all'ascoltazione si percepiscono: diminuzione generale del murmure vescicolare, ronchi sibilanti scarsi e rantoli a piccole e medie bolle specialmente alle basi, rantoli crepitanti disseminati o agli apici con qualche sfregamento pleurico. Questi fenomeni acustici possono, a volte, essere molto scarsi o quasi mancare. Se preesisteva qualche focolaio polmonare è possibile rilevarne la sede. La tosse qualche volta è lieve, qualche altra continua o tormentosa; l'escreato scarso, sieromucoso, all'inizio abacillifero, può, in seguito al confluire e al fondersi di alcune zone di noduli, divenire bacillifero.
Nella miliarica polmonare si distinguono le forme: acuta, sub-acuta e cronica. Nella forma acuta il quadro nosografico dell'apparecchio respiratorio è all'incirca identico a quello sopra esposto e molti dati della sintomatologia generale s'approssimano a quelli della forma generalizzata. Può seguire la sindrome polmonare asfittica. Il decorso è rapido, di poche settimane, con esito mortale. Nella forma subacuta si ha: inizio subdolo, decorso più o meno mite, protratto, febbre non molto elevata talora del tipo quasi ondulante, con altri sintomi funzionali più o meno apprezzabili, con o senza tumore di milza e con fenomeni obiettivi polmonari assai scarsi o assenti. L'esito può essere dato dalla morte più o meno tardiva, dalle remissioni più o meno durevoli e anche dalla guarigione clinica. Alla guarigione possono, a volte, fare seguito una o più recidive. Nella forma discreta o cronica la sintomatologia si trascina anche per anni con alternative di miglioramento e di peggioramento ed è sempre scarsa: febbricola, assenza anche di febbre (miliarica fredda), irrequietezza, astenia, turbe dell'appetito, lieve dimagramento, spesso con assenza di fenomeni polmonari, e, per contro, con presenza di sintomi dell'adenopatia tracheo-bronchiale; a volte con dolori localizzati toracici corrispondenti a pleuriti circoscritte, che s'accendono e si spengono saltuariamente nell'ambito polmonare. L'esito può essere la guarigione, ma può anche essere la morte, per ulteriore evoluzione del processo specifico (meningite, ecc.).
La tubercolosi dell'apice è data da lesioni micronodulari o nodulari produttive abbastanza frequenti, a evoluzione quasi sempre benigna. Se ne discute l'origine esogena, o ematogena (F. Micheli), o linfatica retrograda a partenza ilare (G. Costantini).
La sintomatologia funzionale può essere del tutto muta oppure minima e protrarsi anche per anni senza tosse ed espettorato, oppure con espettorato mucoso o muco-purulento, negativo per il bacillo di Koch. L'esame obiettivo può non consentire alcun rilievo nelle forme del tutto iniziali e circoscritte, altre volte può fare riconoscere alterazioni della sensibilità cutanea e muscolare, del trofismo e della tonicità dei muscoli della regione apicale, nonché dati forniti dalla percussione e dall'ascoltazione (ipofonesi, riduzione dell'altezza apicale, respiro diminuito o rinforzato, per lo più rude, aspro, talora vescicolo-bronchiale o indeterminato, espirazione prolungata, sibili, crepitii pleurici, più raramente alveolari, ecc.). Gli esiti sono: la sclerosi apicale più o meno estesa, meno frequentemente l'estensione del processo specifico alle zone polmonari sottostanti e lo sviluppo della tisi progressiva.
L'infiltrato di Assmann-Redeker può insediarsi silenziosamente o anche con scarsa sintomatologia. Nel maggior numero dei casi esso ha un inizio acuto, improvviso, non preceduto da prodromi o con scarsi prodromi e presenta un quadro clinico che del tutto si confonde con quello della grippe, seguito spesso da un periodo in cui domina la febbricola vespertina. Altre volte l'inizio è segnato da un'emottisi più o meno abbondante, che non è stata preceduta da turbe funzionali, oppure è stata preannunziata solo da vaghi sintomi generali. L'esame obiettivo, data la situazione per lo più profonda dell'infiltrato, spesso è muto; il reperto può essere quello di una pleurite circoscritta, se il focolaio è sottocorticale; altre volte alcune lievi modificazioni della qualità del respiro nelle regioni: sottoclavicolare, ascellare e nella parte alta della scapolovertebrale possono dare il sospetto e consigliare l'esame radiologico, l'unico da cui la diagnosi possa essere chiarita. Quando, in un periodo di tempo variabile, da pochi giorni a parecchi mesi, l'infiltrato viene sostituito da una formazione cavitaria, la sintomatologia pseudogrippale e l'emottisi si presentano con frequente coincidenza. Ma anche in codesto periodo le sofferenze dell'infermo possono essere minime. Invece l'espettorato, per quanto scarso, è abbastanza ricco di bacilli tubercolari. L'esame obiettivo può essere muto, può invece rivelare crepitii e fatti umidi. All'escavazione può ancora seguire la guarigione, con opportune cure; può invece succedere la tubercolosi progressiva.
L'infiltrato precoce a tipo di lobite ha inizio per lo più brusco, acuto, talvolta preceduto da lievi prodromi, sotto forma di accesso grippale o pneumonico. La febbre più o meno alta, continua e remittente, viene accompagnata da una netta sintomatologia funzionale generale. L'espettorato è misto a sangue o del tutto emottoico. Ben presto l'esame obiettivo mette in evidenza un blocco pneumonico più o meno esteso, in uno dei due lobi superiori, per lo più nel destro. In una terza fase i sintomi possono regredire completamente e l'ammalato può rifiorire pure essendo portatore di caverne. Possono aversi recidive, oppure risoluzioni ritardate. Le formazioni cavitarie possono stabilizzarsi o guarire, specialmente con opportune cure; possono invece dar luogo alla tubercolosi progressiva per aspirazione broncogena.
La polmonite caseosa ha ugualmente inizio brusco con sintomatologia generale identica a quella già descritta per la lobite, ma più accentuata e a decorso più grave. Il processo quasi sempre evolve rapidamente. La morte avviene entro 1-3 mesi, a volte anche prima in associazione con una tubercolosi miliarica o meningea.
La broncopolmonite caseosa, che, insieme con la forma precedente, dà il quadro della tisi galoppante, può avere un inizio subacuto o acuto, con febbre più o meno alta (anche oscillante), continua remittente, tosse ostinata affaticante, talora anche emetizzante, dispnea che va diventando sempre più intensa e a volte dolore puntorio. La sintomatologia funzionale generale progredisce più o meno rapidamente fino allo stato di etisia, con fenomeni tossici imponenti, mentre l'espettorato diviene abbondante, denso, purulento, di colore brunastro o cioccolata, ricchissimo di bacilli. Le emottisi sono frequenti in alcuni casi. L'esame obbiettivo dell'apparecchio respiratorio fa notare l'insorgenza di focolai che si diffondono dalle zone craniali verso quelle caudali. In codeste zone, con il progredire della malattia, si rendono evidenti i segni dell'infiltrazione broncopneumonica (ipofonesi, soffio bronchiale, rantoli e crepitii varî), fino a quelli della fusione purulenta (ottusità, rantoli più numerosi e anche a grosse bolle), e delle formazioni cavitarie (timpanismo, soffio bronchiale o anforico, rantoli gorgoglianti, rantoli a timbro metallico, ecc.); questi ultimi tuttavia non sono sempre percepibili. La malattia ha una durata media da due a sei mesi; la morte può anche essere accelerata da un'emottisi fulminante.
La maggioranza delle forme fin qui descritte, sia nel caso dell'infezione primaria, sia nel caso della reinfezione, caratterizza i quadri clinici della tubercolosi polmonare acuta o sub-acuta.
La tubercolosi polmonare cronica, per definizione, è la forma a evoluzione lenta. L'inizio spesso ha luogo in forma acuta o sub-acuta poiché trae origine, per lo più, o dalla tubercolosi nodulare dell'apice comunque riaccesa, o dalle forme essudative, tipo infiltrato precoce. Un vero inizio lento, subdolo, con sintomatologia poco accentuata o del tutto lieve è relativamente meno frequente. Il carattere differenziale più tipico risiede nel fatto che codesta forma procede ordinariamente per tappe successive, con periodi cioè di attività, separati da altri periodi più o meno lunghi di quasi completa inattività e che ciascuna riacutizzazione può, per un tempo variabile, essere identica alle precedenti finché, nell'ulteriore decorso, andrà segnando manifestazioni sempre più gravi e talora più prolungate. Nelle fasi terminali può essere presente il quadro della consunzione, con febbre etica, emaciazione, sudori profusi, diarree infrenabili, edemi cachettici, mentre le facoltà intellettive si mantengono integre. A volte manca il parallelismo fra l'andamento generale della malattia e il grado e l'evoluzione delle lesioni polmonari. I reperti obbiettivi dell'apparecchio respiratorio risultano varî e complessi in rapporto con lo sviluppo e l'associazione delle lesioni di vario tipo e con la loro estensione. Il decorso può essere di parecchi anni; talvolta può raggiungere e superare il decennio. La varia durata dipende da circostanze molteplici, riguardanti soprattutto le capacità di resistenza organiche dell'individuo, le condizioni di vita e le cure cui l'infermo viene a sottoporsi. L'esito più comune è la morte o per aggravamento progressivo o più o meno rapido delle lesioni specifiche e dello stato generale, a volte con insufficienza respiratoria e cardiaca, o per altre complicazioni (emottisi violente, edema glottideo, meningite, ecc.).
In rapporto all'età, le forme che fin qui abbiamo descritto sogliono avere una speciale distribuzione, per ragioni di cui abbiamo fatto cenno nel capitolo della patologia generale. Nei lattanti la tubercolosi decorre, di regola, con le forme acute, procedenti dal focolaio primario, con tendenza alla generalizzazione; l'esito è quasi sempre letale. Nella prima infanzia s'osservano ancora casi numerosi del tipo della tubercolosi dei lattanti, ma sono ancora più frequenti le forme linfoghiandolari con le loro sequele. Nella seconda infanzia la tendenza alla generalizzazione diminuisce, la stessa tubercolosi polmonare è relativamente più rara e può presentarsi con forme acute, disseminate o pneumoniche. Si può anche osservare la tubercolosi con decorso simile a quella dell'adulto. Nella pubertà comincia ad acquistare importanza la tubercolosi dell'apice, mentre le forme acute sono frequenti. L'infiltrato precoce s'osserva con speciale frequenza fra i 14 e i 30 anni, talvolta negli adulti, nei vecchi e prima della pubertà. Tutte le forme della tubercolosi acuta e cronica ricorrono nell'età adulta. Nella vecchiaia, mentre s'osservano anche le forme della tubercolosi degli adulti, la malattia tipicamente è data dall'associazione di alterazioni fibrose con l'enfisema polmonare, dalla minima estrinsecazione di molti sintomi, e dalla loro combinazione con altre alterazioni senili.
Diagnosi. - È il riconoscimento della malattia in atto, attraverso un processo mentale dapprima analitico e poi sintetico che il medico deve compiere per distinguere il complesso sintomatico, presentato dall'individuo, da quadri clinici che con quello in esame possono presentare punti diversi di contatto e che pure sono patognomonici di altre malattie dell'apparato respiratorio, eventualmente di malattie di altri organi e apparati. Ammessa l'esistenza della tubercolosi polmonare, occorre poi stabilire, per quanto sia consentito dai mezzi d'indagine attuali, l'origine, la sede, la forma delle lesioni e i loro caratteri di attività e di evolutività. Ciò specialmente per istituire una terapia razionale. Codesti diversi elementi della diagnosi si raggiungono con l'esame clinico, con quello radiologico e con le ricerche di laboratorio.
L'esame clinico si compone, in primo tempo, dell'anamnesi, ossia della raccolta di tutti i dati che riguardano: le infermità da cui siano stati affetti i familiari (anamnesi familiare); le condizioni di nascita, di sviluppo nei varî periodi della crescenza e le attività funzionali con essa connesse, dell'individuo in esame (anamnesi personale fisiologica); le malattie pregresse (anamnesi personale remota patologica); infine tutti i sintomi d'inizio e di decorso della malattia in corso fino all'atto dell'osservazione (anamnesi personale prossima patologica). Seguono: l'esame obbiettivo completo non soltanto dell'apparecchio respiratorio, ma anche di tutti gli altri organi e sistemi organici e un congruo periodo di osservazione, mercé il quale si osserva il decorso e si studiano le caratteristiche dei sintomi generali e funzionali. Dell'esame radiologico abbiamo già detto. Fra le ricerche di laboratorio, sta, in prima linea, l'esame dell'escreato, nei riguardi della quantità, qualità e del contenuto in bacilli di Koch, nonché in altri eventuali germi, in elementi cellulari, fibre elastiche, ecc. L'esame ematologico può fornire utili elementi nei riguardi dell'attività del processo specifico per mezzo della formula di Arneth (spostamento quantitativo dei gruppi dei leucociti polimorfonucleati verso sinistra), o dell'emogramma di Schilling (comportamento dei granulociti neutrofili, secondo particolari aspetti del nucleo, e rapporto con gli altri granulociti, con i linfociti e con i monociti). Molti metodi immunbiologici si conoscono, come: la siero-agglutinazione, i metodi fondati sulla deviazione del complemento, quelli sulla flocculazione del plasma o del siero sanguigno, il cui valore diagnostico è scarso rendimento. Delle reazioni tubercoliniche abbiamo detto in precedenza. Un metodo che oggi è universalmente accettato e che, pure non essendo specifico, può dare utili sussidî alla diagnosi, è la determinazione della velocità di sedimentazione dei globuli rossi.
Il precipuo obbiettivo del medico nel campo diagnostico deve essere quello di svelare la tubercolosi polmonare, sia della prima infezione (nei lattanti e nei bambini), sia delle reinfezioni (negli adolescenti e negli adulti), nella fase il più possibilmente iniziale. La diagnosi precoce della tubercolosi consente infatti di raggiungere i migliori vantaggi terapeutici e profilattici.
Prognosi. - È la previsione circa l'esito della malattia nei riguardi della guarigione con completa restituzione o con minorazione delle funzioni dell'organo leso; della totale attività funzionale dell'organismo; subordinatamente circa l'eventualità della morte.
La prognosi circa la guarigione s'intende soltanto dal punto di vista clinico (guarigione clinica), non dal punto di vista biologico, essendo noto (e ne abbiamo già fatto cenno) come, attraverso i meccanismi di guarigione delle lesioni tubercolari, poco frequente sia il caso della totale scomparsa dei bacilli dall'organismo umano. La prognosi circa la recuperazione totale o parziale delle funzioni locali e generali organiche si riferisce al grado di capacità lavorativa cui l'individuo può pervenire, anche se la guarigione clinica non sia del tutto raggiunta. Si parla, in questi casi, di guarigione economica. Essa, a volte, sta in rapporto con l'efficacia delle attuazioni terapeutiche. La prognosi può ancora riferirsi alla durata della pericolosità del contagio offerta dal singolo infermo e ha grande importanza dal punto di vista sociale per i necessarî provvedimenti profilattici.
Ogni giudizio prognostico è subordinato alla diagnosi; esso quindi s'avvale di tutti quegli elementi di cui dianzi ci siamo occupati. In linea generale ogni processo tubercolare va sempre considerato con riserva dal lato prognostico e ciò perché anche le lesioni più lievi e apparentemente più benigne, possono, quando che sia, trasformarsi in processi attivi ed evolutivi fra i più gravi. Viceversa, forme tubercolari più o meno gravi ed estese possono subire soste o regressioni di attività del tutto impreviste, con parziali recuperazioni di attività lavorativa di diversa durata. Ciò malgrado, si può ritenere, con approssimazione generica, che il destino dei soggetti colpiti dall'infezione primaria, in buona parte, non è cattivo; che le forme acute della tubercolosi polmonare collaterale alla prima infezione sono di prognosi severa; invece quelle acute della reinfezione (tubercolosi degli adolescenti e degli adulti), hanno ugualmente prognosi severa, sebbene a esse appartengano forme che possono del tutto guarire (infiltrato di Assmann-Redeker, lobite); che la tubercolosi miliarica anche la più discreta ha sempre prognosi riservata, che le forme a decorso cronico possono avere prognosi variabile. Si tenga presente che la prognosi è subordinata ai vantaggi dei mezzi terapeutici di cui oggi si dispone e alla tempestività con la quale essi vengono applicati.
Tubercolosi intestinale. - Spesso si accompagna a quella polmonare come complicazione; ne avviene che non tutti i sintomi, specialmente quelli generali, siano facilmente distinguibili da quelli proprî della tubercolosi polmonare.
Nella forma cronica ulcerosa l'infermo dimagra rapidamente e s'anemizza, ha la pelle secca, talora pigmentata, sudazione per lo più abbondante, in prevalenza notturna, che s'alterna, in certi casi, con i periodi diarroici; movimenti febbrili irregolari, con elevazioni non sempre coincidenti con le ore vespertine, precedute talora da brividi intensi; disturbi dispeptici gastrici con disordini del senso della fame, rigurgiti, vomiti alimentari o a digiuno. Sintomo fondamentale è la diarrea. La frequenza delle scariche alvine è varia, da due o tre al giorno fino a venti e più (diarrea'colliquativa). A volte la diarrea s'alterna con la stipsi; in casi più rari esiste solo stipsi. Le feci sono molli o liquide; nei casi più gravi, con grumi bianco-giallastri, strie di sangue, lembi di mucosa, detriti alimentari non digeriti (diarrea lienterica), possono assumere tinta nerastra, come nella melena (diarrea nera). Le emorragie non sono costanti. Altro carattere frequente è dato dai dolori, più spesso intermittenti, a tipo colico, diffusi, con esacerbazione dopo i pasti e prima delle defecazioni; talora essi sono localizzati nei quadranti di destra. Nella tubercolosi intestinale fibrosa o ipertrofica l'infermo si lagna di dolori vaghi e stiramenti nella fossa iliaca destra, di costipazioni alternate con periodi diarroici, mentre l'esame obbiettivo può scoprire una tumefazione nella regione cecale. In altri casi si hanno segni di stenosi intestinale; in primo tempo lievi e intermittenti, possono divenire sempre più accentuati in forma di crisi parossistiche. Più raramente si può avere l'occlusione intestinale. La forma cicatriziale o ulcero-cicatriziale (ulcero-fibrosa) ha sintomatologia complessa e variabile secondo la sede e l'estensione del processo specifico. Le lesioni ileo-cecali si possono complicare con fatti peritoneali (tubercolosi ileo-cecale entero-peritoneale). La diagnosi, oltre che dai dati semeiologici (aumento della resistenza della parete addominale e dolori localizzati alla palpazione, presenza di tumefazione bernoccoluta specialmente nel quadrante inferiore destro, esagerazione della peristalsi con disegnazione di anse intestinali nelle stenosi, ecc.), risulta dall'indagine radiologica e dalle ricerche di laboratorio, cioè dall'analisi chimica e batteriologica delle feci; tuttavia l'assenza o la presenza in esse del bacillo di Koch ha un valore relativo. Le forme lievi e circoscritte della tubercolosi intestinale possono guarire collateralmente alla guarigione della tubercolosi polmonare o per effetto d'interventi terapeutici. Le forme gravi sono, per lo più, da considerare come complicazioni terminali della tubercolosi polmonare. La tubercolosi fibrosa o ipertrofica è di prognosi relativamente meno grave di quella ulcerosa o ulcero-fibrosa, pure potendo compromettere la vita dell'infermo per le complicazioni da stenosi.
Terapia. - Tubercolosi miliarica generalizzata. - Non esiste una speciale terapia che consenta di combattere questa forma di tubercolosi acuta. Si possono ad essa applicare, con speranza di scarso successo, le cure igienico-dietetiche e alcune cure sintomatiche, di cui dovremo occuparci in seguito.
Tubercolosi polmonare. - Le norme da seguire sono in parte comuni a tutte le forme, in parte adattate alle esigenze di alcune di esse. Per tutte è problema fondamentale la necessità della precoce applicazione delle cure riconosciute utili, che si riconnette direttamente all'altra necessità, in precedenza accennata, della diagnosi precoce.
Istituti di cura. - L'optimum sarebbe di potere accogliere tutti gl'infermi negli adatti istituti di cura; è questa tuttavia una condizione che, finora, per difficoltà pratiche finanziarie, non è che solo in parte attuabile anche nei paesi in cui la lotta antitubercolare ha raggiunto i maggiori sviluppi. Si aggiungono quindi le cure ambulatorie, quale adattamento di necessità, presso i dispensarî antitubercolari. Bisogna però dire che vi sono forme della malattia che si prestano realmente a tale terapia di adattamento; un certo numero di tubercolotici non ha dunque bisogno di luoghi di cura.
Gl'istituti vanno considerati in due gruppi, secondo che gli ammalati siano suscettibili di cura, oppure siano giudicati incurabili. Per questi ultimi si destinano le sezioni annesse agli ospedali; per tutti gli altri i sanatorî e gli ospedali sanatoriali.
Sia i sanatorî e sia gli ospedali sanatoriali sono costruiti con speciali norme di tecnica, che riguardano l'ubicazione, in zone non polverose, non battute dai venti, ricche di alberi e di acqua, con bel panorama; l'esposizione a sud o a sud-est in modo da potere giovarsi del maggiore numero di ore di sole; particolari disposizioni degli ambienti destinati al soggiorno degli ammalati (determinata cubatura e attrezzatura costruttiva delle camere di degenza, gallerie di cura, refettorî, sale di convegno, di lettura, sala per spettacoli, ecc.). Da alcuni autori si fa ancora distinzione fra sanatorî veri e proprî, i quali dovrebbero accogliere le forme più curabili di tubercolosi polmonare, e ospedali sanatoriali, i quali dovrebbero accogliere le forme meno curabili. Tuttavia, all'atto pratico, la distinzione quasi mai è nettamente attuata. Con l'ubicazione vengono connessi i problemi dell'altitudine e delle corrispettive influenze terapeutiche climatiche. Sotto tale punto di vista si distinguono i sanatorî montani e quelli al piano, lontani o vicini al mare. I primi si giovano del clima montano, che presenta varianti secondo la diversa altezza. Fino a 600 m. sul livello del mare è la collina, il cui clima si differenzia da quello di pianura perché meno caldo e meno umido e con aria più pura. Fra 600 e 1500 m. è la montagna, ossia la zona climatica generalmente ritenuta come più indicata per la cura della tubercolosi. La lunga persistenza delle nevi v'apporta purezza e secchezza dell'aria, stabilità della temperatura, maggiore luminosità riflessa; inoltre è in detta zona maggiore beneficio della luce solare, intensità di azione dei raggi ultravioletti, influenza della bassa pressione atmosferica e della bassa temperatura. Per tali condizioni principali e per altre secondarie il clima di montagna è stimolante e tonificante. L'alta montagna, al di sopra dei 1500 m., presenta condizioni climatiche fondate sugli stessi fattori; tuttavia più eccitanti. In pianura non si ha una vera e propria individualità climatica. Ocorre pertanto scegliere luoghi in cui si abbia poca variabilità delle condizioni meteorologiche, con umidità media, poche nebbie, venti moderati, pressione barometrica media, precipitazioni atmosferiche non eccessive, molte ore di sole. Il clima marino è caratterizzato da: alta pressione barometrica, tasso elevato di ozono, costanza della temperatura, purezza dell'aria, ricca di alcuni elementi chimici utili (iodio, cloruro di sodio, bromo), alto indice igrometrico, elevata tensione elettrica atmosferica, ricchezza di luce solare. Esso è un clima stimolante ed è variabile secondo le spiagge, potendosi, in tale guisa, avere climi più o meno stimolanti e più o meno attenuati. Anche gli altri climi possono subire variazioni secondo le località, pure essendo queste a quote uguali, tanto più se a differenti latitudini. In generale s'ammette che quello di montagna sia un clima da regressione e da cicatrizzazione e che quello di pianura sia un clima da stabilizzazione. All'alta montagna possono essere avviati soggetti con forme tubercolari più o meno circoscritte, quasi inattive, in buone condizioni generali, non eretistici, con ricambio organico non accelerato; alla montagna i tubercolotici cronici con estensione delle lesioni non eccessiva, soprattutto con scarsa evolutività e scarsi sintomi tossiemici, mentre le forme più o meno estese o anche circoscritte, attive o molto attive, vanno destinate alle bassissime quote, e, soprattutto, alla pianura. Al clima marittimo attenuato o poco stimolante possono assegnarsi infermi con forme iniziali o con forme croniche più o meno estese, ma poco evolutive, poco tossiemiche, con ricambio organico ritardato.
Nel sanatorio o nel sanatorio-ospedale, gl'infermi vengono sottoposti al regime di vita detto igienico-dietetico. Gli elementi di codesto regime sono dati dalle cure d'aria e di riposo (fondamentali), opportunamente e progressivamente regolate per ciascun individuo, secondo il tipo delle lesioni e la loro evolutività, quindi secondo il grado della tossiemia. In secondo tempo due altri elementi vengono provati, e cioè le cure di irrobustimento e quelle di allenamento. Servono alle prime le diverse pratiche idroterapiche, miranti all'irrobustimento della pelle e a creare eccitamenti periferici stimolanti le funzioni interne, specialmente riflessi utili per le difese dell'apparecchio respiratorio (frizioni, lozioni, affusioni e spugnature, impacchi umidi, bagni generali, docce). In certi casi viene applicato, con determinate norme tecniche, il bagno d'aria generale. Il bagno di sole (elioterapia), si tenta in alcune forme di tubercolosi polmonare, specialmente in quelle fibrose, con scarsi sintomi tossiemici, con esposizioni locali e generali; se va attuato con tecnica accurata può giovare e alle lesioni polmonari e allo stato generale; e ciò per l'azione generale tonificante dei raggi solari, e per quella locale, che deve essere modicamente congestizia; secondo alcuni si deve tenere conto anche dell'azione antisettica. Le cure di allenamento si rendono utili quando il periodo evolutivo delle lesioni specifiche è stato vinto con i mezzi precedenti, per irrobustire il sistema muscolare e specialmente il miocardio, eventualmente per migliorare l'equilibrio immunitario, mercé probabili minime autoinoculazioni di veleni solubili dai focolai tubercolari. Esse mirano, in secondo tempo, alla recuperazione della capacità lavorativa individuale. Si fondano su esercizî muscolari graduati e progressivi, opportunamente sorvegliati, dal passeggio sul piano a quello su piano obliquo sempre più accentuato, poi su varî lavori di giardinaggio e agricoli, infine sulla marcia e su cure sistematizzate di lavoro sempre più faticose. In alcuni casi si può fare anche uso della ginnastica respiratoria. A tutto ciò s'aggiunge l'alimentazione razionale. Essa dev'essere completa nei suoi costituenti essenziali (albuminoidi, grassi, idrati di carbonio, sostanze minerali, vitamine), e inoltre deve corrispondere alla razione di mantenimento, accresciuta di un determinato supplemento, che valga a reintegrare, in limiti alquanto superiori a ciò che è strettamente necessario, le perdite del bilancio organico. Il cibo, preparato da una buona cucina, opportunamente variato e adattato anche alle abitudini regionali e stagionali, viene servito in razioni giornaliere, varianti da 3 a 5, secondo i diversi sanatorî. Il vino, in modica quantità, fa parte dei pasti quotidiani. Diete speciali vengono poi stabilite per particolari condizioni individuali dell'apparecchio digerente, diatesiche, ecc. I vantaggi della cura sanatoriale sono assicurati dall'azione di disintossicazione che viene esercitata dalla cura d'aria e di riposo sull'organismo ammalato, la quale indirettamente, agisce sull'evoluzione dei focolai morbosi specifici e dall'influenza tonico-ricostituente generale che viene completata dalle altre cure, quali quelle d'irrobustimento, di allenamento e dalla dietetica. Oltre al regime dietetico-igienico sanatoriale, che fu, per diverso tempo, la risorsa fondamentale della terapia della tubercolosi polmonare, varî altri metodi terapeutici sono stati adoperati, in aggiunta al primo o separatamente.
Terapia immunitaria. - Si distingue in passiva e attiva. Maggiore interesse è stato offerto da quest'ultima. La terapia immunitaria attiva è stata praticata in diversi modi. Un primo gruppo di cure è stato fatto con inoculazioni di sangue o di siero ottenuto con vescicante o di liquidi pleurici e peritoneali ricavati dallo stesso ammalato. In codesti prodotti si trovano materiali tossici provenienti dal catabolismo cellulare dei tessuti lesi dal processo tubercolare, dall'attività dei bacilli tubercolari, dava loro disintegrazione (antigeni) e da quella di bacilli associati; codesti materiali hanno proprietà stimolante sulla reattività organica. I benefici ottenuti sono stati diversi e incerti secondo i casi e tuttora sono discussi. Un secondo gruppo è stato quello ricavato dall'introduzione di espettorato portato alla disintegrazione, appartenente allo stesso infermo in cura (autoflemoterapia). Ma la terapia specifica la più nota e la più applicata è stata quella con le tubercoline (di cui esistono in commercio numerosi tipi, dalla vecchia tubercolina di Koch e sue varietà, a quella di Maragliano, di Calmette, all'anatubercolina di Petragnani, ecc.). Sono stati anche adoperati gli antigeni parziali o partigeni (Deycke-Much). La tecnica è stata lungamente e accuratamente studiata da numerosi autori. Poiché il tubercolotico è molto sensibile alla tubercolina, è stato necessario l'uso di dosi minime progressive secondo schemi prestabiliti, di cui i più noti sono quelli di Denys e di B. Bandelier e H. Sahli. I risultati sono però anch'essi stati incerti, poiché s'è visto che, con le minime dosi, si determina immunità antitubercolinica e non antitubercolare e che il movimento immunitario prodotto non è stabile e neanche costante. Sono stati impiegati anche vaccini, che sono costituiti da germi morti o autolisati, a volte sospesi in tubercoline o in estratti bacillari (vaccino Maragliano, Dreyer, Martinotti, Ponndorff). In generale la terapia immunitaria viene impiegata per forme non gravi, e, soprattutto, per forme non fortemente evolutive di tubercolosi polmonare.
Opoterapia. - È questo un capitolo tuttora in via di sviluppo.
L'estratto paratiroideo agisce per il tramite della calciofissazione, specialmente in ammalati con diatesi a tipo fosfaturico e alcalinurico. L'estratto di timo ha benefico influsso sul ricambio delle sostanze fosforate, indirettamente su quello calcico, in certi stati di adinamia muscolare. L'estratto post-ipofisario ha potere tonificante sulla muscolatura liscia sia vasale, sia dei varî organi. L'estratto epatico stimola le funzioni epatiche e consente d'introdurre sostanze che, normalmente prodotte nel fegato, sono deficienti nel tubercolotico; può esercitare funzione anabolica, antitossica, ureopoietica, ematopoietica. Per quest'ultima azione l'opoterapia epatica ha acquistato, di recente, grande valore (cura di Whipple). Si può associare, allo stesso fine, con preparati ricavati dal midollo osseo. L'estratto di ghiandola mammaria ha effetti sullo stato generale, sulle turbe mestruali e sulle emottisi a volte concomitanti delle tubercolotiche. L'insulina (increto pancreatico), è soprattutto adoperata a scopo eutrofico; risveglia l'appetito e favorisce la buona nutrizione. L'estratto di milza migliora le condizioni generali e la crasi sanguigna; favorirebbe la sclerosi dei focolai tubercolari. L'adrenalina ha influenza benefica sulla calciofissazione, agisce sulla pressione vascolare e in alcune sindromi d'insufficienza surrenale. Preferibile è l'estratto totale di ghiandola surrenale che, alle proprietà dell'adrenalina, unisce quelle di ormoni della sostanza corticale dei surreni (fissazione dei lipoidi fosforati, sviluppo della forza muscolare, azione emopoietica, influenza sulle disfunzioni della sfera sessuale, ecc.).
Radioterapia. - Le ricerche finora compiute sull'impiego della radioterapia profonda, nelle forme produttive tubercolari, allo scopo di produrre azioni fibrostimolatrici locali per l'influenza irritocongestiva e scleroinfiammatoria perifocale, hanno dato risultati incerti anche per i pericoli di riattivazione che essa importa. È stata anche tentata la terapia stimolante mercé irradiazioni su alcuni organi a secrezione interna allo scopo di eccitarne determinate attività difensive. S'è tentata l'eccitazione dell'attività leucolitica della milza con risultati incerti.
Crenoterapia. - Molte sono le restrizioni e le controindicazioni della crenoterapia. Le acque solforose possono impedire le bronchiti recidivanti, mentre migliorano lo stato generale e tonificano l'organismo. Le acque arsenicali deboli e silicee agiscono sullo stato generale, sulle zone congestizie per- e paratubercolari, sulle secrezioni bronchiali, modificano le reazioni eretistiche e gli stati cloro-anemici. Le acque azotate, clorurate sodiche e ferruginose non giovano. I soggetti più indicati sono quelli anemici, linfatici, artritici con lesioni sicuramente torpide.
Terapia aurica. - Dopo le pubblicazioni di A. Möllgaard sull'uso della sanocrisina (aurotiosolfato sodico), molti tentativi furono fatti e con molti altri prodotti, quali: la crisalbina, l'auritiol, il fosfocrisolo, il solfocrisolo, il crisolgan, l'allocrisina, il triphal, il solganal, ecc. Le ricerche sperimentali fecero intravvedere notevoli vantaggi, che le prove sugli ammalati non vennero in seguito a confermare. Questa cura quasi mai dà luogo a guarigione dei processi tubercolari, ma produce, talora specie nelle forme evolutive recenti, miglioramenti sintomatici da alcuni autori detti "stabilizzazioni". Molte discussioni sono avvenute sul meccanismo di azione, sull'impiego delle dosi e sul modo di somministrazione. I sali d'oro possono dare luogo a non moderate reazioni locali (nei focolai tubercolari), e generali e a fenomeni tossici.
Cure generali o ricostituenti. - Tendono a migliorare lo sviluppo organico generale, specialmente dei bambini e degli adolescenti, la nutrizione e quindi il biotrofismo di tutti i tessuti, specialmente di quello sanguigno, muscolare, nervoso, ecc. La terapia lipoidea giova in tutte le forme tubercolari torpide con tendenza alla sclerosi; è da proscrivere nelle forme essudative, iperpiretiche e nelle gravi emottisi per l'idrofilia dei lipoidi. Si fa uso dell'olio di fegato di merluzzo, dell'olio di chaulmoogra e derivati, della colesterina e dei preparati sterinici in generale, della lecitina e di altri fosfatidi, degli estratti splenici. I più comuni sono: l'olio di fegato di merluzzo e la lecitina. Il calcio va prescritto nelle forme a tendenza infiammatoria o essudativa con catarro bronchiale; molti preparati oggi in commercio sono di gluconato di calcio. S'associa l'uso dell'ergosterina o dell'ergosterolo irradiati, che dovrebbero agire come calciofissatori. S'adoperano ancora: il fosforo (vengono preferiti i glicerofosfati), e l'arsenico (ne è indicato l'uso, specialmente dei composti organici, nelle forme poco evolutive, scarsamente febbrili con integrità del tubo digerente e della funzione epatica). Il ferro, come emoplastico, è poco usato perché ritenuto emottoizzante e dispeptizzante. A piccole dosi, i sali ad acido organico (citrati, tartrati), potrebbero tuttavia trovare impiego in forme poco attive, senza tendenza emorragica. Lo iodio è un attivante del tessuto linfatico; ha azione focale irritoinfiammatoria e perciò trova uso molto ridotto (forme circoscritte, non evolutive, subfebbrili). Anche le vitamine sono indicate. Si preferiscono i preparati vitaminici totali.
Terapia sintomatica. - È rivolta particolarmente contro la febbre, la tosse, l'espettorazione, i dolori toracici, la dispnea, la emottisi, la sudazione, i disturbi gastrointestinali, l'insonnia, i disturbi cardiovascolari.
Febbre. - Segue le vicende del processo da cui deriva e scompare o s'attenua con le cure dirette contro di esso. Tuttavia è necessaria, a volte, la terapia sintomatica, in quanto permette l'alimentazione e mitiga alcune sofferenze dell'infermo, creandogli una certa euforia e agendo sulle condizioni psichiche. I mezzi più comuni consistono nel sopprimere tutte le cause capaci di favorire l'attività dei focolai tubercolari: quindi il riposo a letto e la cura dell'aria libera, con eliminazione di ogni attività fisica e intellettuale, di errori dietetici, ecc. Fra gli agenti fisici si consiglia l'impacco umido e fresco al torace, da applicare quando non esista stato di malessere e non s'abbiano brividi. Gli antitermici (antipirina, canforato di piramidone, criogenina, maretina, ecc.) possono riuscire utili specialmente contro i movimenti febbrili non troppo alti.
Tosse. - Dev'essere calmata quando sia secca, stizzosa, o quando persista dopo procurata l'espettorazione. La tosse, aumentando la tensione dell'aria contenuta nelle vie respiratorie e nelle caverne, può provocare enfisema polmonare, emottisi, pneumotorace spontaneo; può, inoltre, provocare nuovi focolai tubercolari per aspirazione di materiale settico dai focolai preesistenti. Quando si tratti di tosse secca, bisogna educare gli ammalati a infrenarla e consigliarli di non esporsi ai fattori ambientali provocatori (fumo, polveri, aria confinata o sovrariscaldata, ecc.). L'uso di farmaci fluidificanti le secrezioni bronco-alveolari o cavitarie può giovare. I rimedî più efficaci sono l'oppio e i suoi derivati (morfina, dionina, eroina, codeina). Agli oppiacei si possono associare altri calmanti, come: l'acqua di lauroceraso, il bromuro di sodio, il bromoformio, le tinture di aconito, drosera, grindelia, ecc. Evitare le tossicomanie, facili a insorgere specialmente in soggetti con tare nervose. Massima attenzione richiede la cura della tosse emetizzante.
Espettorazione. - La medicazione fluidificante (cloruro d'ammonio, bicarbonato e benzoato di sodio, in certi casi ioduri alcalini) si suole unire a quella espettorante (poligala, ipecacuana, ecc.). Nella medicazione essiccante si fa uso dei balsamici, quali il creosoto, la terpina, il terpinolo, il gomenolo, il mugolio, il balsamo del Tolù e quello del Perù; anche del calcio. Contro i piogeni associati si può fare uso del creosoto, guaiacolo, eucaliptolo, gomenolo, mirtolo, ittiolo (medicazione disinfettante), e degli autovaccini.
Dolori toracici. - Impacco toracico caldo o freddo, impacco con alcool, frizioni con trementina canforata all'ittiolo, con estratto di belladonna o di giusquiamo, applicazioni di ventose secche o scarificate, polverizzazioni di etere o di cloruro di etile. Contro i dolori di origine pleurica possono giovare i vescicatorî di cantaride. Si può infine ricorrere ai preparati contenenti gli alcaloidi dell'oppio, al valerianato di chinino, alla fenacetina, criogenina, ecc.
Dispnea. - Servono bene, per la dispnea di origine respiratoria, secondo i casi, il riposo a letto, le iniezioni di etere e di olio canforato, le rivulsioni topiche, il massaggio cauto sul torace, le iniezioni di eroina, l'uso di preparati contenenti gli alcaloidi dell'oppio, le medicazioni per favorire l'espettorazione, eventualmente le inalazioni di ossigeno.
Emottisi. - Molte piccole emottisi non hanno bisogno di cure speciali; basterà regolare il sistema di vita e correggere l'eventuale errore di regime dietetico. Esclusi questi casi, i mezzi terapeutici da impiegare sono di tre ordini: mezzi di ordine generale: riposo, silenzio, calma completa, posizione semiseduta nel letto: si calmerà la tosse; si darà dieta ridotta liquida o non del tutto solida, piuttosto tiepida; si curerà la stitichezza, ecc.; mezzi emostatici medicamentosi e fisici: fra i primi si distinguono le sostanze che aumentano o accelerano la coagulabilità del sangue (siero di sangue di cavallo, gelatina o colla di pesce, estratti di fegato e di milza, sale da cucina, cloruro, lattato o gluconato di calcio, citrato di sodio, coaguleno, zimema, digitale ove coesistano fatti riparabili di insufficienza e dilatazione cardiaca, ecc.); delle sostanze ad azione vasomotoria si preferiscono quelle ipotensive (nitrito di sodio, nitrito d'amile, estratto di vischio, con certe riserve l'ipecacuana, emetina, quest'ultima anche associata all'estratto di ipofisi posteriore, tartaro stibiato, canfora, estratto di ipofisi posteriore); fra i secondi sono da usare: la fasciatura delle estremità, i mezzi termici sia freddi e sia caldi (borsa di ghiaccio sul petto o sui genitali, clisteri caldi, impacchi caldi alle estremità, termoforo sull'addome); mezzi emostatici operativi: salasso, pneumotorace artificiale detto emostatico, trasfusione di sangue, iso- e autoemoterapia; in dati casi frenico-exeresi, apicolisi extrapleurica, alcoolizzazione dei nervi intercostali; iniezione sottocutanea di ossigeno. Un intervento di recente attuato è quello delle iniezioni endotracheali di adrenalina associata con sostanze coagulanti e con piccolissime dosi di eroina o di altri calmanti della tosse.
Sudazione. - Se la cura d'aria e di riposo e la correzione degli errori alimentari non sono giovate, si possono tentare le frizioni quotidiane secche o umide (con linimento al formolo), le lozioni fresche aromatiche seguite da applicazioni di polveri inerti, l'uso interno di agaricina, tellurato di potassio o di sodio, belladonna, atropina o eumidrina, bromuro di acetilcolina a piccole dosi.
Disturbi gastro-intestinali. - La cura dell'anoressia si confonde, per lo più, con quella della malattia fondamentale. Nelle forme psichiche può servire la psicoterapia. In ammalati cronici possono essere utili: l'esercizio fisico moderato, l'idroterapia, le cure di lavoro. Nelle forme iposurrenaliche, adrenalina. Per stimolare l'appetito servono gli amari, in associazione con i nervini, l'oressina, le applicazioni fredde all'epigastrio, l'eventuale cura della stitichezza. S'è tentata anche l'insulina a piccole dosi con buon risultato.
Il vomito va curato secondo i diversi fattori patogenetici da cui dipende. Sintomaticamente giovano la sospensione di ogni alimento, il freddo all'epigastrio, le bevande ricche di acido carbonico, i diversi sedativi. La stitichezza si distingue in spastica e atonica: la prima richiede alimentazione ipostimolante e cura antispastica (sfioramenti lievi o frizioni profonde sul crasso, idroterapia calda addominale; belladonna; lassativi inerti come l'agar-agar, l'olio di vaselina); per la seconda occorrono: alimentazione cinestimolante, massaggio moderato e idroterapia fresca addominale, lassativi stimolanti (salini, fenolftaleina, rabarbaro, aloe, cascara, ecc.). La diarrea, a qualsiasi causa dovuta, richiede la dieta opportuna che miri al riposo del tubo digerente, la medicazione, secondo i casi, assorbente (magistero o carbonato di bismuto, molino), astringente (tannalbina, tannigeno), calcica (fosfato tricalcico, iniezioni endovenose di cloruro di calcio nelle forme tossiche), antispasmodica (oppiacei), antimicrobica (urotropina, batteriofago).
Insonnia. - Se dipende da tosse, febbre, dolori toracici, dispnea, sudori notturni, ecc., richiede le corrispondenti terapie. Le insonnie da cambiamento di clima possono richiedere l'abbandono della località. La cura sintomatica si pratica, nei casi lievi, con i bromuri e la valeriana. In altri casi può servire il veronal, il gardenal, ecc. In commercio esistono altri preparati utili.
Disturbi cardio-vascolari. - Per ogni debolezza circolatoria sono utili: il riposo, l'aria libera, l'alimentazione atossica, la terapia fisica tonica. Le tachicardie sono le più frequenti nei tubercolotici. Le principali forme sono: quelle asteniche e le eccitative. Le prime sono accompagnate da ipotensione; si giovano della digitale, a volte della caffeina e della stricnina; le seconde non sono accompagnate da ipotensione e si giovano dei bromuri e della valeriana.
Collassoterapia. - Risulta oggidì da un complesso d'interventi, mercé i quali si mira alla cura, in via indiretta, delle lesioni specifiche polmonari con l'attuazione di un principio fondamentale: l'immobilizzazione, il più possibilmente totale, delle parti lese del polmone, determinata da apprestamenti che arrechino una riduzione totale o parziale del volume del polmone stesso. Gl'interventi vanno distinti in due gruppi: al primo appartengono le applicazioni pneumotoraciche che sono di dominio medico, o, meglio ancora, di spettanza del tisiatra; al secondo si ascrivono gli atti operatorî compiuti dal chirurgo. Sia la collassoterapia medica (pneumotorace artificiale), sia quella chirurgica possono venire vicendevolmente in aiuto dell'infermo, o supplirsi o integrarsi.
Il pneumotorace artificiale fu concepito e sviluppato (come si disse) da Carlo Forlanini. Molteplici osservazioni cliniche e diverse considerazioni di ordine fisiopatologico indussero il maestro italiano a ritenere che, introducendo del gas, come l'ossigeno, l'aria, ecc., nel cavo pleurico corrispondente al polmone leso e ponendo il viscere in stato di riposo funzionale e al riparo dal traumatismo respiratorio, che (secondo la dottrina più tardi sviluppata dall'allievo di Forlanini, E. Morelli) ha luogo, specialmente durante la tosse, nelle zone ammalate, tanto più se a livello di aderenze pleuriche, il polmone, in tale guisa mantenuto in una specie di manicotto gassoso, guarisce per cicatrizzazione. I risultati terapeutici pienamente risposero alla concezione teorica, per quanto tuttora si discuta sull'intimo meccanismo attraverso il quale il pneumotorace operi la guarigione. La tecnica è venuta perfezionandosi attraverso il tempo; così anche i criterî sulle indicazioni hanno subito modificazioni, poiché dai casi gravi (per tipo della lesione e per estensione), all'inizio curati, s'è poi esteso il metodo ai casi meno gravi e più o meno circoscritti. Si sono così beneficiate del pneumotorace artificiale le tubercolosi polmonari croniche fibro-caseose, con prevalente tendenza alla caseosi e all'ulcerazione, le forme essudative e cioè lo stesso infiltrato di Assmann, le lobiti, le bronco-polmoniti, mentre la pneumonite caseosa non ne ha tratto mai vantaggi tangibili. Ancora le forme emottoiche e congestizie sono state indicate. Oggi si tende ad applicarlo anche nelle forme miliariche, purché circoscritte e non evolutive. Un'indicazione sintomatica d'urgenza è stata ammessa per l'emottisi (pneumotorace emostatico). Molti altri elementi entrano a fare parte dei concetti delle indicazioni, dei quali non dobbiamo occuparci (pervietà pleurica, disposizione ed età delle caverne, condizioni organiche generali, stato dei varî organi e apparecchi, altri processi morbosi concomitanti, condizioni speciali fisiologiche, condizioni ambientali e sociali degl'infermi, ecc.). È solo necessario segnalare che l'esperienza sempre più estesa ha fatto riconoscere i reali maggiori vantaggi che si possono ottenere con la precoce applicazione dello pneumotorace. Le numerose statistiche hanno posto in rilievo che, all'incirca nel 35-40% dei casi curati, s'ottiene la guarigione clinica e che inoltre un altro gruppo di ammalati può raggiungere un notevole miglioramento o la guarigione economica. Risulta evidente poi il valore sociale della collassoterapia, sia per la possibilità che gl'infermi si rimettano al lavoro nell'ultimo periodo di cura, sia perché questa può, in dati casi, essere attuata a domicilio o ambulatoriamente, pure essendo migliori i risultati conseguiti in ambiente sanatoriale, sia perché riduce il numero degli ammalati bacilliferi.
Lo pneumotorace fin qui considerato si dice monolaterale, perché corrispondente al polmone affetto. Nel 1912 M. Ascoli annunciò il principio dello pneumotorace ipotensivo, in opposizione alla concezione di C. Forlanini, secondo la quale lo pneumotorace dovesse essere ipertensivo. Da codesto principio derivò la proposta e la pratica attuazione dello pneumotorace simultaneamente bilaterale, nei casi in cui le lesioni, prevalentemente fibrocaseose o essudative recenti e infiltranti, interessassero, con determinata topografia, ambedue i polmoni. Numerose indagini stabilirono i fattori fisiomeccanici del compenso e anche dell'ipercompenso funzionale respiratorio e quelli che possono garantire la funzione circolatoria nell'applicazione simultanea dei due pneumotoraci. Il nuovo metodo, ormai generalmente accettato, ha consentito che il numero dei soggetti curabili con lo pneumotorace fosse elevato al 50% della totalità degli infermi. Altro metodo collassoterapico oggi allo studio (preconizzato dallo stesso M. Ascoli), è lo pneumotorace controlaterale primario, applicato cioè sul polmone opposto a quello ammalato, per impossibilità d'intervento diretto. Si tenta anche di applicare lo pneumotorace unilaterale ipotensivo in casi di tubercolosi polmonare bilaterale più o meno estesa. Altro tipo di collassoterapia si ottiene, in casi speciali, mercé l'oleotorace.
La collassoterapia chirurgica si compone di diversi interventi, quali: la frenico-exeresi; la scalenotomia; la resezione e l'alcoolizzazione dei nervi intercostali, l'alcoolizzazione del nervo frenico la pneumolisi extrapleurica (apicolisi con o senza piombaggio, laterolisi con piombaggio), la pneumolisi intrapleurica (operazione di Jacobaeus, sinechiotomia toratocomica di Leotta), i varî tipi di toracoplastica; gl'interventi curativi per l'empiema parapneumotoracico. Ciascuno di codesti interventi ha particolari indicazioni, su cui non è possibile intrattenerci.
Tubercolosi intestinale. - Cura generale igienico-dietetica come nella tubercolosi polmonare; particolare attenzione merita la dietetica, la quale sarà ipoirritativa, ipotossica, sotto forma liquida o poltacea, a volte anche asciutta. Le cure medicamentose hanno poco valore; il batteriofago può servire per modificare la concomitante flora intestinale. Le cure fisiche (elioterapia, violettoterapia, radioterapia), riescono utili. Il metodo oggi in onore è lo pneumoperitoneo, col quale si ottiene una rapida remissione delle turbe funzionali, generali e locali. Sono da escludere da codesta cura le forme ipertrofiche e quelle ulcerocicatriziali con molte aderenze intestinali o enteroperitoneali. Le cure chirurgiche si distinguono in: palliative, con le quali si mira alla remissione di alcuni disturbi, a mettere in riposo le lesioni e a riparare gli eventuali fenomeni di stenosi (laparatomia semplice, enteroplastica, enteroanastomosi, esclusione intestinale), e in cure radicali; queste ultime constano di resezioni intestinali praticate specialmente a livello del tenue e della zona ileo-cecale. Contro il sintomo principale, la diarrea, s' impiegano: le preparazioni calciche, il sottonitrato di bismuto, la polvere di talco, gli antisettici intestinali non irritanti (collargolo, blu di metilene), gli oppiacei.
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La lotta contro la tubercolosi. - Fino al giorno d'oggi, non esiste una vera terapia causale della tubercolosi, ciò che ha favorito il sorgere della credenza radicata con l'evolvere dei secoli che la tubercolosi sia "il male che non perdona". In realtà, invece, i dati desunti dalle autopsie dimostrano che nella grande maggioranza dei casi (all'incirca nel 70-80% di tutti gl'individui) la tubercolosi ha determinato dei focolai che si sono cicatrizzati o calcificati; ciò significa che quando l'organismo si mantiene valido, può reagire e vincere l'infezione tubercolare. Questo esito è la regola nell'infezione latente della prima infanzia.
Il tentativo più clamoroso di terapia specifica, dovuto a R. Koch nel 1890 con la scoperta della tubercolina, è fallito ben presto di fronte all'esperienza nell'uomo e la stessa sorte è toccata ai numerosi tentativi ulteriori.
Ciò nonostante, esiste una serie di metodi curativi che variano a seconda dell'organo colpito e delle forme morbose, mirando a porre l'organo malato nel massimo stato di riposo e nelle condizioni migliori per guarire: essi agiscono quindi più sul terreno organico che sul bacillo. Tra le varie forme tubercolari, le più gravi sono le meningee e quelle disseminate; le più curabili le tubercolosi ossee, ghiandolari, pleuriche e peritoneali. Tra i due gruppi stanno le tubercolosi dei polmoni, dell'apparato urogenitale, della cute e così via.
Per il gruppo della tubercolosi ossea e ghiandolare la terapia sovrana è la cura solare, marina o montana, introdotta da G. Barellai nel 1854, o dei raggi ultravioletti, opportunamente integrata dalla cura iodica e da numerosi interventi operativi, vieppiù perfezionati dalla tecnica moderna; la tubercolosi cutanea, o "lupus", è sensibile ai raggi Finsen e raggi X; la tubercolosi urogenitale, se unilaterale, è suscettibile di guarigione con interventi chirurgici; la tubercolosi pleurica sierosa va trattata con svuotamento del liquido e sostituzione di aria, e la purulenta con lavaggi della cavità pleurica. La cura moderna della tubercolosi polmonare si basa essenzialmente sull'azione igienico-dietetica e climatica dei sanatorî e sulla collassoterapia.
L'azione benefica del clima di alta montagna per malati di petto, riconosciuta per primo dal Gastaldi (1846), è stata poi convalidata in Germania e in Svizzera dove sorsero i primi sanatorî (Davos, Leysin, ecc.). In essi si accolgono malati di tubercolosi per sottoporli a un regime d'iperalimentazione e di assoluto riposo, su apposite sedie-sdraio, in verande esposte all'aria libera in qualsiasi stagione dell'anno e soprattutto d'inverno per 6-8 ore nella giornata. I sanatorî di alta montagna italiani sono sorti nella provincia di Sondrio. Pionieri furono lo Zubiani col sanatorio Pineta di Sortenna, e il Gatti col sanatorio popolare Umberto I di Prasomaso. Seguirono l'Abetina di Sondalo, l'Alpina, il Vallesana, il sanatorio Agnelli di Fenestrelle e altri minori.
Tale pratica sanatoriale, appena iniziata prima dell'era fascista, ha ricevuto in quest'ultimo decennio per volontà del Duce un impulso magnifico, tanto che la nazione dispone oggi di oltre 40.000 letti per tubercolosi in sanatorî marini, montani e di pianura distribuiti nelle diverse provincie.
La collassoterapia è una gloria italiana, frutto geniale degli studî di C. Forlanini. Con essa si tende a porre il polmone malato in stato di riposo funzionale permettendone la retrazione mediante la introduzione di un gas inerte nella cavità pleurica (pneumotorace artificiale). La concezione e il metodo del Forlanini si sono diffusi in tutto il mondo civile, suscitando unanimi consensi ed estese applicazioni. In Italia il metodo venne divulgato specialmente per opera degli allievi del Forlanini. E. Morelli l'ha applicato con successo alla cura delle ferite toraco-polmonari. Maurizio Ascoli ha applicato per primo lo pneumotorace bilaterale contemporaneo nella tubercolosi polmonare bilaterale e ha proposto lo pneumotorace controlaterale primario. Come figliazione della teoria di Forlanini, s'è sviluppata in questi ultimi decennî la cura chirurgica della tubercolosi polmonare di cui i principali interventi sono: la frenico-exeresi, l'apicolisi, la toracoplastica, l'alcoolizzazione di nervi intercostali, il taglio delle aderenze pleuriche nello pneumotorace. Con tutto questo complesso d'interventi, la prognosi della tubercolosi polmonare nell'adulto è venuta migliorando, tanto che oggigiorno si può affermare di raggiungere una guarigione o una buona stabilizzazione clinica in un terzo dei malati ricoverati nei sanatorî soprattutto se situati in una zona climatica montana. Tale percentuale potrebbe migliorare notevolmente se il malato si presentasse sempre dal medico ai primi disturbi e se la diagnosi precoce avesse una larga attuazione.
La profilassi della tubercolosi è stata tentata con metodi specifici di vaccinazione preventiva per primo da E. Maragliano, che ha usato vaccini formati da bacilli morti, e poi da A. Calmette col cosiddetto vaccino B. C. G., costituito da bacilli bovini viventi, e applicato a varie centinaia di migliaia di neonati. Finora però il metodo che dà i massimi risultati è l'allontanamento immediato del neonato dall'ambiente tubercolare. Dal punto di vista sociale e statale spetta la massima importanza alla profilassi umana che si propone da un lato di ricercare i malati e d'isolarli per evitare il contagio e curarli in sanatorî e che tende dall'altro, con varî mezzi, a irrobustire i bimbi e a migliorare la razza. Al compito della scoperta dell'ammalato attendono i dispensarî antitubercolari che dipendono in Italia dai consorzî antitubercolari provinciali, e a quello dell'isolamento servono i sanatorî privati, ma più che tutto, in modo veramente mirabile, i sanatorî dell'Istituto fascisita della previdenza sociale. Al secondo scopo tendono le istituzioni fasciste che vanno sotto il nome di "Colonie profilattiche" estive o permanenti, montane, marine o fluviali, dell'"Opera nazionale Balilla" dell'"Opera nazionale maternità e infanzia", ecc.
L'organo direttivo e propulsore della propaganda antitubercolare è la Direzione di sanità, coadiuvata dalla Federazione nazionale fascista per la lotta contro la tubercolosi, che comprende sezioni regionali scientifiche e che organizza ogni anno con crescente successo la "Festa del fiore e della doppia croce".
Un passo gigantesco è stato compiuto in Italia con l'istituzione della legge sull'assicurazione obbligatoria contro la tubercolosi, affidata all'Istituto nazionale fascista della previdenza sociale (1927) e ai consorzî provinciali antitubercolari che dipendono dalla Sanità pubblica del regno. L'assicurazione contro la tubercolosi che comprende tutti gli operai, gl'impiegati privati con meno di 800 lire al mese, i salariati agricoli, i mezzadri e i coloni con le loro famiglie, s'estende al giorno d'oggi a circa la metà della popolazione italiana ed è apportatrice di enormi benefici d'indole igienica e sociale.
L'Istituto della previdenza sociale, che ha anche il grande merito d'insistere sulla necessità del ricovero precoce e continuativo del tubercoloso, specie se in forma aperta, contagiante, ha rapidamente provveduto a costruire un forte numero di sanatorî in quasi tutte le provincie d'Italia, sicché ben presto verrà raggiunta la cifra di 20.000 letti sanatoriali, oltre a 2000 in colonie lavorative post-sanatoriali che devono servire alla rieducazione al lavoro dei malati a lungo degenti e non recuperabili.
Degno di particolare rilievo è il sanatorio C. Forlanini di Roma, sede della "Clinica della tubercolosi e delle malattie dell'apparato respiratorio" dell'università di Roma; esso è un istituto unico al mondo per la sua potente organizzazione; dispone di 1500 letti per malati di tutte le forme di tubercolosi, di laboratorî scientifici per ricerche e accoglie annualmente oltre 200 medici italiani e stranieri che si perfezionano in tisiologia, costituendo indubbiamente uno dei principali centri di studio dei problemi tubercolari.
Inoltre, è in costruzione nella provincia di Sondrio, presso l'Abetina di Sondalo, un villaggio sanatoriale di circa 3000 letti, a 1200 m. di altezza. È la massima opera antitubercolare del mondo.
Un altro problema che tocca da vicino la lotta antitubercolare, specie nelle campagne, dove la malattia è pure molto diffusa, è quella del risanamento delle case urbane e coloniche. Tale opera grandiosa, iniziata nelle città dal governo fascista, sotto l'impulso del Duce che si occupa direttamente della grave questione igienica, è già a buon punto; e un vasto programma di azione è in studio anche per i centri urbani e per i villaggi d'Italia.
Con questo sistema di provvidenze attuate dal governo fascista s'è affrontato in pieno il problema della tubercolosi, malattia che mina la salute della razza e la forza della nazione.
Già nel volgere di un decennio i risultati sono eloquenti, poiché la mortalità per tubercolosi in tutte le sue forme è scesa rapidamente in Italia da oltre 65.000 morti annui alla cifra di circa 40.000.
Essa varia da regione a regione: massima nella Venezia Giulia e in Sardegna, tocca le cifre più basse nella Basilicata e nella Calabria. Complessivamente si può ammettere che in Italia l'indice della mortalita annua per tubercolosi sia sceso da 14 su 10.000 individui, a 10 su 10.000 durante l'ultimo decennio. L'indice di morbilità invece sfugge a precise ricerche, non essendo obbligatoria la denuncia di tutti i malati di forme tubercolari. Si calcola tuttavia, in via approssimativa, che a ogni decesso per tubercolosi corrispondano 10 malati viventi, per cui allo stato attuale ne dovrebbero esistere in Italia circa 400.000. Anche nelle altre nazioni la curva della mortalità decresce in proporzione ai mezzi destinati dai singoli governi per combattere il morbo; gli Stati Uniti d'America, la Germania, l'Inghilterra, l'Olanda, la Danimarca, hanno ottenuto una notevole diminuzione, raggiungendosi in qualche paese ricco e ben organizzato la percentuale di otto decessi annui per tubercolosi su 10.000 abitanti, mentre in altri popoli, dove la lotta antitubercolare è cominciata più tardi (p. es., Polonia, Iugoslavia, Ungheria), la curva si mantiene alta e paurosa.
L'obiettivo finale a cui devono tendere gli sforzi individuali e quelli collettivi è di raggiungere un'identificazione rapida della malattia nella sua fase iniziale e di isolare i tubercolosi dalla comunità in cui vivono e soprattutto dal contatto diretto con bambini, il che significa dare piena attuazione al problema della diagnosi precoce e al ricovero precoce presso gl'istituti di cura.
In tal modo potranno avere la loro massima esplicazione le cure collassoterapiche, sanatoriali e la profilassi sociale che rappresentano anche oggi la migliore arma di difesa, fino a quando non sarà possibile attuare una profilassi e terapia specifica veramente efficace e di larga portata pratica.
Tubercolosi chirurgica.
La cosiddetta "tubercolosi chirurgica" comprende tutte le localizzazioni extrapolmonari della tubercolosi suscettibili di essere curate con mezzi chirurgici. Il bacillo di Koch, penetrato nell'organismo, può localizzarsi in tutti i tessuti, determinandovi alterazioni tipiche. Non si può sostenere oggi che le forme extrapolmonari siano particolarmente dovute al bacillo del tipo bovino, capace di dare origine a una tubercolosi attenuata, più spesso localizzata al tessuto osseo, ai ganglî superficiali, alla cute, e meno spesso ai reni.
Per la tubercolosi degli organi addominali B. Möllers trovò nel 36% dei casi il tipo bovino; per la forma osteoarticolare sotto i 5 anni di età nel 40%, dai 5 ai 16 nel 16% e in media in tutte le età nel 19,6%; sul totale delle affezioni tubercolari infantili chirurgiche s'è riscontrato il bacillo bovino nel 22,4% dei casi. La statistica inglese della British Royal Commission, su 1700 casi di tubercolosi in tutte le età riporta il bacillo bovino nel 45,7% delle adeniti cervicali, nel 28,6% delle osteoartriti dei bambini sotto i 5 anni e nel 19% tra i 5 e i 15 anni, mentre nella tubercolosi polmonare il bacillo bovino si riscontra appena nell'1%.
La maggior parte delle forme tubercolari chirurgiche è dunque dovuta al bacillo tipo umano. La penetrazione del bacillo tubercolare nell'organismo avviene nella grande maggioranza dei casi attraverso le vie respiratorie, che generalmente però rappresentano soltanto una via di passaggio per i germi, che vanno ad annidarsi nei ganglî ilari e toracici, dove rimangono silenti finché non subentri una causa (il più delle volte ignota, non potendosi dare che minima importanza al fattore traumatico), la quale ne determini la migrazione in altri organi. Indagini radiologiche condotte su ammalati di forme tubercolari extrapolmonari hanno permesso di dimostrare che il complesso primario (v. sopra) s'è verificato a carico del polmone, e che la localizzazione extrapolmonare è quindi presumibilmente una metastasi ematogena. Ciò non esclude però che nel polmone possa verificarsi una reinfezione esogena o endogena; e analogamente una localizzazione specifica in qualsiasi fase di attività può essere causa di ulteriori localizzazioni in altri organi: come nell'anamnesi di ammalati di forme osteoarticolari è frequente rilevare una pregressa pleurite, che si ha ragione di ritenere di natura tubercolare, così in localizzazioni renali del bacillo di Koch si riscontra spesso una precedente localizzazione osteoarticolare, e con una particolare frequenza a carico dell'anca.
G. Frontali trovò su 150 bambini affetti da osteoartriti tubercolari nel 91,9% un'adenopatia tracheo-bronchiale; il 22,3% presentava inoltre affezioni pleuriche (cortico-pleuriti e poco meno della metà scissuriti), il 9,8% noduli parenchimali (per la metà circa calcificati), il 5,3% infiltrazioni perifocali, lo 0,89% formazioni cavitarie. Nella grande maggioranza dei casi si trattava di processi di vecchia data e solo raramente si poteva ritenere per la presenza di noduli parenchimali recenti con reazione ghiandolare omolaterale che si trattasse di una superinfezione dall'esterno o di una nuova metastasi partente dal focolaio osseo.
Indubbiamente il bacillo tubercolare tipo umano può penetrare nell'organismo anche per via intestinale, in quanto viene deglutito quando giunge sulla mucosa della rino-faringe, ma questa è più spesso la via d'ingresso del bacillo di tipo bovino, che giunge all'intestino con i latticinî non sterilizzati. Anche qui il germe può, senza provocare alcuna alterazione dell'intestino, fermarsi nelle ghiandole mesenteriche, provocandovi un'adenopatia, che può passare inosservata, oppure diffondersi per via linfatica sia al peritoneo sia alla colonna vertebrale, dando una grave forma associata di tabe meseraica e spondilite.
Pertanto, le forme di tubercolosi chirurgica si devono considerare sempre secondarie, e conseguenza di metastasi o diffusione da focolai primitivi nei ganglî ilari o mesenterici, più raramente in quelli cervicali. Frequentemente, come risulta dalle ricerche di G. Frontali, il focolaio primitivo è attivo quando si manifesta la forma extrapolmonare e all'esame radiologico si riscontrano adenopatie a contorni sfumati, senza segni di calcificazione, e questo dimostra che il nuovo focolaio non aumenta sempre la resistenza immunitaria dell'organismo. La diffusione avviene quasi sempre per via ematica e lo provano la distanza dal gruppo ghiandolare colpito inizialmente, la molteplicità delle manifestazioni, la concomitanza di lesioni come la spina ventosa e tuberculidi o scrofulodermi, indizio sicurissimo della presenza nel circolo sanguigno di bacilli e derivati bacillari. Del resto l'emocoltura secondo E. Löwenstein ha permesso a qualche ricercatore di dimostrare il bacillo nel sangue, il che dimostra che tale presenza non è necessariamente legata a una forma miliarica. Secondariamente il processo morboso si può diffondere per contiguità: per es., un ascesso ossifluente derivato dalla colonna vertebrale può determinare una coxite, e un'infezione renale può essere secondaria a una localizzazione più bassa delle vie urinarie; in tali casi però non si può escludere che entrino in giuoco anche le vie linfatiche. Anche le localizzazioni extrapolmonari della tubercolosi, specialmente se vi sono complicazioni suppurative, seni fistolosi e infezioni miste, possono provocare alterazioni del fegato (epatomegalia), del rene (nefrosi con albuminuria e presenza di cilindri ialini e cerei), della crasi sanguigna (anemia e splenomegalia) e condurre all'amiloidosi e alla morte.
Le localizzazioni cutanee hanno in generale un decorso benigno per l'elevata attività difensiva della pelle; non è frequente l'infezione esogena, ma il bacillo tipo bovino può provocare nei macellai una forma verrucosa specifica. Sono rare le complicazioni negli organi interni, ma possono insorgere adeniti secondarie, che richiedono l'asportazione chirurgica.
Oltre alla terapia generale aspecifica (dietetica, ormonica, ecc.), specifica, e alle applicazioni chimiche locali di acido pirogallico, trova qualche indicazione l'acido salicilico e l'ittiolo nelle tuberculidi lichenoidi, ma in genere si preferisce la terapia fisica (luce solare, lampada di quarzo di Kromayer; raggi Finsen, röntgenterapia, ecc.). L'intervento chirurgico, che può trovare indicazione in qualche caso di focolaio unico circoscritto di scrofuloderma o di tubercolosi fungosa (G. Riehl) o ulcerosa, e nel granuloma anulare, per il quale s'è osservato che l'estirpazione di un focolaio è seguita spesso dalla scomparsa degli altri, si rivolge particolarmente a curare con opportune plastiche le perdite - talora gravi - di tessuto residuate alla guarigione clinica.
La tubercolosi ghiandolare è frequentissima, perché il tessuto linfatico presenta una particolare elettività per il bacillo di Koch. Praticamente in ogni processo specifico sono coinvolte le ghiandole regionali, e l'infezione di solito è linfogena, ma talora ematogena; tuttavia i vasi linfatici raramente presentano una linfangite tubercolare. Facendo astrazione dalle ghiandole dell'ilo polmonare, le più colpite sono le ghiandole cervicali, in genere senza una concomitante tubercolosi polmonare, perché tributarie delle prime vie aeree, dalle quali penetrano i germi. Nei bambini la localizzazione specifica alle ghiandole cervicali s'associa spesso a catarro cronico delle mucose, eczema e infiammazione delle palpebre, e passa sotto il nome di scrofola. Nelle altre sedi (ascella, inguine) le ghiandole sono colpite in conseguenza di una forma ossea o cutanea, mentre per le ghiandole mesenteriche, specie nei bambini, può non esservi alcun processo in atto nell'intestino. Queste adeniti possono aprirsi all'esterno attraverso un seno fistoloso e dare luogo a un'infezione secondaria per penetrazione di germi piogeni, che aggravano il decorso. Oltre alla cura dietetico-medicamentosa e climatica, che influisce sulle condizioni generali, si ricorre alla cura chirurgica (ablazione completa, con eventuale resezione dei vasi sanguigni aderenti) solo quando non è possibile il trattamento con irradiazione Röntgen, o quando questo si è dimostrato inefficace. Quando esiste rammollimento, si potrà aspirare il pus; la successiva introduzione di liquidi modificatori ha perduto oggi il favore che aveva in passato.
La tubercolosi della mammella, rara, si cura con asportazione chirurgica; essa dà luogo quasi sempre all'adenite ascellare.
La localizzazione ossea avviene generalmente per via ematogena, più raramente per contiguità da un processo articolare. L'origine embolica è stata dimostrata, oltre che sperimentalmente, anche anatomicamente dalla presenza di focolai in corrispondenza delle ultime diramazioni vasali nella metafisi delle ossa lunghe e nella diafisi delle ossa più corte, dove le diramazioni arteriose più ricche favoriscono l'arresto dell'embolo. Nei giovani l'irrorazione più ricca giustifica la maggiore frequenza delle localizzazioni osteoarticolari; nelle epifisi, in rapporto alla distribuzione vasale, l'infarto è a cuneo con la base rivolta verso la cartilagine articolare e l'apice verso la cartilagine epifisaria, che può essere perforata. Il focolaio epifisario può così aprirsi nell'articolazione. È rara l'osteite diffusa che si ha nei metacarpi (spina ventosa), come pure la forma cistica. Tra le ossa corte, è frequente la localizzazione vertebrale a focolai multipli, che fa perdere la resistenza alla vertebra, la quale cede sotto il carico, e provoca una deformità (gibbo), caratteristica di questo processo spondilitico. Questa forma s'accompagna spesso ad ascessi ossifluenti, che si fanno strada verso la superficie, dove possono ulcerare la cute e aprirsi all'esterno. Possono essere colpite anche le ossa piatte, e particolarmente le coste, che talora sono invase secondariamente a un fatto pleurico.
Delle articolazioni sono maggiormente colpite il ginocchio, l'anca e il gomito; talvolta la localizzazione del bacillo di Koch avviene nella sinoviale, che secerne un caratteristico essudato sierofibrinoso. Nell'articolazione scapolo-omerale il processo evolve piuttosto con tendenza alla carie secca.
Il trattamento consiste nella correzione progressiva della deformità mediante trazione continua e nella rigorosa immobilizzazione con apparecchi ortopedici, associata a cura climatica e medicamentosa ricalcificante; nelle forme puramente sinoviali è utile la röntgenterapia. Negli adulti, qualora il processo abbia portato a notevole distruzione dei capi articolari, trova la sua indicazione la resezione dell'articolazione; la rigidità che ne consegue è funzionalmente preferibile a un'articolazione dolente apparentemente guarita, che per la presenza di un focolaio specifico costituisce una continua minaccia di complicazioni più gravi. Nei vecchi, infine, nei quali le proprietà riparatrici sono assai scarse, se la distruzione è estesa, solo con l'amputazione si può sperare di arrestare il fatale processo della malattia. Recentemente in particolari casi s'è ricorso a innesti ossei paraarticolari, ai quali s'attribuisce anche favorevole azione biologica, per immobilizzare l'articolazione lesa (V. Putti) e per abbreviare il periodo d'immobilizzazione in apparecchio, analogamente a quanto era stato proposto con successo per la colonna vertebrale (R. H. Hibs, F. H. Albee) mediante la sintesi delle apofisi spinose per costituire un solido blocco posteriore al fine d'immobilizzare e, in parte, scaricare i corpi vertebrali lesi meglio di quanto non si possa ottenere con il corsetto gessato ortopedico.
I muscoli sono generalmente colpiti secondariamente a localizzazioni profonde della cute e delle mucose o articolari; in genere però l'ascesso si fa strada nel tessuto interstiziale. È molto rara la miosite tubercolare primitiva, che può provocare focolai ascessuali.
La localizzazione delle guaine tendinee e delle borse sierose ha decorso simile alla localizzazione articolare, si può perciò distinguere un igroma tubercolare con versamento sieroso, un igroma tubercolare sierofibrinoso con corpuscoli a chicco, di riso (orizoidei), una forma granulomatosa con retrazione, e quasi senza versamento, una degenerazione caseosa delle granulazioni. La tenosinovite tubercolare dei flessori della mano è spesso primitiva per infezione penetrante nel palmo della mano. Il trattamento conservativo e radioterapico può avere qualche risultato nei casi iniziali; in genere è preferibile l'ablazione chirurgica.
La tubercolosi delle sierose colpisce generalmente diverse sierose contemporaneamente (polisierosite): le meningi, la pleura, il pericardio, il peritoneo, ecc. La meningite tubercolare non ha importanza chirurgica.
La pleurite specifica, oltre all'aspirazione, può richiedere il lavaggio, e - specialmente se è complicata da infezioni secondarie - l'apertura del cavo pleurico associata a resezione più o meno ampia delle coste. Qualche audace intervento venne anche fatto per eliminare i postumi (sinfisi) di localizzazioni pericardiche.
Ma soprattutto la peritonite tubercolare beneficia, per un meccanismo tuttora ignoto (forse l'iperemia postoperatoria per la penetrazione dell'aria nel cavo addominale), dell'intervento laparatomico. Come per altre sedi, anche nel peritoneo si distinguono una forma essudativa, una forma ulcerocaseosa e una forma fibrosa iperplastica. Talvolta la guarigione avviene con notevoli aderenze dei visceri e susseguenti disturbi di canalizzazione intestinale. In questi casi può rendersi necessario un intervento inteso a ristabilire la canalizzazione, piuttosto che a eliminare le aderenze che dimostrano una notevole tendenza a ricostituirsi. Buoni risultati si hanno con l'elioterapia e con le cure climatiche e radianti.
Per la tubercolosi renale l'infezione avviene spesso per via sanguigna, senza che si possa talvolta mettere in evidenza alcun altro focolaio. Se la forma è di origine ascendente, dalla vescica, può derivare sia da una localizzazione dell'altro rene sia dall'epididimo e dalle vescichette seminali. La cura consiste nella nefrectomia: tolto il rene colpito, regrediscono di solito anche le complicazioni ureterali e specialmente le ulcerazioni vescicali, dovute al passaggio di urina infetta.
La tubercolosi dei genitali s'associa spesso ad altre localizzazioni, polmonari, renali, ossee, ecc.
Il testicolo non è mai primitivamente colpito, bensì l'epididimo e le vescichette seminali, sempre per via ematogena. Molto rara e discussa è l'infezione dall'esterno per coabitazione.
L'intervento chirurgico, che può limitarsi all'epididimectomia, dovrà nei casi gravi, nei quali il processo coinvolge il testicolo, essere radicale (orchiectomia) ed eventualmente comprendere la asportazione delle vescichette e della prostata. Da qualche anno s'ottengono buoni risultati con la röntgenterapia.
Dei genitali femminili, in ordine di frequenza sono colpite la tromba (85%), di solito bilateralmente e più nel tratto prossimale che in quello distale, il corpo uterino (7%), l'ovaio (7-10%), la vagina (2%). Anche queste localizzazioni sono in genere secondarie, per quanto essendosi trovati bacilli di Koch nel liquido spermatico di individui affetti da tubercolosi urogenitale non si possa escludere l'infezione ascendente. Nella vulva la localizzazione tubercolare si manifesta sotto forma di noduli, che si ulcerano e ricordano il lupus con le sue varietà.
La terapia, esaurita la cura medica, e quella radiante, è chirurgica e darà i migliori risultati nelle forme localizzate. S'impone dove esistono raccolte ascessuali.
Tra le ghiandole a secrezione interna la localizzazione tubercolare della capsula surrenale provoca la pigmentazione bruna della cute associata all'adinamia (morbo di Addison). La forma beneficia scarsamente di cure radianti e chirurgiche (trapianti ghiandolari).
Nella tubercolosi della tiroide è molto rara la degenerazione caseosa di focolai endoghiandolari, che tendono a estrinsecarsi e possono richiedere lo svuotamento della raccolta; la cura chirurgica consiste nella tiroidectomia.
La tubercolosi dell'occhio può determinarsi per infezione esogena o endogena e può colpire tutte le diverse parti dell'occhio e dei suoi annessi, ma è in genere piuttosto rara. La cura è medica o radiante.
Raramente sono colpite la tromba d'Eustachio e l'orecchio medio per propagazione dalla faringe.
La localizzazione alle prime vie aeree è spesso secondaria alla forma polmonare. È molto raro che abbia luogo nella mucosa orale, alla base della lingua, o nel naso; si manifesta allora con piccoli noduli miliari, o infiltrati, che facilmente si ulcerano. Molto raramente vanno incontro al processo infiammatorio tubercolare anche le tonsille, che pure rappresentano la più frequente porta d'ingresso dei germi. Alla laringe il processo arriva di solito secondariamente nelle gravi forme polmonari; talora però si ha una localizzazione primitiva per inalazione di germi, specie se la mucosa è già cronicamente infiammata. Vi si formano granulazioni, specie sulle corde vocali, che si ulcerano precocemente e dànno gravissime sofferenze molto difficilmente curabili, anche chirurgicamente.
Del canale gastroenterico più comunemente sono colpiti dal processo tubercolare i follicoli linfatici dell'intestino, e la localizzazione è secondaria, avvenendo per ingestione di sputi bacillari. Può essere, ma raramente, primitiva. Le ulcerazioni, spesso multiple, che ne conseguono, hanno la caratteristica di essere anulari e quando non provocano la perforazione della parete, possono guarire determinando una stenosi del lume intestinale.
Nel tratto ileocecale, e più raramente in altre sedi, s'osservano neoformazioni a carattere tumorale; nel retto la localizzazione provoca la proctite ulcerata, e all'ano si hanno frequentemente fistole che hanno un decorso talvolta ciclico e beneficiano della cura chirurgica (escissione, cauterizzazione).
Le localizzazioni intestinali sono spesso curabili chirurgicamente mediante resezione del tratto colpito e successiva anastomosi. In taluni casi, quando il focolaio è più esteso e non resecabile, si possono ottenere ancora buoni risultati mettendo a riposo la parte, mediante un'entero-enteroanastomosi, che esclude il tratto leso.
Bibl.: M. Donati, Tubercolosi extrapolmonare, Milano 1936.
Patologia veterinaria.
La tubercolosi colpisce tutti i mammiferi domestici e gli uccelli; fra i primi domina specialmente nei bovini e suini. Nei bovini la tubercolosi è tanto più diffusa quanto più intenso è il loro sfruttamento, specie per la produzione lattea. Condizioni favorevoli al suo dilagare, come appunto s'incontrano generalmente dove gli animali sono più intensamente sfruttati per tale scopo, sono ancora la stabulazione permanente e il grande agglomeramento.
Negli estesi pascoli dell'America Settentrionale e Meridionale, dell'Africa centrale, la tubercolosi bovina è quasi sconosciuta, mentre essa è enzootica in tutti quei paesi dove i bovini vivono nelle condizioni sopra citate. Nelle medie e grandi stalle della parte piana della Lombardia, secondo i dati di N. Baboni, desunti dalla prova della tubercolina, l'infezione nelle vacche si aggira attorno a una media del 75%. I reperti raccolti nei pubblici macelli sono in pieno accordo con quelli forniti dalla prova della tubercolina. Nell'Italia centrale e meridionale la tubercolosi bovina è molto meno diffusa; nelle nostre maggiori isole è pressoché sconosciuta.
L'infezione naturale insorge in seguito a contatto generalmente prolungato, diretto o indiretto, con animali o uomini affetti da tubercolosi aperta. I tessuti sono raramente virulenti anche nei casi di tubercolosi generalizzata, mentre, al contrario, tutti i prodotti provenienti da focolai virulenti (saliva, espettorato, escrementi, urina, latte, lesioni tubercolari dei differenti visceri) sono generalmente ricchi di germi. Benché la tubercolosi sia una delle malattie più gravi e più diffuse, la sua contagiosità è relativamente lenta. Nel maggior numero dei casi il contagio si stabilisce attraverso le vie digerenti o respiratorie. Nell'infezione di origine alimentare, il latte di femmine infette, i visceri tubercolotici, i residui della mangiatoia di bovini infetti, l'ingestione (cane) di espettorato di uomini colpiti rappresentano i veicoli più comuni d'infezione. Il contagio per inalazione assume una speciale importanza fra gli animali bovini, costretti a stabulazione permanente, specie se conviventi in stalle molto affollate, dove aumentano le probabilità di bovini tubercolotici. Gli ammalati di forme polmonari eliminano con i colpi di tosse numerosi bacilli, che, veicolati dalle goccioline di espettorato librantisi nell'aria, vengono respirati specie dagli animali vicini. Il virus tubercolare, comunque eliminato nell'ambiente, essiccandosi s'espande nell'atmosfera, da cui passa nell'albero respiratorio. L'infezione per via genitale o cutanea è molto rara. La tubercolosi dei bovini è generalmente sostenuta dal bacillo di tipo bovino, quella del cavallo può essere di origine aviaria o umana, ma più spesso bovina, quella dei suini è causato dal tipo bovino e aviare e quella del cane e del gatto dal tipo bovino e umano.
Le conoscenze e le opinioni sulla trasmissibilità della tubercolosi sono, sotto certi punti di vista, alquanto disparate e discusse. Tolto ogni valore alla trasmissione germinale dell'infezione, profondamente intaccata nella sua importanza pratica la credenza dell'eredità bacillare, restano i concetti della predisposizione ereditaria e dell'eredoimmunità. È logico infatti che i figli di tubercolotici si presentino, nelle stesse condizioni, meno resistenti di coloro che nascono da genitori sani; si tratta però di una predisposizione alle infezioni in genere e non alla tubercolosi in specie, come da qualche autore è stato sostenuto. Per quanto riguarda l'immunità ereditata dalla madre tubercolotica, le opinioni sul suo meccanismo di formazione sono discordi. Alla luce delle nuove conoscenze sul virus tubercolare filtrante, s'ammette che l'infezione transplacentare da questo ultravirus sia facile e frequente e capace di conferire ai soggetti interessati uno stato d'immunità, sì da renderli meno sensibili ai primi attacchi paubacillari. Dalle indagini eseguite in Italia da G. Finzi, E. Valcarenghi, N. Baboni, risulta che i vitelli alla nascita e fino all'età di 8-10 mesi, pur vivendo in ambiente bacillifero, in generale non reagiscono alla tubercolina. Dalla risultanza di queste ricerche, posto che l'ultravirus al pari delle forme bacillari conferisca potere allergizzante di fronte alla tubercolina, questi autori, pur ammettendo un'eredoimmunità antitubercolare, negano all'ultravirus tale potere.
Il bacillo tubercolare può insediarsi in tutti gli organi e tessuti, però il polmone (eccezion fatta per gli uccelli) è considerato di fronte ad esso il locus minoris resistentiae. Il bacillo tubercolare può raggiungere il polmone per le vie aeree o per il tramite dell'apparecchio digerente. Dalle vie aeree il bacillo guadagna il polmone direttamente, insediandosi nel tessuto polmonare, o indirettamente, per il tramite della circolazione linfatica e sanguigna del polmone stesso. Dall'apparecchio digerente può arrivare al polmone dalla mucosa faringea o dall'intestino tenue per mezzo della circolazione linfatica e sanguigna. In generale, indipendentemente dalla via di penetrazione e dalla sede di localizzazione, il bacillo tubercolare si propaga nell'organismo per mezzo della circolazione linfatica e più di rado per mezzo di quella sanguigna. Nel primo caso si parla di tubercolosi localizzata o linfogena, nel secondo di tubercolosi generalizzata o ematogena. Nella tubercolosi ematogena, appaiono lesioni in visceri (milza, rene, ossa, sistema nervoso centrale, ganglî muscolari), nei quali il bacillo non può arrivare che per il tramite della circolazione sanguigna. Nelle gravi infezioni ematogene, si formano numerosi tubercoli della stessa età in uno o più organi (tubercolosi miliare acuta).
Dal momento che il bacillo tubercolare s'è insediato nell'organismo, l'estensione delle lesioni e la propagazione dell'infezione si fanno con una rapidità molto variabile. Nei casi più favorevoli le lesioni possono restare puramente locali o all'infezione può seguire la guarigione per distruzione o eliminazione del virus. Nei tessuti dove il bacillo s'insedia, quando non viene distrutto, dà luogo per reazione dell'organismo alla formazione del tubercolo. Alla sua origine il tubercolo è solo microscopico ed è caratterizzato dalla presenza di cellule giganti al centro e di cellule epitelioidi alla periferia. Il tubercolo, ingrandendo, si rende macroscopicamente evidente sotto forma di nodosità semitrasparente, grigia, opaca o giallastra secondo l'età. La lesione tubercolare può mostrarsi isolata, avvicinata (infiltrazione tubercolare), o conglomerata con altre lesioni congeneri. Il tubercolo subisce spesso la degenerazione caseosa e la successiva infiltrazione calcarea; in via molto eccezionale resta allo stato fibroso. Indipendentemente dagli organi colpiti, le lesioni tubercolari si presentano sotto un aspetto pressoché identico. Dai noduli caseificati risultano delle cavità o delle ulceri a seconda che il processo ha sede nello spessore dei tessuti o sulla superficie di una mucosa. Il processo di caseificazione del tubercolo può estendersi ai tubercoli vicini conducendo alla formazione di grandi focolai caseosi. Nei polmoni tali focolai s'aprono spesso nei bronchi determinando la formazione di caverne. Sulle sierose i tubercoli s' istituiscono molto aderenti alle stesse prendendo l'aspetto di perle (tubercolosi perlacea), oppure si mostrano peduncolati.
Al tavolo anatomico le lesioni tubercolari sono di facile riconoscimento. Al contrario, le manifestazioni cliniche sono così numerose e disparate da rendere in molte circostanze la loro interpretazione più che mai imbarazzante. In varie localizzazioni tubercolari (polmoni, ganglî linfatici esplorabili, apparecchio genitale) se le lesioni sono abbastanza progredite, la diagnosi clinica può essere facile. La diagnosi di tubercolosi polmonare si fonda sulla presenza di tosse frequente, cattivo stato di nutrizione, inspirazione rude, espirazione rumorosa, scomparsa del murmure respiratorio, rantoli ronzanti, sibilanti, soffio cavernoso, ecc. Nella tubercolosi dei ganglî linfatici esplorabili, i ganglî interessati si presentano ingrossati non simmetricamente, tuberosi, duri e talora fluttuanti. La tubercolosi dei ganglî mediastinici è sospettata ogni qual volta esiste meteorismo cronico intermittente poco tempo dopo i pasti, arresto delle eruttazioni e della ruminazione; anche l'enterite tubercolare può essere clinicamente solo sospettata, quando a lato di una diarrea incoercibile, esistono meteorismo cronico e febbre moderata e continua. Nella tubercolosi degli organi genitali femminili, la diagnosi clinica può assumere valore pressoché assoluto di fronte all'esistenza di un utero con corpo e corna ingrossate, indurite, tuberose, ovidotti grossi, duri, tortuosi, ovaie ingrossate e cosparse di noduli duri, noduli e ulceri vaginali, noduli vulvari, scolo vulvare purulento, ninfomania, ecc. Più delicata è invece l'interpretazione delle lesioni tubercolari negli organi genitali maschili, se si vuole fare eccezione delle localizzazioni all'epididimo in cui si rileva la presenza di una tumefazione dura e indolente localizzata al margine superiore e posteriore del testicolo. La tubercolosi della mammella inizia in forma subdola con piccoli noduli impercettibili al tatto o con una tumefazione prima diffusa nell'ambito di uno o più quarti, poi nodulare e indolente. I ganglî sopramammarî si presentano contemporaneamente ingrossati, induriti e talora tuberosi. Le alterazioni a carico del latte si stabiliscono piuttosto tardivamente. La tubercolosi renale, quella ossea e articolare, quella del sistema nervoso centrale e delle meningi, può soltanto essere clinicamente sospettata (a eccezione di quella ossea del cane bene studiata in Italia da L. Rossi e indicata col nome di "sindrome del Cadiot"). La tubercolosi miliare acuta è accompagnata da alta febbre e da fenomeni generali; il riconoscimento della sua natura è solo sospettabile o possibile negli animali già riconosciuti come tubercolotici; essa decorre mortalmente in breve tempo.
In ogni caso, qualsiasi esitazione sulla natura delle lesioni cliniche riscontrate è destinata a cadere di fronte all'esito delle ricerche sperimentali.
La dimostrazione microscopica del bacillo tubercolare negli animali viventi si fa più comunemente sul tessuto ganglionare, sul contenuto di ascessi, di cavità articolari, sull'espettorato bronchiale, sull'essudato pleurico, peritoneale, sul latte, sull'urina, sullo sperma, sullo scolo vaginale, sulle feci, ecc. L'esito negativo della ricerca microscopica non autorizza però l'esclusione della malattia, perché spesso nei secreti ed escreti, nei focolai caseosi, i bacilli tubercolari sono assai rari. L'inoculazione del materiale sospetto negli animali d'esperimento, nella cavia specialmente, offre in tali circostanze il vantaggio di dare esito positivo anche quando, dato il numero molto scarso di bacilli, le indagini microscopiche non hanno condotto a risultati concreti. Ma fra i mezzi di diagnosi sperimentale quello che dal lato pratico meglio risponde per la sua sicurezza e per essere alla portata del veterinario condotto, è la prova della tubercolina.
La tubercolina preparata secondo i vecchi sistemi, tipico quello di R. Koch, o l'"esotubercolina" recentemente preparata da G. Finzi e dalla scuola tedesca e francese dichiarata superiore a quella di Koch, racchiude i veleni del bacillo tubercolare. L'esotubercolina ha assunto in brevissimo tempo un molto largo campo di applicazione in molti stati europei e americani. Di fronte alle vecchie tubercoline essa presenta principalmente i vantaggi di una preparazione più semplice e più pratica e di una maggiore efficacia diagnostica, anche applicata in dosi proporzionalmente dieci volte più piccole.
La prova della tubercolina si fonda sull'esistenza negli organismi tubercolotici di un'elevata sensibilità di fronte alle tossine del bacillo tubercolare. Questa sensibilità è manifestata in vario modo a seconda della via d'inoculazione della tubercolina. Un soggetto tubercolotico reagisce alla tubercolina per due motivi, perché l'infezione tubercolare stimola l'organismo alla produzione di anticorpi specifici, litici, i quali dopo essersi fissati e dopo aver prodotto una disintegrazione della molecola tubercolinica, ne liberano il veleno specifico, e perché nell'infezione tubercolare esiste una forma di sensibilità propria allo stato tubercolare (G. Finzi). Sono però allo studio problemi che potrebbero modificare questo concetto oggi quasi universalmente accettato.
La prova della tubercolina può eseguirsi secondo una tecnica varia.
Prova sottocutanea. - L'inoculazione sottocutanea di una determinata quantità di tubercolina a un animale tubercolotico determina un'elevazione termica che inizia dalla 6a-12a ora dall'inoculazione, tocca il fastigio alla 12-21a ora e ritorna al grado normale in 24-48 ore. La differenza fra il grado massimo raggiunto e la temperatura media precedentemente calcolata, oscilla da 1°-2°.5. A lato della reazione termica si rileva una reazione generale, una reazione di focolaio e una locale in corrispondenza del punto d'iniezione.
Prova intramuscolare. - È di tecnica analoga a quella sottocutanea. È una prova assai pratica e sicura.
Prova oculare (oftalmoreazione o reazione congiuntivale). - L'istillazione di tubercolina nel sacco congiuntivale determina negli animali tubercolotici una reazione infiammatoria resa manifesta da iperemia e infiltrazione della congiuntiva e da una secrezione mucopurulenta o purulenta. La reazione inizia dalla 6-9a ora e dura fino alla 48a ora e oltre.
Prova intrapalpebrale (intrapalpebroreazione). - La tubercolina inoculata nel sottocute della palpebra superiore o inferiore determina, oltre a un'intensa reazione a carico della congiuntiva e del connettivo sottocutaneo locale, manifestazioni proprie della prova sottocutanea.
Prova cutanea (cutireazione, dermoreazione, intradermo-reazione). - La reazione si manifesta in forma diversa a seconda del modo con cui s'usa la tubercolina. Strofinando la tubercolina sulla cute soltanto rasata o anche scarificata, s'ottiene una reazione infiammatoria locale della durata di 1-3 giorni. Più pratico però è il procedimento dell'iniezione della tubercolina nello spessore della pelle al collo o meglio alla plica caudale, perché, accanto a una reazione locale evidente e persistente anche per parecchi giorni, si presentano pure le manifestazioni, e specie quella termica, che sono proprie della prova sottocutanea.
Sul valore comparativo delle diverse prove alla tubercolina si può affermare che i migliori risultati vengono ottenuti con le prove intramuscolare e sottocutanea, in quanto una reazione positiva in tal modo ottenuta sta a rappresentare con sicurezza un'infezione tubercolare, mentre una reazione negativa può far escludere con quasi altrettanta sicurezza l'esistenza di tubercolosi. Quasi altrettanto buoni risultati dà la prova intradermica specie se applicata alla plica della coda e sfruttata in tutte le sue manifestazioni. Risultati meno sicuri dànno le altre forme di cutireazione e la prova congiuntivale.
La prova della tubercolina, con qualsiasi metodo eseguita, non fornisce nessun elemento per giudicare la gravità del processo tubercolare.
La diagnosi sierologica (agglutinazione, precipitazione, deviazione del complemento) non ha ottenuto i favori che hanno incontrato le precedenti indagini diagnostiche, perché anticorpi specifici, oltre che trovarsi nel siero di animali tubercolotici in concentrazione varia, possono essere presenti anche in quello di animali sani. Con la precipitoreazione tuttavia, H. Vallée e G. Finzi, ricorrendo a una speciale tecnica, hanno potuto ottenere buoni risultati.
La reazione di Vernes alla resorcina offre maggiore affidamento delle reazioni sierologiche perché dà risultati più sicuri e perché dall'intensità della reazione si può spesso desumere la gravità del processo infettivo.
L'infezione tubercolare decorre negli animali generalmente in modo lento e progressivo. Le forme di tubercolosi miliare acuta sono piuttosto rare. In via non eccezionale, quando gli animali sono tenuti in condizioni di vita favorevoli, il processo tubercolare quando è iniziale e localizzato può passare a guarigione.
Il trattamento curativo intrapreso a lesione tubercolare iniziale è fondato sull'applicazione di opportune norme igieniche; esso negli animali offre dal lato economico poca convenienza, salvo il caso di soggetti di valore affettivo o di altissimo pregio, nei quali inoltre, più che il siero e il latte antitubercolare preconizzati da G. Finzi nella terapia di certe forme tubercolari dell'uomo, può essere indicata l'esotubercolina spenta (dello stesso autore). Nella medicina veterinaria assumono molta importanza certi provvedimenti profilattici. La profilassi diretta prende di mira l'adozione delle comuni norme igieniche relative alla salubrità dei ricoveri, alla vita condotta all'aria libera, alla razionale alimentazione, al lavoro molto moderato, ecc. Ma sulle basi delle conoscenze epizoologiche, si rende anzitutto necessaria l'eliminazione dall'ambiente comune di quegli animali che risultassero tubercolotici all'esame clinico o alla prova della tubercolina. Su questi concetti si fondano i metodi profilattici di R. Ostertag e di B. Bang. Secondo il metodo di Ostertag, vengono eliminatí dall'allevamento tutti i bovini che all'esame clinico presentano forme di tubercolosi aperta, quindi contagiante. Questo metodo però dovrebbe servire per preparare il campo a quello di Bang, secondo il quale, oltre all'eliminazione dei bovini gravemente infetti, si ricorre alla separazione dei soggetti riconosciuti tubercolotici a mezzo della tubercolina e all'allevamento dei vitelli mediante latte non bacillifero. Quest'ultimo metodo ha apportato nei paesi scandinavi, dove viene applicato su larga scala, profondi benefici. Però dove l'allevamento bovino si fa in stalle piuttosto numerose e dove la tubercolosi è altamente diffusa, condizioni queste comuni specialmente alle regioni piane della Lombardia, l'applicazione dei due metodi accennati, e particolarmente dell'ultimo, riuscirebbe troppo onerosa, per cui in queste circostanze la logica consiglierebbe di ricorrere ai metodi di profilassi indiretta, cioè alle vaccinazioni. I metodi di vaccinazione, aperti dagli studî di R. Maffucci e applicati successivamente nella lotta contro la tubercolosi degli animali, sono numerosi, però nessuno di essi ha saputo imporsi nella pratica, nessuno ha potuto varcare la soglia della sperimentazione. Anche del metodo Calmette e Guérin (B. C. G.), basato sull'impiego di bacilli di origine bovina, attenuati e stabilizzati per successivi passaggi su patata biliata, non è ancora detta l'ultima parola, perché nonostante i parecchi anni di applicazione su larga scala, viene ancora dichiarato in fase sperimentale.
Recentemente è stato messo allo studio da G. Finzi un vaccino allestito con bacilli bovini sensibilizzati in esotubercolina non vivi, non virulenti, che attende migliori eventi per uscire dall'ambito del laboratorio e affroniare l'applicazione nella pratica degli allevamenti.
A salvaguardia della salute dell'uomo, data la frequente origine umana della tubercolosi dei carnivori, del cane specialmente, dovrebbe essere richiesta la soppressione degli ammalati, quantunque le disposizioni legislative non si siano al riguardo ancora uniformate.
Le disposizioni legislative riguardanti la tubercolosi sono contemplate dagli articoli 54 e 55 del vigente regolamento di polizia sanitaria.
La constatazione della trasmissione della tubercolosi bovina all'uomo e al bambino specialmente è, si può dire, all'ordine del giorno. Certe statistiche, specie straniere, parlano chiaro in proposito. Il r. decr. 9 maggio 1929, n. 994 è venuto a completare la precedente legislazione sulla vigilanza sanitaria delle carni (art. 23 del regolamento 20 dicembre 1928, n. 3298), e a limitare questo pericolo, disciplinando la produzione e il commercio del latte alimentare, considerando questo alimento come uno dei veicoli più pericolosi di contagio fra animali e uomo.
Tubercolosi nelle piante.
Gruppo di malattie prodotte da parassiti differenti, ma con alterazioni esterne simili e così chiamato perché le sue manifestazioni ricordano, sia per la causa, sia per la produzione di tubercoli, quelle della tubercolosi tipica dell'uomo. Per l'etimologia della parola, si dovrebbero chiamare tubercolosi tutte quelle malattie delle piante, parassitarie o no, che hanno per conseguenza produzione di tubercoli; in genere però, salvo poche eccezioni, si limita questa denominazione ai casi in cui la produzione di tubercoli è dovuta all'azione di batterî parassiti. I tubercoli che caratterizzano le tubercolosi sono formazioni iperplastiche della categoria delle eteroplasie che i tessuti delle piante ospiti producono per l'eccitazione provocate dal parassita. In genere tali iperplasie si originano nei tessuti extralegnosi e sono quindi da principio omogenee, in seguito tanto dal cilindro legnoso quanto nei tessuti del tubercolo si originano elementi legnosi simili a quelli del legno di ferita. I batterî parassiti della tubercolosi sono per lo più localizzati negli spazî intercellulari o in lacune di origine lisigenica; solo più raramente, nei tumori molto giovani, sono anche intracellulari (tubercolosi del pino d'Aleppo), in questi casi però le cellule contenenti batterî si disorganizzano presto e dànno luogo a lacune. Talvolta i batterî penetrano anche nei vasi e migrano entro di essi con i liquidi circolanti determinando qua e là tubercoli secondarî. Si riscontra formazione di tubercoli su molti organi vegetali; radici, rami, foglie e frutti. In genere le tubercolosi sono favorite da soluzioni di continuità delle superficie vegetali attraverso le quali i batterî penetrano nell'ospite. Particolare importanza pratica hanno a questo riguardo le lesioni prodotte da insetti parassiti o da altri animali, da cause meteoriche, come grandine, vento, freddi, o da cause meccaniche, come ferite prodotte dall'uomo, ecc. Fra le tubercolosi tipiche si ricordano quella dell'olivo e dell'oleandro (dette anche rogna, v.) causate da Pseudomonas Savastanoi E. F. S., quella del pino d'Aleppo e di altre resinose dovuta a Pseudomonas Pini (Vuill.) Petri, e quella della vite prodotta da Bacillus ampelopsorae Trevisan. Si debbono però considerare come veri e proprî casi di tubercolosi quello delle radici delle leguminose sulle quali l'azione di Pseudomonas radicicola (Beyr.) Moore determina tubercoli di varie forme e dimensioni, quello dei tumori radicali e caulinari degli alberi fruttiferi e di piante erbacee prodotti da Bacterium tumefaciens Smith, sebbene i tubercoli raggiungano spesso grandi dimensioni e presentino una struttura più complicata di quelli su ricordati. Rientrano anche nel gruppo delle tubercolosi, in senso lato, quella del cavolo e di altre Crocifere (nota col nome di ernia) dovuta al fungo Plasmodiophora brassicae Voron., e il cosiddetto mal del gozzo dell'erba medica dovuto a Urophlyctis leproides (Trabut) Mag., che provocano sulle radici tubercoli numerosi.